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Autore: nouveau    12/07/2018    3 recensioni
Adrien Agreste sarebbe potuto essere la persona più brutta, arrogante e trascurata del mondo, alle sue orecchie -come a tutte quelle pronte a prestargli un minimo di attenzione- la sua voce sarebbe risuonata come la più dolce delle melodie.
[AU]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La parola d'ordine di ogni buon doppiaggio è una sola: caffè.
I tempi possono essere serrati, i ritmi frenetici, ma lì, tra gli ingranaggi invisibili all'occhio umano delle macchinette quel liquido scuro scorre indisturbato, presentandosi fulmineo alle evocazioni di persone stanche, con la gola secca e che vorrebbero solo farsi una sana dormita.
Il doppiatore prima di essere la realizzazione di un sogno e di una passione è un lavoro e i lavori spesso comprendono turni con orari non proprio piacevoli, qualcosa che pur essendo un Agreste -riusciva quasi a sentirlo, quel piccolo trademark posto proprio accanto al suo cognome, come un codice a barre postogli alla nascita sotto un piede o sulla nuca- di certo non poteva evitarsi.
E fu quindi con un sospiro di sollievo che Adrien prese il bicchierino di plastica dal distributore, inspirando l'aroma della bevanda prima di accingersi a rimescolarla per liberarsi dello zucchero posato sul fondo, sollevando il capo dal proprio tesoro solo quando una mano familiare non colpì amichevolmente -e forse troppo forte- la sua schiena, facendolo sobbalzare.
« Buongiorno, amico! »
Un lamento inarticolato e un paio d'occhi spauriti furono la risposta al saluto. 
Alle sette del mattino, allegro e pimpante come pochi al mondo nella sua solita tenuta portafortuna -una maglietta comprata su Tee Tee con il design di un occhio per richiamare la buona fortuna, a detta di sua madre, e l'inseparabile cappello da baseball rosso- Nino Lahiffe per poco non rischiò di far volare di mano ad un Asterix particolarmente assonnato la sua pozione magica, di schizzare di caffè una povera camicia e, ultimo ma non meno importante, di indispettire un esemplare di Gabriel Agreste a pochi minuti dalla primissima lettura di un copione.
« Nino!! »  sbottò sottovoce Adrien, riacquistando velocemente la parola e una postura dritta, battendo al nuovo arrivato un pugno contro le nocche prima di bere il caffè in un colpo solo, ben conscio di quanto fosse inutile anche solo offrire all'altro  un piccolo sorso.
Da bravo marocchino avrebbe trovato più di suo gusto un bicchiere di tè alla menta e lui, che di pomeriggi passati a berne da Nino ne aveva passati tanti lo capiva perfettamente.
Da dietro le lenti e la spessa montatura scura, comunque, il moro gli rivolse uno sguardo, captando con gli occhi ambrati i muscoli tesi e i segnali di allerta e di pericolo che il corpo del doppiatore lanciava in cerca di aiuto, premurandosi di avvolgergli le spalle in quello che per entrambi ormai era un rito.
Adrien cercava spesso di evitare impieghi che lo obbligassero a lavorare in presenza -ma soprattutto con- suo padre, colpa della lunga esperienza vissuta sotto la sua supervisione con la parentesi Harry Potter e il decennio in cui Gabriel -a cui, sia chiaro, il figlio voleva un bene dell'anima- in sala di registrazione si trasformava in un despota e schiacciava il più giovane degli Agreste con la sua esperienza, la sua tecnica affinata nel tempo e finiva con il distruggerlo definitivamente con la subdola tattica dell'orgoglio di famiglia da mantenere alto. 
Adrien, se possibile, in quel frangente odiava suo padre o, semplicemente, odiava come il genitore non vedesse in lui nient'altro che un cavallo vincente, un purosangue già sellato e pronto ad attraversare il traguardo, non tenesse a lui per quello che era innegabilmente:suo figlio
La mano calda dell'amico gli lasciò tra i capelli una carezza che ebbe il potere di scompigliarglieli leggermente e riportarlo al presente, posando poi sulla sua spalla un'altra pacca. 
« Ora entra e spacca tutto. »
Senza poterci fare niente rise, rizzandosi rinvigorito prima di entrare nella sala riunioni.

La parola magica di Adrien per un doppiaggio era una sola: Nino.

***

Se il provino era andato bene allora poteva calmarsi, poteva evitarsi la tachicardia, la sudorazione eccessiva, il torturarsi le mani al di sotto del grande  tavolo su cui poggiavano i copioni del pilot, no? 
No? 
No.
Se possibile, Marinette era anche più nervosa della settimana precedente.
Se possibile, Marinette sentiva ogni cellula del corpo percepire e reagire ad ogni spostamento d'aria, un'energia che non capiva e per questo trovava affascinante, una sensazione che la sovraccaricava ma allo stesso tempo le toglieva le forze.
E una paura folle che non provava dall'inizio del liceo, il terrore di dire/fare la cosa sbagliata e bollarsi per sempre come la nuova recluta socialmente imbarazzante ma discreta nel suo lavoro.
Guardando la sedia vuota accanto alla propria sentì la mancanza di Alya, dell'adorabile e petulante giornalista boccalarga che le riempiva la testa di chiacchiere e le rimetteva la terra sotto i piedi quando era sul punto di sentirsela mancare.
Deglutì, tornando a spiare distrattamente la pila ordinata di fogli, ogni plico posto al posto giusto, e poi il profilo severo ed altero di Gabriel Agreste che, benché i capelli brizzolati e l'età -un'informazione che non si era risparmiata, rileggendo ossessivamente la sua pagina personale di Wikipedia- vantava ancora una bellezza e un fascino che aveva il potere di gelarle il sangue, alla stregua di un grande predatore:meraviglioso ed agghiacciante, letale.
Con un sospiro si dedicò a sistemare la bretella della borsetta che si era portata dietro per l'ennesima volta, facendosela scivolare tra le mani e finire per terra con un clangore metallico quando una voce fin troppo familiare -paradossale come una voce a lei così nota, i cui effetti le erano così catastrofici, appartenesse a uno sconosciuto- salutò con un allegro -e meraviglioso, come qualsiasi cosa dicesse- « Salve a tutti! »
Marinette, china sulla propria borsa, non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo dal pavimento, di rimettersi dritta sulla sedia che prese a sembrarle scomoda come un letto di spine, non le riusciva nemmeno di respirare decentemente.
Avvertiva semplicemente tutti salutarsi con tranquillità intorno a lei mentre le sue mani non volevano saperne di afferrare l'oggetto caduto da terra, tremante come un piccolo chihuahua emozionato per un ospite.
Una mano -non sua- però si premurò di raccogliere la piccola tracolla per porgerla alla proprietaria i cui occhi erano puntati ostinatamente sul pavimento.
« È tua? »
Marinette, ti ha appena fatto una domanda! Rispondi, santo cielo!
Incapace di parlare o in generale fare qualsiasi cosa, la ragazza annui appena, vedendo di sottecchi cinque dita affusolate poggiarle la borsa davanti prima di prendere posto.
Accanto a lei.
Le venne naturale spiare di soppiatto il ragazzo che le si era seduto affianco, sentendo qualcosa in lontananza rompersi, un distinto -ed estremamente scenico- rumore di cocci rotti, dei pneumatici grattare la strada in una frenata brusca e un fischio distante, come quello di una teiera. 
Un vaso, una cornice con una foto, una cristalleria, tutto e niente si ruppe in mille pezzi. 
Non importava cosa, semplicemente era rotto. 
Adrien Agreste sarebbe potuto essere la persona più brutta, arrogante e trascurata del mondo, alle sue orecchie -come a tutte quelle pronte a prestargli un minimo di attenzione- la sua voce sarebbe risuonata come la più dolce delle melodie.
Sì. Certo. Sicuramente. 

Peccato che Adrien Agreste fosse anche bellissimo.




Ho superato le 1000 parole e scritto un secondo capitolo, la mia giornata si è conclusa bene.
Inoltre ho preferito glissare tutta la parte descrittiva di Adrien -non perché tutti lo conosciamo bene, anche se la tentazione c'era tutta- perché mi sembra giusto introdurli l'un l'altro almeno un pochino prima che Marinette inizi seriamente ad esaminarlo ciocca per ciocca e fargli le radiografie.
Per lo stesso motivo ho evitato di riferirmi ai capelli biondi di lui o a gli occhi azzurri di lei: c'è tempo.
Prendendo come un buon segno questi due capitoli usciti tanto vicini vi saluto.
Un bacio,

                 nouveau
(che, come il titolo di questa storia,
   è uno pseudonimo provvisorio)

   
 
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