Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: deine    04/07/2018    3 recensioni
Sconfiggere il male è difficile, ma anche ciò che viene dopo non è da meno.
Rabbrividendo, salì piano le scale. Nella loro camera, Harry dormiva proprio come l'aveva lasciato, pacifico, disteso su un fianco. L'odore di whiskey era quasi impercettibile con le finestre spalancate, ma Ginny ebbe comunque l'impressione di sentirlo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, James Sirius Potter, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: Harry Potter e la relativa ambientazione appartengono a J. K. Rowling e io non ci lucro sopra (Inventare nuovi disclaimer diventa sempre più difficile, accidenti).
Note dell'Autrice: sono rimasta a lungo indecisa sul rating, se mettere arancione o rosso. Ditemi voi.
Premetto che questa storia vuole affrontare il tema del ricordo e della vecchiaia più che quello dell'amore tra Harry e Hermione. La loro relazione è collaterale alla narrazione, ma rimane volutamente poco approfondita. Non me ne vogliate male.
Lasciate una recensione se avete qualche nota da farmi, sono molto indecisa su questa storia.

 

GLI EROI DELL'ERA PASSATA


 

E nonostante le bombe vicine e la fame
Malgrado le mine
Sul foglio lasciò parole nere di vita
La guerra è finita
Per sempre è finita
Almeno per me

- La guerra è finita, Baustelle

 

 

«James, non valeeee! Lo dico alla mamma, che mi hai sputato.» James inciampò nel mantello nero che usava come costume, nella fretta di raggiungere il fratello, che era già partito di corsa verso casa. Allora si lasciò cadere sull'erba. Subito l'ombra di sua cugina si interpose tra lui e il sole.

«Hai barato, James. E poi lo sanno tutti che alla fine ha vinto tuo papà.»

Il piccolo Potter non le rispose, così Rose fece cenno a Lily di seguirla. Le due cugine scesero dalla collina insieme, ridacchiando. Hugo restò ancora un attimo indietro, ma poi capitolò. Anche la sua ombra scomparve dietro il declivio.

James rimase solo.

 

Quella sera, a cena, l'atmosfera era tesa. James giocherellava annoiato con il suo cibo, offeso perché era stato messo in punizione a causa dello sputo. Nonna Molly teneva Lily in braccio e la imboccava con cucchiaini di riso. Zia Hermione era seduta davanti a zio Ron, ma guardava solo Rose, che invece era seduta al fianco del marito.

James pensava che le persone innamorate dovessero sedersi vicine e darsi la mano e anche qualche bacino, magari, ma i suoi zii erano sempre lontani l'uno dall'altra . Ogni tanto si sorridevano. C'era silenzio, tranne per le risatine di Lily. La sua sorellina era una noia, pensava James: non poteva mai giocarci, neanche quando c'era Albus con loro. Una volta Rose gli aveva detto che sua mamma aveva paura che lui la rompesse, goffo com'era. Sua cugina non era gentile, ma era comunque l'unica che avesse il permesso di giocare con Lily. Non era giusto, però.

«Perché Rose può giocare con Lily e io no?» chiese. Sentì sua madre sussultare. Gli sguardi degli adulti si rivolsero verso di lui; arrossì di imbarazzo.

«Rose non ha rotto il naso di suo fratello oggi, per esempio. Non gli ha sputato addosso, James, come hai fatto tu con Albus.» rispose sua madre, con tono secco. «Finché ti comporti così, è fuori discussione che tu possa rapportarti con tua sorella.»

James non aveva capito proprio tutte le parole, ma il concetto generale del discorso sì. Sbatté con forza la forchetta nel piatto; si alzò in piedi, rosso in viso. «NON È GIUSTO» urlò con tanta forza che la gola gli dolse.

Lily sostenne la sua protesta iniziando a piangere, sputacchiando pezzi di cibo mezzo masticato sul tavolo. Sua madre si alzò in piedi, paonazza in volto. «Ora basta, James, hai esagerato.» Lo afferrò per le ascelle, mentre suo figlio si dimenava come un pazzo. Harry rimase fermo al suo posto, continuando a cullare Albus in grembo. Guardò la moglie uscire dalla cucina della Tana e poi si voltò verso la suocera.

«Scusa, Molly. Non so cosa gli sia preso, a James; di solito non si comporta così.» La signora Weasley rivolse a Harry uno sguardo pieno di affetto e comprensione.

«Non fa niente, Harry caro. Sono felice di avere qui te e Ginny.» Ron tossì forte e si alzò da tavola. «Scusa mamma, Hugo e Rose sono molto stanchi. Li porto a dormire.»

Rose, sentendosi chiamata in causa, alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo. «Io non sono stanca» commentò, perplessa.

«Sì che lo sei, zuccotta. Fidati di papà» rispose Ron, burbero, prendendola in braccio insieme al fratello, «Ti aspetto di sopra» disse a Hermione, con lo stesso tono arido con cui aveva parlato alla figlia. La moglie di Ron gli rivolse un'occhiata, ma non disse nulla.

Dopo che il suo figlio più piccolo fu uscito dalla cucina, Molly iniziò a sparecchiare la tavola, ma Hermione, con un gesto svelto e sicuro, le sfiorò la spalla.

«Lascia fare a me, Molly. Hai cucinato per tutti, devi essere esausta.» La signora Weasley le rivolse un sorriso carico di stanchezza e gratitudine. «Grazie, Hermione.»

In cucina rimasero solo Hermione e Harry.

«Che serata, eh?» disse lei.

«Tremenda. Ron sembrava arrabbiato.»

«Porta rancore a Ginny e ai suoi fratelli. Non ci vuole più vivere qui, con sua madre a ricordargli tutti i suoi errori. Pensa che dovrebbero occuparsi loro di lei, che lo sfruttino. È frustrato.»

«E tu?» le chiese Harry, compiendo qualche movimento con la bacchetta, facendo levitare i piatti verso il lavello. Hermione scrollò le spalle.

«Io vorrei che il padre dei miei figli insegnasse loro che l'ambizione non è tutto.» Fece un giro intorno al tavolo per raccogliere le posate sporche.

«Ogni tanto vorrei solo tornare a quei giorni felici a Hogwarts, tra un'impresa e l'altra, quando l'unica cosa che ci preoccupasse era la sopravvivenza, non la rata del mutuo.»

«Speravo che lo dicessi» esclamò allegramente Harry.

Con espressione complice, Potter si chinò sotto il lavello ed estrasse una bottiglia polverosa. Hermione aprì la bocca, stupita; ridacchiò, mentre il suo vecchio amico prendeva due bicchieri dal tavolo e li riempiva di whiskey. «Ma Harry...»

«Non deve mica saperlo nessuno, Hermione» le rispose lui, allegramente, «Dai, vieni.»

Si girò a guardare la sua amica; il malumore sul suo viso aveva lasciato spazio a un'espressione da ragazzina scapestrata; le donava, faceva sbiadire le rughe sul suo viso, che tornava piano e liscio come quello di una sedicenne. Hermione lanciò ancora un'occhiata alle scale.

«Aspetta, prendo un maglione». Afferrò a caso un maglione, forse di Ron, e seguì Harry nella notte.


 


 

James guardò le stelle a lungo, quella notte. Le lacrime che aveva pianto prima gli si erano seccate sul viso e adesso gli prudeva la pelle; doveva fare la pipì; aveva sete. Comunque fosse, si era stufato di starsene immobile al buio.

Si alzò in punta di piedi, badando di non svegliare Lily, addormentata nella culla e Albus, che dormiva con lui nel lettino che era stato di sua madre. Uscì dalla stanza in punta di piedi e accostò la porta dietro di sé. Ispirò la polvere del corridoio come se fosse libertà sotto forma gassosa, poi scese le scale, muovendosi con circospezione. La luce in cucina era accesa, ma il tavolo era stato sparecchiato. James si mosse in direzione della credenza, cercando i biscotti che la nonna teneva lì dentro. Ma quando aprì lo sportello, una palla di pelo gli balzò addosso, ferendolo leggermente con gli artigli. Emise un urletto per la sorpresa, e subito si tappò la bocca con le mani.

«Brutta bestiaccia,» sibilò al gatto fulvo accucciato sul pavimento, «adesso ti riporto in camera di zia Hermione.» Allargò le mani per afferrarlo, ma il felino gli sfuggì con un movimento veloce e si diresse dall'altra parte della cucina.

Solo allora James si accorse che la porta che dava sul giardino era aperta. Il gatto di Hermione passò attraverso la fessura tra essa e lo stipite. James trattenne il respiro: a Grattastinchi II era assolutamente proibito uscire di notte, tutti in casa lo sapevano. Zia Hermione faceva attenzione a lasciare sempre tutte le porte e le finestre del piano terra chiuse.

James si guardò i piedi scalzi, in dubbio sul da farsi; ma l'aria di quella notte di fine agosto era calda, ventilata e seducente per un bambino claustrofobico come lui, e l'avventura lo chiamava. Così uscì nella notte dietro al gatto, facendo attenzione a non calpestare nessuna delle buffe creature che vivevano nel giardino di nonna Molly.

Era una notte di luna piena. James seguì senza problemi il gatto, attento a non fare rumori che potessero spaventarlo.

Grattastinchi girò intorno alla casa e salì verso la collinetta dove poche ore prima si era azzuffato con Albus. James quasi sussultò quando vide che sulla collinetta c'erano già altre due persone. Ebbe paura e valutò di abbandonare il gatto e tornare di corsa in casa, ma, aguzzando la vista notò i capelli di zia Hermione e il riflesso degli occhiali di suo papà. Si sentì sollevato, ma subito gli tornò in mente la punizione che gli avrebbero affibbiato se l'avessero trovato fuori dal letto di notte.

Così fece per dirigersi verso la Tana, ma poi sentì il suo nome. Curioso come tutti i bambini, si fermò per ascoltare.

Poco più su, gli adulti parlavano. James tacque.

«Quel gioco che facevano oggi mi metteva i brividi. Ron dice che sono troppo piccoli per capire, ma io... io la sento come una mancanza di rispetto verso ciò che abbiamo passato. L'altro giorno mi sono arrabbiata con Rose, perché ha chiamato suo fratello “Mangiamorte”. Ero furiosa, ma lei non riusciva a capire: per lei era un insulto normalissimo, come “Stupido” o “Cretino”.»

Solita roba noiosa da grandi, pensò James. Evidentemente le cose divertenti erano finite. Aveva anche freddo e Grattastinchi sembrava sparito. Stanco e dimentico della sua missione, tornò verso casa sbadigliando.

Ma la luce della luna continuò a illuminare Harry e Hermione.


 

And do you look into the mirror to remind yourself you're there
Or have somebody's good-night kisses got that covered
Well I'm not being honest, I'll pretend that you were just some lover

- Love is a laserquest, Arctic Monkeys


 

«Finisce sempre così in fretta il liquore?» chiese Hermione, in preda a un ingiustificato scoppio di risa. Alternava momenti di ilarità a picchi di tristezza e riflessione. Harry la guardava, lo sguardo reso liquido dall'alcol e dalla stanchezza. Aveva slacciato i primi bottoni della camicia e aveva tolto la cinta, decomprimendo la pancetta che aveva messo su da quando si occupava di lavoro d'ufficio.

«Quando lo bevi, sì» rispose assorto. Aveva gli occhi puntati all'orizzonte, verso Venere, che emetteva la luce più luminosa. Gli formicolavano braccia e gambe.

«Non bevevo del whiskey da... cinque anni, dalla notte in cui abbiamo concepito Hugo. Non ho mai ricominciato a bere alcol, neanche dopo la gravidanza.» Harry la guardò, inclinando la testa e scompigliandosi i capelli.

«Quante cose hai smesso di fare, Hermione? Le cose che amavi e che hai abbandonato per sempre, dico» le chiese.

La donna si adombrò.

«Ho smesso di leggere, per stare dietro ai bambini; ho chiuso il CREPA. Ho lasciato... troppo. A un certo punto faceva così male ricordarlo che ho dimenticato tutto.» Si distese nell'erba accanto a Harry. Due lacrime si seccavano ai lati delle mandorle dei suoi occhi. Poi rise allegramente e portò alla bocca la bottiglia di liquore. Harry, senza battere ciglio, la guardò mentre finiva il liquore.

Era stupefacente: puntellandosi con un gomito, teneva l'altro alzato sopra la testa, piegato in modo che il whiskey le scivolasse direttamente in bocca. La posizione del corpo di Hermione tendeva la camicia bianca al livello del seno e Harry fissò senza pudore il petto dell'amica. In altre circostanze non si sarebbe comportato così, ma era ubriaco come non lo era da anni. La consapevolezza che anche Hermione lo fosse gli dava la sicurezza che lei, la mattina dopo, avrebbe cancellato tutto in preda alla vergogna. Conosceva Hermione: qualunque follia avesse fatto quella notte, la mattina dopo avrebbe fatto di tutto per dimenticarla.

Harry rifletté, in uno sprazzo di lucidità, che questo la rendeva, in un certo senso, in suo potere. Era invincibile, nei confronti dell'amica, che, nel frattempo, perdeva ogni ritegno a favore di una sbronza maestosa.

Il liquore iniziò a scendere anche ai lati della bocca, a schizzarle il mento e la camicia linda, a raggrupparsi in gocce sulla sua pelle, screziandola di riflessi lunari ambrati.

Harry deglutì con difficoltà. Hermione, in quel momento, non era in lei; la sua amica, quella persona così posata e decorosa, era rimasta alla Tana, abbracciata al marito che si era scelta con la stessa razionalità con cui aveva deciso la sua carriera e la sua vita. Con lui era venuta un'altra donna, una ragazza euforica e affascinante, che gli faceva girare la testa, con cui si sarebbe potuto divertire una notte e che non avrebbe più rivisto.

Le toccò la mano; era calda. Hermione aveva sempre le mani fredde.

Si avvicinò ancora, per sentire il battito del suo cuore, il fiato che sapeva di liquore.

«L'hai dimenticato, questo?» le chiese con la voce roca, sollevandole la camicia.

«Non è mai successo» rispose lei stupefatta, ma con una punta di malizia. Rideva e slacciava i bottoni. Li faceva saltare fuori dalle asole, uno dopo l'altro.

Non aveva mai neanche sfiorato l'idea che Hermione si lasciasse baciare così. Non immaginava nemmeno che la sua posata amica fosse in grado di fargli sentire il whiskey passare di bocca in bocca, di mandare giù quel sapore sfrontato e di trovarlo eccitante, come un gioco erotico intimo e privato. Era tutto nuovo e assurdo, ed Harry tremava e bruciava, in preda ad adrenalina e desiderio.

«Facciamolo succedere, e poi potrai dimenticarlo» le sussurrò all'orecchio, mentre le passava una mano sulla coscia.

Leccò via una goccia di whiskey dal suo petto ormai nudo e la sentì fremere sotto la sua lingua.

Si raccolse piano intorno al suo ventre, scendendo con la lingua e salendo con le mani. Non c'erano difese da abbattere, quella notte, né barriere da ergere.

«Harry, Harry...»

Lui si fermò per guardarla negli occhi: ansimante, sudata, sporca di terra e di trucco sbavato, eppure bellissima.

«Quanti anni abbiamo, Harry?»

Non c'era una risposta giusta o una sbagliata. Non era la loro vera età che voleva, ma quella che avrebbe voluto avere, non con Ron, ma con lui.

Qual era l'età giusta per loro, per stare insieme ed essere felici? Quale per non invecchiare mai e continuare a sentirsi giovani e potenti? Quale per non stancarsi l'uno dell'altra, come avevano fatto dei loro compagni di vita?

Quanti anni abbiamo?

Non gli chiedeva la loro età, ma il loro tempo insieme.

Forse c'era una sola risposta sbagliata e mille giuste, ma non voleva dire che non avrebbe potuto rovinare tutto.

«Harry?»

«Non lo so. Chiedimelo domani e forse avrò una risposta da darti.»

Era un appuntamento; qualcosa da segnare su un'agenda con una matita, qualcosa da ricordare. Le bastò.

Ma Harry sapeva che avrebbe preferito dimenticare.

Il whiskey tornò ad ammorbidirle il cuore e la bocca; Harry se ne accorse un attimo dopo. C'era davvero motivo di lasciarla andare, di tornare da Ginny, dai bambini e dalla sua vita?

Chiedimelo domani.

Dove [sono] i figli della guerra
partiti per un ideale
per una truffa, per un amore finito male

hanno rimandato a casa
le loro spoglie nelle barriere

legate strette perché sembrassero intere.

Dormono, dormono sulla collina
dormono, dormono sulla collina.

La collina, Fabrizio de André


Sua madre trovò James addormentato sotto il tavolo della cucina, con un biscotto mezzo morsicato in bocca. Si era addormentato mangiando.

Lo portò a letto e gli rimboccò le coperte. Poi tornò in cucina, per chiudere la porta e spegnere la luce. Trovò Grattastinchi II sull'uscio, gli occhi gialli accesi di malizia e conoscenza.

Gli Egizi veneravano i gatti, ma Ginny non riusciva a capire perché. Fece per prendere il felino tra le braccia, ma le sfuggì. Ginny lo seguì.

Animato di testardaggine, il gatto girò intorno alla casa, salì il declivio della collinetta. Ginny lo inseguì fin sulla cima. L'erba era stropicciata, come se qualcuno ci si fosse seduto sopra. Probabilmente erano stati i bambini.

Mentre scendeva con il gatto in braccio, Ginny vide qualcosa rilucere. Stupita, raccolse nella mano una bottiglia vuota di whiskey, che ricordava di aver visto sotto il lavello della cucina. Era vuota e sbeccata. Doveva ricordare ai bambini di non giocare con le bottiglie di vetro.

Tornò in casa e chiuse la porta dietro di sé. Poi rabbrividendo, salì piano le scale. Nella loro camera, Harry dormiva proprio come l'aveva lasciato, pacifico, disteso su un lato. L'odore di whiskey era quasi impercettibile con le finestre spalancate, ma Ginny ebbe comunque l'impressione di sentirlo.

Glielo avrebbe chiesto il giorno dopo; non c'era nulla di male a farsi un goccetto dopo cena, dopotutto.


 

We were born before the wind
Who are we to understand
We were born before the wind
Say goodbye
Through the rain, hail, sleet, and snow
Say goodbye
Get on the train, the train, the train

- Say hello, wave goodbye, Soft Cell


 

«Ciao».

«Ciao».

Hermione abbassò lo sguardo, incapace di dire altro. Quando Harry si allungò per darle un bacio leggero sulla guancia, temette per la pirofila di vetro tra le sue mani. Si staccò forse troppo bruscamente.

«Vado a posare questa in cucina» disse, tenendo gli occhi bassi sul pasticcio di carne.

Non aspettò l'assenso di Harry, ma guardò mentre la sua schiena si allontanava in direzione del salotto.

Quella schiena flessuosa, che aveva marchiato con le unghie.

Rabbrividì.

Erano passate tre settimane e nulla era cambiato. Dopotutto, non aveva segnato nulla a matita sulla sua agenda e Harry non aveva risposto alla sua domanda.

Però erano andati via dalla Tana; Charlie era tornato dalla Romania per restare al Ministero inglese ed era andato a vivere con sua madre. Hermione non vedeva Ron così libero e sollevato da anni. Quella notte, nella loro casa, comprata ormai dieci anni prima, avevano fatto l'amore per la prima volta da mesi. Come poteva essere il sesso ancora così importante, dopo venti anni di scelte, condivisione, amore silenzioso e prudente e figli?, si chiedeva Hermione. Come potevano poche notti aver migliorato a tal punto l'intesa tra lei e suo marito?

Nello stesso modo in cui ha cambiato il rapporto tra te e Harry, si rispose, solo al contrario.

Iniziò ad armeggiare con il forno. Non lo sentì dietro di lei finché egli non si palesò, mettendo la mano sopra la sua, appoggiata al piano della cucina.

Hermione sussultò, mentre sentiva il corpo di Harry aderire al suo e stringerle la vita, appoggiandole il mento sulla spalla.

«Tre settimane, Hermione» sussurrò.

«Lo so» riuscì a dire lei, a fatica.

Le mani di Harry erano delicate ma invasive. Tra il corpo abbracciato al suo e il calore del forno acceso, Hermione stava iniziando ad avere caldo. Eppure non riusciva a scostarsi.

«Hai capito... qualcosa?» chiese lui.

«Ho capito... ho capito di essere vecchia, di avere un marito e una famiglia; un lavoro importante, un ruolo di spicco nella società. Ho capito di aver costruito tutte queste cose da sola e che le mie creature mi si sono rivoltate contro. Non posso più scappare, Harry, dalla mia infelicità. Essa ha bisogno di me». Aveva parlato d'istinto, sputando fuori tutto ciò che aveva macerato per tre settimane.

Harry sospirò e si mossero in sincrono, come se entrambi avessero deciso nello stesso momento di rompere l'illusione, di smettere di giocare.

Harry la lasciò andare e lei respirò di nuovo, libera nella sua gabbia.

Trafficò in silenzio con la pirofila, mentre Harry beveva un bicchiere d'acqua.

«Diciassette» disse lui, voltandosi a guardarla. «Diciassette anni, dentro quella tenda, tra la guerra e la morte, quella era l'età giusta. Non mi pentirò mai abbastanza».

Hermione rimase in silenzio per un po'.

«Tesoro».

Hermione alzò lo sguardo sorpresa e incrociò gli occhi di suo marito fissi su di lei.

«Hugo ha freddo. Hai tu la sua felpa?» le disse. Hermione si strofinò la fronte con le dita, cercando di concentrarsi.

«Sì, è nella mia borsa. Aspetta, la prendo io».


 

Caro Harry,

tu sei sempre stato troppo indulgente nei miei confronti; hai sempre avuto fiducia nel mio coraggio e nel mio ingegno, senza soffermarti sui lati oscuri del mio carattere, come farebbe un amico (o un amante?).

Eppure sono vile, Harry, e, se te ne serviva una prova, ecco, ora ce l'hai.

Non te lo dico a voce perché ho paura di te.

È ridicolo, lo so: per dieci anni ho messo la mia vita nelle tue mani e ora temo che tu possa essere per me più letale di Voldemort.

Non hai sbagliato, Harry, a portarmi sulla collina, quella notte; avevo bisogno di una spinta per riemergere dall'apatia in cui mi ero confinata.

Mi hai fatto riaffiorare. Finalmente, dopo anni di apnea, ho respirato. Perdona le metafore...le mie parole sono buone per documenti e pratiche, non per i sentimenti. Io non sono buona per i sentimenti.

Quei diciassette anni non sono altro che rimpianto; si deve stare lontani dal rimpianto, lo sai? Si versa nel sangue poco a poco e alla fine non sai più nemmeno cosa ti manda avanti, se l'amore o il ricordo.

Dovremmo andare in Francia con i bambini. Io e Ron. Ron e io. Hermione e l'uomo che ha sposato perché era giusto così e siete una bella coppia e a quando le nozze e oh, vi conoscete così bene.

Parole, Harry.

Pensavo di conoscere me stessa, la donna che non avrebbe mai tradito suo marito, che non sarebbe affogata in una bottiglia con il suo migliore amico.

Ma sul fondo di quella bottiglia – sulla cima di quella collina – c'ero io. E c'eri tu. Eravamo nudi e abbracciati, come in un sogno.

Non so se tu l'hai fatto, Harry, quel sogno. Non posso chiedertelo, temo troppo la risposta.

Mi disgusto: la mia vita era già finita, ma tu avevi ancora una possibilità. Sei stato ingenuo a offrirmi il tuo cuore.

Ricordi? L'hai detto tu stesso: in una tenda, vent'anni fa, quando avresti dovuto vincermi, come hai vinto la tua guerra.

Questo è amore, Harry: sapere prendere dagli altri ciò che loro ci offrono. Come vedi, non è poi tanto dissimile dall'odio.

Questa è la mia ultima lettera. A questo punto, se ti conosco davvero, potresti aver già capito.

Sei impaziente, quindi potresti anche aver saltato il corpo per andare alla conclusione.

Ma spero che tu abbia aspettato; se l'hai fatto, mi hai dato tempo.

La tua cara Hermione.

 

C'è chi aspetta la pioggia
Per non piangere da solo

- Il bombarolo, Fabrizio de André


 

Non la trovarono più; Harry e Ron si logorarono nel cercare la loro vecchia amica e per un po' la scomparsa di Hermione Granger occupò le pagine principali dei quotidiani. Ma la vita continua e anche i due uomini smisero poco a poco di occuparsene: avevano dei figli, un lavoro, una vita da portare avanti.

Così, Hermione venne riposta in un cassetto, e rispolverata ogni tanto, quando Harry e Ron si facevano una bevuta malinconica; sempre più spesso, nell'ultimo periodo delle loro vite.

Non la trovarono mai, ma lei non perse mai loro; spesso sedeva camuffata nel bar, nelle sere buie in cui i due eroi erano gli ultimi a lasciare il locale, aggrappati l'uno all'altro. Li osservava con gli occhi umidi e un sorriso pietoso, sopraffatta da quei ricordi che le loro voci rauche e inferme riportavano alla luce, sempre più inesatti e confusi, quasi sbiaditi. Se ne andava sempre cinque, dieci minuti prima di loro, ma non la notavano mai.

Chi li avrebbe riconosciuti, i potenti eroi dell'era passata, seduti in un bar ad aspettare la morte?


 


 


 


 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: deine