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Autore: La_Sakura    13/07/2018    4 recensioni
Diciassette anni e una città nuova: una sfida per crescere e maturare, ma soprattutto per fare chiarezza con i propri sentimenti. Queste le premesse all'arrivo di Sakura nella ville Lumière. Ma il detto "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" si rivelerà corretto? D'altronde il suo cuore è già impegnato... oppure la confusione nella sua testa aumenterà, fino a farle dubitare persino dei suoi sentimenti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Inutile, la caduta della Monarchia francese non mi rimarrà mai e poi mai in testa, se continuo a fissare il panorama fuori dalla finestra della biblioteca.
«È tutto il pomeriggio che sei distratta. – osserva Yves, posando la matita in mezzo al libro di matematica – Va tutto bene?»
«Sono un po’… persa nei miei ricordi. – sorrido, tornando a puntare lo sguardo sulla pagina del libro di storia – Non riesco a concentrarmi.»
«Con te i professori avranno un occhio di riguardo, ma con noi…» borbotta Jacques, stiracchiandosi dopo aver sollevato il naso dall’eserciziario di tedesco.
«Non voglio occhi di riguardo, non sarebbe giusto. Ora mi ci metto.»
«Ma dai! – Jacques, a cui manca proprio la voglia di studiare, mi toglie il libro da sotto il naso e lo sfoglia – Non c’era anche un fumetto che parlava di ‘ste robe?»
Scoppio a ridere attirandomi gli sguardi irritati della bibliotecaria.
«Non vorrai che mi metta a raccontare la storia di Berusayru no bara! Magari canticchiando pure la sigla dell’anime
«Che hai, Sakura? Ultimamente sei strana…»
«Ho ricevuto una lettera da un’amica…»
«Brutte notizie dal Giappone?»
Scuoto il capo.
«Affatto. – estraggo la lettera dalla mia tracolla e ne tiro fuori la foto – Solo nostalgia, tutto qua.»
Li vedo curiosi avventarsi sull’immagine e scrutarla nei minimi dettagli.
«Qual è? – chiede improvvisamente Jacques – Qual è quello che ti sta spezzando il cuoricino?»
Arrossisco violentemente, con lui non ne ho mai parlato in maniera diretta: con l’ìndice indico Taro, accanto a Ishizaki, col pallone sotto braccio.
«Un calciatore.» annuisce.
«Non ho avuto molte altre frequentazioni… e se vogliamo dirla tutta, è pure il migliore amico di mio fratello…»
«Sono stati carini a spedirti la foto.»
«Kumi sa essere… come dire… molto convincente.» sorrido dolcemente osservando la ragazza che, con un sorriso a 32 denti, è seduta davanti a tutti i ragazzi.
«Ti aspettavi un po’ più di calore da parte sua?» mi incalza Yves, evidentemente lascio davvero trasparire molto malessere.
«No. – sospiro distogliendo l’attenzione dalla foto – Non mi aspettavo che Marie Antoinette facesse quella fine, ma ci pensate, povera donna?»
Li vedo sorridere e sono davvero felice. Incontrarli è stata una grande fortuna, per me.
 
È il quinto negozio di giocattoli in cui entro, ancora non ho trovato nulla di soddisfacente, e il compleanno di Daichi si avvicina. Sospiro mentre esco dopo aver salutato una commessa delusa per non avermi convinto con nessuno dei giocattoli che mi ha mostrato.
Da quando è nato, è il primo compleanno che passo lontana da lui, e non voglio regalargli qualcosa di banale. D’altro canto, non è neanche facile trovare qualcosa di adatto ora che mi trovo qui a quasi 10.000 km di distanza.
Sospiro e riparto nel mio vagare, sembro quasi una turista da come mi guardo intorno.
«Ah quindi è questo “l’impegno inderogabile” per cui ci hai abbandonati? Vagare per la città senza meta?»
Riporto l’attenzione sulla strada davanti a me e incrocio il volto sorridente di Jacques.
«Senza meta ma con un obiettivo… che in questo momento mi pare la cosa più difficile del mondo…»
Mi si affianca e mi passa un braccio attorno alle spalle con fare protettivo.
«Niente è impossibile, se lo si affronta con gli amici: avanti, che stai cercando?»
«Devo trovare un regalo per il mio fratellino, tra poco compie gli anni…»
Lo vedo portarsi la mano destra al mento e annuire pensieroso.
«Ho un’idea, ma devi fidarti di me.»
Prendiamo la metro, qualche fermata, poi usciamo e camminiamo altri 10 minuti. Arriviamo davanti a un negozietto in una zona che non ho mai frequentato: la vetrina è scura e si intravedono alcuni oggetti in legno, di cui però non capisco la natura.
«Coraggio, entriamo.»
L’atmosfera all’interno è cupa tanto quanto la vetrina, e un leggero brivido mi corre lungo la schiena.
«Jacques, ma dove mi hai portato?»
«Tranquilla. – mi sorride e mi tende la mano – Qui sono come a casa.»
«Oh, guarda chi è venuto a trovarmi.»
Dalla penombra del fondo del locale vedo avvicinarsi un uomo: è anziano, un po’ ricurvo, usa il bastone per camminare e ha degli spessi occhiali da vista, ma ha l’aria dolce, da nonno.
«Monsieur Girard, questa mia amica viene da molto lontano, è giapponese, e deve spedire un regalo al fratellino che compie gli anni.»
«Ah, mia cara, benvenuta nella mia bottega.» mi accoglie con un sorriso.
Mi guardo intorno, sullo scaffale alla mia destra ci sono un sacco di piccole giostre di cavalli, di varie dimensioni.
«Sono carillon.» mi illumina lui, avvicinandosi e prendendone uno, che mi porge poi con un sorriso.
Osservo l’oggetto e credo di essermene già innamorata: i dettagli dei cavalli sono curati in maniera perfetta, il tetto della giostra è dipinto con colori sgargianti nelle tonalità del rosa e del fucsia; i pali a cui sono attaccati i cavalli sono dorati e intarsiati, è tutto veramente perfetto.
Jacques prende il carillon dalla mia mano, lo solleva, carica la rotellina e lo appoggia sul bancone. La melodia riempie la stanza e la giostrina inizia a girare.
«È davvero meravigliosa…» mormoro, incantata.
«Come ti chiami, mia cara?»
«Mi chiamo Sakura, come…»
«I fiori di ciliegio.» annuisce lui. Lo scruto, piacevolmente stupita, quindi mi fa cenno di seguirlo nel retrobottega: titubante, osservo Jacques, che mi fa l’occhiolino e mi incalza.
Il retrobottega non è altro che il laboratorio dove questo Monsieur Girard crea questi semplici oggetti di sicuro effetto. Si ferma al centro e mi indica la parete alla sua sinistra, e rimango senza fiato: ci sono almeno una decina di quadri raffiguranti ambienti giapponesi. Fiori di ciliegio, il monte Fuji, una geisha che cammina a bordo di un laghetto…
«Non posso crederci…» mormoro, avvicinandomi ai quadri. Potrei sbagliarmi. Potrei. Ma la firma è la sua.
«Misaki–san…» sussurro.
«Ah, lo conosci? – Monsieur Girard mi si avvicina – Ichiro ha vissuto qui sopra per qualche mese con suo figlio, un caro ragazzo. So che ora sono tornati in Giappone.»
Annuisco, mentre le lacrime fanno capolino e mi annebbiano la vista. Mi avvicino al quadro che rappresenta il Fuji–san, lo accarezzo dolcemente e sorrido.
«Questa è più o meno la vista dalla finestra della mia camera.» mi volto verso Jacques, e gli sorrido; lui annuisce col capo, le labbra leggermente piegate all’insù.
«Il mondo è piccolo. – sentenzia l’artigiano, sedendosi alla sua postazione e ricominciando a decorare una ballerina che aveva momentaneamente accantonato per accoglierci – Anche se so che Monsieur Misaki è uno che ha girato molto.»
«Si è trasferito a Nankatsu poco dopo me e mio fratello. – rispondo, continuando a passare in rassegna i quadri – E se ne è andato dopo pochi mesi, Giusto il tempo per farci affezionare a lui e a suo figlio… Taro…» aggiungo poi, voltandomi verso Jacques, che rimane stupito.
Mi fermo davanti a un quadro raffigurante un campetto da calcio e dei bambini che giocano: le divise sono inconfondibili, Shutetsu vs Nankatsu. C’è persino Wakabayashi, lo riconosco dall’immancabile cappellino. E sugli spalti, appena accennati, ci sono dei personaggi.
«La bambina col vestitino a righe sono io… – mormoro, indicandola. Un moto di commozione mi assale ma non faccio nulla per fermarlo – Ricordo bene questa partita… è stata quando abbiamo conosciuto Taro. Non sapevo che Misaki–san l’avesse messo su tela. È davvero splendido.»
«Allora, cérise. – Jacques attira la mia attenzione, francesizzando il mio nome – Pensi che Monsieur Girard possa esserti utile in qualche modo?»
«Altroché!» esclamo a colpo sicuro.
 
«E tu quando compi gli anni?» mi chiede Yves, mentre sto finendo di impacchettare le lettere di legno che ho preso per Daichi. Sulla mia scrivania fa bella mostra di sé il carillon con i cavalli e una riproduzione della Tour Eiffel che nella mia mente deve essere il regalo di Natale per Taro.
«Perché vuoi saperlo?» chiedo, mentre osservo la scatola che ho riempito di carta di giornale.
«Perché non vuoi dirmelo?»
Mi metto a sedere comoda sul letto e osservo soddisfatta il pacchetto regalo per Daichi.
«Li compio il tre dicembre.»
«Compi gli anni tra meno di due settimane e non me lo volevi dire? Chérise!» mi riprende, piccato.
Ecco, parliamo di Chérise. Da quando Jacques mi ha chiamato cérise nel laboratorio di Monsieur Girard, lui e Yves si sono divertiti un sacco a chiamarmi in quel modo, per poi arrivare a mescolarlo a chérie, e da lì è nato Chérise che, a quanto pare, è diventato il mio nome ufficiale.
«Capirai che importanza ha, è solo un compleanno.»
«Il tuo diciassettesimo, per la precisione. – sottolinea lui – Non possiamo farlo passare inosservato.»
Scrivo l’indirizzo sul pacchetto e metto il mittente, poi lo appoggio sulla scrivania e con lo sguardo mi perdo fuori dalla finestra.
«Da quando Tsubasa è partito, col fatto che poi è nato anche Daichi, non ho mai festeggiato molto il mio compleanno. Giusto un gelato coi ragazzi della squadra, niente più…»
Lui non dice nulla, ma prende in mano il pacchetto e lo rigira tra le mani.
«E sia, – dice poi – un bel gelato. Anzi, visto che siamo in Francia, una bella crêpes.»
Gli sorrido, eternamente grata, e lui ricambia dandomi un buffetto sulla testa.


Lo so, la casualità dei quadri di Ichiro Misaki è troppo coincidenza per essere vera, eppure... eppure succede, fidatevi di me! 
Parigi ha un legame profondo con i Misaki, e Sakura se ne rende conto ogni giorno che passa. La sua mente è sempre focalizzata lì. E poi c'è il compleanno di Daichi: ho fatto due rapidi calcoli (rapidi per modo di dire... alla Takahashi XD) e sinceramente mi piaceva la dualità del compleanno del fratellino ravvicinato al suo, un altro modo per giustificare (ma non troppo) quel suo sentirsi mancare l'aria a stare in Giappone. 
Dicembre è alle porte, il mese di Natale, Capodanno e - non dimentichiamolo - il mese dell'amichevole fra Francia e Germania *fa l'occhiolino a tutti*
Vi abbraccio 
Sakura 

 
   
 
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