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Autore: willsolace_leovaldez    10/07/2018    1 recensioni
*AVVERTENZA: QUESTA STORIA NON TIENE MINIMAMENTE CONTO DEI FATTI NARRATI ALL’INTERNO DELLA TRILOGIA “LE SFIDE DI APOLLO”, PERTANTO NON CONTIENE SPOILER! BUONA LETTURA!*
Sono infinite le storie che narrano le gesta dei semidei. Esseri umani dotati di poteri straordinari, nati dall’unione tra un mortale e una divinità, che da millenni combattono contro i mostri che vogliono distruggere il nostro mondo. Ma poche, quasi nulle in verità, sono le storie riguardanti alcuni particolari semidei. Più potenti e più forti di un normale mezzosangue, nati non da una, ma da due divinità. Mandati sulla Terra dai loro genitori, talvolta per errore, talvolta con uno scopo ben preciso. Sono rari, pressoché sconosciuti, ma esistono. Vengono chiamati “Figli del Cielo”. E sono tra di noi.
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5
Arrivano i romani… uh. Hanno anche le aquile.

 
Era passato diverso tempo dal sogno in cui Gea mi aveva minacciata, e da quel giorno non avevo più avuto sue notizie. Né un segnale, né una visione. Niente di niente. E a me andava bene così , non fraintendetemi. Nonostante ciò, c’era qualcosa di terribilmente inquietante in quell’improvviso silenzio. Ovviamente, per via del legame empatico, avvertivo costantemente la sua presenza nella mia mente, presenza che si andava rafforzando con il passare dei giorni, eppure taceva, totalmente. Mi allenavo costantemente e sempre con più impegno. Ormai ero diventata piuttosto brava con il tiro con l’arco e anche con il lancio dei coltelli. La spada continuava a non fare per me. Era un’arma troppo ingombrante e mi impediva di muovermi agilmente. In più, non ne trovavo mai una bilanciata correttamente per me. Invece con il  pugnale… ormai era diventato con un prolungamento del mio braccio. Lo portavo ovunque, senza mi sentivo nuda. Era più o meno così anche per l’arco di mio padre. Continuava a farsi impugnare solo da me, e ciò mandava in bestia Destiny. Continuavano anche le sedute settimanali con Chirone, sempre più faticose. Anche il clima al Campo era molto più teso. Ormai tutti sapevano che il risveglio di Gea era sempre più vicino, e che i legami con il campo romano non erano propriamente rose e fiori, Rachel e Grover erano andati a parlare con il loro augure(una sorta di Oracolo) pochi giorni fa, anche se nessuno ne sapeva il perché.
-Ehi bellissima- disse una voce piuttosto familiare alle mie spalle. Io sorrisi senza voltarmi
-Ciao Will- mio fratello si sedette accanto a me, senza che io avessi detto nulla, ma non era un problema. Da qualche giorno a quella parte, quando avevo bisogno di staccare un momento la spina, mi rifugiavo sulla collina più alta del Campo e Will poco dopo mi raggiungeva e si sedeva a farmi compagnia, senza cercare di farmi parlare, proprio come il mio primo giorno di questa assurda vita da semidea. Ormai quello era diventato il nostro posto. Il nostro angolo di paradiso al Campo. Sentivo il suo sguardo su di me, eppure io non mi girai a guardarlo. Rimasi a fissare il sole che si rifletteva sulla superficie cristallina del lago delle canoe.
-Hai avuto un altro incubo stanotte?- chiese. Io scossi la testa
-Niente. Da settimane. Comincio a preoccuparmi. E se Gea avesse in serbo qualcosa di terribile e stesse aspettando solo il momento adatto per rilasciare la bomba?-
-Hai paura che possa mettere in atto le sue minacce? Farti del male?-
-No… non mi importa di quello che può accadere a me. Sono più che altro preoccupata per quello che può accadere a te, alla mia famiglia e a tutti coloro a cui tengo. Mi vuole al suo fianco contro di voi. E se ho capito almeno un po’ come ragiona Gea, non si fermerà davanti a nulla pur di ottenere ciò che vuole. Mi ha offerto tutto quello che ho sempre desiderato, e non ha ottenuto nulla. Mi ha minacciata, ed io non ho reagito. Solo una volta mi sono mostrata spaventata: quando ha minacciato la mia famiglia. Credo che abbia capito che non mi importa se sono io a morire, ed ho paura che…- feci una piccola pausa -Se non mi unissi a lei di mia sponte, potrebbe fare ricorso a voi, ed in quel caso non so che cosa farei.- conclusi, con un sospiro. Will mi guardò serio
-Tu ti rifiuteresti ed accetteresti le conseguenze delle tue azioni. Perché non conta nulla una vita, anche se si trattasse della mia, davanti alle sorti del mondo. Faresti la cosa giusta per tutti.- mi girai a guardarlo mordicchiandomi il labbro inferiore
-La verità è che non so se sarei in grado di fare la cosa giusta. Non accetterei mai di essere la causa della tua morte o di quella di qualcun altro, anche se questo significa tradirvi.- ammisi, nonostante sapessi di quanto quelle parole potessero suonare egoiste -e Will… non mi guardare così, non sono una sciocca. So che se mi schierassi dalla sua parte sarei la potenziale causa della distruzione del mondo… ma potrei contrattare e salvare la mia famiglia.- Will mi afferrò le mani
-Giulia. Saresti veramente disposta a sacrificare il mondo per non essere la causa della morte di qualcuno che ami? Non ci credo, non è da te.- mi liberai della sua presa e mi alzai in piedi
-Tu non sai cosa è o non è da me! Ed ora sto perdendo tempo a fare ipotesi assurde, su cose che potrebbero come non potrebbero accadere, invece di allenarmi!- avevo veramente bisogno di una vacanza. Will si alzò e mi si mise davanti
-Vuoi allenarti? Alleniamoci allora.- dichiarò afferrando due bastoni e lanciandomene uno
-Cosa stai facendo?- chiesi con un sopracciglio alzato. Lui mi fece un sorrisetto che di solito non preannunciava nulla di buono
-Lotta con i bastoni, hai mai provato?-
-Temo di no…- non faci in tempo a finire di parlare che Will sferrò con un colpo che avrebbe potuto rompermi la testa, se non l’avessi parato all’ultimo. Mi allontanai di scatto
-Sei impazzito?! Avresti potuto uccidermi!-
-Ma non l’ho fatto-
-Ma avresti potuto!-
-Non è successo! Hai parato il colpo-
-Non sapevi che l’avrei fatto.- Will mi fece l’occhiolino
-Ne ero certo al 99%. Ormai i riflessi da semidea fanno parte di te- sospirai e parai un altro attacco a sorpresa di Will
-La vuoi smettere?-
-E tu vuoi iniziare?-
-Ma cos…- fui costretta a parare un altro colpo. Alzai gli occhi al cielo, rassegnata all’idea di giocare a quell’assurdo gioco. Continuammo a cercare di romperci le ossa a vicenda, da bravi fratelli semidivini che si rispettino, fino a che non cademmo esausti sull’erba, ancora ridendo. Io sguainai il mio pugnale, cominciando a giocarci distrattamente
-Ti sei divertita?- chiese Will
-Assolutamente. Il miglior allenamento di sempre. E persino più pericoloso della parete d’arrampicata- dissi ridendo. Will si tirò a sedere e guardò l’ora sul suo orologio da polso
–Oggi non dovevi andare da Chirone?-
-Sì, perché?- mi sedetti a mia volta guardandolo confusa. Mi mostrò il polso
-Perché dovresti essere da lui da almeno un quarto d’ora- sgranai gli occhi e mi alzi in piedi di scatto
-Sono in stra-ritardo! Chirone mi ucciderà! Oh dei!- esclamai cominciando a correre giù per la collina, seguita a ruota da Will che mi consigliava di non correre con un’arma potenzialmente letale in mezzo ad un gruppo di ragazzini pieni di armi potenzialmente letali. Ovviamente non lo ascoltai. Raggiungemmo la Casa Grande e facemmo irruzione dentro, io già pronta a scusarmi per il vergognoso ritardo… peccato che la stanza era vuota
-Ma dov’è finito?- chiese Will
-Probabilmente mi sta aspettando nella saletta.- gli feci segno di seguirmi. La saletta era la stanza del computer, e, dato che il computer veniva usato molto raramente, il vecchio centauro l’aveva scelta per le mie visite. Comunque, Chirone era effettivamente nella saletta, solo che non era solo. Con lui c’era Malcolm Pace. Bussai piano per attirare la loro attenzione e lo sguardo di disappunto lanciatomi dal centauro fu peggio di una bastonata. Entrai dentro la stanza con un’aria dispiaciuta ed imbarazzata allo stesso tempo. Davvero ragazzi. Non deludete mai Chirone. Vi sentireste dei microbi.
-Buongiorno… scusi per il ritardo clamoroso… mi stavo allenando ed ho perso la cognizione del tempo… scusi…-
-Ho mandato un satiro a cercarti all’arena, ma non c’eri.- disse con aria dura. Abbassai lo sguardo non sapendo cosa rispondere, ma fortunatamente fu Will a rispondere
-È colpa mia. Si stava allenando con me, una specie di lezione privata.- il vecchio centauro sospirò
-Mi dispiace veramente tanto…- mi interruppe con un cenno della mano
-Ora non ho tempo per parlare, Malcolm mi ha appena avvertito di un problema che richiede la mia presenza… e non ti preoccupare bambina mia- disse poi con un sorriso, scompigliandomi ancora un po’ i capelli e facendo sorridere anche me –pe questa volta non fa niente. Ma cerca di non mancare più, queste lezioni sono molto importanti. Intesi?- annuii
-Intesi. E grazie per non essersi arrabbiato. Le prometto con accadrà più.- dissi decisa. Chirone sorrise e mi diede una pacca sulla spalla
-Ne sono certo. Ora scusami ma devo…- All’improvviso il monitor del computer si illuminò interrompendo Chirone ed avvisandoci di una chiamata in arrivo.
-Chi potrebbe mai essere?- chiese Chirone. Will si strinse nelle spalle ed accettò la chiamata. Immediatamente il viso sorridente di Leo Valdez occupò l’intero monitor
-Ciao ragazzi! Come va? Vi manchiamo vero?- chiese scherzoso come qualche settimana fa, anche se sembrava diverso, più stanco e provato. Chirone e gli altri si aprirono in un sorriso
-Come sta Percy? Sappiamo che non è andato tutto come speravamo- chiese il centauro. Leo si mosse a disagio sulla sedia
-Ecco non esattamente, Percy sta bene comunque. Sta recuperando la memoria e lui e Annabeth passano più tempo possibile insieme…- si interruppe quando posò gli occhi su di me. Il suo sorriso si addolcì un poco, ma forse me lo ero soltanto immaginato
-Ciao- ricambiai il sorriso
-Ciao- potevo sentire lo sguardo di Malcolm addosso. Chirone si schiarì la voce e Leo tornò a prestare attenzione a lui.
-Dimmi figliolo, cosa è successo da quando siete partiti dal Campo?- chiese. Leo sospirò
-Tante cose, signore, tante cose- iniziò a raccontare di tutto quello che era successo a Nuova Roma e del fatto che Annabeth dovesse intraprendere un viaggio da sola per cercare l’Athena Parthenos, una statua sottratta secoli fa ai greci dai romani, forse l’unica cosa in grado di unificare i due gruppi. Ah, un certo Nico di Angelo era anche scomparso. Parlammo a lungo, alla fine Chirone dovette andare via con Malcolm, che mi salutò con un “ciao” un po’ impacciato e tenero allo stesso tempo, ed io e Will rimanemmo soli con Leo
-Va bene, io devo andare in infermeria, ciao Leo, è stato bello rivederti. Giulia, vieni con me?- mi chiese. Io lanciai una breve occhiata al computer, dove l’immagine dell’elfo sorrideva allegra
-Ti raggiungo tra un minuto- annunciai e mio fratello si strinse nelle spalle
-Okay, a dopo allora. Ciao Leo-
-Ciao Will- disse guardandolo andare via. Mi sedetti sulla sedia davanti al pc e guardai Leo con un sorriso, nonostante fossi molto nervosa. Avevo deciso di dirgli tutto riguardo i miei sogni, doveva sapere che probabilmente Gea avrebbe potuto attaccarlo da un momento all’altro.
-Senti Leo…- iniziai, ma lui mi interruppe
-Wow! Hai un aspetto terribile!- esclamò. Io rimasi interdetta e mi guardai rapidamente nella superficie lucida del mio pugnale che avevo posato sulla scrivania. In effetti era vero che non ero bellissima, ero ancora sudata dall’allenamento, sporca di terra ed i capelli erano totalmente spettinati. Riportai il mio sguardo su Leo passandomi una mano fra i capelli noncurante, cercando di sistemarli un poco, e lo guardai
-Neanche tu sei un granché- lui fece un sorrisetto furbo
-Io sono sempre bellissimo- scoppiai a ridere, contagiando anche lui. Forse per la prima volta da quando Gea aveva iniziato a perseguitarmi mi sentivo bene. Come se nulla avrebbe potuto mai interrompere quella strana conversazione. Ovviamente, mi sbagliavo.
-Giulia, tutto okay?- chiese. Io annuii
-Sì… ho così tante cose da dirti, non so neanche da dove cominciare-
-Inizia dalla più semplice- esitai un momento
-Lo conosci Malcolm Pace?- beh, Gea non era esattamente una cosa semplice di cui parlare, no?
-Di nome. È uno dei fratellastri di Annabeth, giusto? Perché me lo chiedi?-
-Oh no niente, l’ho conosciuto durante la mia prima settimana qui al Campo, mi è sembrato un bravo ragazzo- dissi sorridendo, lui annuì
-Sicuramente… oh prima che mi dimentichi!- iniziò –Chi è tuo padre? Sei stata riconosciuta?- chiese. Rimasi abbastanza sorpresa da quella domanda, davvero gli importava?
-Lo vuoi sapere sul serio?- chiesi con un sorriso. Lui mi guardò come se la risposta fosse ovvia
-Certamente! Dicevo sul serio quando ti ho detto che avrei voluto conoscerti meglio-  mi sentii bene sentendo quelle parole, non so nemmeno io perché. Aprii la bocca, ma prima di poter dire qualcosa, Will mi chiamò dall’esterno
-Giulia! Corri c’è bisogno di te qui!- guardai dispiaciuta Leo
-Scusa, devo proprio andare- dissi, lui sembrò capire
-Non ti preoccupare, ci sentiremo un’altra volta. Saluti dall’Argo II principessa!- esclamò facendomi l’occhiolino, per poi chiudere la chiamata. Sospirai e spensi il computer, mi alzai controvoglia da quella comoda sedie ed uscii raggiungendo mio fratello e gli altri. Desiderai essere rimasta lì dentro. Fuori era un vero putiferio. Tutti i semidei del Campo erano raggruppati davanti la barriera magica. Per un totale di duecento e passa ragazzini tutti agitati e appiccicati. Per non parlare dei satiri e delle ninfe. Intercettai Will mentre stava per raggiungere la folla e lo presi per il braccio prima che potesse scomparire.
-Cosa sta succedendo?!- urlai per sovrastare le centinaia di voci che parlavano gridando tutte insieme. Will aveva l’aria più seria che gli avessi mai visto in volto.
-Vieni con me.- mi afferrò per il polso e mi trascinò in mezzo alla folla di ragazzi, sgomitando per passare davanti a tutti. Quando raggiungemmo finalmente il confine magico del campo ed io ebbi ricominciato a respirare, rimasi sconvolta. In lontananza si vedeva chiaramente arrivare quello che aveva tutta l’aria di essere un piccolo esercito di soldati in una completa e scintillante armatura in oro, armati fino ai denti, con un graziosissimo stendardo viola ed oro. Guardai in alto e vidi un enorme volatile cercare di penetrare nelle nostre difese, subito imitato da altri
-Sono aquile quelle?- che ingiustizia. Noi avevamo solo un drago. Guardai Will. Tutto quello poteva significare solo una cosa. La legione del Campo romano stava arrivando. E chissà perché avevo la sensazione che non fossero venuti per bersi un thè e fare quattro chiacchiere con noi. Chiamatelo sesto senso se volete. Presi da parte Will e mi distaccai dalla massa
-Will siamo in guai enormi-
-Dici?- chiese con un pizzico di sarcasmo, ricevendo in cambio un’occhiataccia da parte mia
-I romani stanno arrivando ed hanno le aquile e tante armi, probabilmente più di quante ce ne siano nel nostro magazzino. E poi sono tanti… e chissà quanti altri ne arriveranno…- lui si passò una mano fra i capelli
-Questo vuol dire che l’incontro fra Rachel ed il loro augure non deve essere andato bene… spero solo che Rachel non l’abbia minacciato con una spazzola…-
-Aspetta che?- Will liquidò la faccenda con un gesto impaziente della mano
-Sai cosa dobbiamo fare ora?-
-Prepararci a combattere?-
-No.- fu la sua risposta secca –Dobbiamo radunare tutto il campo all’arena per discutere… Grover e Rachel dovrebbero tornare tra poco… e chiedere notizie a Tyson-
-Will aspetta.- lo richiamai –Sicuro di quello che vuoi fare? Lasciare i confini totalmente indifesi?- lui mi fece un leggero sorriso
-Beh, non sempre combattere è la soluzione. Lezione del giorno: gli eroi pianificano anche.- alzai gli occhi al cielo. Sapevo che mi considerava troppo impulsiva, ma mettersi a discutere del mio carattere in quel momento era veramente fuori luogo.
-D’accordo. Avverti Chirone, io cercherò gli altri capogruppo per cercare di mantenere l’ordine- dissi. Lui sorrise e corse a cercare Tyson. Almeno non sarebbe stato difficile da trovare. Un ciclope di due metri con un’arpia rossa appollaiata sulla spalla non passava certo inosservato. Io feci per allontanarmi, ma mi sentii afferrare il braccio da una mano forte e grande. Mi voltai di scatto, con la mano libera già stretta a pugno, e mi ritrovai di fronte a Malcolm
-Malcolm, per gli dei, ti pare la situazione adatta per arrivare alle spalle di qualcuno? Ti avrei potuto prendere a pugni scambiandoti per un romano!- dissi liberando il braccio dalla sua presa
-Scusami, hai ragione. Volevo solo vedere se tu stessi bene-
-Sì, perché non dovrei? Non sono ancora entrati nel Campo, anzi sono ancora distanti persino dai confini- gli feci notare. Lui si grattò la nuca con fare imbarazzato
-Non parlavo dei romani… in una bolgia simile è facile rimanere feriti. Ci hanno colti nel pieno dell’allenamento e la maggior parte di noi è ancora armata… e poi ti ho vista sparire con Will in mezzo alla folla… magari qualcuno ti aveva urtato per sbaglio…- mi venne istintivo sorridere. Era stato davvero dolce. Gli presi le mani e gliele strinsi tra le mie, facendolo arrossire appena
-Sto bene, grazie. E sta tranquillo. Fintanto che sono al Campo, starò bene. Non potrebbe mai accadermi nulla.- lo rassicurai. Era davvero carino con i capelli biondi tutti spettinati, le guance lievemente rosse e gli occhiali storti sul naso. Mi rimproverai mentalmente. Non avevo il tempo per una cotta, non con i romani alle costole. Malcolm annuii e sorrise dolcemente
-Sta attenta, okay?- si voltò e fece due passi… per poi tornare indietro di corsa e darmi un bacio a stampo, andandosene poi ancora più velocemente rosso in volto come un peperone. Io rimasi lì per un paio di minuti, cercando di capire se fosse successo veramente o se me lo fossi soltanto immaginata. Dopo aver appurato che quel bacio non fosse stato uno scherzo della mia mente, andai a cercare i mei fratelli. Ed a cercare un corno. Al Campo Mezzosangue non puoi sperare in un megafono. Se vuoi radunare una folla, devi avere un corno da caccia. Che ci vuoi fare… i semidei adorano andare a caccia di altri semidei.
Mezz’ora dopo eravamo tutti radunati nell’arena di combattimento. Eravamo tutti seduti sugli spalti, stringendoci per entrarci, e Chirone era al centro del padiglione. Il più di noi si guardava attorno spaesato, cercando di capire perché fossimo tutti lì, invece di controllare i confini. In effetti anche io non credevo che quella di radunarci tutti in un unico punto non fosse una grande idea, ma Will aveva ragione. Dovevamo organizzare un piano di difesa. Fu il nostro istruttore a parlare
-Ragazzi, vi abbiamo radunati tutti qui per parlare dell’imminente minaccia. I romani ci stanno dichiarando guerra. Stanno marciando verso il nostro Campo e…-
-Sono già arrivati- disse un ragazzo della casa di Ermes –Perché non ci stiamo preparando per combattere? Potrebbero entrare da un momento all’altro!- i semidei incominciarono ad agitarsi ed a parlare a voce alta
-Non lo faranno- un voce delicata ma decisa spiccò fra le altre e fece zittire tutti. Una ragazza dalla pelle verdastra e dai capelli rossicci che riconobbi come Juniper, la ragazza ninfa di Grover, si alzò in piedi
-I nostri amici della foresta li hanno sentiti parlare e sono venuti a riferirmi ogni cosa. I romani non attaccheranno, non subito almeno. Non sono al completo, manca ancora metà della legione. Inoltre il loro comandante ha disertato, li ha traditi. È partita per il mare dei mostri, zona proibita per i romani. Sono soli. L’unico a guidarli è quel pazzo di Ottaviano. Molti non si fidano di lui, mentre altri ciecamente. Ci sono delle tensioni nel loro accampamento. Non sono per niente pronti ad attaccare.- dopo aver finito si risedette con calma, noncurante del silenzio sconvolto che le sue parole avevano portato.
-Grazie Juniper. Come vedete ragazzi, non c’è niente da temere. E per rispondere alla tua domanda, Brian- proseguì il centauro rivolgendosi al figlio di Ermes -ho ritenuto opportuno informarvi che nulla cambierà nelle nostre vite. La nostra barriera è forte, non permetterà alle aquile di entrare, e Peleo è una difesa sufficiente a tenerli a distanza. Pertanto pretendo che ognuno di voi continui con le proprie attività. Esse verranno interrotte solo in caso di scontro diretto, cosa che confido non accadrà. Vorrei soltanto chiedere ai figli di Efesto di ritirarsi nelle fucine e di costruire armi nuove, per ogni evenienza, ed ai figli di Atena di pensare a delle strategie, insieme ai figli di Ares, ovviamente. Questo è tutto, potete andare- concluse, allontanandosi verso la Casa Grande. Non appena si fu allontanato, i semidei cominciarono a parlare gli uni con gli altri, creando una grande confusione. I figli di Atena si allontanarono immediatamente verso un posto più tranquillo per pensare, seguiti controvoglia dalla casa di Ares, mentre i figli di Efesto decisero che non c’era tempo a perdere e corsero nelle fucine. Io e Will fummo tra gli ultimi ad allontanarci dall’arena, in silenzio
-Sai, credo che dovresti andare dagli altri. I più piccoli saranno spaventati, forse avrebbero bisogno di te- lui non mi rispose -Will… che succede?- chiesi. Lui sospirò
-È così difficile. Farsi ascoltare da loro. Tutti vogliono impormi il loro pensiero senza ascoltare il mio. A volte mi sembra di essere invisibile. Come fai tu? Come fate tutti voi a farvi ascoltare senza problemi?- sospirò –se solo Lee fosse ancora vivo… se solo Michael fosse ancora qui… loro sì che sapevano come mandare avanti la cabina.- nei suoi grandi occhi azzurri c’era una tristezza talmente profonda che per poco non scoppiai a piangere. Lee Fletcher e Michael Yew erano due figli di Apollo, i vecchi capogruppo, a cui Will era dovuto succedere nel mezzo della Seconda Guerra dei Titani. Lee era morto in battaglia, mentre Michael era rimasto vittima del crollo di un ponte causato da Percy per sconfiggere il Minotauro e altri mostri. Era scomparso da allora. Non morto, semplicemente sparito. Tutto quello che era stato trovato era il suo arco. Anche se lo danno tutti per morto. Quando me ne aveva parlato gli avevo chiesto come avesse fatto a gestire tutta la situazione, diventare il punto di riferimento dei ragazzi durante la guerra, e lui mi aveva risposto che la guerra colpisce tutti in egual misura, e che a lui era andata pure bene, alcuni avevano subito cose peggiori. Feci un respiro profondo e provai ad accennare un sorriso rassicurante. Non sapevo come comportarmi in quella situazione. Will non era quasi mai triste o di cattivo umore, quindi non sapevo proprio cosa fare o dire, perciò mi lasciai guidare dall’istinto. Può non sembrare una buona idea improvvisare quando si tratta dei sentimenti di qualcun altro, ed infatti non lo è mai, ma vi assicuro che in quell’occasione funzionò.
-Will, tu… tu non sei Lee, né Michael né Percy né nessun altro. Tu sei Will. E vai bene così come sei. Sei il mio fratellone e non ti vorrei diverso da così. Guidi la cabina nella tua maniera, e vai alla grande! Non puoi lasciarti prendere dallo sconforto, non in questo momento. Sei il nostro capogruppo, Will, il nostro punto di riferimento. Se cadi tu, cadiamo tutti. E non provare a dire che non sei bravo a fare questo lavoro, perché sei fantastico. Tu sei una brava persona ed un bravo leader. Non osare mai a dire il contrario, è chiaro?- dissi tutto d’un fiato, sorridendogli con amore e stringendogli le mani. Lui fece un sorriso, appena accennato ma pur sempre un sorriso, con gli occhi pericolosamente lucidi.
-Ti voglio bene, sorellina- io gli circondai nuovamente le spalle con un braccio, stringendomi a lui e posandogli la testa su una spalla
-Anche io, fratellone-. Rimanemmo lì in silenzio per un po’, finché Austin non ci venne a chiamare.
-Ehi Will, con gli altri stavamo pensando che sarebbe utile se tutti sapessimo almeno le basi della medicina. Visto che sei il medico migliore fra di noi, ti va di venirci ad aiutare?- disse, ignorando completamente me. Caspita, se l’era veramente presa per quel sassofono!
-Certo Austin, tu vai pure. Noi ti raggiungiamo- si alzò e si voltò verso di me, porgendomi la mano
-Allora, vieni Giulia?-  io gli afferrai la mano, alzandomi in piedi. Gli lanciai un ultimo sguardo, giusto per assicurarmi che stesse realmente bene, e poi annuii leggermente.
-Andiamo dalla nostra famiglia-.
 
 
 *Angolo Autrice*
Ciao a tutti! Ecco a voi un nuovo e freschissimo capitolo. Beh, che dire, questo è stato proprio un capitolo al bacio ehehehe che c’è? Vi avevo promesso qualche momento fluff per Giulia, e poi almeno per una volta le ho dato un po’ di respiro. Sono stata gentile. E poi c’è stato il tanto atteso (da me) ritorno in scena di Leo! Non trovate anche voi che lui e Giulia siano adorabili? Va beh, tralasciando i miei scleri quotidiani, che ne pensate? Sinceramente è il capitolo che ho trovato meno avvincente, ma vi prometto che nei prossimi la situazione si complicherà per tutti quanti, ed in particolare per Giulia. Lo so che la stresso troppo, ma d’altronde è la protagonista. Grazie mille per aver letto fino a qua, spero che la storia vi stia piacendo. Un bacio ed un abbraccio enormi,
Willie
   
 
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