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Autore: Indaco_    03/07/2018    4 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Il pomeriggio limpido e assolato indicava un’ottima giornata per la corsa e Sonic era entusiasta come pochi per la promessa fatta quella mattina: andare a correre con il nuovo piccolo ospite.
Era molto incuriosito dal quel bambino color del mare, tanto scaltro quanto veloce, ed era ancor più interessato dalle sue capacità supersoniche. In fondo, non aveva mai conosciuto un altro essere che vantava dei suoi “poteri”e trovarsi il figlio di Amy con le stesse caratteristiche lo riempiva di gioia ed incredulità per la coincidenza.
Avvisata la madre dell’invito di Dylan, che dopo aver preparato Justin aveva cominciato ad elencare una lunga lista delle cose che non dovevano fare, furono pronti per partire.
< Vuoi iniziare a correre adesso o prima arriviamo al parco? >Domandò con premura, indeciso se partire di corsa in quel preciso momento o se camminare un po’ per riscaldare i muscoli. Per lui non era un problema partire senza tante preparazioni, ma non era molto sicuro quanto fosse salutare per il piccolo. Poteva rischiare uno stiramento o uno strappo o chissà che altro ancora.  
< Partiamo subito! 1,2,3, via! > E detto ciò Justin sparì in una scia luminosa, seguito a ruota da Sonic che lo raggiunse qualche secondo dopo, sorpreso dalla carica esplosiva di quella peste. Non era per nulla difficile stare al suo passo, doveva ammetterlo, era piuttosto veloce, ma l’età al momento frenava la sua capacità.
Il riccio adulto lo sorvegliava e lo guidava con attenzione maniacale, non era ben sicuro che il piccolo riuscisse a scansare tutti gli ostacoli che gli si paravano di fronte. Che fosse un albero o una persona, a quella velocità tutto era uguale, solo i colori restavano invariati ed era con quelli che riusciva a districarsi tra la folla.
La felicità di Justin era esternata attraverso un sorriso immenso, seguiva l’adulto con attenzione e quando non riusciva a sbrogliarsi dalla quantità di gente, si incollava alla mano di Sonic, sicuro che l’avrebbe “tratto in salvo”.
  E Sonic adorava quei momenti, si sentiva utile e poi gli piaceva insegnargli a destreggiarsi tra la gente, aiuole e traffico. Arrivarono al parco qualche minuto dopo, il posto era pieno di gente, chi giocava, chi suonava, chi disegnava, chi ascoltava musica. Sembrava che tutta la città si fosse radunata al parco nello stesso istante. Rallentò di poco per capire in che condizioni stesse il suo piccolo allievo, non voleva stancarlo troppo, magari poi rischiava di ammalarsi e in quel caso chi l’avrebbe sentita  Amy?  
< Tutto ok o vuoi fermarti un po’? >
< Non di già! Corriamo ancora ! > Lo pregò Justin, effervescente come una bottiglia di acqua frizzante. Non gli pesò affatto accontentarlo, perciò senza alcuno sforzo accelerò puntando ad un grande prato un po’ in pendenza, che costeggiava il fiume. A causa dell’erba non falciata, il prato era isolato dalla gente, lasciando libero spazio di manovra a lui e a Justin. Corsero come forsennati, anzi a pensarci bene non ricordava da quanto tempo non si dedicava così tanto alla corsa come quel giorno. Amava correre quanto la danza, la differenza stava che con la seconda ci lavorava e la prima era relegata a semplice hobby. E ultimamente non aveva avuto né tempo né voglia di esercitare questo hobby. Si ripromise però di dedicare più tempo alla sua capacità, sia per mantenersi allenato (anche se non ne aveva praticamente necessità) sia per trascorre tempo prezioso con il piccolo.
Il quale, a causa dell’erba alta, del caldo e della giovane età, cominciava a sentirsi piuttosto stanco. Infatti la velocità dei due fu rallentata fino alla camminata, la vegetazione secca li intralciava continuando a farli inciampare, fortunatamente però, non mancava che qualche metro all’ombra del grande salice piangente abbarbicato sulla sponda.
Sonic prese in braccio Justin negli ultimi metri, portandolo sotto i rami che sfioravano il terreno con le loro lunghe foglie. Sentiva il piccolo cuoricino battere all’impazzata per la fatica e il respiro affannoso. Era sorpreso dalla resistenza e dalla sua velocità, aveva solo 4 anni ma dava parecchio filo da torcere ai normodotati. Il cuore gli si gonfiò d’orgoglio, anche se non era suo figlio, Justin aveva un posto speciale nel suo cuore e il legame che stavano instaurando dimostrava che anche il piccolo voleva parecchio bene a lui.
Il fiume non era tranquillo, le ultime piogge lo avevano ingrossato e l’acqua turbinosa era marrone a causa della terra e dei sassi sollevati dal letto. Per evitare qualsiasi incidente si sedettero a qualche metro di distanza dalla sponda, tra le radici dell’albero e l’erba secca.
< Wow, sei velocissimo Justin! Tra qualche anno farò fatica a starti dietro > esultò il riccio blu porgendogli la mano per schioccare un batti cinque, il diretto interessato schiacciò la piccola manina sulla sua divertendosi moltissimo nel far ciò.
< Lo pensi davvero? Dici che un giorno potrò diventare veloce quanto te? > Domandò con ingenuità aggrappandosi al collo del riccio
< certo! Perché no? Magari diventerai ancor più bravo! > Rispose l’adulto stringendolo a se con affetto, il piccolo gongolò di gioia alla notizia e ricambiò l’abbraccio, dopodiché, cominciò a giocherellare con un lungo aculeo di Sonic, dividendolo in aculei più sottili ma ugualmente robusti.
< Ti sei accorto che abbiamo lo stesso colore della pelle? >Chiese con un sorriso il piccolo, cogliendo il riccio blu di sorpresa. Si, lo aveva chiaramente notato, non era cieco, ma questa bellissima coincidenza non sarebbe durata a lungo. Con l’età il riccetto sarebbe scurito assumendo la tonalità notte del padre, Jason. In cuor suo sperava che questo avvenimento accadesse il più tardi possibile, ma era inevitabile, i geni si sarebbero chiaramente mostrati.
< Si Justin, potresti essere la mia fotocopia in miniatura! > Ironizzò con un sorriso sincero, mettendo a confronto un suo aculeo con uno del bambino. Risultarono perfettamente uguali, anche la consistenza e il riflesso metallico era identico. La differenza stava nella lunghezza e nell’elasticità, quelli del piccolo erano molto meno rigidi rispetto ai suoi. Una minuscola, impensabile  e stupidissima scintilla di speranza si accese nel suo cuore, scintilla che si premurò di spegnere subito per non cadere in un’illusione tanto bella quanto dolorosa. 
< Jason non mi ha mai portato a correre > confessò con un doloroso imbarazzo Justin, inginocchiandosi accanto ad un formicaio e cominciando a distruggerlo con un bastoncino. Un nodo di agitazione e paura si formò in fondo alla gola di Sonic, si sentiva terribilmente impotente di fronte a queste confessioni. Cercava sempre di non condannare i comportamenti di Jason, mostrandolo come un padre impegnato e molto occupato ma si trovava a sbattere contro un muro di paura e dolore invalicabile. Ed era proprio quel muro a terrorizzarlo tanto.
La sua coscienza gli consigliava di prendere nota di ogni parola e gesto, per poi riportarlo alla madre e discuterne con lei, ma era terrorizzato dalla possibilità di tradire la fiducia che Justin aveva in lui. Insomma, non era un campo facile e considerato il ruolo che aveva nella vita del piccolo, non se la sentiva di affrontare discorsi così delicati in mancanza di Amy.
< Probabilmente ha poco tempo, sai, il lavoro porta via molte energie > tentò di giustificare senza convinzione per non creare danni,
< Jason non lavora, è stato licenziato ancora molto tempo fa > rispose con inusuale freddezza nella voce, non aveva mai sentito un bambino parlare con quel tono così deciso e glaciale. La risposta lo lasciò senza parole, si sentì terribilmente coglione per non trovare nemmeno una parola di conforto o una scusante da dire ad un bambino di 4 anni. Con terribile dispiacere per Sonic, il bambino andò avanti a ruota libera, imperterrito e con tono sempre più grave,
< beve sempre della strana coca cola amara, una volta me l’ha fatta assaggiare ma non mi è piaciuta, diventa molto cattivo e pericoloso però quando la beve > esclamò senza dare peso eccessivo alla frase, spingendo il bastoncino dentro alla terra con forza e determinazione. L’adulto ascoltava in silenzio, capendo con preoccupazione che la situazione non era migliorabile, avrebbe potuto dire qualsiasi cosa in difesa di Jason, ma niente e nessuno avrebbe potuto far cambiare idea al piccolo.
Le formiche impazzite dall’improvvisa distruzione del nido, brulicarono ovunque, tentando invano di mettere al riparo le uova e le pupe. Lo sguardo di Justin era perso e vacuo, aveva perso interesse per il formicaio e in quel momento stava guardando  gli insetti che scappavano. Anzi, non era sicuro che stesse guardando qualcosa, i suoi occhi verdissimi avevano perso la scintilla di gioia di qualche attimo prima e ora si mostravano terribilmente profondi e vuoti.
< La mamy piange a volte, la sento di notte, ma non posso entrare nella stanza perché in quei casi è chiusa a chiave e poi  Jason non vuole che entri > esplicitò dopo qualche minuto di silenzio. Un brivido freddo gli strisciò lungo la schiena, non si era mai sentito così impotente in vita sua, era sempre riuscito a trovare parole o gesti di conforto per tutti, ma in quel momento non trovò nulla da dire al bambino. Cosa poteva dirgli? Che tutto si sarebbe sistemato? Che Jason sarebbe cambiato? Che suo padre in fondo gli voleva un gran bene? Che i suoi genitori si amavano e col tempo tutto sarebbe passato? Avrebbe potuto benissimo mentire, l’inconveniente è che Justin l’avrebbe ascoltato ma non ci avrebbe creduto.
Dopo un attimo di pesante silenzio da parte di entrambi, Sonic con la coda dell’occhio notò che le formiche si stavano arrampicando sulle gambe del piccolo, il quale era così preso dai suoi pensieri da non rendersene nemmeno conto.
< Justin! Attento! >Esclamò balzando in piedi per scrollargli via gli insetti. Nello stesso istante il bambino tornò in se, accorgendosi solo in quell’attimo che le formiche lo stavano letteralmente invadendo. Preso dal panico scattò sul posto e iniziò ad urlare, scacciandole terrorizzato. Nel far ciò, indietreggiò di qualche passo, dimenticando che dietro di se la discesa portava al fiume mosso e gonfio.
La radice del vecchio e nodoso salice diventò così un pericoloso ostacolo in cui Justin inciampò, e rotolando più veloce di quel che le gambe gli permettevano solitamente, cadde nelle acque marroni e fangose del corso d’acqua.


Amy controllò per la settantesima volta il cellulare nel giro di un’ora, nella speranza di ricevere un messaggio da Sonic in cui le confermava che Justin stava bene. Ma nemmeno per la settantunesima volta apparve la notifica di una chiamata o di un messaggio.
Si impose di rilassarsi e di non pensarci, in fondo era nelle mani del riccio più veloce del creato e inoltre si stava dimostrando molto più responsabile di quel che sperava. Controllò l’orologio e notò che mancava un quarto d’ora all’atteso appuntamento con Dylan. Era entusiasta, non aveva avuto modo di parlargli con più calma e a quattr’occhi della situazione delicata e ora sentiva la necessità di “confessarsi” per ottenere un consiglio dalla persona che meglio conosceva Sonic.
Perciò dopo essersi preparata velocemente uscì di casa e si diresse in palestra, fortunatamente non troppo lontana dalla sua nuova dimora. Il tempo era veramente meraviglioso, la temperatura era ottima grazie alle ultime piogge che avevano rinfrescato l’aria. Decise che quella sera avrebbero cenato in giardino, il tavolo e le sedie c’erano, bastava soltanto una veloce pulita. Stava giusto pensando a cosa cucinare quando si trovò di fronte all’entrata dell’edifico.
Aprì la porta principale e la campanella appesa al soffitto tintinnò allegramente. La palestra era piena di donne di tutte le età che si muovevano a ritmo di musica in una strana ed impegnativa danza. La ragazza avanzò  nel corridoio e sbirciò incuriosita l’interno della sala, per capire che razza di ballo stavano facendo. Notò con piacere che l’insegnate era Ginevra, il giudice che avevano conosciuto al primo concorso di danza lei e Sonic. Non era cambiata molto, gli occhi viola erano ancora carichi di un’energia contagiosa, la pelle color grigio perla non mostrava nessun segno del tempo. Felice di vederla, Amy si appuntò di salutarla una volta concluso il colloquio con il riccio nocciola.  
Affidandosi alla memoria salì le scale che portavano al secondo piano. Il profumo di vaniglia della sala, venne sostituito lentamente dall’odore di tabacco e da un forte odore di resina, dovuto probabilmente da un profuma ambienti troppo intenso. Bussò alla porta e attese quietamente che qualcuno aprisse. Sentì dei passi decisi avvicinarsi e poi la porta si spalancò, facendo emergere il riccio nocciola con i capelli raccolti da una molletta.
< Ciao Dylan! Perdonami per l’anticipo > esclamò la ragazza con un sorriso,
< Ciao Amy! Tranquilla, sei in perfetto orario, accomodati! > Tranquillizzò l’insegnante facendo strada verso il salotto. La casa era ordinatissima e pulitissima, aveva un che di esotico con le lampade di sale sparse ovunque. Un bacchetto di incenso bruciava lentamente sopra il tavolino di vetro, il fumo, denso e legnoso, saliva in una spirale sottile. Un portacenere di cristallo era posato sullo stesso tavolino, pieno di filtri anneriti e cenere.
Si sedettero sul divano di pelle color caffelatte, uno di fronte all’altra,
< come ti trovi a Mobius? Hai fatto un giro al centro? Hai visto i cambiamenti che hanno fatto? > Iniziò Dylan appoggiandosi allo schienale che emise un piccolo scricchiolio.
< No, non ho ancora avuto modo, ma ho intenzione di andarci presto. Ho già notato alcuni piccoli cambiamenti a dir la verità, ma mi pare che non sia stato stravolto nulla > rispose dubbiosa la ragazza, riflettendo su quello che aveva visto da quando era arrivata. Il riccio nocciola annuì
< bhe vedrai molto presto, appena farai un giretto al centro, li hanno stravolto praticamente tutta la piazzetta. Ma andiamo al sodo, ti ho invitato qui oggi perché gradirei spiegazioni riguardo ad alcuni eventi che sono successi anni fa. Voglio chiarire la situazione una volta per tutte, sia per capire come devo comportarmi, sia perché vi voglio un gran bene e desidero personalmente conoscere i fatti che ci hanno portato ad oggi. E poi ho altre due cosette di minor importanza da dirti > spiegò brevemente il riccio, unendo i polpastrelli delle mani e socchiudendo gli occhi in cerca delle parole giuste da dire.
Amy, rimasta in silenzio per tutto quel tempo annuì
< si, ho anch’io alcune domande da farti > replicò determinata accavallando le gambe.
< Ok, bene, prima domanda che ti faccio: Justin è figlio di Sonic, non è vero? > domandò con interesse e un pizzico di nervosismo Dylan.
< Si, è figlio suo > confermò la ragazza, non riuscendo a nascondere un sorriso felicissimo.
< E il padre non sa nulla immagino > continuò l’insegnante perplesso,
< no, non sa nulla, per il momento > rispose con un certo imbarazzo la riccia, sapeva bene che più il tempo si dilungava più sarebbe stato difficile confessare una notizia così grossa. Ma al momento non riusciva nemmeno a fare una conversazione normale col riccio senza sentirsi affondare nell’imbarazzo e nell’ansia, figuriamoci metterlo al corrente di una notizia così importante. Bastò l’occhiata accigliata di Dylan per darle la conferma che la situazione era veramente critica.
< E quando glielo dirai se si può sapere? > Domandò l’insegnante con preoccupazione, sollevandosi dal poggia schiena a disagio
< presto, molto presto. Appena ci sarà l’occasione > rispose titubante, cercando di apparire più sicura di quello che era in realtà. Dylan non rispose e si limitò ad alzarsi, avvicinandosi ad una credenza,
< presumo che Sonic abbia perso la testa per Justin, giusto? D’altronde ha sempre adorato i bambini > ragionò a voce alta cominciando a trafficare con tazze da the, cucchiaini e zuccheriera.
< Già, mi hanno stupito entrambi. Solitamente Justin è introverso con gli adulti, invece con lui è così … aperto e spontaneo. Ricordavo che a Sonic piacciono i bambini, ma non pensavo fino a questo punto! Si comporta più da padre che da “zio” o “amico” e ammetto che mi sta aiutando in modo incredibile. Sarebbe un bravissimo papà > esclamò con aria sognante la riccia, immaginando scene di vita quotidiana tra lei e i due ricci blu. Dylan mise a scaldare l’acqua per il the e iniziò a tagliare un limone,
< si, hai ragione, sarebbe proprio bravo. E …  con te come si approccia? > Domandò con interresse mentre spremeva l’agrume con energia. Amy arrossì, non aveva risposte concrete e tangibili, la sua mente in quell’aspetto era annebbiata e confusa, sentimenti forti tornavano a galla dopo anni e lei, non sapendo bene come gestirli in quella situazione, li stava segregando in uno spazio ristretto del suo cuore.
< Oh bhe, normalmente, credo. Siamo, ehm, buoni amici, ammetto che l’imbarazzo è tangibile ma per il resto è tutto ok > concluse sbrigativa, desiderosa di passare alla prossima domanda. La risata roca e spontanea di Dylan, causata dalla risposta così evasiva, si diffuse per tutto il salotto, facendo arrossire ancor di più la ragazza diligentemente composta sul divano. 
< Per “normalmente” cosa intendi di preciso? Posso considerarvi una coppia o siete solo coinquilini? > ribatté il riccio puntando a fare chiarezza mentre infilava la bustina di the nell’acqua bollente,
< siamo solo coinquilini > precisò con cura la rosa, portando un po’ di ordine anche dentro di se. Dylan evitò di esprimere il suo giudizio, ci credeva poco in effetti, ed era convinto che quei due sarebbero presto tornati assieme. Per amore tra loro due o per il figlio, in qualche modo, la coppietta si sarebbe riunita.
Continuò le domande, deciso a placare i suoi dubbi e la sua curiosità.
< Come mai te ne sei andata 5 anni fa? >Fu la domanda spontanea dell’insegnante, seguita da un’occhiata intensa per capire lo stato d’animo della sua allieva. Amy sospirò, si pentiva amaramente delle scelte fatte in passato, certo si erano rivelate giuste all’epoca, ma non si dava pace per la poca sincerità con cui aveva affrontato eventi così grossi ed importanti.
< Me ne sono andata perché ero incinta, non di Sonic però, almeno credevo così all’epoca > mormorò la riccia mentre le gote le si coloravano di porpora. Parlarne non era facile, si vergognava moltissimo per l’enorme cazzata che aveva fatto e ammetterlo era sempre doloroso. Dylan rimase sbalordito, sgranò gli occhi e si volto verso la sua direzione, incredulo dalle parole della riccia,
< cioè pensavi di essere incinta di Jason e così sei scappata perché temevi che Sonic non l’avrebbe accettato? > descrisse in modo semplice e chiaro l’insegnante.
La riccia con il cuore in gola e gli occhi chiusi annuì,  rivisse in trenta secondi un lungo flashback, si rivide da ragazzina, quando chiusa nel bagno faceva  l’ennesimo  test di gravidanza, rivelandosi anch’esso positivo come i 5 precedenti. Si rivide anche quella sera che partì in gran segreto, armata di una misera valigia e vestita di disperazione.
Non ricordava per quanto aveva pianto, ricordava invece il lunghissimo viaggio notturno in compagnia di Jason, non molto felice della sua gravidanza e del meraviglioso cielo stellato che brillava sopra alla sua testa.
Ricordò con gioia il pancino che si gonfiava  giorno dopo giorno, assumendo la dolce forma di una piccola anguria e ricordava perfettamente i primi calci del piccolo, inaspettati come una rosa in inverno. Ricordò perfettamente, o quasi, il parto e la scoperta qualche ora dopo, della straordinaria somiglianza con Sonic: i suoi occhi erano già di un accecante verde magnetico.

Scosse la testa tornando al presente, felice che il passato fosse passato e il presente fosse ancora tutto da plasmare.
< Non solo per questo, all’epoca avevo già messo in vendita la mia casa, io e Sonic convivevamo già, poteva benissimo buttarmi fuori, avevo il figlio di un altro in pancia. Non l’avrebbe mai fatto è vero, ma comunque Justin non sarebbe stato suo figlio. Appena seppi che Jason si trasferiva per lavoro colsi la palla al balzo,  almeno il piccolo avrebbe avuto sia il legittimo padre, sia un tetto sopra la testa. > Spiegò brevemente la riccia cercando di far capire la situazione delicata in cui si era trovata.
Si sentiva più leggera, aver raccontato la sua storia era come essersi tolta un masso enorme dal cuore. Dylan scosso dalla storia, le servì il the, leggermente sorpreso e dispiaciuto per quello che la riccia aveva dovuto passare. Si ricordava benissimo la fatica di tirar su un cucciolo da solo, con Sonic non era stato facile, soprattutto per il caratterino particolare di cui era munito.
Sperava per Amy che, almeno per quel verso, Justin non avesse preso dal padre.
Si creò tra i due un momento di profondo silenzio, la ragazza approfittando dell’occasione  prese parola, decisa di farsi raccontare i fatti accaduti dopo la sua partenza,
< spiegami tu ora, cosa è successo quando me ne sono andata? > domandò fingendo una certa disinvoltura, in verità stava ardendo di curiosità, era affamata di ogni singola informazione che poteva apprendere, le sembrava di recuperare una minima parte del tempo perso.
Dylan sospirò, neanche quello era stato un periodo molto felice per certi versi,
< bhe, come hai visto i ragazzi si sono “riprodotti”, o meglio, si sono clonati. Ricordo ancora Blaze quando veniva in palestra a prendere Silver col pancione, sembrava stesse per esplodere da un momento all’altro. Knuckles e Rouge hanno preso la casa nuova, Ginevra è venuta a vivere da me e abbiamo iniziato nuovi corsi di ballo … è stato un anno movimentato e piuttosto malinconico. Mancavi a tutti rosellina, tua cugina era disperata, Silver e gli altri erano molto preoccupati. Effettivamente sei sparita dal nulla, preoccuparsi è anche normale dopotutto > Descrisse a grandi linee l’insegnante, bevendo un sorso della bevanda calda.
La riccia aggrottò la fronte alle parole del suo interlocutore,
< quando sono arrivata a Gout City, cioè il giorno seguente, ho chiamato Sonic e gli ho detto che me n’ero andata. Non v’è l’ha detto? > Chiese incredula mentre un imbarazzato Dylan si grattava il collo, colto da un improvviso e fastidioso prurito.
< Il giorno dopo, ci siamo accorti che c’era qualcosa che non andava quando tu e Blu non vi siete presentati a danza e men che meno rispondevate a messaggi o telefonate. Così, verso sera, ci siamo fiondati a casa vostra per capire che fine avevate fatto. Sinceramente pensavamo di trovarvi in piscina o comunque nelle vicinanze, peccato che le cose non andarono così > rispose mogio il riccio nocciola guardando il fondo della sua tazza con sguardo assente. La riccia si preoccupò terribilmente per quello o meglio per chi avevano trovato quel giorno all’interno. Diede il tempo a Dylan per ricordare e trovare le parole giuste, sapeva bene che Sonic era il suo diletto e lo considerava quasi suo figlio, non doveva esser stato facile per lui trovarlo in uno stato pietoso.
< Quando siamo entrati la casa era sottosopra, era tutto rotto, le vostre foto erano sparite, vasi per terra, cuscini strappati, tavola capovolta, sedie spaccate, bottiglie vuote a terra, … sembrava che fosse passato un tornado. Ci dividemmo e cominciammo a cercarvi. Lo  trovai io, in bagno, ubriaco marcio, appoggiato al wc che vomitava anche l’anima. Aveva le guancie decomposte a furia di piangere, due occhi rossi che non ti dico e ha continuato a biascicare “l’ho persa, se n’è andata” per ore. Poi il resto presumo tu lo sappia, ha smesso di ballare, era sempre ubriaco e fumato, si è fatto il piercing, rasato completamente i capelli, tatuaggi a gogò, donne a non finire. Sei mesi dopo ha fatto a botte con Silver. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Così l’ho cercato per parlarci, ero molto preoccupato dal suo atteggiamento, si stava rovinando la vita con le sue mani, non poteva continuare così. Quando l’ho trovato abbiamo iniziato una lunga discussione, finché il discorso non è degenerato e siamo arrivati alle mani. >  Concluse semplicemente il riccio nocciola, come se fosse stata una cosa di poco conto.
Amy era sbalordita dal racconto, soprattutto dalla parte finale, mai avrebbe immaginato che Dylan fosse uno da menar le mani, soprattutto sul suo figlioccio! E mai si sarebbe aspettata che Sonic alzasse i pugni contro il suo patrigno.
Si sentiva colpevole per il dolore che gli aveva procurato e per quello che si era fatto. Si chiese anche se risiedere in casa del riccio fosse indicato o meno suoi confronti. Non che lei non avesse sofferto da quando se n’era andata, ma il bambino aveva richiesto tutta la sua concentrazione e tutto il suo tempo, non aveva avuto modo di pensare al suo ex compagno.
 L’insegnante concluse il suo the ormai freddo e si rivolse di nuovo alla riccia, vedendola profondamente assorta nei suoi pensieri,
< stupita? > Le chiese notando l’espressione persa che aveva assunto la rosa.
< Si, non mi aspettavo un simile comportamento da parte sua, da come lo descrivi non sembra nemmeno lui > giustificò la riccia, avvolgendo una ciocca di aculei sull’indice con fare nervoso. Dylan annuì, rivivendo la dolorosa scazzottata avvenuta anni fa.  Dopo essersi pestati e dopo averlo minacciato di escluderlo fuori dalla sua vita, il riccio blu era tornato più o meno quello di sempre. Si era completamente spento, sia nella danza sia nella vita. Ricordava perfettamente gli occhi vuoti e vacui che aveva avuto in quel periodo, oltretutto senza l’orgogliosa massa di aculei che lo caratterizzavano, si mostrava come l’ombra di quello che realmente era.
Stanco di ricordare periodi infelici decise di intavolare un nuovo discorso,
< bene! Ora che conosci tutti i fantasmi del passato, passiamo ad un’altra questione più urgente > e detto ciò si sporse in avanti con fare molto serio. Amy si preoccupò di quell’atteggiamento, non stava ad indicare nulla di buono o di facile.
< Mi è arrivato l’avviso di un provino per la parte di Odette. Voglio che tu ci prova, come sei messa col classico? > Domandò con una certa ansia l’insegnante, sperava ardentemente che accettasse la sua proposta, la riccia, da quel che ricordava, aveva le carte per qualificarsi tra le finaliste. E se fosse passata, il prestigio della scuola sarebbe notevolmente aumentato.
Con un sorriso divertito la riccia chiarì dal principio la situazione
< te l’ho già detto, rifiuto l’offerta. Con Justin non posso permettermi certi orari. > spiegò con determinazione, decisa a mantenere salda la sua posizione. Purtroppo per lei il suo insegnante era molto, molto convincente. Dylan sbuffò scocciato, aveva già programmato tutto cavolo!
< Lo tiene Sonic, qual è il problema? > Continuò con ingenuità il riccio nocciola, cercando in tutti i modi di dissuadere la sua allieva. Amy sgranò gli occhi,
< così dopo tre ore passate assieme distruggono l’intera casa nell’intento di cucinarsi i chily dog >sbuffò incrociando le braccia, immaginandoseli in preda al panico di fronte al forno in fiamme.
< Ma figurati!Sii più fiduciosa in loro! > Tentò di nuovo l’insegnante, pregando l’entità divina che mandasse alla rosa un qualche segno per convincerla a partecipare. La quale, vedendo che le rimaneva gran poche possibilità di scampo, si rifugiò dietro ad un banalissimo “ti dirò tra qualche giorno”.
La discussione finì li, l’insegnante era sicurissimo che con un po’ di insistenza alla fine la riccia avrebbe accettato, mentre Amy si chiedeva quanto fosse rischioso lasciare nelle mani di Sonic il suo piccolo per così tanto tempo.
< E poi c’è un’altra cosa che volevo  “accennarti” > mormorò a bassa voce il porcospino nocciola, grattandosi una tempia con fare imbarazzato e impacciato. La ragazza si riaccomodò stupita dal comportamento assunto dal riccio, era la prima volta che lo vedeva così a disagio, decise perciò di restarsene in silenzio per dargli il tempo di organizzare un discorso. Dal canto suo l’insegnante deglutì e si impose di trattare l’argomento con semplicità,
< bhe, ecco vedi, come sai è da tanto che io e Ginevra stiamo assieme, oltretutto cominciamo ad avere una certa età e perciò abbiamo deciso d-di sposarci > concluse la frase trattenendo il respiro. Si sentiva estremamente vulnerabile, si era già sposato una volta e il fatto di doverlo fare una seconda, lo rendeva inquieto e ansioso come non mai. Aveva il profondo e insensato terrore che gli avvenimenti passati potessero ripetersi. Non avrebbe retto di nuovo un simile dolore.
Amy accolse la notizia con un sorriso enorme, Sonic glielo aveva già anticipato ma sentirlo dire dal diretto interessato era tutt’altra cosa
< Dylan!Ma è fantastico! E a quando il grande passo? > Chiese con trepidazione ed una certa impazienza,
< Il 15 settembre > rispose lui con le guancie in fiamme, accarezzandosi gli aculei imbarazzato,
< wow! Non manca molto! Avete già preparato tutto? > domandò incuriosita, pronta ad offrire il suo aiuto in caso di bisogno.
< Quasi, anzi probabilmente tra qualche giorno Ginevra vi convocherà per aiutarla a compilare gli inviti … ce ne sono a centinaia > sospirò con rassegnazione il futuro sposo, immaginando già le sfilze di parenti con cui avrebbe dovuto relazionarsi.
Amy rise per lo sguardo preoccupato che aveva inconsciamente assunto Dylan e tentò di tranquillizzarlo
< Oh vedrai, sarà il giorno più bello della vostra vita! Sono molto felice per te, meriti una gioia così grande dopo tutto quello che ti è successo > concluse lei stringendogli una mano fiduciosa. Si sentì subito un pochino più sollevato, per tutta risposta l’insegnante le sorrise grato per le parole di conforto, cercando in tutti i modi di convincersi definitivamente che tutto sarebbe andato nei migliori dei modi. Guardando l’orologio incuriosita, la rosa si accorse che era passata più di un’ora da quando era arrivata e che probabilmente i suoi coinquilini dovevano essere arrivati a casa da parecchio tempo.
Balzò in piedi, desiderosa di tornare nella sua nuova casa  per riunirsi alle due fotocopie,
< Dylan, devo scappare! Mi ha fatto molto, molto piacere discutere con te e se avrò altre domande verrò a chiedere a te. Per i provini ti saprò dire, devo pensarci bene prima > concluse la riccia con un sorriso sincero. Il porcospino, riprendendosi dal momento di panico appena affrontato, la accompagnò alla porta
  < Anche a me ha fatto piacere, hai chiarito molti miei dubbi. E poi, ripeto, sono felice che tu sia tornata, ci sei mancata un sacco Amy! >.
 

Spazio autrice: Buonasera a tutti! Come avrete notato da questo capitolo sono passata alla terza persona, ho faticato un sacco a buttarlo giù, ma devo ammettere che il punto di vista esterno da molti meno limiti rispetto alla prima persona. Ora, considerato il fatto che è il primo scritto in terza persona che faccio, spero di cuore che sia decente. Questo capitolo spero possa portare un po' di chiarezza nella trama.  Consigli e critiche sono ben accette! Soprattutto i primi. Detto ciò, buona serata. Baci!
  
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