Titolo
della storia: Non
tutti sanno
Nickname forum e
autore/autrice: Rinalamisteriosa
Fandom: Yuri on Ice
Personaggi e/o pairing: Pichit
Chulanont (no pair)
Localizzazione: (specificare qui se la
vostra storia è ambientata in un punto ben preciso della trama del fandom, se si
colloca prima/dopo un evento particolare o se, invece, è slegata dalla trama ed
è inserita in un punto indefinito della stessa) Prima dell’anime, anche se non
mancano riferimenti a esso.
Generi: Introspettivo, Slice of
Life
Avvertimenti: nessuno
NdA: 896 parole. È sempre fonte
d’ispirazione, per me, non sapere come un personaggio abbia trascorso la sua
infanzia. Mi piace rifletterci sopra ed è quello che ho fatto con questa breve
one-shot. Considerato che i riferimenti nell’anime sono davvero pochissimi, ho
condotto delle ricerche un po’ in generale su Bangkok e sulle caratteristiche
dei thailandesi, scoprendo cose interessanti ** loro sono molto diversi da noi e
prendono la vita con filosofia, oltretutto sorridono anche nei momenti
difficili, questa è realmente una loro caratteristica e una loro forza. Inoltre,
ho letto che spesso i bambini in Thailandia crescono accuditi dai nonni, proprio
perché i genitori lavorano e ho immaginato lo stesso anche per lui,
fantasticando a modo mio ^^
Ovviamente
ogni frase è ponderata o generalizzata, nel senso che Pichit non ha sempre sei
oppure otto anni, quando per esempio parlo della gita scolastica immaginatelo di
dieci anni altrimenti sembra strano xD
Tutti
quelli che seguono il pattinaggio di figura, riconoscono Pichit Chulanont come
il più giovane, nonché unico e promettente, pattinatore thailandese negli ultimi
anni a questa parte.
Tutti
vedono quel ventenne dalla pelle bronzea, non molto alto, slittare elegantemente
sulla pista ghiacciata con grinta e disinvoltura, un principe talentuoso e
allegro che elargisce inchini e che trasmette la speranza di vedere il suo sport
divenire popolare anche nella sua fascinosa Thailandia.
Tutti
possono seguire le sue pagine social, che lui puntualmente riempie di selfie entusiastici fatti da solo, o di
momenti catturati durante gli incontri casuali con i suoi colleghi e amici
provenienti da diverse parti del globo, ma accomunati dalla passione per il
pattinaggio artistico.
Da
questi scatti digitali si intuisce la sua personalità affabile e curiosa, dai
video si vengono a sapere i suoi progressi tecnici e i suoi risultati
agonistici, dalle interviste occasionali emergono alcuni aneddoti simpatici,
tipo il fatto che lui abbia tre teneri criceti come animali da
compagnia.
Tuttavia,
non tutti sanno com’era Pichit prima che il suo “talento” venisse scoperto sulla
pista di pattinaggio edificata dentro un centro commerciale di
Bangkok.
Le
sue origini, la sua infanzia, restano avvolte dal mistero, o meglio, riservate
dal diritto alla privacy.
Ciò
nonostante, non è difficile immaginare che Pichit sia stato un bambino come
tutti gli altri, rispettoso e vivace, che sia nato e cresciuto in uno dei
caratteristici quartieri della capitale thailandese, all’interno di una casetta
bassa e ospitale nello stile della sua terra, con alcuni finimenti di paglia e
le lanterne appese ai lati della porta principale.
Quando
i genitori lavoravano, il piccolo passava le giornate a casa dei suoi nonni,
dove era abituato ad ascoltare le storie tramandate dagli avi, ad aiutare con le
faccende domestiche, a recitare con loro le preghiere rivolte a Buddha, a
studiare, dopo aver prima imparato a leggere e a scrivere, a giocare con uno skateboard artigianale, imparando così a
mantenere l’equilibrio, e a sorridere spesso e volentieri.
Si
poteva benissimo intravederlo, mentre con le sue gambette agili si aggirava per
le strade animate, piene di colori sgargianti e impregnate da incensi o profumi
speziati, deciso a portare a termine una commissione, oppure diretto verso la
scuola pubblica frequentata insieme agli altri bambini.
Ed
eccoli lì, con i suoi scuri capelli ordinati in una frangetta che ricadeva poco
sotto le sopracciglia, con i suoi occhi grigio fumo, con il suo immancabile
sorriso, uno zainetto puntualmente piazzato sulla spalla e il berretto della
gita scolastica, mentre insieme alla sua classe si recava in visita ai monumenti
più importanti e particolari della città
degli angeli, come è soprannominata Bangkok. Sua madre gli aveva lasciato in
custodia la macchina fotografica di famiglia e Pichit si divertiva a immortalare
con essa la visuale per lui migliore che avevano da offrire quegli immensi e
suggestivi templi, quei musei dalla solida architettura e quei grattacieli che
svettavano verso il cielo cosparso di candide nuvolette qua e là. Era stata
certamente la sua prima esperienza con le foto, quella che sarebbe stata poi, in
futuro, un frivolo passatempo in evoluzione grazie ai selfie con lo smartphone. Allora era
troppo piccolo per permettersene uno, ma il bambino non ci pensava, viveva
ugualmente la sua vita spensierato, giorno per giorno, facendo tesoro degli
insegnamenti che gli venivano elargiti come un dono da custodire dentro di sé,
che formavano la sua cortesia e la sua educazione. Fu così che Pichit era
diventato indipendente fin dall’infanzia, perfettamente in grado di decidere
cosa potesse diventare da grande, cosa potesse sognare per il suo
futuro.
Nessuno
poteva saperlo, a parte pochissime persone, ma era successo che, quando lui
aveva sei anni, era rimasto per giorni a letto, preda di una brutta influenza
che aveva colpito un po’ tutti quanti nella metropoli. Sua madre, santa donna,
aveva fatto in modo di spostare l’unica televisione di cui disponevano, una
piccola scatola grigia, di fronte a lui. Mentre si riprendeva dal malanno,
ancora convalescente e con la minestrina sul comodino, aveva visto un film, Il Re e il Pattinatore, un
lungometraggio di circa due ore che l’aveva affascinato davvero, più di un
qualunque anime per bambini. Doveva assolutamente provare quello sport, pensava,
anche se il pattinaggio, in Thailandia, era alquanto raro che venisse praticato
da qualcuno. C’erano il calcio, il golf, la boxe thai, il takrav, ma non quella disciplina
sportiva. Perciò il piccolo, che non aveva mai insistito con i suoi affinché gli
regalassero qualcosa, chiese insistentemente se potevano fare quell’acquisto per
lui. Allora i due adulti, colpiti, misero da parte con parsimonia, a poco a
poco, la somma per comprargli un paio di pattini laminati e dei vestiti adatti.
A sette anni gli arrivarono per posta, a otto Pichit, dopo un anno da
autodidatta, aveva già imparato come portarli, senza l’aiuto di nessuno,
provando e riprovando, cadendo e rialzandosi, senza mai perdere la voglia di
sorridere, che alla fine è anche una caratteristica peculiare dei thailandesi,
il popolo del sorriso.
Quel
giorno, il bambino indossava una t-shirt rossa e un pantalone nero: era
piuttosto bassino per la sua età, dimostrava ancora sei
anni.
Quel
giorno, al Central World, il centro
commerciale più grande di Bangkok, qualcuno di importante gli aveva rivolto
tantissimi complimenti.
Era
stato quello il preludio di un sogno, l’inizio del cammino in salita, duro e
talvolta pieno di ostacoli, ma esaltante e gioioso, di Pichit
Chulanont.
___
Disclaimer:
Il personaggio citato non mi appartiene e non ho scritto a scopo di
lucro.
Ringraziamenti:
A rhys89 per l’idea del contest, a
un’amica misteriosa per averla letta in anteprima, a voi che mi seguite
<3
Alla
prossima! :D
Rina