Capitolo
10
Il destino avverso di Madison Square
I giorni
seguenti, dopo quel pranzo letteralmente degno d’onta e umiliazione, furono
decisamente più fortunati.
Le missioni che furono assegnate ai due SOLDIERs
vennero completate con successo. La coppia ormai era riuscita a guadagnarsi una
certa reputazione alla Shin-Ra. Certo, la loro squadra era alquanto bizzarra,
tanto che non erano riusciti a schivarsi i nomignoli stupidi che si appioppano
come sempre ai vip: “il nano violento e il falso ritardato”, li chiamavano.
Ovviamente, i soprannomi era un fatto di assoluta segretezza, molto ufficioso. A
tutti premeva il fatto che Enix rimanesse all’oscuro di tutto ciò.
Però,
nomignoli a parte, avevano un’ottima considerazione. La stima per loro era alle
stelle: non mancavano un colpo. In tutti i sensi, soprattutto per quanto
riguardava Eve.
Comunque, i loro rapporti sembravano migliorare di giorno in
giorno.
Nessun SOLDIER osava avvicinarsi a Enix la mattina. Mad Square però
sì. E questo era un segno della loro apparentemente meravigliosa relazione. Si
sedeva persino di fronte a “lei” a colazione, grandiosa prova di coraggio, a
sorbirsi i suoi…
«Ma che diavolo sarebbe questa? Caffeina? Questo caffè sa di
morte ed è a temperatura sole. Farebbe schifo anche ai cani. Non sei d’accordo
con me, Square? Già che sei lì che mangi, cosa ne dici di un’indigestione?
Coraggio, strafogati fino a star male, così mi allieterò vedendoti soffrire.
Metticela tutta a contorcerti come un verme. Che diavolo, non mangi più? Hai già
perso l’appetito? E dire che pensavo che prendessi l’ovo maltina per alimentare
sin dal risveglio la tua incolmabile stupidità. …Oh, ma cosa devo vedere di
mattina! Guarda, Square, come si è pettinato quello. Dici che ha litigato con il
pettine? …Ehi, ehi! Parla più piano, tu con i capelli biondi! Al mattino è
vietato parlare ad alta voce! …Cosa sono questi rutti a centoventi decibel? Non
siamo in un porcile, ma se vuoi posso accompagnarti al macello! …Dannazione, ho
bisogno di calma, silenzio e tranquillità, ma mi pare di stare in un ambiente
circense! …Tu! Ma cos’è, ti sei
fatto la barba con il coltello per il pane? Se vuoi dico alle inservienti di
sistemare uno specchio in camera tua! Almeno avrai anche un rimedio per il
singhiozzo! …Maledizione, devo trovare un significato a questa esistenza o
finirò nella tomba senza aver concluso un accidenti di niente!»
…e le
sorrideva. Dovevano aver proprio trovato il giusto equilibrio.
Ogni tanto li
si scorgeva ridacchiare, scambiandosi amichevoli gomitate e occhiate d’intesa. A
dire il vero, se qualcuno si fosse avvicinato a loro in quei momenti avrebbe
avuto occasione di capire meglio la situazione. I dialoghi erano
pressappoco…
«Se non fingi di sorridere e dimostrarti felice ti metto un
ombrello in culo e lo apro.»
«D’accordo Enix. Ma tu stai cominciando ad
essermi veramente simpatico… ahia!»
«Non essere blasfemo, Square! Io ti odio,
tu mi odi e questa è l’ultima delle certezze!»
«Dopotutto, sei un ragazzo
onesto, sincero, intraprendente… solo un po’ femminile, magari, ma…»
«Smetti
di bestemmiare o ti rompo le ossa e le te faccio saldare storte!»
Eve doveva
riuscire assolutamente a dimostrare agli altri SOLDIERs di essere una persona di
tutto rispetto: una persona che portava brillantemente a termine le missioni,
che era in buoni rapporti con tutti (escluso il mattino), che completava gli
addestramenti più impegnativi, una persona che poteva persino sopportare Mad
Square e quindi caritatevole e quant’altro.
In sostanza: doveva fare di tutto
per apparire magnifica (magnifico!) agli occhi dei SOLDIERs e soprattutto dei
First Class.
Per raggiungere il suo scopo avrebbe sacrificato persino la
propria dignità fingendo di aver legato con Square. Perché nella concezione
mentale di Eve approcciarsi a Madison era la cosa peggiore e significava
sicuramente perdere la dignità. Gli permetteva persino di sedersi di fronte a
lei a colazione, di passarla a prendere in camera per colazionepranzoecena, di
passeggiare al suo fianco e tante altre cose affabili agli occhi altrui.
“Non sono importanti i mezzi, ma il
fine!” si diceva, ogni volta che stava per cedere.
Era un tipo
decisamente machiavellico.
O forse neanche tanto. Nonostante il suo assoluto
disprezzo per la Personificazione dell’Idiozia, le capitava ogni tanto anche di
sorridere, o addirittura ridere, spontaneamente alle battute del compagno. Era
inevitabile. Non si poteva rimanere seri quando la persona di fronte a te,
convinta, si metteva a dire: «… quattordici, quindici, diciassei, settordici,
quattrovolteventi, novantaquattro, cento!»
Quando Eve poi si rendeva conto,
nel suo piccolo, di trovare quasi piacevole la sua compagnia si disperava. In
quei casi, si puniva all’istante correndo verso il muro più vicino e sbattendoci
la testa contro con violenza inaudita. La flagellazione era fuori moda.
Una
delle volte in cui Mad le riuscì a strappare un mezzo sorriso fu per lei
memorabile. Una sera, l’Eufemismo della Stoltezza si presentò alla sua porta:
«Questo è per te!» le disse, esaltato. Teneva tra le mani un disegno che poteva
benissimo aver fatto un bambino di cinque anni e che doveva secondo lui ritrarre
Eve e Sephiroth mano nella mano. In realtà, sembravano due esseri geneticamente
modificati e che avevano avuto un incidente molto grave. Dopo essersi trattenuta
dal cavargli gli occhi con le dita e aver sforzato i muscoli facciali per
fingersi felice, commentò: «Bravo, Mad. Mi piace molto, lo attaccherò al
frigorifero, così potrò vederlo tutti i giorni.»
«Davvero lo
farai?»
«Certamente. Lo attaccherò di fianco alla mia lista nera.»
«Che
bello!» esclamò Mad, tornando alla sua stanza, saltellando gioioso.
Eve ebbe
la carne greve al viso per svariati giorni.
Insomma, il loro rapporto era
pura finzione. Almeno, per quanto riguardava Eve(lina) Enix.
Il culmine
giunse inaspettato come un ceffone in pieno viso quando, dopo una missione di
massima importanza conclusa vittoriosamente, i Second Class organizzarono una
festa in loro onore con tanto di cartelloni “MADEVE, DUE PERSONE PER DIRE, UN
UNICO NOME DI FATTO!”: Eve sentì il sangue defluirle dalle vene ed ebbe una
soave visione di lei che recideva la carotide all’anonimo creatore di
quell’orrore. Si sentì subito meglio.
Certo, aveva attirato l’attenzione di
tutti. Ora doveva solo imparare un metodo per farsi vedere solo dagli adoni e
non dai roiti senza antifurto. Anche perché, inspiegabilmente, erano i più
stupidi.
***
Mad
PoV By Rob
Shin-ra, camera G8,
Soldier Second Class Madison Square. Ore
23.49
Livello dei SOLDIERs Third Class scarso.
Stop. Second Class: grado di pericolosità elevato. Stop. First Class: livello di
allerta massimo. Stop. Rilevate falle all’interno della struttura per possibile
introduzione all’interno dell’edificio. Stop. Rilevati oppositori interni alla
compagnia. Stop. Possibilità di avere alleati: 68%. Stop. Ho finito i biscotti a
forma di panda. Stop. Potete inviarmene un po’? Stop. M.S
Scrissi
rapidamente il tutto e mi feci un toast.
Queste erano le informazioni che
inviavo via fax, uno strumento antiquato e ormai sconosciuto, alla mia
organizzazione segreta. Nessuno mi avrebbe mai intercettato né scoperto il mio
fax perché ci sbattevo sopra la mia biancheria sporca, quindi era al
sicuro.
Facevo
orgogliosamente parte dei Valanche, un gruppo di rivoltosi, staccatosi dagli
A.V.A.L.A.N.C.H.E per idee contrastanti. Contavamo un numero di tre membri, me
compreso. Quattro contando la nostra mascotte: un bradipo al contrario. Era una
metafora profonda; significava "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio" sommato a
"l’apparenza inganna”. Boh, non ci avevo capito più di tanto, ma mi assicuravano
che fosse così e ne ero orgoglioso.
Beh,
il nome lo avevamo scelto ispirandoci vagamente agli A.V.A.L.A.N.C.H.E. Insomma,
non ci veniva in mente niente, avevamo tolto la A ad A.V.A.L.A.N.C.H.E e avevamo
anche tolto i punti perché scriverlo era un suicidio. Secondo un calcolo di
Piccadilly, un mio compagno, scriverlo per 6 anni consecutivi senza pause,
avrebbe tolto ad un uomo medio cinque mesi di vita.
Non
valeva la pena correre il rischio.
Perché
ci eravamo scostati da A.V.A.L.A.N.C.H.E? Noi volevamo agire subito, gli altri
rivoltosi erano troppo cauti! Ci voleva azione, movimento, dinamismo… e io ne
ero la personificazione!
Ero prudente, riflessivo, attento, uno stratega
nato, ma allo stesso tempo attivo ed energico! Sapevo ciò che dovevo fare…
Ad
un tratto sentii un odore strano. Come di bruciato. Epifania: il mio fax era nel
tostapane, il toast nel fax.
Forse, avevo una considerazione inappropriata di
me.
Ding!
Ehi,
un fax! La risposta degli altri!
Era
arrivata in un battibaleno… La mia efficienza e velocità erano
ricambiate!
Grazie
per il toast, avevo giusto un languorino, imbecille!
...Mi
amavano tutti.
***
Eve PoV By Rob
…
«Evelina Enix. Ho scoperto il tuo
segreto.»
La ragazza premette le proprie mani sulla bocca. «Il mio
segreto!»
Zack Fair si avvicinò a lei, lento e sicuro di sé. I suoi occhi
azzurri la perforavano da parte a parte. «Sì, so perfettamente ciò che in realtà
sei. Una donna.»
Sentiva battere forte il suo cuore nel petto. Le sue guance
avvamparono e non poté far altro che abbassare gli occhi sotto quello sguardo
così profondo. Cominciò ad arretrare, i suoi piedi si muovevano da soli, prima
che avesse potuto accorgersene.
«Una donna…» ripeté Zack, con voce quasi
intima.
«Non so cosa dire» mormorò, tremante.
Lui le afferrò una mano. La
sua era così calda e morbida che non riuscì a non vergognarsi ancora di più a
quel tocco. «Allora non dire niente. L’hai fatto per proteggere la tua patria,
per l’onore, per la gloria. Siamo tutti qui per lo stesso, nobile motivo. E da
parte tua è ancora più ammirabile, Eve.»
Quando lui pronunciò il suo
nome, la ragazza sentì il sangue salirle alla testa. Lo guardò negli occhi: «Non
dirai niente, allora?»
«In questo momento non c’è proprio nulla da dire. Se
non che sono contento di averti qui con noi… con me. Non ci saremmo mai incontrati in
altre circostanze, ma il destino ha voluto così e ne sono molto felice.»
Lui
era sempre più vicino. Gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Oh, Zack!»
esclamò.
«Voglio baciarti, Evelina Enix.»
Si chinò su di lei, cingendole
la vita. Sentiva il suo respiro sulle sue labbra, caldo ed eccitato. Erano
vicini, così vicini…
Driiiiiiiiiiin. Driiiiiiiiiiiiiiiiin. Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!
«Mmmmmmmh,
mmmmh, buhf…» mugugnò la romantica Evelina.
Un sogno? Sì. E si era svegliata
nell'incubo della realtà: niente baci, niente sentimentalismi, niente Zack Fair.
Imprecò mentalmente.
Che ore erano? Eve cercò a tentoni la sveglia, senza
muovere altre parti del corpo se non il braccio. Sarebbe stato troppo faticoso
in quel momento. Cercò di spegnerla con diverse manate, ma dopo vari tentativi
rinunciò. Quindi, si portò l’orologio davanti agli occhi per risolvere il
problema con più calma.
Spingere
bottone rosso per eliminare disagio.
Bottone rosso spinto.
Nessun
miglioramento.
Qual è il problema?
Ci mise un po’ a concepire quali
fossero quei numeri verdi e luminosi, l’associazione era indiscutibilmente
difficoltosa con il cervello ancora intorpidito dal sonno.
Le 2 e 36.
«Io
non ho puntato la sveglia alle due e trentasei…» biascicò.
Poi, l’epifania:
la cosa che stava suonando non era la sveglia, ma il cellulare.
«Cazzo, il
cellulare!»
Buongiorno, Evelina.
L’apparecchio suonava insistente sul suo
comodino e sembrava anche abbastanza arrabbiato. La ragazza si avventò
sull’aggeggio per dirne quattro a chi aveva appena interrotto uno dei sogni più
belli della sua vita. Chi era mai? Il numero che stava chiamando era privato. Il
mistero s’infittiva. A quanto pareva, chiunque fosse era probabilmente a
conoscenza della sua natura un poco irascibile e preferiva mantenere
l’anonimato. Mai svegliare Evelina Enix e mai interrompere un sogno da cronaca
rosa.
Tasto verde premuto.
«Chiunque tu sia sappi che non è carino
chiamare alle due e mezza di notte e che hai appena interrotto uno dei sogni più
belli della mia vita!» rispose. Il “pronto?” era troppo banale. Era
un’originale, lei.
«Mi rendo conto che sia tardi, ma era necessario» ribatté
una voce profonda e sensuale.
Qualcosa nelle viscere di Eve si annodò. «Chi
parla?»
«Il Generale Sephiroth, SOLDIER Second Class Enix.»
…
Pochi
minuti dopo Evelina premette il tasto rosso e la conversazione terminò. Deglutì
a vuoto e guardò il buio davanti a lei. Non disse una parola, per trenta secondi
buoni.
Poi un grido. L’urlo acuto e penetrante squarciò il silenzio della
notte, echeggiando per i corridoi dell’edificio.
Eve si abbandonò
pesantemente sul letto, con la gola dolente. E si mise come a recitare un mantra
che da sussurrato si alzò di tono… «Il numero era privato. Era privato. Privato!
Cos’ho fatto? Come farò a dargli una conferma ora? Non gli ho nemmeno chiesto il
numero, dannazione! La missione è di fondamentale importanza! Come farò? Ma
perché l’idiozia di Square è contagiosa? È tutta colpa sua! Il mio cervello è
infetto! Devo dargli fuoco! Sterilizzarlo! Io lo ammazzo! LO AMMAZZO!
MAAAAADISOOOOON!» …fino a diventare un insieme cacofonico di urla
isteriche.
Il destino di
Madison Square era avverso e segnato dalla maledizione che di nome faceva
Evelina Enix.
La stalla degli autori!
Robbé @
Tutti
Ebbene sì, ci hanno sfrattati e siamo finiti dalle stelle alle
stalle. Almeno di notte ci sono le mucche che ci riscaldano con i loro
flati...
Eheh, stavolta ho preso entrambi i nostri eroi... certo, non erano
in buone mani, ma credo che mi sia uscito qualcosa di buono!
L'ho creato un
po' di pathos? Volete sapere cosa succederà e che missione ha affidato Sephseph
all'Eve?
Lo scorprirete se donerete la modica cifra di millemila € in
beneficenza a questo indirizzo: nonsiamoassolutamenteladri@eheh.nonciscoverannomai
Ringraziamo
tutti i nostri lettori, anche quelli invisibili!
Spero possiate perdonarci,
ma non abbiamo tempo di rispondere a tutti questa settimana e quindi facciamo le
cose un po' generiche! Sorrrrry...
Grazie di cuore a tutti!