L’orfanotrofio
“Buon pomeriggio, miss Danvers.” Kara prese il cappellino e se lo sistemò tra i
capelli biondi, sorrise all’usciere e si immerse nelle trafficate vie di
National City. Diversi calessini la oltrepassarono mentre lei camminava lungo
la via, godendosi il sole primaverile. La sua destinazione non era lontana,
malgrado fosse in una zona della città meno pulita e risplendente rispetto a
quella da cui proveniva.
“Miss Danvers.”
La salutò il fruttivendolo.
“Buon pomeriggio, mister Jensen.”
Prese una mela e consegnò all’uomo una moneta.
“I bambini sono fortunati ad avere
lei, miss.” Kara sorrise, luminosa. L’uomo chinò il capo e lei uscì dal
negozio, mangiando con piacere la succosa mela.
L’edificio a cui era diretta fu
presto in vista, la grande facciata grigia era triste e cupa, ma Kara non vi
badò, invece fu colpita dalla fremente attività che si svolgeva davanti alla
porta.
Diversi uomini stavano scaricando dei
letti da un carro, mentre altri ammucchiavano i vecchi a terra.
“Miss.” La salutarono nel vederla,
sfiorandosi il cappello, ma continuando la loro attività, veloci ed efficienti.
Kara entrò e si guardò attorno con
sorpresa. Un profumo di pulito riempiva l’aria, le finestre erano state
spalancate. Oltre agli uomini che si spostavano avanti e indietro carichi di
mobili, letti e materassi, un gruppo di donne stava lavando i pavimenti e
persino le mura.
“Cosa sta succedendo, Peggy?” Chiese
fermando un’infermiera.
“Una cosa meravigliosa, miss Danvers, guardi con i suoi stessi occhi: un miracolo!” Le
indicò il giardino sul retro e Kara, incuriosita, lo raggiunse. Mentre si
avvicinava sentì una voce che leggeva. Uscì alla luce del sole, trovandosi ad
osservare uno spettacolo, se possibile, ancora più straordinario. Tutti i
bambini dell’orfanotrofio, almeno quaranta, erano seduti a terra e ascoltavano
rapiti una giovane donna.
Kara rimase immobile osservando il viso
della ragazza concentrato nel dare al racconto la giusta intonazione. Indossava
un elegante abito blu e un cappellino dello stesso colore che nascondeva dei
capelli scuri, raccolti in uno chignon. L’intera sua figura parlava di
ricchezza, eppure non indossava i guanti e non sembrava preoccuparsi del fatto
che fosse seduta per terra attorniata da bambini che spesso lottavano con i
pidocchi e, di certo, non avevano molte idee su come fosse fatto un bagno.
La voce della sconosciuta si alzava e
si abbassava, imitava i toni gravi degli uomini e poi si acuiva per
interpretare le donne. A un certo punto si fermò, guardò i bambini che
aspettavano rapiti e batté le mani facendoli sobbalzare dalla paura: era
arrivata la strega, pronta a prendersi il regno.
La donna attese un istante apprezzando l’effetto che
aveva ottenuto e poi alzò gli occhi incrociando i suoi. Sorrise e Kara sbatté
gli occhi arrossendo un poco, aveva un volto deciso dagli zigomi pronunciati,
ma il sorriso aveva addolcito il suo aspetto e i suoi occhi l’avevano reso
luminoso ed estremamente affascinante.
I bambini notarono l’interruzione e
seguirono lo sguardo della donna, trovando lei.
“Miss Danvers!”
Esclamarono, scattando in piedi e attorniandola. Entusiasti si misero a tirare
il suo lungo abito chiaro o le sue maniche cercando di ottenere la sua
attenzione, riferendole concitati le grandi novità della giornata.
“Su, su, la buona educazione,
bambini!” Li richiamò un’infermiera sopraggiunta nel sentire il baccano. “A
lavarvi le mani, presto.” I bambini protestarono, ma la donna accennò ad una
merenda e ottenne un successo immediato, tanto che dovette intimare ai bambini
di non correre.
“Miss Danvers,
avete interrotto il mio momento preferito.” La interpellò la sconosciuta
alzandosi da terra e raggiungendola. Kara arrossì.
“Oh… mi dispiace, non volevo… io…”
“Stavo scherzando.” Le assicurò lei
con un sorriso divertito.
“Oh, certo!” Arrossì ancora un po’,
non si era mai sentita così goffa e sciocca, eppure l’assoluta sicurezza che
sprigionava dalla donna sembrava metterla in soggezione.
“I bambini vi conoscono, siete forse
una delle volontarie di cui mi hanno parlato le infermiere?” Chiese la donna
indicandole poi una panca nel giardino.
“Sì, è iniziato come una ricerca per
un articolo che dovevo scrivere ed è diventata un’abitudine; questo posto,
malgrado l’impegno delle infermiere, è piuttosto inadeguato per quanto riguarda
l’educazione, mi sono quindi offerta di dare lezioni due volte la settimana.”
“Lodevole, non sono molti quelli che
dedicano il loro tempo a posti come questo.” Fece notare la donna, un sorriso
compiaciuto sulle labbra.
“Voi siete qui.” Rimarcò lei e la
donna annuì, il sorriso che non se ne andava, ma non aggiunse perché. “Avete
idea di cosa stia succedendo?” Indagò allora Kara. “Un’infermiera mi ha parlato
di un miracolo, ma credo che…” Kara s’interruppe e arrossì. “Siete stata voi?”
La domanda era più un’affermazione e la ragazza si strinse nelle spalle.
“Nulla di eccezionale, questo posto
aveva bisogno di una spolverata.”
“Una spolverata? Sembra che sia
passato un uragano con intenti benefici! Non ho mai visto questo posto così
luccicante e poi: letti nuovi? Sono anni che lotto in municipio perché si occupino
della cosa, inutilmente!” La donna annuì.
“Purtroppo non è facile ottenere
fondi per simili progetti, un letto è un letto, dicono loro, non capiscono che
un bambino deve dormire in un posto pulito e sano.”
“Esatto!” Kara osservò il viso della
donna che si illuminava in un sorriso compiaciuto e si ritrovò a sorridere a
sua volta.
Un uomo entrò nel piccolo giardino e
chinò il capo, interrompendole.
“Miss, abbiamo finito.”
“Molto bene.” La donna si alzò e
sorrise a Kara. “Devo andare, è stato un piacere incontrarvi, spero che avremo
altre occasioni.”
“Certo… miss?” Chiese, lei,
rendendosi conto di non conoscere il nome della sua interlocutrice.
“Lena Luthor.”
Si presentò allora la donna, poi chinò il capo e se ne andò. Kara rimase
immobile mentre la guardava allontanarsi.
Un Luthor,
erano anni che non si vedeva un Luthor a National
City, una famiglia ricca e potente, dal passato oscuro eppure lei ne aveva
appena incontrata una e le era piaciuta!
Kara stava approfittando della lauta
colazione quando entrò Alex, l’aria stanca e l’uniforme spiegazzata.
“Buongiorno.” La salutò lei e la
ragazza grugnì qualcosa di simile lasciandosi cadere su di una sedia.
“Lavori troppo, Alexandra.” La
rimbrottò la madre. “E lo sai che non mi va che porti le armi a tavola.”
“Sì, madre, lo so.” Assicurò lei,
alzandosi e sganciando la cintura con la spada che consegnò ad una cameriera
assieme alle due pistole.
“Sei stata di pattuglia tutta la
notte?” Chiese Kara, afferrando un altro biscotto, perché aveva ancora un po’
di spazio nello stomaco.
“Ci sono stati dei disordini.”
“Dei disordini?” Chiese Eliza Danvers, sorpresa.
“Sì, sotto l’edificio dei Luthor.” Kara corrugò la fronte stupita, ma fu la sua madre
adottiva ad intervenire di nuovo.
“I
Luthor? A National City?” Domandò stupita.
“Sì, Lena Luthor,
la più giovane della famiglia, si è appena trasferita qua. A quanto pare la
cosa non è andata giù ad alcuni e un gruppo di cittadini hanno deciso che
qualche atto vandalico sotto i suoi nuovi uffici avrebbe spaventato la ragazza facendola
tornare nella sua dimora a Est.” Alex sorseggiò il suo tè, godendosi quel
semplice piacere, ma Kara era indignata.
“Vogliono cacciarla? E perché mai? È una persona incantevole ed è gentile
oltre che estremamente generosa!”
Alex la guardò perplessa e così sua
madre.
“Hai conosciuto Miss Luthor?” Le chiese la donna, posando la sua tazzina.
“Sì… tre giorni fa, all’orfanotrofio.”
Si spiegò.
“Cosa faceva la Luthor
all’orfanotrofio?” Domandò Alex scambiando uno sguardo con Eliza.
“Avresti dovuto vederla! Leggeva,
seduta per terra, e poi ha fatto cambiare tutti i letti e c’erano delle persone
a fare le pulizie e…” Guardò la sorella e la madre e corrugò la fronte
perplessa. “Cosa c’è?”
“Non conosci la fama dei Luthor?” Le chiese Alex.
“Al giornale ho sentito dire che
hanno un segreto o qualcosa del genere… lo sai che non mi interesso di
pettegolezzi.” Affermò decisa.
“Kara… si dice che sia parte
dell’Ordine… sono Cacciatori.” Mormorò Eliza,
lanciando un’occhiata alla porta e controllando che i domestici non sentissero.
“Cacciatori?” Chiese lei, perplessa.
“Cacciatori della Luna.” Spiegò la
donna più anziana e Kara sgranò gli occhi.
I Cacciatori della Luna avevano
ucciso la sua famiglia quando lei aveva sei anni, lei stessa era scampata per
miracolo al massacro ed era stata così fortunata da essere trovata da Alex.
“Ma… ma non esistono più…” Disse,
ricordando le lunghe lame d’argento che brillavano alla luce della luna, un
incubo ancora ricorrente, anche se erano passati tanti anni.
“Qui, sì, ma i Luthor
hanno affari in tutto il mondo. Si dice che il maggiore, Alexander Luthor, sia impazzito in una caccia in Africa, tanto che la
sua stessa famiglia ha dovuto rinchiuderlo.” Raccontò Alex. “Vi è un motivo se
sono tanto odiati, a National City abitano tanti licantropi i cui famigliari
sono morti sotto la lama dei Luthor o degli uomini ai
loro ordini e che per sfuggire all’ordine dei Cacciatori sono venuti qua.”
“Lena è diversa.” Assicurò. Bastava
pensare a quello che aveva fatto all’orfanotrofio, un simile gesto di pura
generosità non poteva venire da una persona malvagia.
“Sei abbastanza grande da saper
decidere da sola le tue amicizie, tesoro, ma fai attenzione, la mela non cade
mai troppo lontano dall’albero. Cacciatori di Luna si nasce.” Le parole di Eliza la fecero rabbrividire.
Alex le posò una mano sul braccio e
le sorrise.
“Lo sai che ti proteggeremo sempre,
vero?”
“Non abbiamo registrato la tua
natura, proprio per proteggerti da chiunque volesse farti del male. Di certo
non sei una minaccia per nessuno, visto la tua enorme capacità di controllo
anche durante…” Eliza si zittì perché una cameriera
entrò nel salotto portando la posta, quando furono di nuovo sole sorrise,
gentile. “Fai attenzione, va bene?”
Kara annuì, ma rimase in silenzio. Le
parole di sua madre e di Alex l’avevano turbata. Lena non poteva essere una
Cacciatrice della Luna, soltanto una persona dal cuore corrotto poteva dare la
caccia ai mannari solo perché diversi e il cuore di Lena…
Avrebbe fatto attenzione, sì, ma,
decise, avrebbe conosciuto meglio Lena Luthor.
“Questa è per te.” Eliza allungò il foglietto ripiegato attirando di nuovo
l’attenzione di Kara.
Sorpresa spezzò il sigillo in
ceralacca e arrossì. Alzò gli occhi e fu felice di vedere che la sua reazione
era passata inosservata: Alex si stava addormentando sul tavolo, mentre Eliza leggeva la sua corrispondenza.
Riaprì il foglio e rilesse le parole
vergate in un’elegante calligrafia.
“Miss Danvers, sarò all’orfanotrofio questo
pomeriggio alle sedici.
Mi farebbe piacere discutere con voi di una questione, mi sono dunque
permessa di inviarvi questa nota.
Nella speranza di vedervi, vi porgo i miei saluti.
Lena Luthor.”
Non vi erano fronzoli, non aveva
aggiunto le solite frivolezze, sembrava un messaggio tra uomini d’affari e Kara
ne fu stranamente compiaciuta.
Quel messaggio giunto proprio in quel
momento doveva essere un segno.
“Alexandra, vai a dormire, su, presto
dovrai occuparti di tua sorella.” Alex sbatté gli occhi sorpresa, poi annuì e
si alzò.
“Buona notte.” Bofonchiò. “Ci vediamo
tra qualche ora.” Sbadigliò e si allontanò.
“A proposito, come ti senti?” Eliza aveva posato le lettere e ora la guardava seria.
“Bene, nessun impulso a…” Si guardò
attorno e parlò più piano. “Trasformarmi.” Finì, con un sorriso.
“La Settimana della Luna inizia oggi,
i suoi influssi dovrebbero farsi sentire.” Insistette Eliza,
sempre preoccupata per lei.
“Va tutto bene, madre.” La rassicurò
e la donna sorrise nel sentirsi chiamare a quel modo.
“Molto bene allora.”
Kara si congedò poco dopo, il
biglietto di Lena ben stretto nel pugno, non vedeva l’ora che fossero le
sedici, era curiosa e non poteva fare a meno di chiedersi di cosa volesse parlare
la giovane Luthor.
Scrisse l’ultima riga del suo
articolo sul ballo tenutosi da Lady Keller e consegnò il foglio all’editore.
“Hai finito in fretta, Danvers.” Rimarcò l’uomo che aveva la spiacevole abitudine
di tartassarla e di dimenticare le buone maniere.
“L’articolo le piacerà, mister Carr.”
“Vedremo.” Commentò il suo superiore,
ma non la trattenne quando lei afferrò la giacchetta color crema e la abbottonò
sulla camicia bianca e poi prese il suo cappellino verde, che si intonava con
l’ampia e lunga gonna della stesso colore.
“Arrivederci.” Salutò e con passo
deciso percorse la strada fino all’orfanotrofio. Quando arrivò verificò l’ora
sul suo orologio da taschino, al suo appuntamento mancavano dieci minuti,
soddisfatta entrò nell’edificio apprezzandone i cambiamenti. Sembrava che fosse
più luminoso ora che era pulito e con la mobilia nuova.
“Miss Danvers!”
Il sorriso di Lena Luthor era ampio e sincero e lei
sentì le proprie labbra arcuarsi, mentre le sue guance si coloravano. “Sono
contenta che siate potuta venire, il vostro aiuto sarà fondamentale.”
“Oh, ne dubito, miss Luthor.” Lena sorrise ancora, aveva un modo curioso di
guardarla, era come se tutta la sua concentrazione si focalizzasse e lei
divenisse il centro del mondo.
“Venite a vedere.” Le prese il
braccio e la accompagnò fuori dall’orfanotrofio. Kara cercò di non pensare al
profumo fresco della giovane e di concentrarsi, invece, su quello che diceva.
“Mi avete detto che l’educazione
all’orfanotrofio non è molto curata e mi avete fatto venire un’idea.” La portò
davanti ad una porta, poco distante da quella dell’orfanotrofio, e bussò; pochi
istanti e le venne ad aprire un uomo che chinò il capo nel vederla. “Miss Danvers, questo è mister Vender, il mio architetto, mi ha
assicurato che l’edificio è in buona salute e che basterebbero pochi lavori per
renderlo perfetto all’uso desiderato.” Kara corrugò la fronte, perplessa.
“Bisognerebbe aprire qualche finestra
e buttare giù qualche muro, ma potrebbe tranquillamente ospitare la sua scuola,
miss Luthor.” Assicurò l’uomo, con aria soddisfatta.
“Una scuola?” Chiese allora Kara,
sbalordita. Lena aveva già fatto così tanto, non era possibile che…
“Una scuola per i ragazzi
dell’orfanotrofio, due insegnanti dovrebbero bastare, per iniziare, poi
vedremo.”
“Ma…” Kara era senza parole, Lena la
guardò preoccupata.
“Credete che sia troppo piccolo
l’edificio? È
l’unico non occupato così vicino all’orfanotrofio, ma possiamo… insomma, se
credete che non vada bene…”
“No! No, è perfetto, solo che… avete
già fatto così tanto!” Il volto di Lena si illuminò.
“Non ho fatto nulla.” Assicurò.
“Volevo che foste qui per avere la vostra opinione e per assicurarmi che la
cosa non vi offendesse, so che vi occupavate voi dell’educazione dei bambini
e…”
“State scherzando? Offendermi? Il mio
contributo era davvero piccolo, sarò più che felice di vedere un vero
professionista occuparsi di loro.”
“Allora così sarà.” Affermò Lena e la
sua mano si posò su quella di Kara in una carezza gentile.
Un brivido salì lungo il suo braccio
e la giovane ragazza sobbalzò sorpresa.
Si trasformava da quando era piccola
e sapeva riconoscere al volo quando il suo corpo lo necessitava. Da piccola era
inevitabile, la luna la chiamava e il suo corpo si tendeva e si allungava
trasformandola in un grosso animale, simile a un lupo, ma con forme un po’
troppo umanoidi per confondersi e dimensioni almeno quadruple, per almeno due o
tre notti durante la settimana. Ora però lo controllava e riusciva a
trasformarsi a suo volere, bastava una sola notte per eliminare la necessità
che la Settimana della Luna scatenava, quel fremito era uno dei primi sintomi
che l’avvisavano della trasformazione.
“Va tutto bene, miss Danvers?” Le domandò Lena guardandola perplessa.
“Sì, ehm… tutto bene.” La donna le
sorrise, poi la invitò a visitare l’edificio chiedendole la sua opinione
riguardo a buttare giù pareti e aprire finestre, ma per qualche strano motivo, il
corpo di Kara fremeva, desideroso di trasformarsi e lei dovette davvero
concentrarsi per mantenere il controllo.
Note: Abbiamo scoperto un po’ di più di questo mondo, abbiamo visto come Kara sia cresciuta e abbia trovato un posto in quello stesso mondo e… abbiamo incontrato Lena.
Cosa ne pensate delle nostre ragazze? Cosa ne pensate della situazione? E di questo mondo un po’ bizzarro?
Ci tengo a precisare che questo è il mio mondo, creato da me, con le mie regole, non ho fatto ricerche, non mi sono documentata, dunque, qualsiasi “errore” che riguardi il mondo, piuttosto noto, dei licantropi è da imputare a questo, spero che vogliate passarci sopra senza farmi le pulci… anche perché, altrimenti, vi risponderò che l’autore è dio all’interno delle sue storie! ;-)
Bene, detto questo… la storia
continua a piacervi? Siete state rapidissime a commentare il prologo, tanto che
mi avete “obbligato” a pubblicare altrettanto celermente. Continuate così e, lo
sapete, avrete un capitolo al giorno.