Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: _RockEver_    03/07/2018    3 recensioni
Erin è una ragazza misteriosa e molto intelligente che da anni si nasconde dal governo mondiale.
Un giorno, per fuggire dai marines che intendono catturarla, si imbatte in una nave con la polena a forma di balenottera azzurra: la nave di Barbabianca.
Si ritroverà contro ogni aspettativa a bordo del veliero e, inizialmente non sopportata da tutti, si ritroverà a scoprire il valore dell'amicizia e conoscerà delle persone che le cambieranno la vita, in particolare lo stesso Barbabianca e un ragazzo moro dal viso tempestato di lentiggini.
Almeno fin quando la verità sul suo passato non verrà alla luce...
______________
Dal capitolo #22:
|
- E tu da quanto tempo sei lì?! – chiese basito rivolgendosi al ragazzino, il quale sorrise sornione e lo fissò con aria di sfida.
- Da un po’… - rispose – So essere molto silenzioso.
- Vedo… - commentò Ace seccato, facendo qualche passo in avanti per andar via prima che Xan saltò dalla cassa sul parapetto di poppa – in modo decisamente pericoloso – e gli si parò davanti.
- Senti un po’ – riprese, avvicinando il viso a quello del moro e fissandolo negli occhi – Tu fai cose con mia sorella?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aokiji, Barba bianca, Ciurma di Barbabianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
Erin non avrebbe saputo dire da quanto tempo era in quella posizione, inginocchiata ad abbracciare Xan e Sore e piangendo come mai aveva fatto in vita sua. Fosse per lei sarebbe rimasta così per una vita, tanto era felice di essersi finalmente ricongiunta a loro.
Si staccò qualche secondo dalla morsa d’acciaio del fratellino solo per poterlo guardare meglio e vedere quanto fosse cresciuto: era diventato più alto e le arrivava più o meno al collo, ma nonostante non avesse più il viso paffuto e candido che aveva da piccolo, non resistette a mettergli i palmi aperti sulle guance e a riempirlo di baci in fronte e sul naso, proprio come faceva quando erano bambini.
 -  Waaaaa – protestò lamentoso Xan, pulendosi subito con le maniche della maglietta quel mix di lacrime (sue ma anche di Erin), saliva e sudore dovuto alla corsa. Non aveva mai sopportato il modo in cui la sua sorellona solesse agguantargli la faccia per sbaciucchiarlo in quel modo -  Onee-chan!! Non ho più sette anni! Sono grande ormai, e che cavolo! – replicò poi, mettendo in chiaro già da subito che il fatto che non si vedessero da quasi sei anni non voleva certo dire che doveva ancora essere trattato da marmocchio.
Erin si mise le mani sulla pancia e scoppiò a ridere fragorosamente osservando l’aria imbronciata che aveva assunto Xan, con le sopracciglia corrucciate e il labbro inferiore più sporgente dell’altro:  -  Scusa, scusa! Non ho davvero potuto resistere! – ammise asciugandosi le lacrime che finalmente si erano calmate.
Si alzarono lentamente in piedi, sebbene la ragazza provasse un lieve intorpidimento delle gambe e le ginocchia un po' dolenti. Una volta in piedi si fiondò tra le braccia di Sore, il suo adorato mentore.
 - Accidenti, quanto sei diventata bella, Erin-san! – disse l’uomo ricambiando con affetto quella stretta, prendendo ad accarezzarle i capelli in modo paterno.
Erin sollevò la testa verso l’alto per fissarlo, dopodichè rispose: - Tu hai molti più capelli bianchi, Sore!
L’uomo ridacchiò divertito e, indicando Xan, disse: -  Tutta colpa di questa piccola peste che mi fa invecchiare prima del tempo!
 -  Eh?? Ma se hai più di settant’anni! – replicò l’accusato puntandogli il dito contro, offeso.
 -  Cosa c’entra, ne dimostro quaranta per quanto sono in forma!
 -  Ma smettila! Ti brucia solo il culo perché stai invecchiando!
 -  Ehi, ehi! Chi ti ha insegnato a parlare così?! – si intromise Erin allibita, mollando uno scappellotto sulla nuca del fratello.
 -  Ahia! E’ stato lui! – rispose Xan indicando Sore.
L’uomo sgranò gli occhi sentendosi tirato in causa: - Ma questo non è vero! – ribattè, spaventato dallo sguardo omicida di Erin -  C-cioè, mi è sfuggito… Solo una volta!
Ace e Izo, intanto, non capirono se sentirsi commossi per il loro incontro o scoppiare a ridere per quella comica messinscena familiare.
 - Ma secondo te faranno sempre così? – chiese Izo, avendo scelto la seconda opzione.
 -  Non saprei, ma sono uno spasso! – rispose il moro ridendo, osservando la ragazza rimproverare il suo tutore fingendosi sconvolta, quasi come fosse lei la più grande lì. La osservò poi scoppiare a ridere e allargare nuovamente le braccia per stringerli a sé. Non conosceva Erin da molto tempo, ma avrebbe giurato di non averle mai visto l’espressione che aveva in quel momento: era la prima volta da quando la conosceva che la vedeva così felice, e non potè non soffermarsi a fissarla qualche secondo di più del necessario per ammirare quanto fosse ancora più bella.
Xan, accortosi solo allora della presenza degli altri due in lontananza, si allontanò dall’abbraccio di Erin e assottigliò gli occhi per guardare meglio i due loschi figuri incappucciati che pedinavano sua sorella.
 - Onee-chan, il tizio con la pistola e quello che ti fissa con la faccia ebete sono con te? – chiese allora senza troppi complimenti. Si poteva dire tutto di suo fratello, tranne che non fosse un ragazzino senza peli sulla lingua.
Erin si girò a fissare i suoi compagni e sorrise in loro direzione, ridacchiando sotto i baffi nello scorgere Ace scuotere la testa per riacquistare lucidità e grattarsi la nuca.
 - Sì, sono miei amici. Venite, ve li presento – disse, dopodichè si avviò con loro al seguito non appena ebbero recuperato i loro zaini.
Ace e Izo videro i tre venire verso di loro e poterono finalmente guardarli per bene: l’uomo era una figura alta e imponente, con un robusto fisico proporzionato e forte. Aveva gli occhi chiari, i capelli neri tinti qua e là di ciuffi bianchi e un viso abbronzato e decisamente con pochissime rughe rispetto agli anni che sembrava avere. Se non avessero saputo di essere dalla stessa parte, certamente i due ragazzi erano convinti che avrebbero avuto delle rogne ad iniziare un combattimento con lui.
Il più piccolo, invece, era un ragazzetto magrolino e apparentemente molto agile e sveglio. Aveva gli occhi verdi e i capelli castani, come la sorella, che guizzavano ribelli verso l’alto mentre un ciuffo ricadeva sulla fronte. Dalla sua espressione, Ace giurò che fosse anche una ragazzino estremamente vivace, con l’aria di uno che sfiderebbe persino Dio e che, probabilmente, vincerebbe anche. Indossava una maglia nera a maniche lunghe e si avvicinava spavaldo con le mani nelle tasche di un paio di pantaloni verde militare che gli arrivavano al ginocchio, mentre ai piedi portava degli stivali neri alti sino alla caviglia
Una volta che li ebbero raggiunti, Erin sfiorò affettuosamente la mano di Ace, il quale          ricambiò stringendole gentilmente il polso e accarezzandole una spalla da sopra il mantello, cercando di non farsi vedere dalla famiglia di Erin, con scarsi risultati. Non per nulla, ma la massiccia figura di Sore che aveva così tanto un atteggiamento paterno verso Erin e suo fratello che lo fissava diffidente lo avevano messo a disagio. La ragazza non si accorse delle turbe interiori di Ace e si mise di lato, allungando la mano a indicare i suoi compagni: - Xan, Sore, vi voglio presentare due delle persone che in questi ultimi mesi-
 - Aspetta! – la interruppe Xan, avendo messo a fuoco i volti dei due – Ma io li conosco! Tu sei Izo della ciurma di Barbabianca! – squittì Xan sovraeccitato girandogli intorno, incredulo che sua sorella fosse veramente in compagnia della ciurma di uno dei quattro imperatori. Credeva che gli avesse mentito al lumacofono solo per farlo stare tranquillo e sapendo quanto lui amasse i pirati.
Si soffermò poi davanti ad Ace e la sua espressione mutò completamente, senza più alcuna euforia: -  E tu sei Portgas D. Ace, quello che prende fuoco – disse atono con sufficienza, fissando il moro negli occhi con aria scocciata. In realtà, dentro di sé, non stava nella pelle di conoscere  Pugno di Fuoco, uno dei suoi pirati preferiti in assoluto. Di persona era persino più figo di come appariva nell’avviso di taglia. Però quel bellimbusto aveva accarezzato sua sorella, e sua sorella gli aveva sorriso, e lui poi aveva fatto gli occhi dolci a sua sorella! E come si permetteva quel tizio di toccare sua sorella senza il suo permesso di fratello? Queste cose erano l’ A B C, e che cavolo! Se si sentiva in diritto di farlo solo perché era un pirata famoso si sbagliava di grosso, eccome se si sbagliava.
Ace, dal canto suo, guardò dall’alto in basso il marmocchio che lo fissava con le braccia incrociate al petto, come uno che la sa lunga. Si era tutto impettito quando il ragazzino aveva detto di conoscerli, si era sentito come una rockstar a passeggio per le strade di un paese dimenticato da Dio che viene fermato da un fan per un autografo, però poi era rimasto di sasso con un sorriso tirato a metà quando quest’ultimo si era rivolto a lui con quello sguardo di superiorità.
 -  V-veramente io creo e manipolo il fuoco, non prendo fuoco… Il mio è un frutto Rogia – puntualizzò il moro sbattendo più volte le palpebre, sentendosi in dovere di farlo poiché la descrizione del moccioso l’aveva fatto sembrare un idiota auto-piromane.
Xan lo liquidò bellamente con un gesto della mano e si voltò rivolgendosi ad Erin, la quale era ancora più meravigliata di Ace della reazione del fratello:  - E dunque da qualche parte c’è la Moby Dick? Con Barbabianca e tutti i comandanti?! – chiese con rinnovata euforia.
 -  Sì, certamente! Anzi, sarà meglio lasciare questo posto il prima possibile – rispose Erin, incamminandosi con gli altri sulla via del ritorno.
Mentre camminavano, Sore aveva fatto un inchino verso Ace e Izo presentandosi educatamente, con Xan troppo intento a trotterellare attorno a quest’ultimo riempiendolo di domande sul grande Barbabianca.
Erin allora approfittò della distrazione del fratellino per avvicinarsi ad Ace.
 - Non so cosa gli sia preso, da quel che so lui va matto per i pirati forti come te! – gli sussurrò facendo spallucce e allargando le braccia.
Ace si voltò di soppiatto verso Xan e sobbalzò nell’accorgersi che questi lo stava nuovamente osservando con gli occhi ridotti ad una fessura.
 -  Mi spaventa! Sembra voglia farmela pagare cara per qualcosa! Ma poi, che ho fatto? – piagnucolò sconsolato. Insomma, pensò che per essere il primo incontro col fratello della sua ragazza –sua ragazza?- non sembrava avesse fatto scintille.
Erin si coprì la bocca per sopprimere una risata: -  Non mi dire, Portgas D. Ace ha paura di un ragazzino di tredici anni?
Il moro non cedette a quella provocazione e ghignò, destabilizzandola con un sinuoso colpetto di fianchi:  - Quante volte devo dirti che se scherzi col fuoco finisci per scottarti? – le sussurrò con uno sguardo provocatorio.
 -  E’ così divertente che potrei abituarmici – rispose lei incrociando le braccia sotto il seno e sollevando un lato della bocca verso l’alto, con aria di sfida.
Ace le si avvicinò, dimenticando per un momento che non erano soli, e si sporse verso le labbra della ragazza per darle un bacio. Erin ridacchiò e chiuse gli occhi facendosi più vicina, prima di sentirsi sospinta con forza in avanti da suo fratello, inibendole ogni possibilità di scambiare effusioni col moro.
 -  Oneeee-chaaaaan! – cantilenò suo fratello appendendosi al suo braccio e sorridendole a trentadue denti – Abbiamo così tanto da raccontarci! Mi sei mancata da morire!
Le perplessità iniziali di Erin a quella spinta che per poco non la faceva cadere sulla sabbia svanirono presto, presa com’era ad abbracciare Xan e a raccontargli come aveva fatto a finire sulla Moby Dick.
Ace rimase per la seconda volta come uno stoccafisso con la bocca ancora pronunciata in un bacio, suscitando l’ilarità di Izo che si resse la pancia per il troppo ridere.
 - Qualcuno è un po' geloso! – commentò Sore divertito in direzione di Ace, sorpreso e anche sollevato di scoprire che la sua adorata figlioccia era innamorata di niente poco di meno di Ace Pugno di Fuoco, il comandante della seconda flotta di Barbabianca. Fu felice di sapere che era stata in buone mani negli ultimi tempi, non solo protetta dall’uomo più forte del mondo e conosciuto in ogni angolo del pianeta, ma persino dall’amore di uno dei suoi comandanti. Non sapeva naturalmente che genere di rapporto avessero quei due, ma era palese da come si guardassero quanto fossero forti i sentimenti che li legavano, l’aveva notato nell’istante in cui si erano avvicinati, sebbene i due credevano che lui non se ne fosse accorto.
 - Smettetela di ridere voi due! Non è divertente! – urlò Ace in loro direzione, ottenendo solo che le loro risate aumentassero.
Sospirò sconsolato e riprese a camminare cercando di ignorarli, mentre davanti a sé Erin e Xan si raccontavano di tutto con la stessa allegria e trasporto di due comare che non si vedono da una vita. Si vedeva che avevano un rapporto molto stretto prima che si separassero e nonostante non fosse stato amore a prima vista con Xan (come del resto non lo era stato con Erin, a ben pensarci) gli bastava sapere che Erin era felice per potersi sentire in pace, e andava bene così.
 
 
 
***
 
 
 
Intanto, a Marijoa, l’ammiraglio Aokiji aspettava da circa mezz’ora nell’atrio di una villa a lui ormai infelicemente familiare.
Allungò di più le gambe per sgranchirsi un po' e incrociò le braccia al petto, accomodandosi meglio su quel divano di pelle immacolata e attendendo che qualcuno lo andasse a chiamare. Aveva fin troppo chiaro in mente il motivo per cui era lì, sapeva che non ci sarebbe voluto molto prima che quel giorno arrivasse, solo che immaginava di poter macchinare le cose ancora un altro po'.
Ad un certo punto vide un ragazzo di bell’aspetto e vestito in modo elegante che si avvicinava nella sua direzione. Aveva decisamente difficoltà a ricordare i volti dei domestici in quella casa gigantesca: c’erano così tante cose da fare lì dentro per mantenere la dimora in condizioni degne di un principe che la servitù era estremamente numerosa e ogni volta che vi si recava notava un nuovo arrivato. Non che non sapesse, anche, che il cambio così frequente del personale dipendeva dal fatto che spesso quei poveracci venivano uccisi per i più insignificanti motivi.
Vi erano volte in cui l’ammiraglio odiava davvero tanto quel lavoro: sia chiaro, non l’essere un Marine, era fiero di lavorare per la giustizia e di rendere servizio alla sua nazione difendendo i più deboli contro le angherie dei pirati più spietati, però non riusciva a tollerare che la Marina prendesse ordini da quella schifosa oligarchia che spesso e volentieri si preoccupava solo dei propri, di interessi.
I suoi pensieri furono interrotti dal ragazzo che gli si fermò davanti e con un educato inchino annunciò:  -  Voglia cortesemente seguirmi, Aokiji-sama.
Kuzan si alzò sistemandosi al meglio la giacca bianca sulle spalle e si tolse la mascherina da notte dalla testa, riponendola con cura nella tasca. Seguì il giovane lungo il corridoio che sapeva condurre allo lo studio privato di Akahito, zona off-limit per chiunque alloggiasse in quella residenza se non invitati direttamente dal proprietario.
Il ragazzo aprì la porta della stanza e fece un mezzo inchino rivolto verso l’ammiraglio, facendogli cenno di entrare con la mano e richiudendo poi la porta alle sue spalle.
Akahito era fermo davanti alla vetrata che dava sul giardino, la quale occupava quasi una parete intera, dava le spalle alla porta ed indossava la sua adorata pelliccia bianca, con le mani guantate nelle tasche degli eleganti pantaloni neri.
 -  Desiderava vedermi, signore? – chiese Kuzan con voce ferma e sicura, come si addiceva ad una persona del suo calibro.
Il biondo si prese qualche secondo per rispondere. Si voltò lentamente e si avvicinò alla lucida scrivania di ebano che occupava il centro della stanza e che da sola poteva valere quanto cinque dei suoi stipendi.
 - Siediti – gli ordinò il biondo perentorio, accomodandosi anch’egli sulla poltrona rossa in pelle. Sembrava proprio avesse un diavolo per capello quel giorno, e lo sguardo omicida che gli rivolse destabilizzò per un attimo la sicurezza che aveva mostrato appena entrato nella stanza.
 - Ho una sola domanda per te, Kuzan – proseguì Akahito serissimo, poggiando i gomiti sul legno e sporgendosi verso di lui – Pensavi davvero che non avrei scoperto tutte le stronzate che mi hai rifilato per tutti questi anni? – concluse fissandolo col ghigno poco rassicurante di qualcuno che se avesse avuto un pugnale in mano non ci avrebbe pensato due volte a sventrarti.
Aokiji lo fissò serio, appoggiando la schiena contro la poltrona e accavallando le gambe: - A dire il vero no, signore. Ero certo che lo sarebbe venuto a scoprire prima o poi.
Il biondo lo fissò impassibile per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere istericamente ed accasciarsi all’indietro sulla poltrona.
 - Tu sì che hai una bella faccia tosta, Kuzan! Hai fegato! Non hai paura di dire quello che pensi, proprio come quella deliziosa bambolina che hai aiutato a scappare per tutto questo tempo. Ed è solo perché mi piaci che non ti faccio a pezzi seduta stante.
Aokiji storse il naso a quel commento, chiedendosi se l’uomo sapesse che nemmeno per il figlio di un Astro di Saggezza fosse così semplice fare a pezzi un ammiraglio.
 - E dimmi, – continuò, poggiando i talloni delle scarpe sulla scrivania, come se non fosse fatta del legno più pregiato al mondo – non ti ha sfiorato nemmeno per un secondo, quando l’hai aiutata a scappare da questa casa, che potesse rappresentare un pericolo per la stabilità e l’equilibrio del mondo in cui sia io che tu viviamo?
 -  Non sono stato io a farla scappare da Marijoa, signore. Per quanto io trovi la cosa disgustosa, la nostra legge impone che uno schiavo, o comunque qualcuno acquistato da qualcun altro, come Erin in questo caso, è a tutti gli effetti proprietà dell’acquirente. Pertanto aiutarlo a fuggire sarebbe l’equivalente di rubare. E’ contro la legge ed io sono un Marine, non avrei mai potuto fare una cosa del genere, per quanto lo avessi desiderato vedendo quanto Erin ne soffrisse. E’ stato Dragon il Rivoluzionario a portarla via da Marijoa.
 - Ah, ma davvero? – chiese il biondo sgranando gli occhi per la sorpresa, conoscendo abbastanza Kuzan e la legge per non dubitare che stesse dicendo la verità – Non smetterà mai di sorprendermi quella ragazzina. Non sto più nella pelle all’idea che tra non molto potrò rimettere le mani su quel bel faccino…
Disse l’ultima frase più a sé stesso che al suo interlocutore, chiudendo il pugno in aria quasi avesse immaginato di possedere Erin in una mano e di stritolarla.
L’ammiraglio si sporse in avanti, scattando sull’attenti per ciò che l’uomo aveva  appena detto: - Di cosa sta parlando? Che significa?
 - Ah, giusto, tu non lo sai – spiegò Akahito con calma, si alzò in piedi e prese a camminare attorno alla scrivania, vicino a Kuzan – Vedi, si dà il caso che per mia fortuna il giorno in cui tu hai incontrato Erin, se non sbaglio su un’isola su cui si teneva una celebrazione, una nuova recluta l’abbia riconosciuta e ti abbia fatto rapporto. Tu gli hai detto di dimenticare di averla vista e ti sei subito precipitato da lei scoprendo che era in compagnia della ciurma di Barbabianca, così da allora l’hai seguita e le hai spifferato del mio piano di usare Xan Hiroumi come esca, dico bene?
Aokiji chiuse gli occhi e annuì, mentre l’uomo si era fermato dietro di lui e gli aveva posato entrambe le mani sulle spalle.
 - Bene. La fortuna ha voluto che quel bravo Marine, che ti ricordo prima di ogni altra cosa lavora per me, proprio come dovresti fare anche tu, mi riferisse di averla finalmente trovata. Non avrei mai immaginato che dissertassi in questo modo, lo sai, Kuzan? – chiese con una finta aria triste piegandosi in avanti per potergli sussurrare in un orecchio – Certo, avevo cominciato a nutrire sospetti su di te già da un pezzo perchè, beh, tutti sappiamo come sei fatto – concluse sorridendo, ponendoglisi nuovamente davanti e allargando le braccia come se tutto ciò che aveva appena detto fosse scontato.
 - Tsk, ma tu guarda quel pivello buono a nulla – sbuffò, ripensando all’episodio.
Il sorriso di Akahito a quel punto cessò di esistere.
 - Quel pivello buono a nulla ha fatto quello che avresti dovuto fare tu, lurido pezzo di merda! – urlò fuori di sé il biondo afferrandogli il colletto della camicia con una rabbia che l’ammiraglio non gli aveva  mai visto – Lo capisci o no che quella puttanella se ne sta bella e tranquilla sulla nave di uno dei quattro imperatori a scoparsi uno dei suoi comandanti mentre da qualche parte è nascosto un registratore del cazzo che se cadesse nelle mani sbagliate non solo genererebbe il caos, ma manderebbe anche a puttane la mia carriera! Non parlare come se non fosse anche un tuo fottutissimo problema!  
Kuzan lo fissò serio senza dire nulla, aspettando pazientemente che la furia di Akahito si placasse e la vena che vedeva pulsargli sulla tempia, così vicina al suo viso, non tornasse alla normalità.
Il biondo gli lasciò il colletto della camicia e sistemò i lunghi capelli che gli erano ricaduti sulla faccia a seguito di quello scatto d’ira.
 - Per non parlare di Erin stessa, poi – aggiunse – Quella ragazza è una mina vagante, se parlasse sarebbe la fine del mondo per come lo conosciamo.
 - Con tutto il rispetto, signore, ma non sono uno sprovveduto – ribattè Kuzan.
Si alzò dalla poltrona e si avvicinò ad Akahito, rovistò per qualche secondo nella tasca della giacca e ne tirò fuori un oggetto mettendolo nelle mani dell’uomo, il quale aveva seguito ogni movimento dell’ammiraglio con occhio attento.
 - Non ci posso credere – commentò subito dopo aver visto cosa avesse appena ricevuto: era una grossa conchiglia, molto simile ad un murice, ed Akahito si rese immediatamente conto che non si trattava di un semplice mollusco, bensì proprio del registratore!
 - Io sono un Marine, signore. Conosco il mio ruolo e sebbene mi comporti in modo insolito rispetto agli altri ammiragli, so benissimo quali sono le cose che non posso fare. Erin non è a conoscenza della cosa, ma quel registratore l’ho sempre tenuto io, non è mai stato nascosto chissà dove. E come vede, ancora una volta, non ho infranto nessuna legge – spiegò calmo, rimettendosi le mani nelle tasche e fissando il biondo dall’alto della sua statura.
Akahito accese il registratore e sentì una voce lieve e femminile che ben conosceva annunciare che il contenuto di quell’audio sarebbe stata una rivelazione che avrebbe potuto cambiare le sorti della storia, nel bene o nel male. Stoppò pochi secondi dopo, non appena ebbe appurato che si trattasse proprio dell’oggetto di cui era alla ricerca da quattro anni.
 - E così è stata tutta una messinscena? – chiese il biondo, ridacchiando divertito – Avete finto entrambi in modo da avere qualcosa da poter usare contro di me nel caso fossi riuscito a catturare Erin?
 - Diciamo che si può mettere in questo modo, sì.
 - E bravo il mio ammiraglio. Sei riuscito a pararti il culo anche stavolta, eh? – continuò, chiudendo la conchiglia in uno dei cassetti della sua scrivania e mettendosi la chiave nella tasca – E come intendi scagionarti per quanto hai fatto dopo? Per avere spifferato ad una donna ricercata dal governo delle informazioni in tutto e per tutto riservate e per averla lasciata andare quando avevi il preciso ordine del governo di catturarla? – domandò sorridendo vittorioso – Potrei portarti di fronte alla corte marziale per quello che hai fatto.
Kuzan fece finta di riflettere per qualche secondo, poi disse:  - Non ho scusanti per questo, signore. Ha ragione, tutti sanno come la penso sulla giustizia. E, per quanto mi riguarda, conosco Erin sin da quando era una bambina. Sono molto affezionato a lei, è una donna in gamba, per cui davvero non me la sono sentita di prenderla di peso e riportarla nuovamente all’inferno. E ci terrei a ricordarle, signore, che Erin resta pur sempre un Drago Celeste, e come tale ha dei diritti che sono inestirpabili agli occhi della legge.
Akahito sembrò riacquistare la rabbia che fino a poco prima lo aveva accompagnato: - Non quando questo Drago Celeste è ricercato dal governo per alto tradimento!
- Sarà, - rispose Aokiji – ma fossi in lei io non farei parola con nessuno di questo fatto, signore.
 - Mi stai forse minacciando, Kuzan? – ringhiò il biondo afferrandogli nuovamente il colletto della camicia per costringerlo ad abbassarsi alla sua stessa altezza.
 - Certo che no, non mi permetterei mai. Le ricordo solo che suo padre non sa nulla di tutta questa faccenda, lui crede ancora che Erin stia marcendo in una cantina della casa dei suoi genitori come gli diceste voi quattro anni fa, dico bene?
L’uomo diventò ancora più rosso in viso per la rabbia e Aokiji pensò che da un momento all’altro gli avrebbe dato un pugno in faccia, ma non lo fece e anzi lo laciò andare.
 - Pensi a come si arrabbierebbe se sapesse che il suo figlio prediletto non solo gli ha tenuto nascosta una cosa così importante, ma per di più non è ancora riuscito a risolvere questo grosso problema dopo ben quattro anni – argomentò, con una chiarezza ed una sottintesa eloquenza che fece davvero venire voglia al biondo di tagliargli la gola con le sue mani.
 - Sei un vero figlio di puttana. Mi sono affidato a te solo perché conoscevi Erin meglio degli altri, e guarda questo dove mi ha portato.
 - Beh, mi dispiace, signore – disse l’ammiraglio senza essere realmente dispiaciuto.
Il biondo scoppiò in una sentita risata prima di sedersi nuovamente sulla sua poltrona e accavallare le lunghe gambe, mettendosi a giocherellare con una freccetta da bersaglio che si trovava sulla scrivania: -  Ti dispiace, eh? Eccome se ti dispiacerà. Non siete gli unici ad aver inscenato una commedia, lo sai?
 - Cosa intende?
Kuzan ammise a sé stesso di aver cominciato a preoccuparsi a quel repentino cambiamento di umore della persona che aveva di fronte.
 - Credevi davvero che avrei rischiato un’altra volta di mettermi nei casini con un altro Drago Celeste, sottraendo anche il fratello di Erin? – lo scimmiottò l’uomo, rigirandosi la freccetta rossa e bianca tra le dita -  Ho fatto sì che lui e quel vecchiaccio che vive con loro sentissero la mia conversazione con i suoi genitori. Abbiamo tutti recitato. Come volevasi dimostrare, quei due sono scappati e hanno raggiunto Erin, senza sapere di essere seguiti da uno degli ammiragli della Marina. E ora puff – con uno scatto felino si alzò e scagliò la freccetta in direzione di Aokiji e la osservò conficcarsi al centro di un tabellone posto sulla porta alle sue spalle, esattamente nel cerchietto rosso centrale – ti ho trovata, Erin!
L’uomo dalla pelle scura chinò il capo e sollevò gli angoli della bocca in un mezzo sorriso, ammettendo anche la loro parte di sconfitta: - Bel colpo – commentò solo, lasciando in dubbio l’altro se si riferisse solo al tiro al bersaglio.
 - Ho deciso di lasciare che si goda per un po' la sua ritrovata famigliola felice, voglio che creda di aver vinto prima di riprendermela del tutto. Kizaru la seguirà e poi, eheh, poi starai a guardare.
A quel punto fu Kuzan quello a ridere: - Borsalino? Avrei giurato mandasse Sakazuki a fare il lavoro sporco.
 - Scherzi? Akainu è il galoppino di mio padre. Gli sta sempre attorno a scodinzolare come un cagnolino.
Aokiji sbuffò, chiedendosi se l’altro si rendesse conto di fare esattamente la stessa cosa, e girò sui tacchi incamminandosi lentamente verso la porta della stanza. Ritenne che quella conversazione fosse ormai finita, finita con l’amara sconfitta di entrambe le parti in gioco. Posò la mano sulla maniglia quando il biondo lo richiamò ancora una volta: -  Erin non la passerà liscia questa volta, te lo garantisco. La farò soffrire, e allora vedrai quanto sarai dispiaciuto. Deve pagare per quello che ha fatto. E’ una mia proprietà e deve imparare a comportarsi come tale. Deve capire che se ho scelto che lei è mia, non ci sarà mai niente che lei o qualche altro pazzo bastardo possano fare per cambiare questa cosa, mai.
Il moro si fermò sulla porta e si voltò a guardarlo, non potendo fare a meno di stendere le labbra in un sorriso:  - E lei crede davvero di riuscire a piegare la volontà di una persona come Erin? Potrà torturarla, privarla di qualsiasi cosa, persino ucciderla, ma non riuscirà mai a cambiare quello che pensa e il suo modo di essere. Non potrà mai fare di lei una vittima. Si vede che lei Erin non la conosce affatto.
Akahito lo fissò intensamente con sguardo di sfida, infine aggiunse: -  Sparisci dalla mia vista, Aokiji.
Quando l’ammiraglio se ne fu andato, il giovane si riempì un calice di un vino rosso pregiato che teneva gelosamente custodito in un armadietto di cristallo, si diresse verso la vetrata e mise l’avambraccio sul vetro all’altezza del suo viso, poggiandovi sopra la fronte. Era stato più volte molto vicino a perdere del tutto le staffe in quella breve ma intensa conversazione, non credeva di riuscire a provare così tanta rabbia come in quel momento, persino più del giorno in cui aveva scoperto che Erin era fuggita.
Vide il vetro davanti a sé appannarsi a causa del vapore prodotto dalla sua respirazione e si rese conto che aveva il battito del cuore accelerato e il respiro pesante. Gli tornarono alla mente le parole di Aokiji circa suo padre e gli riaffiorò alla mente il momento in cui aveva fatto la seconda grande cazzata della sua vita.
 
 
 - Dunque hai posto rimedio al nostro piccolo problema? La ragazza è al sicuro? – si sentì domandare da un uomo non molto anziano con i corti capelli e la barba biondi, il quale si sistemò il colletto della camicia, sbottonata sul petto.
 - Sì, otoo-sama. L’hanno ritrovata subito al largo delle coste dell’arcipelago Sabaody. Non aveva mai navigato prima d’ora ed era inesperta, è stato facile ritrovarla – mentì.
L’uomo, a quella spiegazione, sembrò distendere lo sguardo rasserenandosi.
 - Dove si trova adesso?
Il più giovane deglutì a vuoto a quella domanda, sperando che suo padre non si accorgesse dei suoi tentennamenti nel rispondere: - E’ a casa della sua famiglia, otoo-sama. I signori Hiroumi hanno garantito affinché non metta più piede fuori dalla sua camera, sarebbe troppo pericoloso se lo facesse – mentì nuovamente, pensando a quanti quattrini aveva dovuto sganciare alla famiglia di Erin per far accettare loro questa versione dei fatti e ringraziando il cielo che almeno suo padre non sapesse nulla del registratore nascosto chissà in quale buco di culo di posto.
 - Hai commesso una vera leggerezza con quella ragazza, Akahito, mi hai molto deluso – lo rimproverò suo padre, unendo le mani dietro la schiena e fissandolo serio – Potevi avere tutte le schiave che desideravi, te le avrei comprate io stesso. Perché ti sei andato a mettere nei guai proprio con un Drago Celeste? E’ una cosa che non si è mai vista nella storia del nostro paese!
 - Avete ragione, vi chiedo perdono – si scusò il ragazzo con un profondo inchino.
L’uomo sospirò e scosse il capo.
 - Fosse stata una persona qualunque l’avrei già uccisa con le mie stesse mani. Ma è anche lei un Drago Celeste e non ha mai rinunciato al suo titolo, dunque è intoccabile persino per noi. E ci è andata bene che la sua famiglia non abbia fatto molte storie a riguardo! Devono covare davvero un gran rancore verso di lei. Non che li biasimi, certo, quella è una ragazza tanto bella quanto inesauribile fonte  di problemi.
L’uomo si distrasse per qualche secondo per godere della brezza primaverile che soffiava sulla terrazza. Una ragazza dai lunghi capelli biondo cenere si avvicinò loro porgendo un vassoio contenente due bicchieri di un qualche cocktail rinfrescante. I due presero la bevanda e l’Astro di Saggezza fece cenno alla giovane di allontanarsi.
 - Bah, l’importante è che però la faccenda si sia risolta. Sarei andato davvero su tutte le furie se non lo fosse stato – riprese, guardando serio suo figlio mentre sorseggiava il suo drink – Sei il mio unico erede, Akahito. Qualcuno col mio sangue che scorre nelle sue vene non commette simili vergognose stronzate, tienilo bene a mente d’ora in avanti.
 - Certo, otoo-sama – annuì Akahito abbassando il capo in segno di riverenza.
 - Dimostrati degno del nome che porti, o ne pagherai le amare conseguenze.  
 
 
 
L’ Akahito di quattro anni più grande digrignò i denti con rabbia a quel ricordo.
Strinse violentemente il calice di vino che reggeva ancora in mano prima di sollevarlo e scagliarlo a terra mandandolo in mille pezzi, sporcandosi i pantaloni e la pelliccia con il liquido rosso carminio.
Serrò i pugni lungo i fianchi giurando a sé stesso che, non appena avesse avuto modo di metterle le mani addosso, avrebbe riservato ad Erin un trattamento speciale che avrebbe ricordato per tutta la vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
___________
Buonasera a voi, popolo di efp!
Non ci credo di essere riuscita a postare il capitolo oggi, innanzitutto per lo studio trascurato alla vigilia di un esame, e in secondo luogo perché per scrivere questo capitolo mi sono davvero fatta violenza. La parte su Aokiji e Akahito è stata una delle più difficili che abbia mai scritto, giuro! Avevo così tante cose in testa che volevo mettere nero su bianco da non sapere da dove iniziare, però credo di essermela cavata tutto sommato :P
Piccola nota: ho preferito usare i titoli onorifici giapponesi per esprimere le parole “sorellona”  (onee-chan) e “padre” (otoo-sama) in quanto li trovo particolarmente belli. Inoltre mi sembra che si adattino bene alla situazione e alle personalità dei due personaggi  che le pronunciano.
Fatta questa precisazione, mi dileguo ringraziandovi tutti dal profondo del cuore e augurandovi una buona serata!
Sayonara! xoxo
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: _RockEver_