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Autore: NPC_Stories    14/07/2018    0 recensioni
Dopo l'avventura nel dungeon che celava la città distrutta di Atorrnash, Linomer aveva riportato in superficie numerose perle nere che erano appartenute a Ka'Narlist, il malvagio sovrano degli elfi scuri. La leggenda vuole che in quelle perle fossero rinchiuse le anime dei suoi nemici... ma c'è forse un limite a quanto possono essere strani i nemici di un antico arcimago che mirava a diventare un dio? Di certo dovevano essere molti, e variegati.
Questa è la storia di un povero mago che, da solo, deve occuparsi di gestire almeno quelli che non erano malvagi.
Come reagiranno queste persone, trovandosi in un mondo visceralmente diverso da quello in cui sono nate?
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Breve spin-off di Jolly Adventures. O meglio, non so se sarà breve. Diciamo che non ha una trama strutturata, è una collezione di eventi. Aggiornerò ogni tanto, quando mi verranno le idee. Quantomeno sarà una buona carrellata di possibili spunti per avventure.
Disclaimer: quasi tutti i personaggi appartengono a me, ma altri fanno parte dell'ambientazione e appartengono alla Wizards of the Coast e ai loro creatori.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Nota: Questa storia è a tutti gli effetti uno spin-off di Jolly Adventures, racconta le avventure del grande mago Linomer alle prese con le perle di Ka'Narlist. Questa storia può anche essere letta senza conoscere i pregressi, ma si capisce molto meglio avete letto prima le Jolly Adventures.


1318 DR: L’amore coniugale


Il grande mago Linomer si sporse dalla finestra della sua torre, pericolosamente in bilico sul vuoto. Non aveva paura di cadere, ma una ventata d'aria le scompigliò i capelli biondi, accarezzando le sensibili orecchie da elfo. Quella tiepida corrente ascensionale riuscì a smuoverle un ansito di nostalgia: da quanto tempo non spiccava il volo? Quand'è che si era abituata a muoversi solo a piedi, come gli umanoidi terricoli? Guardó verso il basso: in quel momento, gli abitanti di Derlusk sciamavano per le vie della città, intorno alla sua torre. Da lassù sembravano formichine operose.
Mi piacerebbe farmi un volo. Sulle pianure sconfinate dello Shaar, dove non sarà necessario rendermi invisibile. Mi piacerebbe… oppure potrei seguire Johlariel e Holly per un po’, per assicurarmi che il loro viaggio proceda bene. Sono partiti solo da qualche giorno, potrei ritrovarli. Dopo tutti quei mesi sottoterra, merito una bella vacanza.
Si ritrasse dalla finestra, allontanando quei pensieri con un sorriso triste. Il grande mago Linomer aveva il compito di proteggere la regione dalla minaccia della città sepolta di Atorrnash, e adesso quella minaccia non esisteva più. Poteva anche raccontarsi di volere una vacanza, ma tutto quello che voleva era rimandare l'inevitabile: il momento in cui si sarebbe chiesta se la sua presenza fosse ancora necessaria.
Aveva passato gli ultimi trecento anni a svolgere quel compito con pazienza e diligenza. Ora non aveva più nulla da fare.
Tranne…
Il mago dalle fattezze elfiche spostò lo sguardo sui tre graziosi bauletti che campeggiavano su un mobiletto, quelli in cui aveva riposto le perle trovate nel dungeon.
Quelle perle nere un tempo erano appartenute al terribile arcimago degli elfi scuri, il famigerato Ka’Narlist. Si diceva che fossero il ricettacolo delle anime dei suoi nemici. Linomer, con l'aiuto della creatura celestiale Karasel, aveva accuratamente diviso quelle perle in tre mucchi. Nello scrigno di ferro freddo e onice nera avevano riposto quelle che emanavano un'aura malvagia, che sarebbero rimaste sotto chiave per sempre. Un cofanetto più piccolo, d'argento e ametista, conteneva le perle che non emanavano alcuna aura. Un terzo scrigno ormai vuoto, fatto di lastre di madreperla tenute insieme da giunture di rame, aveva ospitato le perle che emanavano un'aura di bontà.
Naturalmente quelle erano state le prime ad essere spezzate per liberare le anime che contenevano, ed erano tutte creature dei Piani Esterni, che erano state felici di tornare a casa. La nuova piccola amica di Karasel, una coure di nome Twilight, era uscita proprio da una di quelle perle.
Le perle che non emanavano alcuna aura invece avevano dovuto attendere. Una creatura che non è né buona né malvagia può sempre tradirti, dopo tutto, e né Linomer né Karasel se la sentivano di affrontare questo dubbio con il dungeon ancora in fase di purificazione. Avevano troppi altri pensieri per la testa. Invece, qualcuno talmente candido da emanare un'aura buona doveva per forza essere affidabile.
Ora però il dungeon era stato ripulito, l'ingresso come sempre non era molto manifesto, e in mancanza di persone che facevano avanti e indietro fra la città ed il dungeon, non c'era più nulla che attirasse l'attenzione dei curiosi in quella direzione. Era il momento di affrontare anche quella sfida, occuparsi dei prigionieri imprevedibili. Linomer ne aveva liberato uno, come primo esperimento, solo qualche giorno prima. Tanto era bastato perché decidesse di gestirli uno alla volta.


“Mi piace questa città.” Esordì una voce alle sue spalle. Linomer non sussultò; piuttosto, alzò gli occhi al cielo. L’ex-prigioniero della perla era come uno spirito infausto: sembrava che bastasse pensare a lui, per evocarlo.
“Ilimalaaros.” Il saluto del mago fu a dir poco freddino. “Non ti avevo detto che questa torre non è un albergo?”
Il nuovo arrivato, un umano prestante che indossava l’armatura di una guardia cittadina, le rivolse un sorriso disarmante. “Ma mia cara…”
Non sono la tua cara.”
“Ti ho portato un dono.” Annunciò, mostrando una mano che fino a quel momento aveva nascosto dietro la schiena. Impugnava un vasetto di gerani.
“Hm. Molto carino.” Fu il commento poco accorato di Linomer.
Il giovanotto non sembrò lasciarsi scoraggiare.
“Alle femmine piacciono i fiori, così ha detto quel buffo umano della bottega. Ma uccidere una creatura vivente è una cosa moralmente sbagliata, anche se è un vegetale, quindi ti ho portato un fiore in vaso.”
“Ti prego, dimmi che non lo hai chiamato buffo umano in faccia.” Scandì lei, lentamente.
“Non… non avrei dovuto?” Il sorriso di lui finalmente iniziò a vacillare.
“Oh, no, figurati, è perfettamente normale che un umano chiami umano un suo simile.” Rispose, grondando sarcasmo.
“Oh, meno male!” Commentò l’altro, con aria svampita. “Mia diletta, vuoi essere la mia compagna per la vita?”
Cosa?
Ilimalaaros si inginocchiò e sporse il vasetto di fiori come se fosse stato un anello di fidanzamento. “Il mio cuore ti appartiene dal momento in cui ti ho vista, dolce Aklamarayah. Divieni la mia compagna, potremmo avere tanti bei cuccioli.”
Linomer rabbrividì, e non certo per il freddo.
“Ilimalaaros, tu sei un… un drago dabbene… sei molto coraggioso e… uhm… potente… e ti stimo per tutto quello che hai dovuto passare.” Sebbene la tua mente non ne sia emersa intatta. Aggiunse fra sé e sé. “Ma anche se sono lusingata per la tua proposta, io non voglio un compagno. Non voglio dei cuccioli.”
“Ero prigioniero in una torre e tu mi hai liberato.” Continuò lui, come se non l’avesse nemmeno udita. “Secondo l’antico codice cavalleresco, hai diritto alla mia mano.”
Linomer si massaggiò le tempie con le dita, riconsiderando quell’idea della vacanza.
“L’antico codice cavalleresco parla di uccidere il drago e salvare la principessa dalla torre. Non di uccidere la regina e salvare il drago dalla torre. Capisci la differenza?”
Ilimalaaros la guardò con occhi vacui, ma con un sorriso invaghito.
“La differenza di razza non è un problema, per me. L’amore supera anche questo.” Promise, mettendosi una mano sul cuore. “Non mi interessa se hai quegli strani riflessi azzurri.”
“Non…” Linomer arrossì, per l’imbarazzo e per la furia, e boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a riprendere la parola. “Non vedo come siamo arrivati a parlare di questo, è sconveniente, è indecente, è… tu… non credere che io non capisca perché lo fai! Vuoi solo che io me ne vada perché questo era il tuo territorio, ventimila anni fa.” Lo accusò, puntandogli un dito contro.
“Ma mia adorata…” Ilimalaaros si rialzò, sfoggiando un’espressione ferita. “Non è assolutamente per questo! Sì, era il mio territorio, ma è passato tanto tempo. Sarei lietissimo di condividerlo con te, sei la mia salvatrice e ne hai ogni diritto. Inoltre sono più anziano di te e potrei insegnarti tante cose… sarà tutto più facile se diventeremo compagni, vedrai. La convivenza è più semplice se c’è intesa sessuale.”
Linomer rimase del tutto senza parole, per una manciata di lunghissimi secondi. In quel frangente diventò rossa come un pomodoro, poi livida dalla rabbia.
“Vattene subito dalla mia torre, Ilimalaaros!” Minacciò, alzando la voce in modo molto poco elfico. “E non tornare mai più, perché è solo per rispetto alla tua età, e al tuo vissuto, se adesso non ti scaccio con la forza!”
Ilimalaaros era figlio di un’altra epoca, un’epoca semplice, in cui i maschi erano maschi e le femine erano femmine. Un’epoca in cui era perfettamente accettabile dire quello che disse poco dopo, con un sorriso ammaliatore:
“Mi piacciono le femmine con questo caratterino.”
Poco dopo, un uomo vestito da guardia cittadina venne visto volare giù dalla finestra della torre di Linomer, con gli abiti in fiamme. L’uomo non toccò mai terra, perché a metà caduta si trasformò in un enorme drago di bronzo e recuperò faticosamente quota, il fuoco immediatamente estinto perché non aveva presa sulle scaglie.
Quel giorno Ilimalaaros l’Errante perse ogni pretesa sul suo antico territorio, perse la speranza di catturare il cuore di Aklamarayah, e perse anche le sue convinzioni sul fatto che il potere di un drago dipenda esclusivamente dalla sua età.
Il raziocinio, purtroppo, l’aveva già perso durante i lunghi secoli di prigionia.

   
 
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