Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Cry_Amleto_    13/07/2018    1 recensioni
Tratto dal testo: "Non esistono suicidi, solo omicidi consentiti."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Ma ora non ha importanza'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Incomincio col dire che ciò che ho scritto non ha senso. No, davvero. In teoria mi ero messa al computer per scrivere un articolo, invece sullo schermo si è presentato questo aborto, così, all’improvviso. E in qualche modo strano mi è piaciuto, come solo le cose deformi, tristi e sole possono piacermi. So, se la noia vi tortura come niente al mondo potrà mai fare, leggete pure. E con questo sparisco prima di dire/fare cose. -
 
Che disastro.
Sono un disastro.
Non avrei dovuto fidarmi di lei.
Non avrei dovuto fidarmi di me stessa.
Sono sempre stata così autodistruttiva, tanto da buttarmi tra le braccia di qualcosa che sarebbe diventato peggiore della morte.
Dolore sordo.
Non riesco nemmeno a dargli un nome.
Cosa provo? Non lo so.
Più nulla probabilmente.
Sono così mortalmente lucida ora.
Riesco a vedere con chiarezza la mia stupidità, la mia ingenuità.
Come ho potuto dimenticare, perdonare?
Stupida. Stupida. Stupida.
Me lo merito.
Mi merito questa morte disonorevole qui, in questa vasca da bagno.
L’acqua continua a traboccare dai bordi. Dovrebbe essere calda. Invece sento freddo. Ho freddo.
Sarà perché ciò che mi teneva al caldo – il sangue nelle vene, l’amore, lei – sta fluendo rapidamente via.
Ti ho permesso anche di uccidermi, alla fine.
 
 
Ho sempre provato ribrezzo verso i suicidi. Come poteva qualcuno essere talmente codardo da buttare via tutto? È facile scegliere la morte, invece di combattere per la vita. Solo ora capisco che tutte quelle centinaia di migliaia di persone che l’hanno fatto, in realtà era già morte prima di dare l’ultimo saluto. È triste condannare un corpo a vivere quando non c’è più niente ad abitarlo. Non esistono suicidi, solo omicidi consentiti. Ognuno di loro ha un colpevole, che però non vedrà mai la propria immagina infangata, il proprio nome condannato. Spero solo che se al mondo esista un Dio buono e giusto, non condanni solo noi fautori della cessazione della nostra vita corporea ma anche coloro che hanno torturato la nostra anima fino ad annichilirla, dissanguarla, ridurla in brandelli, fino a cancellare il ricordo stesso della sua esistenza.
 
 
Che necessità avevi di uccidermi, uh?
Non ti bastava tutto il male che mi avevi già fatto?
No, non è bastato a te, che sei colei che mi ha donato la speranza e che poi me l’hai brutalmente sottratta, ridendo di me, ancora, ancora e ancora.
Avevo accettato il tuo disprezzo, lo avevo fatto mio, coccolandolo e stringendolo a petto come il più caro dei tesori. Odio e amore non sono forse le due facce della stessa medaglia?
E poi, dopo il dolore, riuscivi a darmi tanto di quello amore che il primo perdeva importanza.
Mi stringevi, dicevi di amarmi, che non avessi mai visto creatura più bella di me. E io ti amavo, ti amavo, ti amo.
E ora ti sto dicendo addio, amore mio. Mio unico amore. Mio unico odio.
 
 
Piango.
Perché sto piangendo?
Per me? Per te?
E che lacrime sono? Lacrime di paura perché potrebbero essere le fiamme dell’Inferno a prendersi ciò che resta della mia anima impura? Lacrime di gioia per l’imminente liberazione? Lacrime di dolore, quello da te inflitto? Lacrime di nostalgia, perché non potrò più assaggiare il miele delle tue labbra?
Non ha importanza, in fondo. Sto andando via, ora. Abbandonerò tutte le domande in quest’acqua calda fredda, supplicandone l’ inesistente risposta attraverso queste lacrime calde fredde, cantandole attraverso il rossastro che mi fa da culla e tomba.
Chissà cosa farai quando mi troverai, in questo bagno che è – era? – nostro . Piangerai? Scrollerai le spalle e andrai a trovarti un altro giocattolo, magari mormorando improperi per essermi rotta troppo presto? Pregherai per la mia anima? Mi maledirai? O non sprecherai un altro pensiero per me?
Probabilmente non sarai tu a trovare il cadavere che i tuoi sguardi affilati e le tue parole venefiche si sono lasciati dietro. Te ne sei andata. Non hai sbattuto la porta. Non ti sei voltata indietro. Non c’è nessun oggetto qui che rimanda alla tua esistenza, non un suono, non un odore.
 
Per tutto questo tempo sei forse stata un sogno, un’illusione, un nuovo stratagemma della mia mente autolesionista per farmi ancora più male? Se così è, allora questa è la fine che merito, vergognosa, disonorevole, ignominiosa. Ma se sei solo un parto del mio Vuoto, allora perché non appari di nuovo, solo per pochi attimi? Perché mi lasci morire da sola?
 
 
Freddo. Così tanto freddo.
Torna da me. Per favore. Non voglio andarmene da sola.
Riscaldami ancora, solo un po’. Riesco quasi ad immaginarlo il tuo calore, a sentirne il profumo.
Sto scivolando così lontano.
Sono passi quelli che sento?
È la Signora in Nero che sta venendo a cogliermi?
Vorrei sorridere, grata. Forse se vado via questo freddo smetterà di attanagliarmi. Forse da qualche parte, se ho ancora delle labbra, queste si stanno curvando. Lo spero. Sarebbe bello morire sorridendo.
Poi, improvviso, calore. Mi avvolge il polso. Curioso: pensavo di aver perso ogni sensibilità, eppure quel caldo riesce a penetrare la barriera di incoscienza.
Sento le palpebre – pensanti, così pensanti – sollevarsi leggermente.
Oh. Sei tu. Sei tornata. Per me?
Le tue labbra morbide, quelle dolci come il miele, si stanno muovendo. Stai dicendo qualcosa? Non riesco a sentirti, mi spiace, sono troppo lontana.
I tuoi occhi. Sono rossi. Stai piangendo? Stai piangendo per me? Oh.
“Sveglia” è questo ciò che stanno componendo le tue labbra? “Devi stare sveglia.”
Forse sorrido, o forse no. Trovo tutto questo terribilmente buffo. Non sto dormendo, me ne sto andando, non l’hai capito? O forse sì, forse l’hai capito, ma non vuoi lasciarmi andare. Perché mi ami. Quella parte di me che ho messo a tacere così a lungo, quella cinica, disillusa, sfiduciata, ride. Devo morire per attirare la tua attenzione, dunque? E all’improvviso sono triste, così triste. Non voglio vederti piangere. Non piangere. Tra un po’ andrò via e potrai essere libera anche tu, dalla mia presenza che ti rende così triste, che ti invecchia, ti infiacchisce, ti inacidisce, ti trasforma in una persona così diversa da quella della quale mi sono innamorata. Lo so, lo so che è colpa mia, che sono io che ti ho cambiata. Anche per questo devo andare, capisci? Per te, per me. Le palpebre si abbassano esauste.
 
 
Altro freddo caldo, improvviso. Mi hai avvolta tra le tue braccia, mi hai sottratto alla mia rossastra culla tomba. Sono stata sempre così piccola e fragile rispetto a te, ma ora mi sento pesante, così pesante. Sarà per questo che quasi inciampi mentre mi adagi su quel letto che era il nostro. Fai per andartene, forse per prendere qualcosa per ricucirmi, forse a chiamare un’ambulanza, forse via di nuovo, sbattendo la porta questa volta perché ti ho fatta arrabbiare, devo aver sporcato tutto, il bagno, i tuoi vestiti, il corridoio, le lenzuola.
Sento di nuovo freddo ora che il tuo calore mi ha abbandonato. Non voglio più sentirlo. Non riesco ad alzare un braccio per afferranti, per costringerti, per una volta, a restare accanto a me. Tutto quello che riesco a fare è muovere le labbra, comporre il tuo nome con un filo di voce inudibile. Non so se mi hai sentita, ma i tuoi passi si sono fermati. Ecco, il calore, di nuovo. Mi stai stringendo la mano, forte.
Sul mio zigomi piove del sale caldo freddo.
Qualche dio deve essersi impietosito, perché riesco a sentire il “Ti amo” che mi dici, la tua voce tremante. Non stai mentendo, questa volta non avrebbe senso farlo.
Ora posso andare.

[1.178 parole]
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Cry_Amleto_