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Autore: check_for_double_meanings    13/07/2018    0 recensioni
Quella volta in cui Tsukishima perde la testa per un ragazzo che balla sul cubo in una discoteca negli anni 70.
Ispirata dalla canzone "My type" di Saint Motel, scitta due anni fa (metto le mani avanti).
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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My type


Tsukishima entrò nella discoteca e subito le sue narici si riempirono di odore di sudore, fumo e alcool, mentre nel buio della sala le pareti rosate splendevano di brillantini e luci stroboscopiche colorate.
Non che ci fosse da stupirsi, a quei tempi era la norma. Non che lui ne fosse un amante, anzi, l'unico motivo per cui si trovava in quel locale era per il suo amico Kuroo, che era riuscito a convincerlo ad uscire con il pretesto della loro amicizia. Lui non sapeva che essere amici comportasse un patto sigillato col sangue, che implicava di acconsentire a tutte le richieste scomode dei propri amici, ma decise che per una volta poteva accondiscendere.
 
Kuroo gli aveva promesso che si sarebbe divertito, che magari avrebbe trovato qualche bel visino da portare a casa quella sera, perché tanto lui non sarebbe tornato. Ci credette, conoscendolo. Appena entrati era sparito, lasciandolo da solo. Maledetto. Per lui era facile, aveva un bel fisico, un bel viso, era carismatico e quando ballava era impossibile staccargli gli occhi di dosso. Non tornava mai a casa.
 
Tsukishima si guardò intorno e sospirò, anche se il rumore del locale surclassava quello del suo respiro. Almeno non poteva sentirsi in imbarazzo per l'abbigliamento. Intorno a lui, luci e fumo permettendo, vide tanti di quei colori e brillantini che i suoi occhi dolsero.
 
Kuroo l'aveva aiutato a scegliere gli abiti, il che significa che aveva scelto per lui. Pantaloni a vita alta azzurro cielo a zampa, tenuti fermi in vita da una larga cintura bianca, e una camicia bianca a pois celesti, che teneva sbottonata al terzo bottone per mostrare la sottile catena dorata, intonata alla montatura degli occhiali modello aviator, e uno scorcio di pettorali non troppo pronunciati, che, a detta di Kuroo, sarebbero stati abbastanza da far almeno avvicinarglisi a parlare qualche ragazzo.
 
Che altro poteva accadere in un locale gay?
Non era un frequentatore assiduo di quei luoghi, perciò non aveva idea di come parlare con qualche ragazzo, anche perché il suo atteggiamento rude e burbero spesso ne aveva fatti allontanare in molti.
 
Il fatto era, si disse, che ora si trovava là dentro, quindi ormai tanto valeva buttar giù qualche shot e provare a divertirsi. Si avvicinò al bar e prese posto su uno sgabello, ordinando qualcosa che il barista non sentì, sovrastato dalla musica, e finendo con il bere uno dei peggiori intrugli della sua vita. 
 
Alzando gli occhi vide molte persone intorno al bancone, la cui maggior parte in compagnia. 'Già', pensò, 'come no'. Alcuni ridevano sguaiatamente, altri ghignavano e basta, si sfioravano le braccia, si parlavano nelle orecchie e si alzavano per andarsene. Lui non avrebbe mai avuto quella fortuna. Fortuna che, in tutta sincerità, tale non era. Premettendo il fatto che non pensava nessuno si sarebbe mai avvicinato a lui per il suo aspetto, nonostante la camicia aperta al terzo bottone, portarsi a letto qualcuno per una notte e non rivedersi mai più gli sapeva di squallido, triste. Non era possibile trovare l'amore, quell'amore puro e sconfinato per cui il suo giovane cuore tanto spasimava, in un luogo del genere.
 
Tant'è che nessuno si avvicinò a lui per iniziare una conversazione, come da previsioni. 
Dopo la seconda bevuta di qualche miscuglio colorato che, di nuovo, non aveva ordinato, il suo cervello aveva iniziato a tradirlo, trasmettendo impulsi elettrici al suo piede e al suo collo, e in seguito alla sua schiena, così, Tsukishima si ritrovò a ondeggiare battendo il tempo sul suo sgabello.
 Si decise che fosse una buona idea alzarsi e aggirarsi per il locale in cerca di un partner con cui almeno ballare, per divertirsi, per liberarsi la mente da tutte le frustrazioni che tormentavano il suo animo in quel periodo, lasciando che il suo istinto e i suoi ormoni guidassero le sue gambe.
 
Mentre si spostava ondeggiando, i suoi occhi si posarono sulla figura familiare del suo migliore amico, intento a ballare insieme ad un ragazzo minuto dai capelli biondi. Il ragazzo sembrava sinceramente divertirsi, forse prendendosi gioco del suo amico, che sembrava fin troppo euforico. Come da programma, desunse, non sarebbe tornato a casa quella notte. 
Abbozzò un sorriso che nessuno vide, e continuò a muoversi verso il fondo del locale, dove spiccavano dei pali metallici attorno cui ballavano dei ragazzi.
 
Dalla coltre di fumo si ergevano, come le cime dei monti tra le nuvole, dei cubi scuri, lucidi, inondati dalle luci stroboscopiche.
 
Ed è esattamente su uno di quei cubi, per la precisione su quello di destra, insieme ad un giovane dai capelli argentati, che lo vide. Sorrideva al suo compagno di ballo, gli teneva una mano e gli girava intorno, si girava di schiena, si accucciata, e si alzava lentamente lasciando che il suo retro scivolasse sulle gambe del ragazzo dai capelli argentati, spingendo indietro il bacino all'altezza di quello dell'altro, e l'altro faceva altrettanto con lui. Gli abiti che indossavano erano i medesimi, gli stessi che indossavano i ragazzi sul cubo di sinistra, cosa che gli fece supporre fossero dipendenti del locale. Che bella vita, pensò, essere pagati per ballare e divertirsi ogni notte.
 
La musica si abbassò momentaneamente per il passaggio graduale da una canzone all'altra, e nella pseudo quiete Tsukishima potè udire una risata cristallina e sinceramente divertita, tanto leggera che fece alleggerire anche il suo cuore. Proveniva dal ragazzo sul cubo di destra, e non appena Tsukishima, nel buio, posò lo sguardo sul suo sorriso, rimase abbagliato.
 
Si era avvicinato al cubo, ed era abbastanza vicino da vedere quasi ad altezza naso -del resto era quasi un metro e novanta- i tacchi degli stivali neri scamosciati del ragazzo. Il suo corpo magro e atletico era fasciato inoltre da un paio di Daisy Duke di pelle nera, un top con una fascia che calzava appena sotto il costato e copriva il petto con due triangoli, della stessa stoffa dei pantaloncini, così come una fascia che aveva stretta attorno al collo, quasi lo volesse soffocare. Il suo viso splendeva ma non riusciva a capirne il perché, con le luci e l'alcol in circolo, e i suoi capelli erano selvaggi ma armoniosi nella loro follia.
 
Degli occhi non riuscì a individuarne subito il colore, ma appena si posarono su di lui, direttamente nei suoi su quelli di tutta la folla, si sentì mancare il fiato. 
Tsukishima aveva un tipo molto specifico di ragazzo, ma questo giovane dagli occhi magnetici se lo masticava. Era bello da far spavento.
 
Lui ballava, in modo aggraziato, nonostante la prepotenza della musica, nonostante lo spazio ristretto che condivideva con il suo collega, e gli occhi incollati nei suoi. I suoi colleghi erano bravi, ma seppure provassero a muoversi allo stesso modo non riuscivano a farlo esattamente come lui. 
Provava un qualcosa di nuovo e forte che non sapeva classificare.
 
Il ragazzo con i capelli argentati richiamò la sua attenzione, e ricominciarono a ballare insieme, ma a Tsukishima non sfuggì come i suoi occhi continuassero a cercare i propri tra la folla. Dopo un passo un po' troppo azzardato la sua testa iniziò a girare, così decise di tornare momentaneamente a sedersi al bar.
 
Cosa lo stava prendendo? Doveva ammettere che non riusciva a spiegare tutti i pensieri che gli correvano nel cervello. Continuava a vedere soltanto il viso splendente del ragazzo, il suo corpo che dio cosa non gli avrebbe fatto, il suo sorriso. Non era più in lui, questo alcol gli faceva male. Ma del resto, se lo faceva sentire felice e leggero, poco male.
 
Ordinò un altro drink, e mentre lo mandava giù sentì una canzone che gli piaceva, o forse era solo l'alcol che pensava per lui, e doveva assolutamente ballarla, così si girò in fretta e non si rese conto di scontrarsi con qualcuno che gli fece rovesciare il suo prezioso e schifoso drink per terra, facendone cadere qualche schizzo sulle sue Superga bianche. Perché no, si rifiutava di indossare scarpe che non fossero sneakers.
 
Era già pronto ad insulare con sprezzo chiunque gli fosse disgraziatamente capitato tra i piedi, quando lo mise a fuoco. Questo chiunque era proprio il ragazzo dal viso splendente e il corpo mozzafiato del cubo di destra. Tutte le parole gli si bloccarono in gola insieme al respiro quando vide il suo viso così vicino al proprio.
 
Nonostante non riuscisse ancora a distinguere il colore dei suoi occhi, riuscì a distinguere distintamente il rossore sulle sue guance che lentamente si spandeva su tutto il suo splendido viso, mettendo in risalto ciò che lo decorava. Glitter e stelline argentate che gli ricoprivano il naso e le guance fino agli zigomi. 
 
Mentre era intento ad osservargli il viso, il ragazzo si schiarì la voce, e gli occhi di Tsukishima si spostarono rapidamente dalle sue labbra color ciliegia ai suoi occhi dolci e luccicanti, chiari come quelli di un angelo.  Si passò una mano tra i capelli della nuca prima di parlare con gli occhi bassi e le guance più rosse che mai. "Umh.." gli uscì in un soffio a cui seguì una risata nervosa.
 
"Kei." si presentò lui tendendo la mano, sentendosi audace.
Il ragazzo esitò un momento prima di stringere la mano che gli veniva offerta, presentandosi a sua volta con un sorriso. "Tadashi."
Tsukishima cercò di far mente locale su tutto ciò che gli aveva suggerito di fare Kuroo qualora avesse dovuto trovarsi in una situazione simile, cercando di domare il panico che imperversava.
 
"Posso offrirti da bere?" chiese con nonchalanse, complimentandosi mentalmente. 
Il ragazzo sorrise scuotendo appena la testa. "Non posso assumere alcolici durante il turno." disse, confermando l'ipotesi di Tsukishima, che si trovò senza un piano b.
Fortunatamente l'altro ragazzo lo salvò dall'imbarazzo riprendendo a parlare, sempre con lo sguardo basso. "Ti andrebbe di ballare con me?" chiese a voce talmente bassa che Tsukishima quasi non la sentì sotto il volume della musica. 
 
Stava accadendo. Stava facendo conversazione con un ragazzo, che gli piaceva, che era esattamente il suo tipo, e stava per ballarci insieme. Magari sarebbe stato fortunato e avrebbe concluso almeno per quella notte. Vedendo che non rispondeva subito, Yamaguchi probabilmente pensò che non fosse interessato, perché il suo sorriso iniziò a vacillare e si mise a giocare con i suoi braccialetti a testa bassa.
 
"Sì, ballo volentieri con te." disse, e mandò giù in un sorso quello che era rimasto nel suo bicchiere. 
Il ragazzo rialzò il viso e i suoi occhi luccicanti si posarono sul bicchiere ormai vuoto. "Scusa se prima ti ho rovesciato il drink." Disse sommessamente, e Tsukishima si sorprese di se stesso quando il suo primo impulso non fu quello di fare una battuta sarcastica ma bensì di sorridere e scuotere la testa. 
 
Yamaguchi lo prese timidamente per mano e lo portò in mezzo alla pista da ballo, iniziando a muoversi con naturalezza sulle note di qualsiasi canzone stesse suonando in quel momento. Tsukishima invece quasi non riusciva a muoversi, catturato dai movimenti fluidi di Yamaguchi, dei suoi fianchi che ondeggiavano morbidamente, delle sue gambe lunghe e con la giusta quantità di muscolatura, fasciate fino alla coscia da quegli stivali scamosciati che avrebbe volentieri rimosso, lentamente, baciando ogni centimetro di pelle che scopriva.
 
E il suo petto lo ipnotizzava, alzandosi e abbassandosi velocemente, mentre le ossa delle sue spalle ruotavano elegantemente sotto la pelle perlata dal sudore. Non riusciva a pensare ad altro che a quanto fosse bello quel corpo e quanto non lo volesse che sotto di sè, lucido di sudore e ansimante come in quel momento. 
 
Yamaguchi rise talmente forte che il volume della sua risata per qualche istante sovrastò quello della musica. "Non sei proprio un abitué delle discoteche, vero?"
Tsukishima rimase spiazzato per qualche momento, prima di sorridere imbarazzato. Prima che potesse provare a difendersi, però, Yamaguchi rise di nuovo di quel suo riso candido e disse a voce alta, per sovrastare la musica "Lascia fare a me." 
 
Detto questo iniziò a muovere i fianchi, poggiò una mano sul petto di Tsukishima e, guardandolo dritto negli occhi, la fece scendere lentamente girandogli intorno. Si abbassò e gli si alzò addosso, come aveva fatto con il suo collega sul cubo, mentre Tsukishima non poteva che osservare incantato le mosse affascinanti del ragazzo col viso splendente. Quando questi si inumidì le labbra con la lingua, Tsukishima quasi inconsciamente gli avvolse attorno le braccia, le mani appena sopra la curva del suo sedere, e lo attirò a sé di scatto. Yamaguchi, un po' per la sorpresa, un po' per l'improvvisa perdita di equilibrio, si appoggiò con le mani al suo petto, stringendo appena tra le dita la stoffa della sua camicia. 
 
I loro occhi si incatenarono, e per qualche istante rimasero immobili e ansimanti, incapaci di fare altrimenti. Tsukishima era sorpreso, perché non avrebbe mai potuto prevedere l'andamento di quella serata, nemmeno fino al punto in cui si trovava. Non lo avrebbe mai sognato nei suoi sogni più belli di trovarsi tra le braccia, anche se in un locale notturno, anche se solo per qualche minuto -ora? aveva perso la concezione del tempo-, anche se per un'unica volta, una creatura tanto meravigliosa. Sentiva, dentro di sé, da qualche parte, che c'era qualcosa di più, e quanto lo voleva.
 
Racimolò coraggio e abbassò la testa, il viso appena inclinato, e sfiorò con le labbra il collo di Yamaguchi, baciandolo delicatamente, vedendolo di conseguenza dimenarsi allegramente e ridere piano.
 
"Mi fai il solletico." disse con il sorriso stampato in viso.
Tsukishima parlò prima che la sua mente riuscisse ad elaborare ciò che stava per dire. "Sei bellissimo quando ridi."
Il ragazzo spalancò gli occhi sorpreso, colorandosi nuovamente sulle guance di un colore rosso acceso. 
Lo guardò dritto negli occhi, quasi volesse valutarlo, prima di prendergli la mano e dire "Vieni con me."
 
Iniziò a trascinarlo attraverso la folla, mentre Tsukishima era combattuto tra il panico e l'eccitazione. Cosa stava per accadere? Forse Yamaguchi lo avrebbe trascinato il qualche bagno e si sarebbero fatti una sveltina, poi lo avrebbe ringraziato, salutato, e ognuno per la sua strada. Ne valeva la pena? Fece scorrere gli occhi sul retro del corpo di Yamaguchi, dalle sue gambe chilometriche, al sul sedere sodo e perfetto, la vita stretta, le spalle alte. 
 
Ne valeva sicuramente la pena, ma gli sarebbe piaciuto conoscerlo meglio, magari vedersi al di fuori della discoteca. Avrebbe potuto essere l'amore che tanto bramava, l'aspetto già ce lo aveva. 
Il suo treno di pensieri fu fermato quando, come aveva pensato, si trovò di fronte alla porta dei bagni. In pochi secondi si trovò dentro una cabina, con la porta sbattuta contro la schiena e il viso di Yamaguchi a pochi centimetri dal suo. 
 
Sotto alcune delle stelle argentate che decoravano il viso vide delle piccole macchioline scure, che identificò come lentiggini. Se ce ne fossero state tante quanti erano tutti i brillantini e le stelline, sarebbero state moltissime.
"Sono lentiggini?" chiese stupidamente, sfiorando uno zigomo di Yamaguchi, che annuì mestamente. "Come mai le copri?" chiese altrettanto stupidamente. 
Yamaguchi alzò le spalle, con una smorfia al posto del suo splendido sorriso. "Perché non mi piacciono." rispose semplicemente.
Tsukishima lo accarezzò nuovamente, sfiorandogli il viso coperto di glitter con il naso, un gesto estremamente intimo che gli riuscì però naturale con questo ragazzo appena conosciuto. Yamaguchi, forse istintivamente, specchiò i suoi movimenti, ritrovandosi a sfregare delicatamente il naso con quello di Tsukishima. "A me le tue lentiggini piacciono." sussurrò, facendo diventare Yamaguchi completamente paonazzo.
 
Le sue mani erano sudate quando si strinsero dietro al suo collo, mentre quelle di Tsukishima si posizionarono al loro posto in fondo alla schiena di Yamaguchi. 
 
Davvero sarebbe finita così? pensò, ma smise quando Yamaguchi tolse le mani dai suoi capelli, prese le sue, e se le spostò esattamente sul sedere, azzardandosi a stringere appena.
Sospirò pesantemente e appoggiò la fronte sul suo petto, solleticandogli il mento con i capelli. Le sue mani scorsero sulle braccia di Tsukishima e gli si posarono sulle guance. I loro occhi si incrociarono. 
Tsukishima vide desiderio, tanto, la stessa fame che sicuramente era riflessa nei suoi occhi, ma anche qualcosa che riconobbe come insicurezza. 
 
Forse il suo metabolismo stava smaltendo l'alcol meglio di quanto pensasse, perché riusciva a ragionare quasi lucidamente, razionalizzando che probabilmente Yamaguchi era tanto timido e inesperto quanto lo era lui. 
 
Tsukishima tolse le mani da dov'erano, ricevendo un sospiro. Spostò una ciocca di capelli dal suo viso e la assicurò dietro al suo orecchio, mentre l'altra mano era intenta ad accarezzargli un fianco. 
"Non sei proprio un'abitué delle sveltine nei bagni, vero?" 
Yamaguchi arrossì, annuendo a testa bassa. Tsukishima sorrise. Questo timido e splendido ragazzo gli piaceva ogni secondo di più. 
"Bene, non lo sono nemmeno io." disse fieramente, e Yamaguchi alzò il viso, gli occhi lucidi. "Davvero?" chiese in un tono che gli sembrò sollevato ma al tempo stesso abbattuto.
"Ma" parlò con voce poco convinta "da come mi guardavi pensavo.." scrollò la testa e fece per indietreggiare, ma Tsukishima mantenne la presa sul suo fianco salda, accarezzandolo con le dita. "Cosa pensavi da come ti guardavo?" incalzò quanto più dolcemente possibile.
 
Ci volle un po' prima che rispondesse, ma Tsukishima aveva un serbatoio pieno di pazienza per lui. "Nessuno mi guarda mai in quel modo, quindi non so esattamente cosa significhi, ma pensavo di piacerti." Nel terminare la frase la sua voce si era fatta più bassa, come se si vergognasse di aver pensato di poter piacere a qualcuno, rendendo incredulo Tsukishima.
"Hai ragione. Mi piaci." Il viso di Yamaguchi si aprì in un sorriso, e Tsukishima sentì l'impulso di stamparci su valanghe di baci. "Per questo non voglio ridurci in questo bagno e addio per sempre." 
 
Trasse un respiro profondo, convinto che arrivato a questo punto era tutto o niente.
"A che ora finisci il turno?" chiese, con tutta la sua spavalderia che combatteva contro l'ansia.
Yamaguchi rispose senza esitare, rassicurando Tsukishima "Alle 5 in punto."
 
Tsukishima guardò l'orologio che aveva al polso, leggendoci, con un po' di fatica, l'orario e vedendo che mancava meno di un'ora. Gli carezzò la guancia e, ormai sicuro, chiese "Ti va di prendere un caffè con me, quando finisci il turno?"
Yamaguchi quasi saltò sul posto alla proposta, e, premendogli un bacio enorme sulla guancia, gli rispose di sì.
  
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