Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Cardiopath    11/07/2018    1 recensioni
[pĕrĕdo], pĕrĕdis, peredi, peresum, pĕrĕdĕre
➖ verbo transitivo III coniugazione
1 divorare ;
2 consumare, corrodere .
❝ Tu mi hai chiamato a te ed io ho risposto. Ti ho tirata fuori dalle tenebre, trascinandoti sino alle sponde dell'Acheronte quando ancora non riuscivi a camminare. Grazie a me hai potuto assaporare il pungente tepore della luce solare ancora una volta, bagnartivi come se ad essa appartenessi. Hai potuto sperare in un altro giorno. Tu sapevi, lo sapevi bene che non sarebbe stato un atto di carità da parte mia. Hai afferrato la mia mano, hai deciso di continuare lì dove il destino ti aveva imposto di fermarti. Ora sei qui ed io pure. Questa volta sarò io a chiamarti a me e che tu lo voglia o meno, anche tu risponderai. ❞
➖ Se siete venuti alla ricerca di un romanzo rosa vi intimo con tutto il cuore di cercare altrove. Questa è una dark!fic composta da capitoli brevi incentrati principalmente su Sebastian e il mio personaggio femminile (che può tuttavia essere interpretato come la lettrice stessa) che conterrà tematiche macabre e a sfondo sessuale.
[Fanfiction pubblicata anche su Wattpad]
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Bondage, Non-con, Tematiche delicate
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<< I feel it coming out my throat

Guess I better wash my mouth out with soap

God, I wish I never spoke

Now I gotta wash my mouth out with soap >>

 

。☆✼★━━━━━━━━━━━━★✼☆。  

 

Il lamentoso scroscio dell'acqua mi cullava in una dolce e pigra sonnolenza, contrastata esclusivamente dal mellifluo moto delle mie braccia, desiderose di smuovere le particelle fluide come se potessero, così, spazzare via anche i ricordi più dolorosi. Nell'accogliente intimità della vasca marmorea, mi persi tra gli angoli più reconditi della mia coscienza.

Sospirai.

Provai a godere di quel momento di pura tranquillità, eppure non riuscivo a placare la tremenda voragine che spirava un senso d'angoscia nella voragine del mio petto. Ero stanca e debole - stanca di lottare, stanca di protrarre una battaglia che avrei sicuramente perso, stanca di soffrire per un errore commesso nella foga di un momento che ormai mi appariva più sbiadito che reale.

Stanca di sopportare le angherie di una bestia molto più avvezza di me al gioco del castigo, che provava un sadico, depravato compiacimento nel fingersi il dio di un giudizio universale illecito, nel vedermi combattere con tutte le mie forze per poi fallire miseramente dinnanzi alla sua diabolica possenza. Sapevo che ogni mio dispetto era vano, che quell'essere tremendamente seducente traeva diletto dai miei sforzi, dalle mie infime e limitate capacità umane – era un mostro dopotutto, ed era parimenti l'unico essere sulla faccia della terra che fosse rimasto al mio fianco.

Ogni volta che mi spingeva al suolo, attendeva pazientemente che mi rialzassi.

Ma sapevo anche che non avrebbe permesso che sfuggissi alla sua presa, avevo amaramente compreso che orami a legarci vi era ben più di un semplice contratto tra demone e padrone: il suo compito era proteggermi e restare al mio fianco, dovunque e in qualunque circostanza; che avessi suscitato il suo interesse, le sue inquietanti ed infauste affezioni, era solo un'ulteriore conferma ai miei timori – che non sarei riuscita a sfuggirgli nemmeno nella morte.

Sorrisi amaramente ripensando sardonicamente alla tragicità del mio destino: distruggi ciò che distrugge te? Non sarei riuscita a togliermi la vita nemmeno se avessi voluto: ero terrorizzata all'idea di un tormento eterno ad opera di quel demone, pronto a seguirmi e perseguitarmi persino nell'oltretomba. Divertente come il mio stesso ordine si fosse tramutato nella mia condanna.

Nonostante rimuginassi spesso sulla possibilità di porre fine ai miei tormenti, in cuor mio avevo già deciso che se fossi morta – in un modo o nell'altro - , non gli avrei concesso la soddisfazione di potersene ritenere la causa. Quel bastardo ne avrebbe tratto un immenso, malato piacere

Solo a pensarci, rabbrividii.

Fu allora che due pallide braccia si strinsero attorno a me in un abbraccio soffocante, risvegliandomi improvvisamente dal mio flusso di coscienza e ricordandomi ancora una volta dell'ineluttabilità della mia condizione.

<< Demone, dimmi che mi ami. >> sospirai, appoggiando tutto il peso sul suo corpo immerso nell'acqua ormai gelida della vasca. Il demone fece scivolare le sue grandi mani lungo le mie cosce, diffondendo una pungente sensazione di calore in tutto il corpo, ormai freddo a causa dell'acqua. Il demone rimase in silenzio mentre la sua bocca premeva insistentemente contro il mio orecchio, curandosi di istigarmi più volte con la sua maledetta lingua. Le sue mani risalirono verso il mio torace, tracciando con le dita ogni costola che incontrava lungo il cammino, germinando il seme dell'ingordigia nei miei lombi. Proprio quando mi accingevo ad apostrofarlo nuovamente, una mano strinse il mio mento, spingendo il mio volto verso il suo e catturando le mie labbra nelle sue, passionali e feroci al tempo stesso.

Il mio corpo, che si andava progressivamente riscaldando sotto l'ipnotica influenza delle sue movenze azzardate, reagiva remissivamente ai suoi seducenti tocchi, sperimentando un'estasi che ormai era divenuta la mia anestesia preferita - eppure la mia mente riusciva solo a concentrarsi sull'amarezza di quei baci gelosi, affamati, che reclamavano ogni singolo centimetro del mio fragile corpo. Quando il demone decise di liberarmi da quella morsa fatale, i suoi occhi sprofondarono nei miei, sorridenti:

<< Ma padroncina, io non posso dire bugie. >>

   
 
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