Anime & Manga > The Seven Deadly Sins / Nanatsu No Taizai
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Autore: Ruta    11/07/2018    3 recensioni
“Elizabeth,” ripete freneticamente. “Elizabeth.”
Non si accorge di star piangendo né sente le voci concitate che commentano il colore dei suoi occhi. L’unica cosa importante è la donna che sta morendo tra le sue braccia. “Meliodas. Meliodas.” Che gli sussurra parole di amore all’orecchio e che, dopo un ultimo bacio a fior di labbra, rovescia all’indietro la testa e diventa un peso esanime.

[Elizabeth ha un piano per salvare Meliodas. È doloroso e nessuno dei Sette Peccati è d'accordo, ma per recuperare l'umanità del capitano non esiste sacrificio troppo grande.]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Liones, Meliodas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I've

Il secondo giorno sta giungendo al suo termine.
In volo sopra il palazzo di Liones, Elisabeth osserva passivamente la notte scolorire nell’alba.
Visto dall’alto, il cambiamento è innegabile. Il tempo trascorso diventa una realtà impossibile da rifiutare. La Britannia che lei conosceva non esiste più e di essa rimangono unicamente macerie e desolazione.
3000 anni. Cosa sono tre giorni di coscienza se non briciole, al confronto? E cos’è il suo dolore comparato a quello di lui se non una pallida rifrazione?
“A cosa stai pensando?”
Elizabeth non si volta immediatamente. Si sente raggelare e non è a causa della brezza del primo mattino. Vorrebbe rispondere con onestà, ma in un momento simile sarebbe solo crudele, un atto di puro egoismo. Non è ovvio a cosa stia pensando? Non è ovvio, quando ogni pensiero di tormentata lucidità è destinato a lui?

A lui. “Al tempo.” Ogni suo secondo minuto ora. Lo sente scorrerle dentro, ne sente gli effetti nocivi, lo sente pulsare come un miasma che sta infettando ogni parte di lei, ogni angolo della sua anima.
Contro un fondale di nuvole, il volto di Merlin rimane impassibile, i suoi occhi però raccontano una storia diversa. E’ una tristezza antica e assordante nel suo silenzio, struggente. “Creatura infida,” la sente commentare.  
“Merlin.” Le sue ali le si stringono contro il corpo come l’abbraccio di un amante. Come sarebbe l’abbraccio di lui. Nonostante il groppo in gola, quando parla, le parole escono fluide e chiare dalla sua bocca. “Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.”

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I’ve no regrets.

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“E’ l’unico modo.”
Nell’improvviso silenzio sconvolto che grava sulla stanza, Diane è l’unica a dare sfogo ai suoi sentimenti. “E’ troppo crudele!” esclama, la voce rotta, il corpo che trema come se il peso di ciò che ha sentito fosse insostenibile. Irrefrenabili, le lacrime le rigano le guance e mentre lei tenta di arginarne il flusso, sfregandole via con decisione, altre seguono immediatamente. “Non possiamo fare questo al capitano!”
Hawk approva con un lungo verso gutturale, le lacrime su tutto il grugno.
“E’ la soluzione più logica,” interviene Gowthel con il modo di fare pratico che gli è proprio.
Mentre il resto del gruppo esprime fragorosamente i rispettivi punti di vista, solo due sguardi sono puntati su di lei. Elizabeth li percepisce e percepisce ancora più acutamente l’assenza di una loro reazione. Senza osare incrociare gli occhi di Merlin, si decide ad affrontare apertamente l’accusa racchiusa in quelli di Ban. Ed è guardando lui, l’uomo che ha affrontato il Purgatorio per riportare indietro il suo migliore amico, l’uomo che nel tornare dopo millenni spesi tra indicibili torture e supplizi, ha pianto per essere stato costretto ad abbandonare Meliodas, che lei dice, atona: “Facciamolo.”
“Elizabeth!” Diane esclama turbata.
Elizabeth vorrebbe provare lo stesso turbamento alla prospettiva di quanto ha intenzione di attuare, ma l’idea di perderlo riesce a sopraffare il resto. Non posso sopportare l’idea di perderlo. Non così. Non così.     
“Meliodas merita di essere libero.” Di me. Del fardello che il suo amore per me è diventato.  
“Ma non felice?” ritorce Ban in un sussurro udibilissimo. Con le mani in tasca, nella rabbia evidente che sta provando e si sta sforzando di contenere, l’aura di potere che emana è terrificante e a malapena tenuta a bada dalla presenza calmante di Elaine. 
Stranamente è King a farsi avanti per primo. Il volto pallido e affaticato e un accenno di durezza nella voce. “Non approvo quello che avete intenzione di fare, ma vi aiuterò.”
Il cuore potrebbe esploderle da un momento all’altro. E’ così che lui si è sentito? Ogni singola volta? “Grazie.”
Lui alza un braccio come se volesse frapporre un muro tra loro due. “Non ringraziarmi. Odio quello che faremo al capitano, ma odio ancora di più di saperlo laggiù da solo.”
Uno ad uno, i sette peccati capitali le si avvicinano, circondandola.
Perfino Diane, che continua a guardarla con quell’espressione attonita e tradita.
Perfino Hawk, stranamente ammutolito.

 

*


Quando Ban riacquista conoscenza, ancora prima di Elaine è il viso di Elizabeth il primo che vede, chino su di lui e illuminato dalla luce bianca di quel suo potere che guarisce e lenisce. Gli occhi asciutti e la voce ferma e un ordine che contiene anche una supplica. “Raccontami cosa hai visto.”

 

*

Dopo che ha finito di parlare, il volto di Merlin non è rimasto inespressivo. “Ne sei sicura?”
Elizabeth ha sorriso, un sorriso piccolo e malinconico che mai si sarebbe aspettata di utilizzare. Tutta la sua esistenza è stata contraddistinta dalla speranza, dall’ottimismo, da un atteggiamento fiducioso. Ma questo era prima che a Meliodas mancasse solo un comandamento per attuare il suo piano. “No, ma ho scelta?”
“Sis-sis… mi dispiace.”

 

*

“Avverto la tua paura.” Seduta sul prato accanto a lei, Elaine la guarda con gentilezza e preoccupazione. “Di cosa? Non della morte, immagino.”
Gli occhi fissi sull’orizzonte, Elizabeth si abbraccia le ginocchia. Meliodas, pensa e sospira. “Non ho paura di morire, ma di quello che lascerò indietro. Delle conseguenze.”
“Rimpiangi qualcosa?”
“Rimpiango il dolore che gli ho inflitto, i problemi che gli ho causato. Per me ha voltato le spalle alla sua famiglia, ha rinunciato alla sua vita, ha rinnegato una parte di sé.”  E io come ho contraccambiato una simile devozione?
“Elizabeth.”
Lei scuote la testa. “Non importa cosa succederà oggi, non ho intenzione di vivere un’altra vita senza ricordare.” Chi sono davvero. Cosa provo. Chi amo.

 

*


Il potere di Gowthel riporta a galla incubi del passato. La vede morire. Ancora e ancora. 106 Elizabeth. 106 morti. E non prova nulla. Là dove un tempo la disperazione e la rabbia erano incontenibili, ora non c’è nulla, ad eccezion fatta del vuoto. Ricorda quelle emozioni, ricorda come si sentiva provandole. Il suono del silenzio. Il richiamo del tempo. Una solitudine simile alle spire di un serpente. Dimenticare per sopravvivere e imparare a sopravvivere senza dimenticare. Mai davvero. Mai completamente.
“Non sta funzionando,” sente una voce familiare dire da qualche parte sopra di lui. Un’altra risponde: “Procediamo.”
Le morti si susseguono come nella prova a cui l’aveva sottoposto Zaneri. Solo che questa volta non sono intervallate da momenti di spensierata felicità. Sono una trafila di immagini di orrore e angoscia che si susseguono.
106 volte Elizabeth muore nel suo abbraccio impotente. Quando l’incantesimo giunge alla sua conclusione, Elizabeth, viva e respirante, è di fronte a lui, le braccia sollevate e i palmi rivolti verso di lui. Sta tremando ed è palese che abbia pianto.
Meliodas le rivolge un’occhiata impenetrabile prima di dedicare la sua attenzione alle persone alle sue spalle. Un tempo compagni, amici. Ora fantasmi di una vita che non esiste più, che non ha più importanza. “Qualunque fosse il vostro intento, è evidente che abbiate fallito.”
Ognuno di loro è in posizione di attacco, le armature ammaccate e sporche del sangue dei nemici caduti.
“Tu che eri il nostro capitano, non sottovalutarci!” grida la gigantessa.
Nello stesso istante, un incantesimo di immobilizzazione lo paralizza. Una fitta di sentimento simile alla noia gli fa corrugare le sopracciglia. “Un altro incantesimo di immobilizzazione,” dice con voce infastidita. “Cosa –” Il fastidio si trasforma in curiosità quando Elizabeth alza il braccio destro. Fiamme di luce avvolgono il suo braccio, trasformandolo in una spada di fuoco risplendente.
“Cosa credi di fare?” 
Elizabeth lo guarda e senza la minima esitazione abbassa il braccio, apprestandosi al colpo. Ma ad essere trafitto non è lui. E’ lei. E nell’osservare quella scena, qualcosa di incomprensibile e violento scatta dentro di lui. L’eco sordo di un battito, vibrante di collera e qualcosa di più complicato. 
Il braccio è penetrato in profondità nel suo stomaco e dopo pochi istanti il fuoco svanisce. Quando ritrae il braccio ricoperto del suo stesso sangue, Elizabeth tossisce e un fiotto di sangue le affiora alle labbra. Nello stesso istante lui sente svanire l’effetto dell’incantesimo.
Mentre quei battiti sordi e inspiegabili gli riempiono la cavità toracica, la vede ondeggiare pericolosamente e poi cadere sulle ginocchia. E’ ricordo muscolare. Quello e l’istinto che lo portano ad afferrarla, a stringere contro di sé il corpo ferito di lei. “Perché?” domanda e la sua voce non suona distaccata come in precedenza.
Gli occhi di lei lo guardano con quel sorriso segreto che lui conosce meglio di quanto conosca le cicatrici che gli ricoprono il corpo. “Tu sai il perché.”
Potrebbe guarirsi, ma ovviamente non lo farà. La strana mancanza di azione da parte dei sette peccati capitali getta un’ombra persino più allarmante sull’inspiegabilità del gesto che lei ha appena compiuto. “Hai solo anticipato la tua fine.”
La vede scuotere la testa e quando una ciocca di capelli le ricade sul viso, la tentazione di scostargliela è quasi impossibile da contrastare.
“Questa volta è diverso,” interviene Merlin e lui registra le lacrime che sta piangendo con un altro di quegli strani battiti. “Lei non rinascerà.”
Non si accorge che la sua presa si è serrata con maggiore forza attorno alle spalle di Elizabeth finché non la sente emettere un debole verso di protesta. “Cosa hai fatto?” ringhia e i battiti sono aumentati ad un ritmo forsennato.
Elizabeth continua a sorridergli e quella è una risposta sufficiente. Quel sorriso e i singhiozzi di Diane e Hawk, le espressioni contrite e desolate sui volti di Ban, King ed Escanor. Perfino Gowthel, la cui espressione esprime piena consapevolezza di quanto sta accadendo.
“Quello che dovevo.” La mano di lei sulla sua fronte è delicata e fredda, già troppo fredda. “Ti libero dalla promessa che mi hai fatto.”
“Perché?”
“E’ tempo che anch’io paghi il mio prezzo.”
Non può star succedendo davvero. E’ troppo da sopportare, semplicemente troppo. “Condannandomi a una vita di eterna tortura senza di te?”
Il sangue continua a sgorgare dalla ferita sull’addome e la pelle di Elizabeth è sempre più pallida. Non di nuovo. Non di nuovo.
Lei gli scosta con delicatezza i capelli per guardarlo negli occhi e seria, quieta, dice: “Non se mi dimentichi.”
Il suo corpo ha come un tremito di rifiuto. Un conto è accantonare i suoi sentimenti, un altro è rinunciare completamente al ricordo di lei. Come se non fosse mai esistita, non l’avesse mai incontrata. Il suo profumo, il suono della sua risata trillante, la sua voce pacata, il calore e la morbidezza del suo corpo, la sua tenacia, la sua allegria. Con un movimento precipitoso e un singhiozzo, lui poggia una mano dietro la nuca di lei e poggia con forza la fronte contro la sua. “Elizabeth,” ripete freneticamente. “Elizabeth.”
Non si accorge di star piangendo né sente le voci concitate che commentano il colore dei suoi occhi. L’unica cosa importante è la donna che sta morendo tra le sue braccia. “Meliodas. Meliodas.” Che gli sussurra parole di amore all’orecchio e che, dopo un ultimo bacio a fior di labbra, rovescia all’indietro la testa e diventa un peso esanime.    

 

*

Il corpo di Elizabeth galleggia a mezz’aria, protetto da una moltitudine di incantesimi di protezione e preservazione che la bloccano in un attimo di stasi. Il tempo ha smesso di scorrere per lei e mentre il sole del terzo giorno tramonta, lei non registrerà il cambiamento.
Meliodas ha una mano poggiata contro il cubo perfetto, il viso oscurato dalla cortina di capelli. “Perciò era questo il vostro piano sin dall’inizio.”
“No,” dice Merlin e King aggiunge: “Nessuno di noi era d’accordo.”
Per la prima volta da quando Merlin li ha teletrasportati al Boar Hat, Meliodas distoglie lo sguardo da Elizabeth e si volta ad osservarli. “Eppure avete accettato.”
Tra i presenti tutti, tranne Merlin e Ban, vengono attraversati da un tremito alla vaga eppure inequivocabile nota di minaccia contenuta nella sua voce. “Tu che la conosci meglio di chiunque altro, sai che è impossibile opporsi alla principessa quando si mette in testa qualcosa,” Ban dice con un sogghigno irritante.
Meliodas scrolla le spalle e con le mani infilate in tasca domanda: “E adesso?”
“Adesso si torna al vero piano, quello non concordato. Mentre voi due perdevate tempo che non abbiamo mettendovi i bastoni tra le ruote a vicenda, noi altri abbiamo pensato a un modo per spezzare la maledizione che non contempli necessariamente risvolti spiacevoli. Intanto Elizabeth sarà al sicuro, in uno stato di morte apparente che dovrebbe farci guadagnare qualche giorno.”
“Voi non capite,” Meliodas ribatte con veemenza. “Non c’è un altro modo. Credete che non ci abbia già pensato? Che non abbia provato qualsiasi cosa? Non ho fatto altro negli ultimi tremila anni.”
“La soluzione è piuttosto ovvia, no?” interviene Gowthel, sistemandosi gli occhiali sul naso. 
“Capitano.” Diane sorride di fronte alla sua confusione. “Ora entrambi avete qualcosa che non avevate 3000 anni fa.” E come se non fosse abbastanza ovvio, si indica platealmente. “Noi.”
“E un esercito,” ricorda Escanor, sollevando un dito.
“Più di uno,” lo corregge King.
Ban si fa avanti, poggiandogli le mani sulle spalle. “Combatteremo al vostro fianco. Per te e per la principessa.”


*

“Devi andare,” lo sprona Meliodas e gli dà un leggero colpetto tra le scapole.
“Non voglio lasciarti qui,” risponde Ban.
Meliodas incrocia le braccia dietro la testa e sorride. “Non hai scelta. Non posso lasciare questo posto. Ora lo so. C’è un unico modo per farmi ritornare dall’altra parte ed è che il vero Meliodas mi evochi.”
Ban è sul punto di opporre ulteriore resistenza, ma Wild si fa avanti. “Rimarrò io qui con lui. Saluta il mio fratellino per me.”
Quando è sul punto di oltrepassare il circolo di pietra, Meliodas lo richiama. “Ban. Quando vedi Elizabeth, potresti dirle qualcosa per me? Dille che –”

 

*

Dille che non mi pento di nulla.


 

N/a:

Ciao a tutti! Questo è il mio primo tentativo in questo fandom e spero che non sia un completo fallimento (incrocio le dita!). Ho scoperto l’anime su Netflix circa una settimana fa e una volta iniziato non sono più riuscita a staccarmi. Ho divorato la prima e la seconda stagione in un finesettimana delirante e il manga in poco più di una settimana. Che dire, me ne sono perdutamente innamorata! Personaggi meravigliosi, complessi e così umani. Non mi appassionavo tanto a un manga dai tempi di Full metal Alchemist. Ho pianto, riso fino alle lacrime e mi sono mangiata le unghie per il nervosismo.

Ho questo headcanon in cui l'unico modo per far evadere i sentimenti di Meliodas dal Purgatorio è che sia lui stesso a desiderarlo, da qui l'idea di provocargli uno shock abbastanza forte da smuoverlo dal suo stato di apatia e noi tutti sappiamo bene che niente sia più traumatizzante della morte di Elizabeth. Giusto perché la storia non è già abbastanza angst senza aggiungere altra carne sulla brace XD


  
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