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Autore: Khailea    03/07/2018    2 recensioni
Le strade che la vita può prendere sono infinite, l'apparente ordine in tale caos potrebbe sorprendere coloro che vi riflettono, soprattutto per il modo in cui alcuni sentieri finiscono per incrociarsi...
I personaggi in questa storia sono nati in una sessione di D&D con degli amici, avviene in un tempo futuro a sé rispetto al luogo in cui si muovo realmente.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che durante la vita siano pochi i momenti che contano veramente, quelli che possono cambiare ogni cosa trasformando le persone.
Ebbene, si sbagliano.
Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto ed ogni secondo della nostra esistenza ci sottopone ad una scelta che dobbiamo prendere, che sia anche solo l’alzarsi con un piede invece che con l’altro può cambiare la situazione d’un intera giornata accumulandosi su altre piccole ed infinite scelte che compiamo.
Ed ogni istante è prezioso quanto quello precedente e quelli che verranno, perché sono loro a costruire la strada che ci condurrà verso il domani.
I sentieri che creiamo s’incrociano con esseri d’ogni dove, non importa se sono diversi da noi o se sono identici, con alcuni si stringeranno legami che dureranno fino alla morte, altri sono destinati ad essere solo di passaggio, altri ancora s’incroceranno ad un certo momento delle loro vite, per reincontrarsi numerosi anni dopo...



 

 



 
Una foglia staccandosi dal riparo del proprio ramo volteggia per qualche minuto in aria, spinta dal debole vento che soffiava per la foresta, ancora tuttavia i raggi del sole nascente sono in grado d’attraversare  la sottile membrana verdastra, lasciando che solo le venature diventino scure al confronto d’essa.
Ce ne sono tante come lei, piccole ed un po’ strappate e perfino che stanno cadendo, seppur in un punto diverso dal suo, ciononostante anche quella piccola foglia è unica, perché lei e solo lei si è staccata da quel ramo, ha danzato insieme a quella corrente d’aria e si è posata tra le foglie del terreno, mischiandosi ai ciuffi d’erba bagnati dalla rugiada del mattino.
E lei e solo lei è stata calpestata da un nero zoccolo di un cavallo che, trottando, non ha fatto caso al suo gesto e continua imperterrito il suo viaggio.
Sul suo lucente manto era seduta una figura dall’esile corporatura, vestita con un abito semplice benché grazioso, dalla lunga gonna marrone che le arrivava fino a metà polpaccio, dal tessuto talmente leggero che è incapace di non seguire l’andamento oscillante dei fianchi dell’animale.
A partire dallo stomaco il bustino era decorato con una parte di tessuto bianco al centro, percorso alle estremità opposte da dei lacci nerastri che s’intrecciavano gli uni con gli altri fino ad arrivare al timido seno nascosto ulteriormente da delle balze verde scuro, le quali si trovavano cucite in corrispondenza del basso collo dell’abito.
Questo era anche privo di spalline e le maniche partivano da un vivace motivo a sbuffo, che andava poi a stringersi fino ai minuti polsi.
Il sottile viso era incorniciato da dei lunghi capelli castani che arrivavano fino alle spalle della donna, il loro colore era accentuato dai piccoli barlumi di sole che riuscivano a superare il fitto fogliame della foresta attorno alla giovane. Le sue sottili e rosse labbra quasi non si notavano nel pallore di quel viso tanto angelico quanto serio, in i cui tuttavia gli occhi dominano.
Quello destro era dello stesso colore del più tranquillo dei mari nel momento in cui la sera sta giungendo. Blu e cristallino. Si potrebbe pensare che osservandolo per ore e con attenzione, vi si potrebbero trovare dei piccoli luccichii come quelli delle giovani stelle che si riflettono lungo quello specchio d’acqua alle loro prime apparizioni. L’altro invece era di una tonalità più chiara, che può apparire lo stesso mare ma visto dalle profondità durante l’alba, d’un verde acqua placido e pacifico.
La giovane portava con sé una grande borsa di pelle marrone da cui sbucavano alcuni fiori ed erbe di vario tipo, sembravano oltretutto tutt’altro che comuni ed un occhio esperto potrebbe capire fin da subito che tali erbe se combinate in un certo modo con determinati ingredienti sono potenti medicinali.
La giovane ed il suo destriero si muovevano con sicurezza in quel luogo, come se lo conoscessero da tanti anni, e forse è proprio così che stanno le cose. Dopotutto simili luoghi non cambiano dall’oggi al domani se non per precisi motivi, e modificare un simile panorama sarebbe solo una disgrazia.
Le radici di quei forti alberi non hanno violato in alcun modo il terreno, i loro rami non han generato ragnatele per il cielo  con lo scopo di spaventare i viaggiatori, lungo tutto il suolo è presente solamente della morbida erba ed il mosaico generato dalle fronde permette comunque a dei raggi di luce di passare illuminando la via e dando sfoggio d’un azzurro cielo frammentato.
Con gli anni comunque, anche in luoghi simili possono capitare dei cambiamenti.
Con la coda dell’occhio la giovane notó a parecchi passi di distanza una nera figura giacere accanto al tronco di un sottile albero, le foglie di questo non erano abbastanza da poter fermare la luce e così era come se mettesse chiunque riposasse sotto al suo tronco al centro dell’attenzione della foresta.
Tirando con gentilezza le briglie del cavallo la donna fa sì che si fermi e fissó gli occhi su quella figura, ancora troppo lontana per capire chi sia.
Tuttavia non era più nel suo carattere lasciare che le cose scorrano sotto i suoi occhi, per questo motivo in silenzio scese dalla schiena dell’animale, e portando la mano al muso fece cenno di far silenzio.
Non volle lasciarlo lì da solo per questo motivo tirò le briglie nella sua direzione per farlo camminare, l’erba attutiva comunque di molto i suoni e così non si preoccupò di ciò.
Ad ogni passo riusciva a mettere a fuoco vari dettagli dell’aspetto della figura.
Il suo viso quadrato aveva una scura tonalità verdastra di pelle, delle folte sopracciglia nere coprivano gli occhi che in quel momento sembravano chiusi, le guance a loro volta erano in parte celate da delle basette ma nonostante ciò a quella destra era facile vedere tre grossi tagli, un tempo probabilmente erano stati più sottili ma con il passare del tempo e l’aumentare dell’età la pelle doveva essersi stirata facendole sembrare più grandi di come un tempo erano.
Fronte e mascella erano grandi e sporgenti, dalle labbra socchiuse erano visibili numerosi denti bianchi affilati, uno di questi però era scheggiato in punta.
Dei lunghi capelli neri erano legati in una coda di cavallo che, sicuramente, se fosse stato in piedi sarebbe riuscita a toccare facilmente il suolo.
Gli abiti che indossava nella sua semplicità si potevano quasi definire eleganti, ai piedi portava degli scarponi marroni di cuoio dalla cui estremità superiore erano presenti delle cuciture e delle cerniere, forse all’interno vi teneva dei piccoli oggetti?
I pantaloni erano marrone chiaro e l’ampio torace era sotto una casacca di metallo verde muschio composta da grosse scaglie di ferro, che nonostante ciò non sembravano molto pesanti. Alle braccia dal gomito in giù portava dei manicotti marrone scuro con delle sporgenze al centro, le grosse e ruvide mani invece erano scoperte e adagiate sul ventre che s’alzava ed abbassava a ritmo regolare.
Indossava anche un lungo mantello viola chiaro, in quel momento spiegazzato lungo il tronco dell’albero.
Non era la prima volta che vedeva un essere simile ma erano trascorsi ventitré anni da allora, eppure fu come se fossero trascorse poche ore.
Abbandonando le redini del cavallo la donna si avvicinò da sola riducendo notevolmente la distanza dall’altro, così vicina era in grado di vedere anche la comparsa di numerose rughe sul viso ed anche un indurimento dovuto forse ad esperienze trascorse in passato.
Era incerta se fosse lo stesso d’allora, ma come quel giorno non nutriva paura nel suo aspetto, non solo perché stava dormendo pacificamente.
Non ne aveva mai avuto bisogno.
Piegando leggermente la testa di lato ripensò a quel periodo della sua vita, a ciò che era capitato in seguito, ed inspiegabilmente al breve lasso di tempo passato con “lui”.
Non aveva un nome, e fino a quel momento non ci aveva nemmeno mai pensato, semplicemente i ricordi possono riaffiorare nella mente senza un vero e proprio bisogno, quasi solo per capriccio.
L’unica cosa che avrebbe voluto sarebbe era se, in effetti, si trattava o no di qualcun altro, inginocchiatasi alzò una mano sul suo viso, andando direttamente verso le tre cicatrici sulla guancia, ma quando lo sfiorò il suo intero corpo tremolò, sbiadendo fino a scomparire.
«Cosa ti ha sottratto dall’obbligo del tuo cammino?»
Una voce roca e cavernosa prese piede alle spalle della donna, che voltandosi poté vedere nuovamente il mezz’orco, stavolta in piedi e ben sveglio non molto distante dal cavallo, che era comunque rimasto fermo.
«Curiosità verso un viso tanto rozzo? Diffidenza per questa presenza inconsueta all’interno di tale foresta? O gradite io m’allontani da un luogo per voi importante?»
Chiese ancora lui senza muoversi e senza mostrarsi minaccioso.
«La prima. Ma non trovo il vostro viso rozzo.»
Rispose la donna cordialmente rimanendo anch’essa nella propria posizione. Solo in quel momento l’altro mosse i primi passi, osservandola con attenzione, e passeggiando ritornò dove la sua illusione era prima.
«Non era mia intenzione disturbarvi.»
«Lo so, ricordo bene come in questo luogo s’evitasse accuratamente di arrecar danno ad altri.»
Rispose il mezz’orco appoggiando pigramente la testa al tronco.
«Siete un viandante?»
«Per così dire. Ho solo voluto trovare il luogo più adatto per riposare, e dalle mie memorie questo era il più appropriato.»
«Forse allora non conoscete bene questo territorio come si deve. O forse non lo ricordate.»
Gli occhi semi socchiusi di lui s’aprirono leggermente, mostrano un certo interesse.
«Vorresti aprirmi tu la mente?»
La giovane si mosse leggermente per sistemarsi in una posizione più confortevole, lasciando la propria borsa a terra e permettendo al cavallo di sistemarsi a sua volta accanto a lei, appoggiando perfino pigramente il muso sulle sue ginocchia.
«Prima ho desiderio di sapere dell’ultima volta in cui vi siete trovato qui. Ho memoria di un figuro simile a voi, ma accadde durante la mia infanzia e per breve tempo.»
Prima di rispondere l’altro emise un debole verso simile ad un sospiro stanco, di chi ricerca nella propria memoria qualche fatto lontano e di poca importanza, o forse era solo l’idea che voleva dare, visto il modo in cui s’approcciava alla donna non dava l’aria di un primo incontro.
«Temo un mio racconto sarebbe solo un ricalco della vostra memoria, di ben poca utilità quindi.»
Bastarono quelle parole per cancellare in lei un qualsiasi dubbio, ma tutta l’emozione che espresse fu solo quella d’un piccolo sorriso cordiale a cui l’altro rispose parlando.
«Molti sbagliano a diffidare del proprio intuito, spesso si rivela veritiero.»
«Credevo aveste ritrovato da tempo la strada di casa.»
Il mezz’orco sospirò nuovamente, mostrando un sorriso alla giovane prima d’abbandonare la testa sul tronco.
«Vorrei poter continuare questa conversazione, ma purtroppo sono trascorsi cinque minuti. Se desideri, domani mi ritroverai sempre qui.»
Lei avrebbe voluto chiedere cosa significava, e perché proprio solamente cinque minuti, ma prima di poter dire altro capì che lui s’era ormai addormentato, e se il suo corpo necessitava di riposo lei era l’ultima ad aver il diritto di sottrarglielo.
Per questo motivo, alzandosi, si pulì l’abito dai fili d’erba attaccativisi e, riportando il cavallo lungo il sentiero precedente, riprese il cammino.
 
 

 
  


L’indomani una gentile brezza percorreva il bosco, producendo con il suo passare un dolce fruscio tra le foglie ed i rami, che per le orecchie più istruite all’armonia dei suoni poteva esser percepito come una melodia cantata solo per loro, viandanti di tali strade.
Spettatori di quest’orchestra erano le stesse figure del giorno prima, una bella e giovane dama ed un mezz’orco adagiato sul tronco del più sottile degli alberi.
«Stavamo parlando di ciò che accadde ventitré anni fa, se non mi trovo in errore.»
Disse lui per primo alzando gli occhi verso le alte foglie.
«Sì, ricordo che voi ed i vostri amici arrivaste al mio villaggio. Sembravate molto confusi e facevate domande che per allora sarebbero parse strane a chiunque.»
«Furono due le volte che c’incontrammo, la prima quando venni a chiederti informazioni sui dintorni. La seconda quando tuo fratello venne ucciso.»
«Esatto.»
La risposta fu accompagnata da un lungo sospiro malinconico, il tempo era trascorso ma la brutalità dell’immagine di quando l’avevano ritrovato era ancora uno dei suoi peggiori incubi.
Gli anni passano, le persone cambiano, ma le memorie restano…
«Posso capire il dolore di una perdita.»
Non espresse dispiacere riguardo al passato, e nemmeno disse qualcosa per rincuorarla, ma quelle parole forse erano più adatte della falsità d’altre. Certamente nessuno avrebbe mai potuto dire il contrario.
«Ti sei mai chiesta il motivo per cui eravamo venuti in quel villaggio?»
«No, quando vi vidi era un periodo in cui simili domande e curiosità non erano necessarie, ed in seguito il dolore e la necessità di tacere i miei sentimenti erano di maggior importanza. Con il passare degli anni il vostro ricordo era associato solo a mio fratello.»
«Come è giusto che sia dopotutto. Tuttavia credevo allora fossi più curiosa di ciò che ti circondava.»
«Si suppone molto di ciò che non si conosce.»
Rispose lei sorridendo mentre accarezzava la schiena del proprio animale.
«Cosa mi sarebbe necessario conoscere, dunque, adesso?»
Chiese il mezz’orco alzando il viso su di lei.
«Che difficilmente il mondo muta dal volere di uno solo. Rispetto a quei giorni ben poco e cambiato.»
«Qualcosa però è mutato.»
«Più dentro ai singoli che alla comunità. Alcuni hanno iniziato a pensare a ciò che accadeva, in particolare coloro che non riuscivano ad andare avanti a causa di alcune perdite.»
«Quindi è per questo che sei cambiata?»
La donna fermò la sua mano a metà dalla schiena del cavallo, muovendo distrattamente gli occhi da un punto all’altro come se questi cercassero nella propria mente i pezzi di un puzzle che componevano la risposta.
«Ci sono molte ragioni al cambiamento…»
«Indubbiamente, cosa è cambiato comunque?»
«Nella maggior parte delle persone  il desiderio di esser completamente felici, di non dover rischiare di perder la vita per un volere altrui e questo ha scatenato numerose ma piccole rivolte. Nessuna ancora ha comunque dato un esito a loro favore.»
«E’ per questo che porti con te delle erbe medicinali?»
Per lui doveva esser stato molto facile capire di cosa si trattavano, il fatto poi le avesse portate in entrambi i loro incontri poteva anche voler dire fosse una persona molto previdente.
«Non è mio desiderio sapere che qualcuno sta male e non far niente per aiutarlo.»
«Pensiero molto nobile.»
«Anche la vostra cicatrice lo è? Oppure si tratta di un segno di battaglia?»
Stavolta fu il turno del mezz’orco di rimanere in silenzio per qualche istante, non molto lungo ad occhi esterni ma in quel piccolo spazio creatosi tra i due sarebbe potuto esser paragonabile ad anni.
La sete di curiosità di entrambi non lasciava spazio nemmeno ad un secondo di silenzio.
«Non sta a me giudicare l’aspetto di una mia azione. Sono le creature che hanno creato una distinzione tra bene e male a farlo. Ricevetti questi segni moltissimi anni fa, ben prima d’incontrarti nella tua infanzia. Era a cavallo della mia, quando protessi mia madre dall’aggressione d’alcuni che di male avevano solo nei miei confronti, e non nei suoi.»
«Per quale motivo l’hanno fatto?»
Chiese lei corrugando la fronte, nonostante la sua mentalità non fosse più quella di una bambina ancora ripudiava l’idea di ferir qualcuno, non tanto per le imposizioni della società, ma per scelta sua.
«Perché sono diverso.»
Rispose lui semplicemente sorridendo ancora una volta.
«Io non vi tratterei mai in questo modo solo per questo.»
«Ed io a mia volta. Vorrei continuare a parlare, ma avrei bisogno di altri cinque minuti, e posso concederteli domani.»
Per la seconda volta senza dar alcuna risposta il mezz’orco s’appoggiò al tronco dell’albero chiudendo gli occhi, sprofondando così in un cheto sonno che la donna non voleva certo disturbare.

 
 

 


Il vento quel giorno era esente dal soffiare.
Il cielo nel suo imbrunire tingeva il paesaggio d’un tono colmo di calore, mentre la maggior parte delle creature si dirigevano verso la propria dimora per prepararsi a riposare.
I raggi del sole s’erano fatti sempre più deboli ma nonostante ciò la foresta non sarebbe mai sembrata minacciosa, e forse sempre per tale ragione la donna non avrebbe mai mostrato paura nel muovervisi anche a quell’ora.
Come i giorni precedenti aveva seguito lo stesso percorso e senza ormai sorpresa trovò il mezz’orco nella stessa posizione, come se il suo corpo facesse ormai parte del terreno e non intendesse muoversi.
«Qualcuno ha necessitato delle cure?»
Fu la prima cosa che lui disse, certamente dopo aver notato la borsa era vuota  non gli era stato difficile presupporre tale idea. Il cavallo come sempre si mise accanto ai due, preparandosi ad ascoltare pazientemente i loro discorsi.
«Oggi c’è stata quella che ormai molti chiamano sottovoce la mietitura.»
«Credo di poter intuire a cosa ti riferisci, assistei nel mio primo viaggio qui ad una strana scena, le persone si erano radunate tutte in piazza e come sotto un sortilegio pregavano. A poco a poco quasi la metà era svanita.»
Non poté evitare di parlare di quel tetro avvenimento con una risata in gola, il motivo si celava dietro al fatto che, allora non era solo nel suo viaggio, c’erano infatti un particolare sacerdote ed un paladino con cui spesso aveva avuto degli screzi. Quest’ultimo per raccogliere informazioni aveva partecipato all’evento ma era finito sotto sortilegio, quasi inutile sarebbe dover dire che per risvegliarlo il mezz’orco l’aveva con piacere colpito alle costole con un calcio.
La donna scelse di sorvolare su quella risata, in quanto la discussione non era ancora conclusa e non voleva lasciare cose a metà.
«E’ uno dei motivi per cui la gente è cambiata, molti hanno tentato una rappresaglia ma hanno ottenuto solamente nuovi dolori e ferite. Ho fatto del mio meglio per aiutarli a stare meglio.»
Sarebbe stato necessario trovare nuove erbe medicinali in vista del nuovo giorno, ma poteva anche attendere qualche altro minuto.
«Tu cosa ne pensi di tutto questo? Ho potuto appurare solamente vi sia stato un cambiamento in te, ma non di cosa effettivamente si tratti.»
In quanto a domande a cui era difficile dar risposta era molto bravo, non perché fossero private o dolorose, ma per la loro profondità ed il rischio di fraintendimento.
«Principalmente, sono consapevole un giorno le cose cambieranno. Ma non intendo far parte di tutto questo, la mia vita non sarà guidata né dal volere di coloro che vogliono mantenere questo stato né da quelli che vogliono cambiarlo. Sarà solamente mio.»
Ancora una volta quella risposta fece sorridere l’altro, durante le loro conversazioni accadeva spesso ormai mostrasse quei ghigni che, senza quei denti affilati, sarebbero potuti essere perfino piacevoli ad occhi altrui.
«Ogni cosa cambia, questa è una regola assoluta perfino del caos stesso. Anche solamente una piccola azione può portare dei cambiamenti.»
«Certe volte è difficile da credersi, e l’umore dei cittadini ne è la prova.»
«Questo perché l’animo di molti è fragile, alle prime difficoltà i muri d’orgoglio creatisi nei loro animi si sgretolano, ed ogni fallimento genera una crepa che andrà a distruggere ogni cosa. Ma poniamo ad esempio che io oggi prenda la tua mano impedendoti così d’allontanarti per il tempo di un minuto. Quando tornerai a casa potresti vedere in lontananza delle figure su dei cavalli e certamente non vi farai caso procedendo per la tua strada. Tuttavia se io non avessi  tenuto la tua mano per quel minuto tu ne avresti guadagnato uno che t’avrebbe condotto da loro arrivando ad incrociare le vostre strade, e lì saresti stata catturata, violata, derubata d’ogni bene compreso il tuo destriero e poi uccisa.»
Quel macabro esempio provocò una stretta allo stomaco della ragazza che rimase in silenzio, tuttavia non c’era alcuna falsità in esso.
«Un solo minuto, un solo secondo, può cambiare totalmente la tua vita. Anche qualcosa di apparentemente insignificante se aggiunto agli altri condurrà alla fine a qualcosa, non posso dirti se meraviglioso o orribile, ma a qualcosa.»
La donna non seppe come rispondere, deglutì leggermente spostando lo sguardo sulla foresta, guardandosi intorno come per accertarsi non vi fosse nulla che non andava.
Il mezz’orco notandolo ridacchiò divertito per quella reazione, e subito dopo appoggiò la testa al tronco sospirando.
«Mi piacerebbe continuare questa conversazione, ma se tornerai ti darò altri cinque minuti del mio tempo.»
Come ormai di consuetudine i suoi occhi si chiusero ed il sonno lo condusse nel mondo dei sogni, la donna però non s’alzò e rimase per qualche minuto ancora in silenzio, mentre il cavallo che ormai aveva intuito al sonno dell’uno l’altra sarebbe voluta andare, s’era già alzato.
Solo dopo qualche altro minuto questa si alzò, senza comunque salirle in groppa, le prese solamente le redini per farla muovere con gentilezza.
«Cerchiamo delle erbe per domani prima di tornare a casa, Ginevra.»
 
  



 

Nei giorni precedenti non una sola nuvola era giunta in cielo ad interrompere il suo azzurro infinito, stavolta invece erano in molte, bianche e soffici che spostandosi con il vento prendevano varie forme riuscendo nel loro caos ad abbellirlo.
La donna se il giorno prima era arrivata in ritardo rispetto alle altre volte era invece arrivata in largo anticipo, tanto che il sole era appena arrivato al culmine della sua grandezza.
«E’ veramente curioso di come certi sentieri nella vita tornino ad incrociarsi.»
Stavolta furono queste le prime parole del mezz’orco, che aveva iniziato a parlare solo quando la donna s’era seduta accanto a lui, stavolta senza però rispondergli.
«Nella mia mente il tuo ricordo, come il mio nella tua, non aveva più preso piede da tanti anni, è bastato comunque un secondo a farlo ritornare.»
Abbassando leggermente lo sguardo anche lei pronunciò le prime parole di quella giornata.
«Come mai hai deciso di tornare proprio adesso? Mi hai detto che questo è il luogo più appropriato in cui riposare, ma ne esistono infiniti molto più comodi, in cui saresti potuto essere indisturbato.»
Lui prima di parlare rise leggermente, la compagnia della donna, proprio quando era bambina, non gli dispiaceva, nonostante il loro tempo insieme non fosse maggiore di quello passato.
«Esistono così tante magie, alcune innocue, alcune spettacolari. Non tutti sono in grado di padroneggiarle, ma se si ha la fortuna di poter viaggiare anche solo un quarto della propria vita con qualcuno in grado di farlo allora sarà un’esperienza da tenere nel proprio cuore per sempre. Come ti ho già detto anche un solo secondo è importante quando si va a sommare con gli altri, ma le loro combinazioni sono infinite e generano così altrettanti risultati che vanno a creare diverse linee temporali. E’ indubbiamente grazie alla fortuna che io ho potuto viaggiarvi attraverso, vedendo lo stesso mondo centinaia di volte in migliaia di modi diversi. Le stesse persone negli stessi abiti ma con cuori diversi mi hanno permesso di conoscerne i loro aspetti, sia quando ero benvenuto che quando invece no.  Ho visto mondi ed universi incredibili, dei quali i più stupefacenti non sono nemmeno descrivibili dalla memoria, perché l’occhio non sarebbe mai in grado di conservarne immutata l’essenza, senza oltretutto distorcerla in base al nostro piacere. Anche noi ci siamo incontrati più e più volte, ed ogni volta eri diversa in qualcosa rispetto alla precedente, che fosse per qualcosa accaduto un’ora prima del nostro incontro o avvenuto alla nascita. Tra tutti questi frammenti della mia vita, il ricordo di questo mondo era indubbiamente il più pacifico, non perché fosse buono o non vi fosse della malvagità, questo puoi vederlo con i tuoi occhi che sarebbe solo falso, ma perché ricordavo bene che in questa precisa linea temporale se non attacchi non vieni attaccato, ed è proprio ciò che cercavo io.»
Mai si sarebbe potuta aspettare una tale risposta, la sorpresa fu indubbia ma le parole per esprimere qualsiasi cosa le morivano in gola, come se pensassero d’essere superflue.
Entrambi non avevano mai permesso che un solo minuto andasse sprecato, eppure questi continuavano a passare senza l’aggiunta di alcuna parola.
«Posso chiederti…come mai ogni giorno parliamo solamente cinque minuti?»
«E’ una storia molto lunga, ma se domani tornerai ti darò cinque minuti della mia giornata. Possono sembrare poco in effetti, ma giorno dopo giorno se li sommerai vedrai che nell’arco della vita raggiungeranno un buon numero di ore trascorse insieme.»
E così dicendo ancora una volta lui chiuse i propri occhi appoggiandosi al tronco dell’albero.
In quello stesso istante, una foglia staccandosi dal riparo del proprio ramo volteggió per qualche minuto in aria, spinta dal debole vento che soffiava per la foresta, ancora tuttavia i raggi del sole nascente erano in grado d’attraversare  la sottile membrana verdastra, lasciando che solo le venature diventino scure al confronto d’essa.
Ce ne sono tante come lei, piccole ed un po’ strappate e perfino che stanno cadendo, seppur in un punto diverso dal suo, ciononostante anche quella piccola foglia è unica, perché lei e solo lei si è staccata da quel ramo, ha danzato insieme a quella corrente d’aria e lei e solo lei è andata a posarsi sul fermo petto di quello strano figuro, che giorno dopo aveva continuato insieme alla donna un viaggio nella loro memoria in quei brevi cinque minuti di tempo, concessi solo per loro stessi.
   
 
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