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Autore: willsolace_leovaldez    03/07/2018    1 recensioni
*AVVERTENZA: QUESTA STORIA NON TIENE MINIMAMENTE CONTO DEI FATTI NARRATI ALL’INTERNO DELLA TRILOGIA “LE SFIDE DI APOLLO”, PERTANTO NON CONTIENE SPOILER! BUONA LETTURA!*
Sono infinite le storie che narrano le gesta dei semidei. Esseri umani dotati di poteri straordinari, nati dall’unione tra un mortale e una divinità, che da millenni combattono contro i mostri che vogliono distruggere il nostro mondo. Ma poche, quasi nulle in verità, sono le storie riguardanti alcuni particolari semidei. Più potenti e più forti di un normale mezzosangue, nati non da una, ma da due divinità. Mandati sulla Terra dai loro genitori, talvolta per errore, talvolta con uno scopo ben preciso. Sono rari, pressoché sconosciuti, ma esistono. Vengono chiamati “Figli del Cielo”. E sono tra di noi.
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
La dea della terra vuole uccidermi. Ma, ehi, ha i biscotti

 
Ero in una stanza buia, da sola. Fuori una tempesta infuriava, facendo gemere la stanza, presumibilmente fatta di legno. All’improvviso sentii la voce di una donna. Fredda e tagliente, come la lama di un rasoio.
-Giulia- sibilò
-Chi sei?!- urlai al buio. La donna continuò a sussurrare il mio nome, per niente intenzionata a darmi una risposta. Il suono della sua voce mi faceva venire i brividi
-Chi sei?!- ripetei -Vieni fuori, chiunque tu sia!-
-Figlia del Cielo- rispose la voce -Unisciti a me, combatti al mio di fianco, e ottieni tutto ciò che veramente meriti. La gloria, un trono sull’Olimpo- il terrore crebbe insieme alla consapevolezza. Sapevo con chi stavo parlando
-Gea…- mormorai
-Vieni- digrignai i denti
-No mai!-
-Perché schierarti con gli dei? Perché questa lealtà nei loro confronti? Cosa hanno fatto loro per te? Ti hanno ripudiata come figlia. Ti hanno abbandonata e solo ora, che hanno bisogno del tuo aiuto, si presentano da te e ti rivendicano come sangue del loro sangue. Io non avrei mai permesso un trattamento del genere per te, mia cara, ma purtroppo ero in stato di incoscienza. Ma ora sono vigile e sul punto di svegliarmi del tutto. Se ti unirai a me, ti garantisco che non ti accadrà nulla di male. Avrai la tua vendetta contro tutti coloro che ti hanno mai denigrata.  Sarai a capo di un esercito, come è giusto che sia. Nessuno ti sottovaluterà più, sarai temuta e rispettata da tutti!-. Io ascoltai in silenzio tutto il suo discorso. Ogni parola era come una stilettata. Non volevo crederle. Non volevo credere che i miei genitori potessero agire così. Io li avevo visti, le parole che mi avevano detto… non potevano essere false.
-Scordatelo! Non mi unirò mai al tuo esercito!- gridai. Gea rise, una risata raccapricciante, come se fosse compiaciuta
-Oltremodo coraggiosa, eppure anche così stupida. Credi davvero di poter sconfiggere me, di poterti opporre al mio volere? Io non posso essere sconfitta, sono ovunque, sotto di te, intorno a te, persino sopra di te.-
-Invece posso e lo farò! Non ti lascerò fare del mondo il tuo giocattolo, non finché ci sarò io a proteggerlo.- dichiarai. Non sapevo neanche io da dove venivano quelle parole, sapevo solo che non potevo far finta di niente
-E come pensi di poter proteggere il mondo, se non sai nemmeno proteggere chi ti è più vicino? Oh, non essere così sorpresa. Credo tu abbia capito che se non farai quello ti ordinerò di fare io cercherò tutti coloro che tu abbia mai amato. Una volta che li avrò trovati li annienterò, dal primo all’ultimo, davanti ai tuoi occhi. Credo che inizierò dalla tua fastidiosissima famiglia mortale. Sono convinta che tuo cugino Francesco sarebbe un ottimo sopramobile.-
-No…-
-E poi chi sarà il prossimo? Will? O quel figlio di Efesto, Leo? Dimmi Giulia, chi sei disposta a sacrificare?-
-Tu non osare…-
-Sei davvero disposta a perdere tutti coloro che ami? Vuoi davvero fingere a tal punto di essere un’eroina?-
-Basta!- supplicai, con gli occhi che pizzicavano. Lei sogghignò
-Fai la tua scelta. E accettane le conseguenze- la stanza si riempì della sua risata. Io mi coprii le orecchie per non sentirla, per non lasciarla entrare nella mia testa. Ad un certo punto sentii la terra mancarmi sotto i piedi… e caddi. Caddi urlando per molti metri, la voce di Gea nelle orecchie.
 
Mi svegliai all’improvviso in un bagno sudore, con ancora la sensazione di cadere nel vuoto. Mi girai verso il letto alla mia sinistra e tirai un sospiro di sollievo. Will era ancora lì di fianco a me, profondamente addormentato, il petto che si alzava e abbassava in sincrono con il suo respiro regolare. Era ancora vivo. E questo significava che anche la mia famiglia e Leo stavano bene, erano salvi. Non che mi importasse granché di quel ragazzino riccio e iperattivo, ma ero contenta che stesse bene. Ancora con il respiro corto tirai fuori dalla tasca dei pantaloncini che usavo come pigiama la fascia per capelli che Leo mi aveva dato prima di salutarsi. Sorrisi al ricordo. Non mi era piaciuto da subito. Anzi, mi era stato proprio antipatico, ma poi mi ero ricreduta. Non era poi così male e, una volta finita tutta quella faccenda di Gea, sarebbe stato interessante conoscerlo. Magari saremmo diventati amici. L’unica cosa che non riuscivo a capire era come mai Gea avesse pensato di minacciare lui per arrivare a me. Certo, non era la prima volta che mi ritrovavo a pensare a Leo, chiedendomi dove lui e gli altri fossero, ma Gea non avrebbe potuto saperlo, no? Comunque, dato che dormire ormai era fuori questione, mi alzai dal letto e con passo felpato uscii dalla capanna. Una folata di vento mi colpì, spostandomi i capelli dal viso. La inspirai a pieni polmoni. L’aria fredda del mattino mi scivolò dentro donandomi un senso di pace. Mi poggiai al parapetto guardandomi intorno. Il Campo era deserto, immerso nell’oscurità. Doveva essere presto forse le tre o le quattro del mattino. Quindi a Roma erano circa le dieci. La mia famiglia doveva appena essersi svegliata. Quando pensai a loro provai un moto di malinconia e di ansia. Mi sarebbe piaciuto avere il cellulare per poterli chiamare, per vedere come stavano e per dirgli che anche io stavo bene. Avevo una voglia matta di sentire Francesco, di parlare con lui, di chiedergli un consiglio. Anche se non so quanto sarebbe stato utile in quella circostanza. Mi passai una mano sul volto, dicendomi che era meglio che loro non sapessero nulla. Sapere li avrebbe messi ancora più in pericolo, perché avrebbero sicuramente fatto qualcosa per aiutarli. Decisi che gli avrei raccontato tutto una volta tornata a casa. Se riuscivo a tornarci. Scossi la testa, cercando di eliminare tutti i pensieri negativi. Dovevo confidare nel fatto che sarebbe andato tutto per il meglio. Che quello non era stato altro che un brutto sogno, dovuto al troppo stress, e che non significava assolutamente niente. Trascorsi così il resto della nottata. Osservando il Campo immerso nel silenzio più totale, riflettendo e pregando per il meglio.
 
Quella mattina fui io a svegliare Will, cosa che lo lasciò senza parole. Dovevo parlargli. E subito. Dovevo avere un’espressione ancora abbastanza sconvolta, poiché non appena mi vide aggrottò la fronte
-Tutto bene Giuls? Sembri pronta ad andare in guerra-
-Non è forse per questo che mi state preparando, Will?- lui mi guardò stranito
-Tutto okay?- io esitai
-Will, devo parlarti, in privato.-
-Dammi cinque minuti.- quando fu pronto uscimmo dalla capanna ed andammo in un posto più o meno isolato. Non volevo che altri sentissero
-Che dovevi dirmi?- chiese poggiandosi ad un albero. Io mi torturai le dita delle mani e mi morsi il labbro, a disagio. Lui aggrottò la fronte
-Ehi… tutto bene?- chiese preoccupato. Io presi un respiro profondo. Infondo era solo un sogno, cosa c’era da temere? Gli raccontai tutto, non tralasciai nulla. Quando finii il racconto lui rimase immobile, ancora poggiato all’albero, con un’espressione seria in volto.
-Ma forse mi sto preoccupando per nulla. Infondo era solo un sogno, no?- tentai, ma lui non rispose.
-Will, era solo un sogno, vero? La mia famiglia sta bene?- tentai nuovamente. A quel punto lui si staccò dall’albero, infilando le mani nelle tasche dei jeans
-Sì certo, sta ancora bene- tirai un sospiro di sollievo –solo che i sogni sono importanti per i semidei. Hanno sempre un significato profondo, sono come premonizioni.- persi un battito
-Vuoi dire che la mia famiglia… loro potrebbero…?- chiesi con un groppo in gola
-Oh no, no. Almeno non credo, non lo so. Un’altra cosa che non so: perché c’era Leo nel tuo sogno?- io lo guardai con un sopracciglio alzato
-Will, una dea psicopatica ha minacciato che se non entro nel suo esercito ucciderà la mia famiglia, compreso te, e tu ti stai chiedendo il perché della presenza di Leo nel mio sogno? Seriamente?- chiesi incredula
-Sì, insomma, i sogni sono importanti. Perché mai Gea avrebbe dovuto minacciare qualcuno di cui non ti importava minimamente?- mi misi una mano sula fronte, cercando di mantenere la calma
-Non lo so perché c’era quel rompiscatole nel sogno. Ora ci possiamo concentrare sul fatto che tu e la mia famiglia potreste essere in serio pericolo?- chiesi, ma ovviamente Will non mi diede retta e continuò con le sue supposizioni. Quel ragazzo era incredibile. L’attimo prima era tutto serio e ti diceva che probabilmente una pazza omicida avrebbe fatto del male alle persone che amavi di più, quello dopo sparava delle cavolate assurde. Mi chiedo ancora come faccia.
-Ma dai su, ci deve essere qualcosa…-
-Will!- lo interruppi tirando fuori la fascia e sventolandogliela di fronte agli occhi –La vedi questa? Me l’ha data Leo prima di partire. La porto sempre con me, mi ricorda casa mia. Ti prego credi all’ipotesi che Gea abbia usato questa fascia per cercare qualcuno da uccidere e passiamo oltre. Abbiamo cose più serie di cui discutere- lo rimproverai. Will sorrise di sbieco
-Almeno sono riuscito a farti distrarre un attimo. Okay dai, vieni con me. L’unico che ci possa aiutare è Chirone- disse incamminandosi verso la Casa Grande. Quando arrivammo trovammo lì davanti Destiny e un’altra ragazza della casa di Apollo (credo si chiamasse Daphne, curioso no?) parlare con un tipo biondo con gli occhiali, non l’avevo mai visto prima d’ora. Ci avvicinammo a loro e non appena Destiny mi vide alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa di cui non colsi il significato, ma sono certa si trattasse di un insulto. Che simpatica!
-Ciao ragazzi, Chirone è dentro?- chiese Will
-No, lo stiamo aspettando anche noi, dovevamo parlargli del recinto dei pegasi, ma non si vede in giro da un po’- disse Daphne guardandosi intorno. Io e Will ci guardammo confusi, non era da Chirone sparire all’improvviso, anche perché solitamente a quell’ora della mattina sostava sul porticato della Casa Grande a giocare a pinnacolo con qualche satiro o a sorseggiare una tazza di tè.
-Ormai è già un quarto d’ora che aspettiamo inutilmente, comincio a perdere la pazienza. Ma dove può essere andato- si lamentò Destiny
-Magari si nasconde da te- mormorai tra me e me. Lei mi lanciò un’occhiata di fuoco
-Cosa hai detto?- feci la finta tonta ed imbastii un sorriso angelico
-Io? Assolutamente niente, tesoro- è più forte di me. Proprio non riesco a stare zitta
-Senti piccola…- il ragazzo biondo la interruppe prima che potesse finire di parlare
-Basta. Destiny, calmati.- la ammonì, per poi rivolgersi a me -Piacere, Malcolm Pace- disse tendendo la mano, io gliela strinsi ricambiando il sorriso
-Giulia Bianchi, piacere mio- aveva gli occhi grigi, molto simili a quelli di Annabeth. La mia amabile sorellina sbuffò
-Basta, io lo vado cercare- dichiarò, per poi allontanarsi impettita, con Daphne al seguito che cercava di tranquillizzarla. Non appena fu abbastanza lontana scoppiai a ridere, sotto lo sguardo rassegnato di Will
-Non ce la fai proprio a resistere eh?- disse punzecchiandomi con il gomito. Io alzai le spalle con aria innocente
-Sono fatta così. Impertinente di natura- dissi facendogli la linguaccia
-Sai mi ricordi Percy da qualche punto di vista- disse Malcolm gentilmente
-Lo prendo per un complimento?-
-Assolutamente no- rise e risi anche io
-MALCOLM!- urlò Destiny da lontano. L’interpellato alzò gli occhi al cielo e dopo essersi scusato si affrettò a raggiungerla. Lo guardai allontanarsi con le braccia incrociate sotto al petto. Era un ragazzo simpatico, mi dispiaceva che fosse obbligato a passare del tempo con Destiny. Quella ragazza era sempre più insopportabile, ogni secondo di più.
-Will- chiesi ad un tratto –Quel ragazzo, Malcolm, lo conosci?-
-Sì, è un figlio di Atena. Comanda lui quando Annabeth non c’è.-
-Ah… e com’è?- mi voltai verso mio fratello
-È un bravo ragazzo, siamo amici- disse –Perché mi stai facendo il terzo grado?- aggiunse ironico (e vagamente allusivo). Alzai gli occhi al cielo divertita
-Quanto sei stupido-
-Mai quanto te, Giuls- gli diedi una spintarella amichevole fingendomi offesa. In quell’esatto momento arrivò Chirone che ci salutò con un cenno del capo
-Giorno ragazzi, che ci fate da queste parti?-
-Salve, avremmo bisogno di parlarle- dissi –in privato- aggiunsi poi abbassando il tono della voce. Il centauro annuì e ci condusse all’interno della Casa Grande. Non appena entrammo nel salotto, Seymour ruggì e guardò Chirone con la bocca spalancata, aspettando che qualcuno gli desse da mangiare. Il centauro prese un paio di crocchette dalla scatola e gliele lanciò, per poi sedersi sopra la sua magica sedia a rotelle e farci segno. Io e Will ci sedemmo sul divanetto di pelle davanti, non sapendo bene come dirgli quello che mi era successo
-Allora, di cosa volevate parlarmi?- Will mi lanciò un’occhiata che lasciava intendere che dovessi essere io a parlare. Feci un respiro profondo e raccontai il sogno per filo e per segno anche a Chirone che ascoltò il tutto senza fare un fiato, ma con l’espressione che diventava sempre più cupa.
-Allora? È solo un sogno, vero?- chiesi, una volta finito di raccontare, con non molta convinzione. Chirone strinse le labbra, come se fosse un dottore incapace di dire ad un malato terminale di star per morire
-Signore, ci sta facendo preoccupare- disse Will e, cercando di smorzare la mia agitazione, mi prese mano stringendola forte. Lo apprezzai molto. Il nostro istruttore ci guardò spaesato, come se si fosse appena accorto di noi
-Oh… sì certo, solo che… non capisco. Non capisco come sia possibile un sogno così preciso e dettagliato. Normalmente i semidei non riescono a muoversi o a parlare, sono spettatori. Tu invece hai un intrapreso un dialogo con lei. Questo mi preoccupa un po’- la mano di Will si irrigidì.
-Che vuole dire, non si tratterà mica di un…-
-Legame empatico- concluse Chirone, con aria grave. Io li guardai stranita
-Cos’è questo legame empatico?- domandai. Will sospirò
-Niente di buono.-
-Un legame empatico è una sorta di collegamento magico fra due persone. Permette loro di comunicare nel sonno e di sapere delle cose l’uno sull’altro se dovesse servire. Ma ha anche dei lati negativi. È un legame molto potente, che intreccia le vite di due persone irrimediabilmente, può essere anche molto pericoloso. Se Gea ha veramente creato un legame empatico fra voi due, vuol dire che siete unite fino al suo scioglimento e… se dovessimo fare del male a lei, potremmo ferire anche te.-
-Quindi non possiamo ucciderla perché metteremmo a rischio anche la mia vita. Sono l’unico ostacolo che vi può impedire di sconfiggerla- conclusi, con più calma del previsto. Il mio istruttore si torturò le mani a disagio
-Noi non l’abbiamo mai detto questo- tentò
-Non ce ne è bisogno, ve lo leggo in faccia.- dissi. Will mi strinse la mano e mi posò l’altra dietro la schiena, come per dire “tranquilla, ci sono qui io, andrà tutto bene.”. Pensai che averlo conosciuto fosse la cosa migliore che mi fosse mai capitata. Mi trasmetteva un tale senso di stabilità, di fiducia e di calore familiare che nessuno, eccezion fatta per la mia famiglia, era mai riuscito a trasmettermi. Sospirai, più stanca che stupita o frustrata, più apatica che ansiosa. Meno me stessa di quando ero arrivata al Campo.
-Beh, se l’è giocata bene.- fu tutto quello che dissi. Chiorne mi guardò con pietà, come avrebbe guardato quel malato terminale una volta espressa la sua diagnosi.
-Niente è ancora certo, ti terrò d’occhio, cercheremo di capire. Potrebbero anche essere solo sogni normali, infondo Gea è una dea molto potente, più di tutti gli altri.- cercò di rassicurarmi. Io annuì, seria
-Okay. Ma, se dovesse essere davvero un legame empatico, mi dovete promettere una cosa. Che non cercherete di salvarmi. Non mi importa cosa ne sarà di me. Quando ne avremo l’occasione uccideremo Gea, legame empatico o meno.- dissi, con più durezza di quanta ne avrei voluta usare nel tono. Chirone sorrise lievemente intenerito
-Per ora non ti preoccupare di nulla, stai tranquilla. Verremo a capo di questa faccenda e troveremo una soluzione, se sarà necessario. Per adesso, concentrati sulle tue lezioni.- disse
–A tal proposito, vorrei che un paio di volte a settimana venisti da me, cominciando da oggi pomeriggio. Vorrei controllare quella faccenda di cui abbiamo parlato qualche giorno fa. Il guanto è un sigillo potente, ma potrebbe avere qualche defaillance. Se questo dovesse accadere correremo subito ai ripari, cosicché non ci siano incidenti. Poi non mi sembra ancora il caso di sbandierare a tutto il Campo il perché di quel guanto.- propose, con un sorriso un po’ paterno. Io annui sforzandomi di sorridere e mi alzai dal divano, cercando di apparire il più stabile possibile, nonostante le gambe mi tremassero.
-Grazie mille per il suo tempo, signore.- mi congedai educatamente ed uscii il più velocemente possibile dalla Casa Grande. Non appena misi piede fuori dall’abitazione mi affrettai a raggiungere l’albero più vicino e ad usarlo come sostegno, dato che le gambe non mi reggevano più. Chiusi forte gli occhi e presi un gran respiro, lasciando che l’aria fresca ed incontaminata del Campo mi riempisse i polmoni, tranquillizzandomi. Pochi istanti dopo Will mi raggiunse, poggiandomi una mano sulla spalla in segno di conforto. Io mi voltai verso di lui e gli gettai le braccia al collo, stringendolo forte. Lui ricambiò la stretta e prese ad accarezzarmi i capelli con fare fraterno. Nessuno dei due disse niente o accennò di voler parlare dell’accaduto, quell’abbraccio valeva più di cento parole. Quella fu una delle prime volte in cui constatammo che un misero gesto fra noi due, equivaleva ad una conversazione intera. Quando ci separammo, notai che nello sguardo di Will c’era una parenza di rabbia, anche se non capivo verso chi potesse essere arrabbiato. Avevo fatto forse qualcosa di male? Gli avevo rotto qualche freccia? Lo avevo per caso sgridato per aver lasciato la tavoletta del water alzata? Non mi sembrava di aver fatto niente di tutto ciò.  Quando il silenzio fu diventato quasi insopportabile, Will aprì la bocca per parlare. Temevo quasi che mi chiedesse qualcosa riguardo a Gea o che pretendesse di fare un discorso serio, ma mi smentii subito. Era Will. Con me non era praticamente mai serio, bastavo io ad essere tediosa
-Che ti andrebbe di fare?- chiese, come fossimo appena usciti da un bar. Io inarcai un sopracciglio
-Dobbiamo andare ad allenarci, siamo già in ritardo clamoroso e non ho voglia di scalare la parete rocciosa con la lava in modalità “unico obbiettivo: uccidere semidei”. Sherman sa essere così antipatico.- dissi riferendomi all’istruttore del giorno: il figlio di Ares Sherman Yang. Will storse leggermente il naso, capii che neanche a mio fratello dovessero andare a genio le punizioni del ragazzo.
-Giuls, che cosa vuoi fare veramente- chiese, persuasivo. Lui, incaricato di addestrarmi, stava cercando di persuadermi a saltare l’allenamento. Ero così fiera di lui.
-E Sherman?- lui lanciò uno sguardo alle mie spalle, dove il figlio di Ares stava obbligando due povere ragazze della casa di Afrodite a fare le flessioni. Poverine, la loro manicure ne avrebbe risentito.
-Se ne vada pure al Tartaro, dai su, una giornata solo per noi, che ne dici?- chiese sorridendo di sbieco, sorriso che ricambiai con complicità
-Dico che avrei una piccola idea su cosa potremmo fare.- ci continuammo a guardare con quella complicità distruttiva che hanno solo i fratelli
-Fammi strada- fu la sua risposta secca. Io risi e lo presi per mano, trascinandolo via senza farci vedere.
 
La mia idea consisteva in qualcosa di semplice quanto raffinato: mangiare. Trascinai Will al padiglione della mensa e, corrompendole un po’, convincemmo le ninfe e le arpie a farci entrare in cucina. Lì preparai due tazze di thè fumanti e presi dei biscotti. Sì, era piena estate ed io bevevo del thè caldo. Che c’è di male? Non giudicate.
-Tu sei tutta sballata, siamo ad praticamente a luglio e tu ti bevi il thè.- disse ridendo. Io bevvi un sorso
-È per questo che mi vuoi bene- risi –È che mi ricorda casa. Sai, l’inverno io e la mia famiglia ci mettiamo tutti sul divano davanti un bel film e con una bella tazza di the fumante in mano. Quando mi sento un po’ giù, il the mi risolleva il morae- dissi, continuando a sorseggiare lentamente la bevanda per non scottarmi. Will sorrise e decise di cambiare discorso
-Sai che i semidei ereditano delle capacità dal ramo divino della famiglia? Io per esempio sono un ottimo guaritore, però in compenso non sono poi così bravo a suonare e a tirare d’arco.- balle secondo me. Esistevano arcieri peggiori di lui
-Ah sì?- dissi curiosa
-Già- addentò un biscotto –Hai già scoperto qual è il tuo?- feci spallucce
-Non credo che sia il tiro con l’arco. Me la cavo, ma l’altro giorno ho mandato Kayla in infermeria con una freccia in una chiappa. Per non parlare poi di cosa ho fatto al sassofono di Austin- dissi arricciando il naso
-Non ti perdonerà mai- feci spallucce
-Nah, riuscirò a farmi perdonare. Sono già tre giorni che pulisco al posto suo. Prima o poi dovrà perdonarmi- commentai ridendo. Will sorrise
-Dai, ci dovrà pur essere qualcosa in cui eccelli- alzai gli occhi al cielo
-È così importante saperlo?-
-Sì, potrebbe salvarti la vita usare il tuo talento. Sai scrivere poesie?-
-Non credo proprio-
-Disegnare?-
-Chi, io?-
-Curare qualcuno?-
-Nope.-
-Far ammalare qualcuno?-
-Non credo. Ti offri volontario come cavia?-
-Scrivere in generale?-
-Forse, una volta ho vinto un concorso-
-Questo potrebbe essere di Calliope… ballare?-
-Sono peggio di una vongola ancorata ad uno scoglio-
-Ultima spiaggia… suonare e cantare?- abbassai lo sguardo
-Canto sotto la doccia.-
-Canti sotto la doccia? Seria?-
-Sì, che c’è di male?- Will sbuffò lievemente
-Non importa a nessuno se “canti sotto la doccia”.- mi portai teatralmente una mano sul cuore
-Ehi!-
-Quello che intendevo dire è che qua quello che importa se il cantare potrebbe salvarti o meno la vita-
-Certo, perché un vocalizzo ha slavato la vita di così taaanti cantanti. Guarda Freddie Mercury.- Will alzò gli occhi al cielo
-Non si tratta di quello, si tratta di quanta emozione e magia metti nella tua voce e… lasciamo perdere. Quando sarà il momento capiremo se sei in grado di farlo.- fece una piccola pausa, carica di esasperazione, forse dovuta al mio eccessivo livello di
non-avrai-mai-l’ultima-parola-con-me-non-conta-nulla-se-sei-mio-fratello, e poi riprese a parlare: -In ogni caso, definisci cantare sotto la doccia, ti definiresti brava?-
-Non importa, tanto non la sentirà mai nessuno.-
-Perché?- feci una smorfia con la bocca
-Non mi piace cantare in pubblico. Lo trovo un eccessivo sfoggio di se stessi.-
-Sarà, ma prima o poi ti voglio sentire cantare- gli puntai un dito contro
-Non succederà mai, fratellone- ridemmo entrambi, ma all’improvviso Will si zittì. Io lo guardai seria
-Che c’è?- silenzio –C’è Sherman alle mie spalle?-
-Peggio-
-Ehilà pivelli! Non dovreste essere ad allenarvi?- mi voltai
-Clarisse.- Clarisse la Rue, la capocabina della casa di Ares, era in piedi di fronte a noi, le braccia tozze posate sui fianchi e un ghigno malefico stampato sul volto.
-Solace, Bianchi-
-Ti serviva qualcosa?- chiese Will. In apparenza era calmo e controllato, ma sapevo che sotto sotto se la faceva sotto dalla paura. Non sapevo perché, ma Clarisse ispirava una certa paura in tutto il Campo. Forse perché, in quanto figlia di Ares, si divertiva ad infilare la testa di qualche novellino nel water e a mutilare gente, anche se con me non ha mai nemmeno provato a fare nulla del genere, altra cosa di cui non so il motivo (cofscommettochehapauradimiopadrecof). Uno scintillio attraversò lo sguardo della figlia di Ares
-A me niente. Ma di certo servirà a voi qualcosa dopo che mi sarò occupata personalmente del vostro allenamento- Will aprì la bocca per ribattere, ma io lo anticipai
-Era una minaccia? Perché se volevi spaventarci sappi che hai ottenuto più o meno lo stesso effetto che avrebbe ottenuto un acaro. Ovvero nullo- dissi con un sorrisetto. Che ci volete fare, non ho proprio filtro. Prima vi abituate meglio è. Clarisse emise una specie di ghigno
-Solace, faresti meglio a portare le tue chiappe lontano da me, se ci tieni a loro.- si voltò a guardarmi -E porta con te questa stupida ragazzina- sibilò.
-Non si sta parlano di te qui…- mi lasciai scappare sussurrando, ma a quanto pare Clarisse mi sentì e mi si avvicinò talmente tanto che i nostri nasi si sfiorarono. Veramente una brutta esperienza, credetemi.
-Non mi piace tuo padre e non mi piaci nemmeno tu. Quindi stammi alla larga, chiaro?- mi imposi di mantenere la calma e drizzai la schiena
-Il sentimento è reciproco e, tranquilla, non ho molta voglia di sarti vicino.- dissi, poi lanciai un’occhiata a Will, che ci guardava da vicino la porta –Ora, con permesso, dovrei andare.- conclusi allontanandomi da Clarisse ed uscendo dalla mensa, accompagnata da Will.
-Wow, non ho mai visto Clarisse lasciare andare qualcuno in quel modo.- osservò. Io alzai le spalle e lanciai un’occhiata all’orologio da polso di Will
-Io ora devo andare, Chirone mi aspetta. Mi deve aiutare con quella storia della magia-
-Okay. Ah, domani ti porto in infermeria, così mi dai una mano. A dopo- mi salutò con un bacio sulla guancia e si allontanò verso il campo di tiro con l’arco. Affrettai il passo e raggiunsi la Casa Grande. Dopo lo spiacevole evento di qualche ora prima, non mi entusiasmava l’idea di ritornare lì. Ma avevo anche promesso a Chirone che mi sarei impegnata a fondo per cercare di controllare la mia natura. Quegli incontri sarebbero stati la nota più dolente della mia permanenza al Campo, già potevo immaginarlo. Forse perché già dalla prima visita Chirone constatò che il guanto non avrebbe resistito per sempre e che era ormai inutile sperare che la magia si sarebbe quietata da sola. Vallo a capire. Su questa nota felice, tornai agli allenamenti e, dopo un altro pomeriggio di duro addestramento ed una cena sostanziosa, feci finalmente ritorno alla mia cabina. Non ero proprio entusiasta di andare a dormire, non dopo la notte scorsa, ma mi dissi che non potevo neanche non dormire più per il resto della mia vita. Non avevo neanche un televisore, come avrei mai fatto a passare il tempo? E poi non sarei stata molto utile in battaglia in versione zombie, perciò mi costrinsi ad andare a dormire. Non mi ero neanche resa conto di quanto fossi stanca, ma evidentemente lo ero parecchio, poiché non appena posai la testa sul cuscino, crollai in un sonno profondo. Indovinate cosa feci quella notte? Esatto, sognai.
Ero in un maestoso palazzo, molto simile ad un tempio greco, interamente fatto di marmo candido, con eleganti colonne corinzie che reggevano il soffitto, bellissime statue d’oro e d’avorio ed affreschi colorati e sgargianti raffiguranti gli dei dell’Olimpo. Su un trono posto in fondo alla sala sedeva una donna, interamente fatta di terra. Non ebbi nemmeno bisogno di chiedere. Sapevo di trovarmi al cospetto della Madre Terra. Mi avvicinai lentamente, ma con sicurezza. Le mie scarpe da ginnastica risuonavano flebilmente sul pavimento in marmo. Non appena mi fui avvicinata di più notai che la dea, seduta compostamente, aveva gli occhi chiusi e un’espressione serena in volto. Tuttavia, la postura perfettamente eretta non la faceva apparire rigida, anzi sembrava a suo agio, rilassata. Ma non era quello a colpirmi, bensì quello che le stava accanto. Infatti di fianco al trono era posto un treppiedi di legno, su cui sopra era poggiato un piatto di biscotti. A quanto pare anche la dea della terra aveva bisogno di nutrirsi.
-Giulia- disse la dea, senza aprire ne occhi ne bocca. Io rabbrividii. La sua voce era fredda e tagliente –Che piacere averti qui- continuò –Un biscotto?- io inarcai le sopracciglia. Proprio non riuscivo ad immaginarmi Gea come una dea in grado di offrirti un biscotto. A meno che esso non fosse avvelenato, certo. Scossi impercettibilmente il capo.
-Perché sono qui?- domandai. La mia voce uscì forte e sicura, sembrava quasi appartenere ad un’altra persona. La dea ridacchiò.
-Beh, come puoi essere qui se questo non è un luogo? Giulia, questa non è altro che un’illusione, un sogno. Eppure è così sorprendentemente vicino alla realtà, non trovi?- sembrò sorridere di più –Sto finalmente per ridestarmi dal mio lungo sonno, Giulia, e quando lo farò, questa sarà casa mia, casa nostra, se sceglierai di unirti a me. Pensaci, tutto questo sarà il nuovo Olimpo! Un posto tutto nostro, dove finalmente verrai onorata e venerata da tutti, come la dea quale saresti dovuta essere. Non ti sentirai mai più fuori posto.- Le sue parole si insinuarono nel mio cuore e nella mia mente. “Non ti sentirai mai più fuori posto”. Era sempre stato il mio più grande sogno, e Gea lo sapeva. Stava cercando di corrompermi offrendomi tutto quello che avrei mai potuto desiderare, ma io sapevo che non avrebbe mai mantenuto la parola data. Perché quando si è un dio si fa così: si fanno promesse su promesse per portare i poveri mortali dalla propria parte, si usano sotterfugi e fascino, belle parole e quant’altro. Tutti i mezzi possibili per ottenere ciò che si vuole senza il minimo sforzo. Forse era un bene che io non lo fossi. Strinsi forte i pugni, sentendo la rabbia crescere in me. Ero stanca delle menzogne. Dopo quindici anni, ero stanca di raggiri e di bugie. E, soprattutto, ero stanca di Gea. Tutta quell’assurda situazione era colpa sua. Era colpa sua se degli adolescenti erano costretti a prepararsi per una guerra, la seconda nel giro di due anni.
-Non mi unirò mai a te! Puoi anche scordartelo!- urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Successe tutto in un attimo. Un dolore lancinante all’altezza dello stomaco. All’improvviso Gea non era più seduta sul trono, ma era davanti a me, una mano sulla spalla ed una che teneva saldamente una lancia finemente decorata conficcata nella mia pancia, gli occhi ben aperti ed un sorriso da pazza sulle labbra
-Ancora non capisci, figlia del Cielo? Non hai alcuna scelta. Se non ti unirai a me, questa sarà la tua fine. Ti ucciderò io stessa e se non dovessi riuscirci, farò in modo che qualcun altro ti pianti questa lancia nel corpo, sotto lo sguardo di coloro che ami. Lo giuro sullo Stige- buttò fuori quelle parole come se fossero acido. Il dolore mi dava alla testa e non riuscivo a pensare con lucidità, ma nonostante ciò provai in tutti i modi a mantenere la calma. Lo aveva detto lei stessa: nulla di tutto ciò era reale. Eppure il dolore lo sentivo chiaramente
-N-non puoi uccidermi… il lega… il legame empatico… m-moriresti anche tu…- riuscii a rantolare. Gea sorrise in maniera inquietante
-Vedo che ti hanno informata di qualcosa dopotutto… ma non ti hanno detto la cosa importante… Non possono disintegrarmi e mandarmi di nuovo a dormire perché ferirebbero te. Ma io posso ucciderti tranquillamente e continuare a vivere. Ricordi? Sono immortale. Proverei fastidio, forse dolore, ma continuerei a vivere e a regnare. Quindi pensaci bene figlia del Cielo. Potrei non darti un’altra occasione quando l’ora sarà giunta.- detto ciò sfilò la lancia dal mio stomaco ed io caddi a terra, senza fiato. L’ultima cosa che sentii prima che il buio eterno mi ghermisse, fu la risata di Gea. Fredda e tagliente come l’ultima volta.
 
Mi svegliai urlando. Sentii della mani prendermi le spalle con forza. Chiusi gli occhi e cercai di liberarmi dalla presa, ma quella si rafforzò di più.
-Giulia! Giulia! Sono io, sono Will!- una voce si insinuò nella mia testa. Will. Mi fermai ed aprii lentamente gli occhi. Mio fratello era davanti a me, le sue mani, che prima mi avevano afferrato le spalle, stavano ora tenendo saldamente i miei polsi. Aveva un’espressione spaventata, gli occhi azzurri accesi dalla preoccupazione. Avevo svegliato l’intera cabina con le mie urla, ma non ci feci troppo caso.
-Will…- sussurrai prima di gettargli le bracci al collo e di chiudere nuovamente gli occhi, le lacrime che mi rigavano il viso. Will mi strinse a sé, mormorando qualcosa che non colsi. Ad un certo punto mi staccò con gentilezza da sé  e mi aiutò a mettermi in piedi
-Ragazzi tornate pure a dormire, non è successo niente- annunciò, per poi andare, trascinandosi dietro me, verso la porta. Destiny borbottò un insulto in greco antico, ma io non risposi. Era come se il mondo intorno a me continuasse a girare, ma io fossi rinchiusa dentro ad una bolla, indifferente a tutto. Una volta fuori Will mi fece sedere sul porticato della casa per poi circondarmi le spalle con un braccio. Io posai la testa sulla sua spalla, facendomi cullare. Era rassicurante averlo lì con me.
-Vuoi raccontarmi cosa è successo?- chiese con gentilezza. Io scossi appena il capo. Non riuscivo a parlare, mi sentivo una morsa alla gola. Facevo quasi fatica a respirare.
-Giuls… era solo un sogno, un’illusione. Nulla di quello che hai visto era reale- disse accarezzandomi i capelli.
-Lo sembrava, Will, sembrava tutto così reale…- mi scappò un singhiozzo. La mia voce era roca –Era sveglia. Aveva gli occhi aperti. Mi ha… minacciata.- dissi, sentendo il freddo bronzo celeste della lancia perforarmi la carne ed il sapore metallico del sangue in bocca.
-Questa è la dimostrazione che era tutto davvero solo un sogno. Gea non è sveglia, non ancora almeno. E comunque le impediremo di svegliarsi e di farti del male. Poi avete un legame empatico, ricordi? Lei non può farti del male.- a quelle parole mi scostai dal suo abbraccio e scossi il capo con un gemito
-Tu non capisci. Noi non possiamo ferire lei, è vero, ma lei può ferire me. E rimanere illesa. È una dea, la più potente di tutti, anche se mi uccidesse molto probabilmente sopravvivrebbe. Inoltre, sempre si possa fare, credo che se decidesse di uccidermi spezzerebbe il legame empatico. Non è tanto stupida da rischiare.- dissi, riacquistando un po’ di calma. Will aggrottò le sopracciglia
-Te lo ha detto lei?-
-Che spezzerebbe il legame? No, l’ho intuito da sola, era talmente sicura quando mi… quando lo diceva.- Will mi posò delicatamente una mano sulla mia, per poi stringerla con la medesima delicatezza
-Giulia- disse cautamente –raccontami il tuo sogno. Ne ho bisogno- gli strinsi di rimando la mano e, prendendo un bel respiro, iniziai a raccontare.
 
*Angolo Autrice*
Ehilà bella gente! Come promesso, eccomi tornata con un doppio capitolo! Yeeeeee! Dovete veramente scusarmi se la scorsa settimana non ho aggiornato, lo so che avevo promesso di essere puntuale, ma delle forze più grandi di me hanno deciso che almeno una volta dovevo essere in ritardo. Non è successo nulla di grave in realtà. Semplicemente non ho avuto neanche il tempo di aprirlo world, dato che sono stata tutta la settimana chiusa dentro un museo. No, nessuna visita di piacere, ho dovuto prendere parte ad un corso estivo per l’alternanza scuola-lavoro, e quando tornavo a casa la sera non avevo neanche la forza di aprire il pc ahahah. Mi scuso anche di aggiornare così tardi, ma, sempre perché io ho una fortuna invidiabile, ho avuto tutto il giorno problemi con il sito, problemi che ho risolto solo ora. Fatte le dovute scuse, che ve ne pare? Beh, io vi avevo avvertito che Giulia non avrebbe avuto vita facile e che avrebbe presto fatto nuove conoscenze ehehehehe. Certo che però mi sento un po’ in colpa... non le sto dando respiro! Va beh dai, cercherò di farla riposare un po’ di più nei prossimi capitoli... o forse no *sorrisetto malefico*. Grazie mille per aver letto fino a qua, un bacio ed un abbraccio enormi,
Willie
   
 
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