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Autore: N a r a y    08/07/2018    1 recensioni
«Perché hai dimenticato ...»
Il diavolo parve riflettere e con un sorriso amaro ondeggiò la testa: «Raf ... lascia perdere»
«Ma eravamo finalmente legati! Avevamo qualcosa che ci rendeva vicini, non solo noi due, ma anche gli altri! Me lo avevi detto anche tu! Me lo ricordo! Avevamo detto che nulla sarebbe cambiato da quel giorno, perché invece tu ti comporti così ora!»
Raf pronunciò ogni singola frase che fin dall'inizio di quel giorno si era tenuta dentro. Le aveva ripensate e ripensate cercando il giusto approccio per porsi a lui, ma Sulfus era così sfuggente e non appena ne ebbe l’opportunità, Raf dette vita a tutti quei pensieri.
Sulfus non si scompose. Con sguardo neutro cercò di non mostrare a Raf la sua irrequietezza: «No ...» si limitò a rispondere. «Un giorno mi ringrazierai, e così anche gli altri».
Raf scosse la testa. Non ci voleva credere, le sembrava tutto così assurdo!
Assurdo che Sulfus si fosse imposto di tornare suo nemico come in principio e dimenticare tutto quello che avevano passato insieme!
Un senso di malessere pervase l'angioletta non appena gli occhi si posarono sul viso di Sulfus.
Girato di profilo il diavolo sembrava avere un’aria sofferente.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Raf, Sulfus
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona domenica a tutti!
Ecco il nuovo capitolo e mi scuso per il mancato oggiornamento della scorsa settimana ^^;
Buona lettura e come al solito ringrazio chi segue la storia e se volete lasciare commenti o anche critiche (costruttive), sono ben gradite! :3

 




L’angelo senza ali

 


 
 
 
Gabi in quel momento gironzolava dietro alla sua protetta, Alessia, per tutto il giardino. La sua terrena non riusciva a darsi pace: già al suo secondo giorno di scuola aveva dimenticato i compiti delle vacanze di inglese, ma per fortuna quella mattina per un contrattempo della professoressa, questa non era potuta arrivare a scuola e quindi l'intera classe era stata sostituita con un supplente.
Questo aveva deciso poi di portare tutti gli alunni fuori per godersi gli ultimi raggi caldi di sole, prima dell'arrivo delle grigie e fredde giornate di inverno.
Gabi però, aveva capito che il problema era un altro: dove fossero realmente finiti suoi compiti in quella incasinata cameretta! Potevano essere finiti tra i vestiti nell'armadio o addirittura buttati per sbaglio nell'immondizia.
La terrena avrebbe dovuto passare l'intera giornata a cercarli, ne era certa.
L’angioletto era davvero preoccupato di questa sbadataggine e noncuranza da parte della sua terrena. Erano difetti che nascondevano solo le vere qualità della ragazza: Alessia in realtà era una ragazza sveglia e brillante. L'unica persona che era riuscita a scoprirle era Mara, la terrena di Uriè e Gas.
Erano diventate amiche per la pelle: Mara innamorata di moda e Alessia letteralmente immersa nel mondo di nuoto subacqueo. Un insolito ‘sport’, in effetti.
La cosa ancora più straordinaria e che entrambe erano riuscite a trarre vantaggi da queste loro attività.
Alessia aveva insistito che anche Mara provasse nuoto subacqueo e grazie a ciò l'amica era riuscita a superare la paura di nuotare immersa in acque profonde. Contemporaneamente, Mara aveva insegnato a Alessia, con i suoi modi calmi e misurati, a controllare la sua irruenza, insegnandole anche a tenere in ordine i suoi spazi, come per esempio la sua cameretta.
Gabi sospirò. C'era però ancora molto da lavorare a riguardo …
La terrena calciò con rabbia uno dei tanti sassolini della ghiaia che percorrevano l'entrata della scuola.
«Sono veramente una scema sbadata! Ho fatto una cavolata!» si insultò a voce alta. Fortunatamente era abbastanza lontana dal gruppo della classe da non essere sentita.
Se ci fosse stata Mara lì, sicuramente avrebbe trovato subito le parole giuste per calmarla!
Cabiria seduta su un ramo di un albero, osservava la scena mentre gli ingranaggi nella sua testa continuavano a girare, intenti a progettare la prossima mossa da usare su Alessia se l'occasione si fosse presentata.
Gabi la teneva d'occhio, ma tra le due non sapeva quale potesse essere la più prevedibile. Lui le cose le calcolava, le prevedeva tramite algoritmi matematici grazie al suo Celeston CAN Z 656! Cosa che si era rivelata molto inutile, soprattutto con Alessia. E pure adorava quella ragazzina. Era la sua protetta dopotutto, era difficile non affezionarsi.
Ma stranamente Gabi si sentiva preoccupato per altro quel giorno.
Si ritrovava sempre più spesso a guardare Cabiria e gli altri diavoli del gruppo, ripensando a quando si erano visti tutti quanti il primo giorno.
Aveva provato addirittura a chiedere al suo fedele palmare che cosa gli frullasse per l'aureola, ma non scoprì nulla di anomalo. Un mal di pancia, mal di testa … nulla!
Che fosse dispiaciuto anche lui per come fossero andate le cose?
Alzò di nuovo lo sguardo su Cabiria, la quale durante la mattinata aveva rivolto solo parole provocatorie e di scherno, nient'altro.  In effetti questo lo aveva infastidito molto, non tanto per quello che la diavoletta aveva detto, ma per come si stava comportando con lui …
Questa intercettò il suo sguardo e entrambi si ritrovarono a fissarsi per un'istante prima che uno dei due non lo distolse per rivolgere la parola all'altro: «Guarda che Alessia sta lì, zuccherino!» disse Cabiria.
“Eh, lo so!” pensò Gabi distogliendo lo sguardo pure lui.
Cabiria decise poi di scendere dall'albero planando poco lontano da Gabi.
L'angioletto dalle ali verdi sentiva il repellente bisogno di palarle; insomma sembrava che i diavoli avessero completamente resettato una parte dello scorso stage sulla terra, proprio la parte più importante!
Doveva ammettere comunque, che pure lui temeva di tirare fuori il discorso. Delle precise leggi decretavano che l'amicizia o collaborazione tra angeli e diavoli era proibita, ma oramai era accaduto e questo aveva cambiato molte cose nella loro vita! Era importante ed essere cestinata o dimenticata in questo modo non gli andava proprio giù.
Sapeva che anche Raf la pensava nello stesso modo e non poteva darle torto.
Avevano trovato degli amici. Amici con la 'A' maiuscola per quanto strano gli facesse pensarlo.
Anche se erano angeli e diavoli, la loro amicizia li aveva portati a un livello superiore, a una soluzione matematica indissolubile! Nemmeno le Alte e Basse Sfere avrebbero potuto dividerli se avrebbero voluto … forse.
Si grattò la testa. Stava scoppiando, non ne poteva più di quella tensione. Tutto questo lo stava uccidendo.
Era sicuro che nella banda dei diavoli fosse il capo, Sulfus, a mantenere tutti sul chi va là e a ricompattarsi nella uniforme standard dei 'buoni' diavoletti al novantanove per cento. Lo aveva capito fin da subito quando si erano visti. Era lui che li teneva tutti zitti e buoni.
Per gli altri diavoli e angeli dell'istituto poteva andare bene, ma non per loro.
Ma cosa avrebbe dovuto chiedere a Cabiria?
“Ehi, Cab' come mai così fredda? Non ricordi più come ce la siamo spassata a rincorrere i Riviventi per tutto la città terrena?”
Sarebbe stato un completo disastro. Non si sarebbe meravigliato se Cabiria gli avesse riso in faccia prendendolo in giro.
E poi Cab' … ma come gli era venuto in mente?
Stava diventando sempre più nervoso e Cabiria sembrò notarlo: «Tutto ok, meringa alata? Hai pure tu i pidocchi in testa?»
Perfetto, questo voleva dire che si stava continuamente grattando la testa. “Ottimo direi Gabi! L'unica cosa buona e aver attirato la sua attenzione!” pensò.
«Non è tutto ok in realtà …» bisbigliò.
Cabiria sembrava non aver capito, perché fece una espressione a dir poco convincente: «Eh?»
L'angioletto sospirò: «Volevo chiederti perché ti co-»
«Scusatemi!» una seconda voce si fece sentire con vivacità.
Un angioletto alto quanto Gabi si presentò dinanzi a loro.
I suoi occhi di un azzurro chiarissimo si spostarono sui visi di entrambi. Aveva un amichevole sorrisino, stampato su un viso sbarazzino e una lunga chioma di capelli scuri di un profondo blu notte. L'abbigliamento eccentrico non era poi l'unica cosa che colpì Cabiria e Gabi, ma il fatto che all'appello mancasse una parte a dir poco fondamentale: le ali.
Gabi assottigliò lo sguardo: quell'angioletto era molto strano. Notò che i contorni ai lati dei suoi occhi erano segnati da linee rosse, come se fossero tatuaggi …
Possedeva uno sguardo penetrante, ma non fastidioso. Appariva sereno, come il cielo di sera dopo il tramonto, quando nessuna nuvola copriva il magnifico panorama del firmamento.
L'angioletto si avvicinò ancora di più, rimanendo un passo distante da loro.
«Ciao! Credo di essermi leggermente perso. Avevo schiacciato un pisolino …» e mise una mano sulla bocca per fermare uno sbadiglio: «… poi mi sono ritrovato a non ricordare più la via per i sognatori. Potete aiutarmi?» chiese con tono pacato e gentile.
Gabi e Cabiria rimasero per un attimo fermi e immobili, poi rinvennero. «Ehm, certo, ma la mia terrena …», ma Alessia era già sparita insieme a i compagni della sua classe.
Sicuramente l'ora era finita e tutti erano rientrati. Beh, ora Gabi avrebbe potuto accompagnare questo angelo del primo anno alle camere senza temere di lasciare incustodita Alessia, almeno per qualche minuto.
 


*§*§*§*§*§*
 

 
«Grazie infinite! Prometto che non schiaccerò più pisolini fuori orario …» sbadigliò di nuovo: «… o almeno ci proverò» e sorrise chinando leggermente la testa in segno di ringraziamento.
«Posso chiederti una cosa Hanwi*?» iniziò Gabi mentre percorrevano il corridoio principale della scuola.
Questo girò lo sguardo su di lui: «Chiedi pure!»
«Come mai stavi schiacciando un pisolino in giardino? Non avevi il tuo terreno da custodire?» chiese asciutto. A lui gli scansafatiche non erano mai piaciuti, ma forse questo piccolo angelo aveva qualche valida ragione …
Hanwi chiuse gli occhi assumendo un’espressione serafica: «Ancora non ho un terreno, sono arrivato solo oggi a scuola».
Gabi ne fu sorpreso. Beh, in effetti in questi due giorni non lo aveva mai visto in giro o nelle prime classi della scuola. Uno così l'avrebbero notato in molti.
«Oh, beh allora immagino che tu debba subito presentarti ad Arkan nella sala insegnanti» gli disse fermandosi insieme a lui dinanzi alla scala che gli avrebbe condotti al sognatorio.
«Hai assolutamente ragione!» rispose l'altro poggiando una mano sulla spalla di Gabi: «Ma preferirei prima entrare nella mia stanza e prepararmi!»
Gabi annuì, incerto. Quell'angelo era proprio strano.
Proprio in quel momento, arrivò nel corridoio anche Gas mentre sotto la maglia si teneva qualche merendina rubata dalla mensa della scuola.
Non appena vide Gabi in compagnia di un altro angelo si nascose dietro al fianco di un vecchio armadietto sul lato destro del corridoio.
“Ma cosa ci fa qui Gabi? Lui sempre ligio al dovere, bla, bla …”
Poi notò Hanwi. Un angelo senza ali. Qualcosa gli balenò nella mente, come la prima volta che vide Michea. Forse il primo ad accorgersene di certe stranezze, sarà stato anche il suo capo, ma lui non era stupido. Ora davanti aveva la conferma che tipi veramente strambi stavano sbucando a destra e a manca. Se poi Sulfus sapeva qualcos'altro, a Gas per ora, non era dato saperlo.
Li vide parlottare ancora per un po'. Hanwi sembrava sereno, teneva le mani conserte e nascoste da una lunga e larga manica decorata che gli scendeva lungo il braccio destro. Gabi dal canto suo sembrava a suo agio anche lui, come se quell'angelo lo conoscesse da tempi immemori. I lineamenti del suo viso erano rilassati e mentre parlava sorrideva, pure!
Gas si grattò la testa. Sarà forse il fatto che erano angeli, ma il diavolo non aveva mai visto Gabi così loquace se non con i suoi amici. A malapena riusciva lui a scambiarci qualche parola, tutto pieno di quei calcoli, formule e concetti tecnologici che non riusciva minimamente ad afferrare!
Sospirò, ma quell'incontro per lo meno, aveva fruttato a qualcosa.
Quell'angelo era sicuramente qualcuno da tenere d'occhio, come Michea d'altronde. Avrebbe reso Sulfus davvero contento se gli avrebbe riferito questa nuova scoperta, ne era certo!
Ora Gabi e l'angelo misterioso si lasciarono e l'angioletto dalle ali verdi uscì svolazzando fuori da una finestra lì vicina.
Gas rimase ancora un po' ad osservare Hanwi in cerca di informazioni utili.
Questo indugiò di fronte alle scale del sognatorio, poi si guardò a destra e a sinistra.
Passarono diversi minuti e Gas quasi incominciò a pensare che il tipo non avesse capito quale fosse la strada per le camere. Decise però di aspettare ancora, tanto Uriè non avrebbe fatto granché quel giorno con Mara. Avevano ancora tutti e due i semestri davanti!
Passarono altri dieci minuti … venti … trenta …. e lo stomaco brontolava!
Gas a quel punto decise di intervenire e vedere cosa caspita stesse aspettando quel dannato angelo!
Si avvicinò, un po' in ansia. Quell'angelo era rimasto diritto dinanzi alle scale dandogli la schiena. La cosa era davvero inquietante.
Appena fu abbastanza vicino gli sussurrò: «Ehy tu!» ma l'altro non sembrò sentirlo.
Il diavolo si avvicinò di più e decise di guardarlo in faccia.
Russava.
Quell'angelo stava praticamente dormendo in piedi!
Gas quasi scoppiò a ridere! Era davvero una stupida meringa alata addormenta!
Uno scherzo sarebbe stato la ciliegina sulla torta, ma sfortunatamente la pancia di Gas reclamava attenzioni e lui aveva perso già fin troppo tempo.
«Ti saluto bella addormentata!» disse ridendo e prendendo poi le scale a lato che invece scendevano verso l'incubatorio dei diavoli.
Quando il diavolo finì di scendere le scale, Hanwi aprì gli occhi e girò lo sguardo a sinistra.
Si avvicinò alle scale sorridendo e iniziò a scendere.
           


*§*§*§*§*§*

 
 
Le parole di Raf suonavano deboli nella mente di Sulfus. Sembravano essere pronunciate da lontano.
Girò la testa verso le finestre, ma la luce del sole divenne insopportabile da guardare. Sentiva gli occhi bruciare e la cosa lo preoccupò alquanto. I diavoli e gli angeli non avevano la stessa sensibilità degli uomini per certe cose.
A un tratto tra i raggi gli parve di scorgere un’ombra che veloce gli passo davanti, in un lampo.
Sulfus chiuse gli occhi confuso: “che diamine succede?”
Sentì il tocco di Raf su una sua spalla e girò lo sguardo frastornato.  «Tutto bene? Mi sto preoccupando Sulfus ...»
Si rese conto che l'attenzione di Raf non era l'unica puntata su di lui: diversi diavoli e angeli li stavano guardando incuriositi e confusi.
Quella situazione stava iniziando a innervosirlo. Girò lo sguardo nuovamente verso la finestra, ma stavolta non vide nessuna ombra. Ma il male continuava.
Sulfus allora decise di lasciare la classe e andarsene per un po'. Era la scelta migliore, non voleva attirare troppa attenzione e anche se la scena poteva apparire sospetta, avrebbe potuto trovare una scusa adatta a tutto. Su questo non c'era da preoccuparsi.
Anche se lasciare Andrea nelle mani di Raf non era la scelta migliore, ora poco importava. Sulfus continuava a non vedere più bene e gli oggetti, colori e forme stavano diventando cose incomprensibili. “Questa proprio non ci voleva, maledizione!”
Senza nemmeno accorgersene il diavolo andò a scontrarsi con Kabalè, che inaspettatamente per lui, gli si era parata dinanzi per fermarlo. A quanto pare, aveva cercato di chiamarlo più volte.
«Sulfus, ma che diamine hai? Sicuro di stare bene? Ti ho chiamato almeno una decina di volte!» iniziò Kabalè.
“Mi piacerebbe saperlo anche io che diamine mi stia succedendo!?” pensò Sulfus prima di gemere e prendersi la testa tra le mani.
La diavoletta si avvicinò e tentò di guardare in faccia il suo capo: «Devo portarti in infermeria Sulfus» continuò lei mentre cercava di aiutarlo a muoversi.
Ma lui non si mosse e cercò di liberarsi dalla presa della diavoletta: «No! Sto bene! Ho avuto solo un giramento di testa tutto qui! Stanotte non ho dormito bene …» e cercò di ricomporsi.
«Non me la dai a bere stavolta! Muoviti e non fare storie, in infermeria!» e puntò il dito verso il lungo corridoio osservando Sulfus con sguardo inflessibile.
«Piantala di starmi addosso Kabalè! Adesso vuoi fare ‘l'amicona che si dà da fare per aiutarmi' … per favore!» e cercò di sorpassarla.
Ok, forse era stato un po' troppo pesante, ma era proprio quello il piano. Certamente Kabalè si sarebbe offesa a tal punto da abbandonarlo lì in mezzo al corridoio sofferente. Beh, Kabalè gli avrebbe tenuto il muso per un po', ma nulla di più.
«Sei veramente andato, ora non rompere le scatole o giurò che ti faccio piangere a suon di schiaffoni!» e lo prese per un braccio.
Sulfus alzò la testa con un'espressione scioccata sul volto. “Eh? Ho sentito bene?”
Ora si che iniziava a temere davvero per la sua incolumità. Una Kabalè così nervosa e determinata non l'aveva mai vista. Oggi che diamine stava succedendo?
«Un po' di rispetto per i malati no?» chiese Sulfus cercando inutilmente di liberarsi. La presa della diavoletta era ferrea, eppure in confronto a lui, la diavoletta era pure di piccola stazza.
La testa di Sulfus ancora faceva male e la vista sembrava essere diventata appannata come uno specchio di un bagno dopo la doccia.
«Zitto e non opporre resistenza!» e cocciuta proseguì verso l'infermeria.
A grandi falcate Kabalè attraversò il corridoio, portandosi dietro Sulfus alquanto irritato dalla situazione e dagli sguardi della gente intorno.
«Potresti evitare di tirarmi come una forsennata?» gli disse nervoso Sulfus mentre a destra e a manca saettava con lo sguardo chi rideva per lo spettacolo.
«Giuro che appena arrivati uno schiaffo non te lo risparmio» e svoltando a destra alla fine del corridoio, Sulfus tentò di bloccarla.
«Senti, si può sapere perché tutta questa premura? Ci posso anche andare da solo, sai? Sulfus, mi prendi per una veramente stupida a quanto pare …» e aprì una porta facendo entrare il diavolo dai lunghi capelli blu.
Non era l'infermeria.
«L'aula di scienze?» chiese confuso strofinandosi gli occhi. A quanto pare la vista stava migliorando.
«Si può sapere che hai?» iniziò lei incrociando le braccia.
«Cos’è un interrogatorio?» sibilò Sulfus massaggiandosi le tempie.
«È appena passato un giorno da quando abbiamo ricominciato scuola e già tu dai i numeri?»
«Io? I numeri?»
«Sì, Sulfus! E non venirmi a dire che non è vero!» e gli rivolse uno sguardo affilato.
Sulfus sbuffò tra l'incredulo e l'irritato: «Ma si può sapere che avete tutti quanti?»
Kabalè continuava a osservarlo con disappunto. Sulfus non si comportava come suo solito ed era a tutti palese anche lo strano comportamento di Gas. Quando accadeva, era perché qualcuno lo aveva messo all'angolo, incaricandolo di compiere qualche compito segreto … e l'unico a cui dava ascolto era il diavolo dalla stella rossa che Kabalè aveva davanti.
«Cosa hai detto a Gas? Quando va in giro sembra più teso di una corda di violino …» fece un passo avanti verso Sulfus.
Lui le rifilò un'occhiataccia: «Non sono affari che ti riguardano …» beh, l'evenienza che Gas si facesse scoprire, l'aveva messa in conto, ma non pensava si facesse sgamare così velocemente.
«Piantala di parlarmi con questa sufficienza e guardami negli occhi quando mi parli!» gli disse avvicinandosi ancora a lui e facendo ondeggiare la sua vaporosa coda di capelli biondi, tanto che pareva un fuoco scoppiettante.
Quando Kabalè aveva quello sguardo, a Sulfus non piaceva. Non l'avrebbe mollato nemmeno per un secondo, ne era sicurissimo. E cosa avrebbe potuto dirle ora?
Sulfus alzò le mani: «Va bene, va bene …» la testa pulsava ancora, ma la vista era già molto migliorata. Sperava in un breve ricovero anche per l'emicrania e intanto avrebbe cercato di guadagnare un po' di tempo.
Kabalè continuava a guardarlo con i suoi fiammeggianti occhi viola e con un’espressione che poteva certamente mettere a disagio chi se la ritrovava davanti.
Istintivamente Sulfus portò le mani dentro le tasche e con una strinse tra le dita il cristallo. Era caldo, molto caldo, stava emanando energia.
Che fosse il cristallo la causa dei suoi malori?
«Allora Sulfus? Che sta succedendo?»
Il diavolo sospirò. Kabalè non era affatto stupida e lo conosceva fin troppo bene. Non per questo l'aveva scelta come suo braccio destro.
Inaspettatamente anche per lui, Sulfus tentò di puntare sulla sincerità, rimanendo sempre nei limiti del vago, questo era certo.
«Non lo so … non lo so nemmeno io perché mi comporto così» ed era vero, ma se l'argomento cristallo e riviventi non veniva toccato allora tutto sarebbe andato per il meglio.
Anche se non era certo che funzionasse, Sulfus tentò di mostrarsi più affranto possibile, magari puntare sulla figura dell'amico tormentato e stanco l'avrebbe salvato.
«Andiamo bene allora …» commento Kabalè spostando le mani sui fianchi.
«Ehy, fai poco la spiritosa. Mi hai chiesto cosa mi succeda e io ti ho risposto. Contenta ora?» e fece un sorrisino.
Kabalè continuò a guardarlo. Era certa che gli stesse nascondendo qualcosa, lo sentiva. Ma non era quello il modo in cui avrebbe ottenuto risposte.
«Centra per caso l'angioletta bionda?»
Sulfus la guardò allibito. “Cosa!?”
«Cosa centra Raf?» chiese ora più irritato e scocciato di prima. Già non gli bastava quello stramaledetto mal di testa, ora anche l'interrogatorio sull’argomento 'Raf'.
Poi intuì la ragione della domanda: «Cosa ti ha detto esattamente Cabiria?» e si accigliò.
«Tranquillo, ci sono arrivato da sola …» e fece un sorrisino sinistro: «… quindi anche Cabiria l'aveva capito? Interessante».
Sulfus strinse i pugni. Kabalè aveva voglia di scherzare con il fuoco oggi.
«Piantala di sorridere come una deficiente e lasciami uscire di qui!»  fece per andare, ma Kabalè riuscì a trattenerlo. «Non così in fretta!»
«Non ti sopporto quando fai così …» gli sibilò Sulfus.
«La cosa è reciproca …» rispose la diavoletta.
Il diavolo sbuffò, ritornando indietro sui suoi passi.
In realtà se tutti avessero pensato che la ragione dei suoi comportamenti fosse Raf, insomma, per lui sarebbe stata una buona copertura, ma diamine! Non si potava scherzare su queste cose, ne andava della sua reputazione!
E poi, mentire ai suoi amici … non era una cosa che amava, stranamente.
La campanella della scuola iniziò a suonare, ufficialmente decretando la fine dell'ultima ora di scuola per i terreni.
Kabalè sospirò. Fece qualche passo verso Sulfus, avvicinandosi a lui: «Ok, se non vuoi dirmi cosa stia succedendo va bene, per ora …» continuò puntando l'indice verso di lui e spingendolo contro il suo petto: «… ma non devi mentirmi, non devi mentirci».
Sulfus preso da un impeto di rabbia, le scansò il dito da sopra il suo petto: «Sono un diavolo! È nella mia natura mentire!» sottolineò.
Kabalè lo fulminò con lo sguardo e Sulfus non riuscì a controbattere: «Tu puoi mentire, puoi dire qualsiasi balla tu voglia a chiunque …» continuò severa: «ma noi non siamo diavoli qualunque, noi siamo i tuoi amici!»
Un pugno sulla spalla riportò alla realtà Sulfus.
Il diavolo era rimasto davvero spiazzato da quel discorsetto e non tentò nemmeno di reagire al pugno appena incassato. Tutto quello, in un certo senso, sentiva di esserselo meritato …
«Ehy Sulfus!» sentì una voce chiamarlo appena mise piede fuori dall'aula di scienze. Due diavoli del primo anno gli si avvicinarono con il fiatone: «C'è Gas che deve farti vedere una cosa molto, molto importante!»
«Così ha raccomandato di dirti: molto importante!» e rimarcò volutamente 'molto' con una certa enfasi.
Sulfus non sapeva se fidarsi o meno.
“È già un'orribile giornata, cos'altro mai potrà rovinarla più di così?”




Note
HANWI: significa "sole della notte", nome che appartiene alla dea Sioux della luna, nonché compagna di Wi, spirito solare del bisonte.
 
   
 
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