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Autore: bittersweet Mel    03/07/2018    2 recensioni
Anno 1127, rovine della città di Gunai, dopo una disperata guerra con le Truppe Armate, pochi ribelli sono riusciti a salvarsi la vita e continuano a combattere contro un governo in cui non credono. Cercano la libertà, una nuova vita, la possibilità di amare e sorridere come un tempo. E' in questo scenario disastroso, tra torridi deserti e squallide tende, che Sousuke e Rin si incontrano, attraversando insieme un grande capitolo della storia di Gunai.
C’erano troppe cose di Rin che lo spingevano a trovarlo piacevole e altrettante che gli facevano serrare le mani sopra il manico del coltello per aprirgli la gola in due.
[ SouRin ]
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Route Five

 
 


Quando Sousuke aprì gli occhi, Rin era ancora accanto a lui, acciambellato sopra il lato sinistro del materasso.
La gamba sana completamente piegata, accovacciata al petto, ed entrambe le braccia allungate sotto la testa come se fossero un cuscino.
Il moro sbatté le palpebre un paio di volte e allontanò lo sguardo da Rin, concentrandosi piuttosto sul pavimento della tenda.
Individuò velocemente la biancheria e i vestiti lì accanto, ammassati malamente all’angolo del materasso come dei panni sporchi.
Si alzò silenziosamente l’attimo dopo, allontanando senza troppi riguardi il corpo dell’altro ragazzo con un mezzo spintone.
Che si svegliasse pure, non poteva di certo dormire tutto il giorno.
Una volta in piedi prese a vestirsi velocemente, tendendo l’orecchio verso la cerniera abbassata della tenda.
Fuori nel campo c’era già il rumore delle voci dei suoi compagni e degli ordini impartiti da Haruka, dettati con la solita tonalità fredda e pragmatica.
Sousuke represse uno sbadiglio e lo soffocò dietro la mano destra, mentre un altro rumore catturò la sua attenzione.
«  Uhmm »
Gli occhi glaciali del moro si posarono sopra al corpo di Rin, scrutandolo attentamente dalla testa ai piedi.
I capelli erano un groviglio informe di fili rossi e il corpo, ancora nudo, era flesso in quella strana posizione che metteva ben in risalto gli addominali e la forma delle natiche.
Si soffermò su quel particolare qualche secondo di troppo prima di sospirare.
«  Svegliati, abbiamo da fare. »
Non arrivò nessuna risposta, ma dalle labbra contratte di Rin Sousuke riuscì a capire che l’altro era tutt’altro che addormentato.
Allora gemette appena, come se l’idea di ripetere quella routine ogni giorno fosse tremendamente sfiancante.
Diede le spalle al ragazzo e si chinò a terra, infilandosi con stizza gli stivali neri.
Li allacciò velocemente, mormorando tra sé e sé quanto fosse snervante prendersi cura di una persona svogliata come Rin.
Dietro di sé sentì un altro borbottio tenue che gli confermò, ancora una volta, che il fulvo non aveva alcuna voglia di alzarsi da lì.
«  Quante altre volte dovrò ripetertelo?», parlò semplicemente Sousuke, voltandosi verso il ragazzo a terra. Gli si avvicinò e si piazzò al suo fianco, il piede sollevato e la pianta che schiacciava leggermente la guancia dell’altro.
« Mi era sembrato di essere stato abbastanza chiaro, oppure mi sbaglio? Per caso non capisci quello che dico? Oppure sei diventato sordo? »
Rin a terra socchiuse gli occhi e mosse piano le labbra, leggermente sformate dalla pressione del piede del moro. Poi accennò ad una leggera risata roca.
« Wow, non pensavo sapessi parlare così tanto, è il tuo record », gli disse, seriamente felice, anche se quella frase gli costò un dolore acuto alla mascella.
«  Scusa, scusa, scusa », incominciò allora a lagnarsi, girandosi sopra al materasso per sfuggire dal piede di Sousuke. In pochi secondi anche Rin si ritrovò in piedi, la gamba destra appoggiata a malapena a terra e quella sinistra che reggeva tutto il peso.
Con un sospiro stanco il ragazzo si passò la mano tra i capelli scompigliati e gettò uno sguardo amareggiato a Sousuke, che ricambiò con un’occhiata scocciata.
«  Non guardarmi così, ti avevo avvisato anche la prima settimana: se ti dico di svegliarti, devi svegliarti », il moro schioccò le labbra e guardò verso l’ingresso della tenda, per poi girarsi nuovamente in direzione di Rin, «  ora mettiti le mutande ed esci, dobbiamo andare dal Capitano. »
Sousuke non lasciò nemmeno il tempo al ragazzo di coprirsi, aprì con un singolo movimento la tenda e uscì all’esterno.
La luce del sole lo investì in pieno e per un secondo si rammaricò di essersi lasciato alle spalle la piacevole oscurità della sua tenda, ma si riscosse immediatamente dai quei pensieri puntando lo sguardo sopra Haruka.
Il ragazzo stava fermo in mezzo al campo come di consueto, controllando che tutto andasse per il verso giusto.
Non appena i loro occhi si incrociarono l’espressione di Haruka si indurì appena e con un semplice movimento della mano invitò Sousuke a raggiungerlo alla svelta.
Il ragazzo gli si avvicinò prontamente, passandosi una mano sopra i capelli scompigliati dalla nottata precedente.
«  Solitamente sorgi e risplendi insieme all’alba, come mai oggi sei in ritardo?», gli domandò semplicemente Haruka, incrociando le braccia al petto.
Sousuke serrò appena le labbra e si lasciò sfuggire solamente un “ uhm” gutturale che poteva voler dire qualsiasi cosa.
Che poteva dire?
“ Mi dispiace, ho passato la notte con lo storpio e non sono riuscito a svegliarmi presto?”
Il problema non si presentò, perché al suo fianco avvertì il corpo di Rin e si premurò lui a parlare al posto di Sousuke.
«  Vuoi sapere che abbiamo fatto, Capo? Se vuoi te lo racconto?», esordì immediatamente il fulvo, il sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all’altro.
Haruka gli dedicò una semplice occhiata neutra e scosse la testa.
«  Ti prego, no, non lo voglio sapere. »
«  No, davvero, te lo voglio dire. Adesso siamo compagni, quindi possiamo parlare tranquillamente di qualsiasi cos-»
Sousuke si premurò di afferrare Rin per la spalla, stringendo con forza le dita fino a farle sbiancarle.
Il ragazzo gemette appena a quella morsa e si zittì  immediatamente.
«  Non interessa a nessuno sapere quello che hai da dire, quindi taci », sbottò Sousuke, aumentando ancora di più la stretta, tanto da sentire l’osso della clavicola del fulvo premere sotto i polpastrelli.
«  Volevo solo essere amichevole …», si lamentò Rin, passando da un volto all’altro alla ricerca di comprensione. Né Sousuke né Haruka gli dedicarono più di uno sguardo scocciato.
«  Comunque », riprese a parlare il Capo, scuotendo la testa come a volersi lasciare alle spalle quell’argomento, «  oggi non dovete andare da nessuna parte, quindi direi che è il momento di vedere se il nostro nuovo acquisto sa fare qualcos’altro oltre che parlare a sproposito e lamentarsi.»
Rin scattò automaticamente sull’attenti, annuendo come avrebbe fatto un qualsiasi cadetto.
Sousuke non riusciva a capire se quel tipo fosse serio oppure avesse uno strano senso dell’umorismo che solo lui riusciva a capire.
In ogni caso si ritrovò ad annuire a propria volta, schiarendosi la voce.
«  Che vuoi che faccia?», domandò poi ad Haruka, cercando di ignorare lo sguardo scoppiettante di Rin al suo fianco, «  la sua gamba è ancora in pessime condizioni, Makoto se la prenderà con me se lo faccio sforzare troppo. »
Haruka si passò l’indice sopra le labbra, andando a mordicchiarsi leggermente l’unghia alla ricerca di una soluzione veloce. Alla fine si schiarì la voce.
«  Vedi se riesce a tenere in mano almeno una pistola, d’accordo? »
Sousuke annuì e si ficcò la mano destra in tasca, osservando Haruka che si allontanava verso Kisumi, probabilmente per razionare il cibo della giornata.
Infine il moro si voltò verso Rin e sospirò.
«  Sai come si usa una pistola, vero? », gli domandò con una certa nota speranzosa nella voce, ma dallo sguardo colpevole di Rin capì che sarebbero riusciti a fare ben poco quel giorno.
Sousuke scosse il capo e socchiuse gli occhi.
«  D’accordo, va bene », bisbigliò, prima di alzare leggermente la voce, «  Pod 010, a rapporto »
Con un sibilo acuto il piccolo pod grigio si sollevò dalla sua postazione e arrivò ronzando verso il suo proprietario.
“ Pod 010 a Sousuke, attendo gli ordini. “
«  Assisiti all’allenamento e scansiona i tempi di reazione di Rin e sviluppa un possibile allenamento. »
L’occhio del pod si illuminò di rosso e la voce elettronica sintetizzò un: “ affermativo”.
Rin soffocò uno sbadiglio con la mano e seguì, con un’andatura  trotterellante,  Sousuke.
Raggiunsero un piccolo spiazzo dietro l’accampamento, nascosto dagli edifici in rovina e riparati dalle tempeste di sabbia che di tanto in tanto imperversavano su quel fronte.
Sousuke rimase in silenzio per tutto il tragitto, lasciando Rin ai suoi pensieri così che anche lui potesse dedicarsi ai propri.
Non che avesse tanto di cui rammaricarsi, alla fine. La nottata precedente era stata più piacevole del previsto e di certo non se ne sarebbe fatto una colpa, nemmeno se agli altri all’accampamento non andava bene.
Aveva visto lo sguardo di Haruka indugiare su Rin e poi su di lui, come se avesse commesso lo sbaglio più grave del mondo, ma non gli importava.
“ E’ stato solo sesso
Sesso, certo, piacevole, eccome, ma lo infastidiva tremendamente il fatto che fosse stato proprio Rin a farlo cedere dopo tanto tempo.
Non si fidava ancora di lui, era un’incognita che gli faceva perdere il controllo, e ogni secondo che continuava a camminare accanto a lui si sentiva sempre più frustrato e amareggiato.
Alla fine Sousuke affondò i denti nel labbro inferiore e tornò alla realtà dei fatti; non aveva tempo da perdere con i propri pensieri.
Corrugò la fronte e allora inchiodò sul posto, fermandosi improvvisamente al centro del campo, come se si fosse ricordato solo ora quello che erano venuti a fare.
Si schiarì la voce e aspettò che Rin lo affiancasse, così da potergli spiegare l’allenamento base del Campo.
«  Allora, questa è la tua arma, tienila con cura, puliscila ogni giorno e non farla inceppare, capito?», iniziò a parlare, ficcando tra le mani dell’altro una calibro 22 semiautomatica, una pistola non troppo pesante e decisamente maneggiabile. Poi schioccò la lingua contro al palato e indicò con un cenno del capo le sagome da tiro sparse a vari metri di distanza tra loro, « iniziamo con le basi, che ne dici? Sai la differenza tra una semiautomatica e una revolver? »
Rin si rigirò la pistola tra le mani e poi scosse la testa, mentre gli occhi rossicci scivolavano sopra il metallo lucido dell’arma.
Sousuke sbottò e tirò fuori un modello completamente diverso di pistola, indicandola.
« Allora, i revolver funzionano con un tamburo rotante, dove  inserisci le munizioni e poi, dopo aver sparato, devi eliminare i bossoli prima di ricaricare. Dopo lo scoppio di ogni proiettile il cilindro ruota per allineare la munizione successiva al percussore. Tirando il grilletto si attiva il percussore e si spara. »
Sousuke parlò tranquillamente, ruotando il cilindro della sua pistola per mostrare a Rin i proiettili. Ne sfilò uno, poi lo reinserì, e alla fine puntò verso uno dei tanti bersagli.
Socchiuse un occhio, serrò le labbra, e lasciò partire il colpo con un rumore assordate.
La sagoma vacillò per qualche secondo e il foro causato del proiettile rilasciò un po’ di fumo verso il cielo.
Dopodiché Sousuke si rificcò la pistola nella bisaccia e riportò la sua attenzione sopra a Rin, che lo guardava con un misto di ammirazione e stupore.
« Fantastico, l’hai centrato in pieno », esalò il fulvo, con gli occhi che non riuscivano a staccarsi dal volto del moro.
Sousuke si schiarì la voce e lasciò perdere quel complimento, indicando la calibro 22 che teneva in mano Rin.
«  Non distrarti », si limitò a dire, prima di riprendere con la spiegazione, «  quella che hai in mano te è una semiautomatica e la differenza è semplicissima. La pallottola avanza automaticamente dal caricatore alla camera di sparo ed espelle il bossolo non appena viene sparato. Lì c’è la sicura, ricordati di inserirla se non vuoi rimanere senza nessuna gamba funzionante. »
Rin annuì, osservando la pistola che teneva tra le mani come se fosse il marchingegno più strano che avesse mai visto.
Sousuke sollevò gli occhi al cielo e gli si mise alle spalle, così da raddrizzargli le spalle. Successivamente piegò il ginocchio e lo fece scivolare tra le gambe di Rin, facendole schiudere e allineare nella posizione più corretta.
« Tieni stretta la pistola con l'anulare e il medio, così », gli afferrò la mano, spingendo le dita di Rin ad afferrare saldamente l’impugnatura, « il mignolo deve restare appoggiato, ma non devi far presa, nemmeno col pollice, ok? Stringi più forte, avanti »
Le dita di Rin traballarono leggermente sotto la stretta di Sousuke e solo dopo qualche secondo il tremore cessò, la pistola rimase immobile tra le loro mani.
Il moro annuì e si chinò verso la spalla dell’altro, così da arrivare alla sua altezza, e spostò il braccio di Rin fino a fargli prendere la mira.
«  Iniziamo col bersaglio più vicino, quello lì a destra »
Vide il capo del fulvo annuire una sola volta e accennò ad un sorriso soddisfatto, mentre gli occhi azzurri notavano un leggero imbarazzo sopra le sue gote.
Quella vicinanza metteva in soggezione anche lui, ma a differenza del fulvo sapeva mascherare perfettamente le proprie emozioni.
Scosse leggermente il capo e afferrò la mano sinistra di Rin, facendola scivolare sopra quella destra, chiudendola a coppa.
« Chiudi un occhio, metti a fuoco il mirino anteriore, rilassati e respira. »
«  La fai facile », mormorò Rin, la fronte corrugata e l’occhio sinistro strizzato.
Sousuke si allontanò di pochi passi e rimase lì al suo fianco, le braccia incrociate al petto e lo sguardo attento che solo un esperto istruttore sapeva avere.
«  Spara », disse solamente e il boato dello sparo rimbombò per tutto il campo.
Il proiettile centrò perfettamente il bersaglio e Sousuke tirò un leggero fischio d’ammirazione, soddisfatto che il suo veloce insegnamento avesse dato i suoi frutti.
Il secondo e il terzo colpo, invece, non andarono nel migliore dei modi; una pallottola si conficcò nel terreno sabbioso e l’altra partì troppo in alto, raggiungendo il cielo.
Rin si voltò verso di lui e accennò ad un sorriso di scuse, mentre inseriva le munizioni nel bozzolo.
«  Il primo non è andato poi così male, no? »
Sousuke sbuffò appena e tornò al suo fianco, sollevando un sopracciglio con scetticismo.
«  Non è andato male perché ti ho praticamente messo nella posizione giusta, da solo fai un po’ pena. »
Il sorriso del fulvo scemò velocemente, ma tornò alla ribalta quando fece roteare la pistola tra le mani.
«  ‘sta a vedere, tempo un paio di minuti e ti lascerò a bocca aperta. »
Sousuke ruotò gli occhi al cielo e si limitò ad allontanarsi di pochi metri, andando a sedersi a terra, le gambe incrociate e il pod al suo fianco.
L’occhio rosso della piccola macchina di titanio non perdeva di vista i movimenti di Rin, scansionando le alterazioni del battito cardiaco e le funzioni vitali, ronzando di tanto in tanto.
Mentre il fulvo continuava a mirare un bersaglio dopo l’altro, impiegando più tempo del dovuto, Sousuke tirò fuori un piccolo libro malconcio dalla sua sacca e se lo appoggiò sopra le ginocchia.

“ Il battito cardiaco è stabile e i muscoli si flettono senza nessuno sforzo. Nessun problema riscontrato”, la voce del Pod gracchiò la prima analisi.


Il moro corrugò appena la fronte e girò la prima pagina, cercando di concentrarsi sopra uno dei pochi libri che avevano a disposizione al campo.
Spesso e volentieri, insieme alle armi e ai vivere, derubavano i cadaveri di ogni loro avere, cercando così di riempire il campo con oggetti e agi che un tempo avevano adornato le loro vecchie case.
C’era qualche libro nella tenda di Makoto e Haruka ne teneva tre vicino al suo giaciglio, ma per il resto nessun altro della resistenza si interessava alla lettura; così Sousuke si era preso il permesso di acciuffare tutti i vecchi tomi inutilizzati e piazzarli nella sua tenda.
Quel giorno aveva deciso di leggere “così parlò Zarathustra”, ma la mente non riusciva a concentrarsi sopra le parole e gli occhi continuavano a sollevarsi sopra al corpo di Rin.
La sua posizione era stranamente eccellente e le mani non avevano un solo sussulto, nemmeno quando il colpo partiva in canna.
Aveva una postura sicura e ben eretta, come quella di un soldato, si ritrovò a pensare Sousuke.
La fronte del moro si increspò maggiormente e le labbra si schiusero, pronte a fare la solita domanda che gli ronzava nella testa.
«  E’ davvero un civile? »
L’aveva pensato la prima volta che l’aveva visto a petto scoperto, muscoloso ed atletico, e l’aveva ripensato ancora l’istante dopo averlo visto interessato a tecnologie che i cittadini comuni non potevano conoscere. L’aveva pensato nel vederlo camminare in giro con una gamba rotta senza emettere nessun lamento, se non quando lo sguardo di qualcuno si posava sopra di lui.
E se l’era chiesto ora, adesso che stringeva la pistola senza problemi e sbagliava un colpo dopo l’altro, nonostante la postura perfetta. Come potevano i suoi dubbi non tornare a galla?
Ogni errore di Rin, ogni pallottola scagliata lontana dal bersaglio, pareva una farsa, una presa in giro.
Mirava correttamente, stringeva l’arma senza alcun problema, eppure all’ultimo il proiettile non colpiva mai il centro dell’obiettivo.
Sousuke cercò di scacciare ancora una volta quei pensieri tornò a concentrarsi sopra al libro.
« E quando parlai a tutti, non parlai a nessuno. E la sera, i miei compagni erano funamboli e cadaveri; e io stesso ero quasi un cadavere. »
Le labbra di Sousuke si schiusero appena, mentre leggeva lentamente quelle frasi, imprimendosele nella mente.
Un leggero brivido gli percorse la schiena e ancora una volta gli occhi si distrassero, abbandonarono il libro e scivolarono sopra Rin.
Un colpo dopo l’altro i proiettili esplodeva e dio, dio, era come essere nel campo di battaglia.
E io stesso ero quasi un cadavere.
 
 
 
***



 

«  Ragazzi, che ne dite di una pausa? »
La voce delicata e gentile di Makoto spezzò quelle lunghe ore di allenamento.
Rin, il volto sporco di sabbia e sudore, si lasciò andare ad un lungo sospiro felice.
Si lasciò ciondolare le braccia stanche contro ai fianchi e gettò uno sguardo quasi di supplica a Sousuke, chiedendogli con gli occhi di potersi fermare almeno per un po’.
Il moro, seduto a pochi metri di distanza da lui, non gli dedicò nemmeno uno sguardo, ma si alzò ugualmente in piedi.
«  Per oggi può anche bastare», disse solamente, raggiungendo Makoto e salutandolo con una pacca sulla spalla.
Il dottore si sedette compostamente a terra e si mise tra le gambe la sacca malconcia che fino a poco prima gli era penzolata dalle spalle.
Rin si avvicinò con curiosità e non riuscì a trattenere un’esclamazione di giubilo nel vederci dentro delle provviste.
Stava letteralmente morendo di fame dopo tutte quelle ore passate sotto al sole cocente.
Carne secca, un po’ di acqua e pane, andava più che bene.
Non appena Sousuke si sedette, allora, raggiunse il suo fianco e si lasciò cadere a terra con un lento sospiro.
L’altro, ancora una volta, non gli dedicò nemmeno una delle sue solite occhiate acide.
Per qualche secondo Rin rimase interdetto, quasi ferito da un comportamento del genere, ma appena Makoto gli passò la sua razione trovò altro su cui concentrarsi.
«  Grazie », disse semplicemente, cercando di rimanere umile con un uomo del genere; Makoto lo metteva in soggezione più di tutti gli altri. Era sempre gentile e sorridente, intelligente e generoso, e ogni volta che Rin incrociava il suo sguardo non riusciva a mantenere il contatto per più di pochi secondi.
L’unica persona, in tutto il Campo della Resistenza, con cui si sentiva a suo agio era il moro al suo fianco, che al momento non lo guardava nemmeno di striscio.
Rin si incupì immediatamente e si ficcò in bocca un pezzo di carne salata, masticando a fatica quel bastoncino talmente duro da fargli male i denti.
Era salato e non sapeva di carne, ma lo stomacò riuscì a gradire ugualmente.
Impiegò più tempo del dovuto per masticare la punta, mentre gli occhi scivolavano al suo fianco, sopra al volto contrito di Sousuke, chiedendosi che cosa potesse passargli per la mente.
Aveva in volto l’espressione più cupa e pensierosa che gli avesse mai visto e in qualche modo non poté fare a meno di pensare che fosse stato proprio lui a causarla.
Un leggero dolore alla pancia accompagnò quei pensieri, insieme al leggero tremore dell’ansia.
«  Allora …», iniziò a parlare Makoto, spostando lo sguardo da uno all’altro con attenzione, cercando di spezzare quel silenzio denso come il burro,  «  com’è andato il primo allenamento? »
Rin si azzardò a sollevare lo sguardo ancora una volta verso Sousuke, ma il moro si ostinava a guardare altrove, tutto, piuttosto che lui; allora prese la parola.
«  Beh, ho sbagliato un sacco di tiri, ma ho capito come funziona, sì », borbottò Rin, annuendo, decidendo di abbandonare per un po’ la carne secca e dedicarsi al tocco di pane.
Makoto spostò lo sguardo verso Sousuke per averne la conferma e gli occhi si addolcirono appena.
«  Signor Tenebroso,che ti prende oggi? Ti sei svegliato di cattivo umore?», gli domandò, sollevando un sopracciglio chiaro con una leggera apprensione nella voce nonostante il tono scherzoso.
Sousuke scosse le spalle come se niente fosse e poi sospirò.
«  Stavo solo pensando », tagliò corto il moro, addentando il bastoncino di carne con forza.
Rin distolse lo sguardo, ma schiuse ugualmente le labbra per parlargli.
«  E a che pensi? »
Dal suo fianco avvertì un leggero sbuffo e con la coda degli occhi Rin vide le mani del moro serrarsi leggermente.
«  Penso che tu non dovresti affatto stare qui con noi », per una volta parlò schietto, senza mascherare quei pensieri che lo incupivano.
Lo stomaco di Rin si contrasse leggermente e quelle parole, nella sua testa, assomigliarono tanto ad una sfilettata nel petto.
Mormorò un semplice: “ mi piace stare qui”, ma evitò accuratamente di aggiungere un “ qui con te” che gli premeva sulla punta della lingua.
Makoto scosse appena la testa e li guardò entrambi con occhi concilianti.
«  Sousuke sa essere testardo quanto vuole, Rin, ma non preoccuparti, non ti manderemo via da nessuna parte. Qui siamo una famiglia, abbiamo gli stessi valori, gli stessi ideali, le stesse-»
La mano destra del moro si scagliò a terra in un secondo, inaspettatamente, facendo sobbalzare gli altri due ragazzi.
Sia Makoto che Rin lo guardarono leggermente esterrefatti, mentre Sousuke stringeva il pugno tanto forte da farsi sbiancare le nocche.
«  E quali sono questi ideali, Makoto? Perché io e te li condividiamo, ma lui?»la voce di Sousuke si fece più aspra, mentre gli occhi tornarono sopra al volto di Rin dopo tanto tempo, «  tu per cosa combatti? »
Per qualche secondo regnò il silenzio, nel piccolo campo d’addestramento, finché Rin non trovò il coraggio di schiarirsi la voce.
La domanda era facile, si disse, ma la risposta non era così semplice come poteva sembrare.
«  La mia famiglia…», iniziò a bassa voce, ma ancora una volta Sousuke lo interruppe, scuotendo la testa ed esclamando un: «  non basta. »
Ancora una volta lo stomaco gli si contrasse e l’espressione, sempre rilassata e gioviale di Rin si indurì.
 « Per me sì, per me basta eccome. »
La voce gli tremò leggermente, ma questo non bastò di certo a far addolcire le labbra serrate del moro.
Sousuke continuava a guardarlo con rabbia e attenzione, il furore che pian piano prendeva sempre più possesso degli occhi.
«  Noi combattiamo perché questo Governo ci ha spezzato. Ci ha distrutto, immolato per una causa in cui non credevamo e infine ha deciso di sottometterci a qualcosa in cui non crediamo. Noi, io, Haruka, Makoto, tutti gli altri, combattiamo perché rivogliamo la nostra città, vogliamo la nostra libertà-»
«  Sousuke», la voce di Makoto spezzò il suo discorso così come il moro aveva fatto poco prima con lui.
Il tono, solitamente gentile e basso, si fece appena più crudo, così come gli occhi verdi.
«  Sousuke», lo chiamò ancora una volta, inumidendosi le labbra, «  tutti noi ci battiamo per ciò in cui crediamo e amiamo. Rin ama la sua famiglia, l’ha amata fino alla fine, lascialo combattere per questo.»
Il fulvo abbassò lo sguardo, le labbra che tremavano leggermente.
« Io combatto per …»
Non riuscì a finire la frase, impedì ai propri pensieri di prendere il sopravvento.
Gli occhi carmini, però, trovarono il coraggio di guardare Makoto con gratitudine.
«  Ora devo tornare al campo, vi lascio soli, avete sicuramente tante cose da dirvi», concluse alla fine Makoto, mostrando ancora una volta quanto detestasse i litigi e non fosse ben disposto a tollerarli.
Rin si era chiesto più volte perché un uomo dall’indole pacifica come la sua si fosse ritrovato a combattere in un posto del genere.
Rimase a fissare la sua schiena che si allontanava, dimenticandosi per qualche secondo perfino di Sousuke al suo fianco.
« Ideali di libertà e di pace »si disse mentalmente prima di ruotare il busto verso sinistra, così da poter osservare il moro.
Makoto era riuscito a zittire la sua voce, certo, ma nei suoi occhi azzurri Rin riusciva ancora a leggere tutte le sue accuse.
Sospirò appena, abbandonando l’idea di mettere qualcosa sotto i denti.
Il pane era praticamente rancido, il bastoncino di carne secca immangiabile e perfino l’acqua, che solitamente era limpida e fresca, conteneva troppi granelli di sabbia.
Rin deglutì e ripose con calma i viveri dentro la propria sacca, prima di tornare a rivolgersi al moro.
«  La mia famiglia era la cosa più importante per me, combatto per loro. Sono sincero.»
Sousuke scosse la testa, la mano contratta si sciolse poco dopo.
«  Allora perché non siete mai venuti al campo? Come avete fatto a sopravvivere là fuori, da soli, per tutti questi anni? »
Rin scosse appena le spalle, alzandosi a fatica da terra, rimanendo in piedi davanti all’altro ragazzo.
«  I miei genitori erano davvero in gamba », rispose semplicemente, lo sguardo che pareva lontano, «  mangiavano quello che trovavamo, vivevamo sotto le macerie meno pericolanti, sopravvivevamo insieme, uniti.»
Sousuke sollevò il capo e lo guardò dal basso, per niente convinto dalle sue parole, Rin glielo leggeva in faccia.
«  Nemmeno questo basta », disse solamente, alzandosi a propria volta, facendo leva sopra le braccia per rimettersi in piedi, «  una vita del genere va bene solo per dei randagi. »
«  Non è quello che siamo tutti noi? », gli chiese semplicemente Rin, ma non ricevette alcuna risposta.
Sousuke scosse solamente la testa, mentre le labbra si incurvavano in un sorriso malinconico.
Come poteva credere a Rin? Come poteva fidarsi di lui quando tutte le sue risposte erano così vaghe da lasciare solamente altri dubbi?
Il moro si levò da terra, afferrando la sua bisaccia e lasciando lì il resto dei viveri; gettò una sola occhiata a Rin e scosse la testa.
«Non mi posso fidare di te», parlò a bassa voce, lo sguardo basso, puntato sopra la nuca ramata del ragazzo, «Non finché non mi darai un motivo per farlo.»
Sousuke rimase immobile, in attesa di una qualsiasi risposta, magari una rassicurazione, ma questa volta fu Rin a non parlare.
I secondi scivolarono lenti e viscidi, serpenti che ticchettavano e sibilavano nelle loro menti, e alla fine la pazienza di Sousuke – quella piccola speranza- si sgretolò.
Voltò le spalle a Rin e si allontanò a passo svelto, il volto rivolto al sole che tramontava dietro le rovine di quella che un tempo era stata Gunai.
Non riuscì a sentire le parole di Rin dietro di lui, quell’unica frase mormorata al vento.
«Mi dispiace.»






***
Da grandi ritardi derivano grandi responsabilità.
Mi dispiace profondamente di tornare dopo quasi un mese di assenza, ma non potevo usare il pc e quindi ho dovuto abbandonare ogni storia, sigh.
In ogni caso eccomi tornata con un nuovo capitolo, dove ancora una volta Sousuke finge che nulla si aaccaduto e non riesce proprio a fidarsi di Rin.
Il giovincello, al contrario, sempre nascondere sempre più cose.
Alla prossima.
Mel.

 
   
 
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