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Autore: Llucre_B7    14/07/2018    0 recensioni
Dal primo capitolo:
“Cosa ne pensi?” chiese Luke a suo nipote. “C’è del potenziale…”
"Mi ha morso, Maestro," fu la dura risposta di Ben. "Qualsiasi mia opinione non sarebbe oggettiva".
O meglio: Tutti sono connessi, a volte anche solo grazie ad un morso su una mano. Perfino nella più profonda oscurità, “illuminati noi siamo”.
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Traduzione della fanfiction Like Young Gods, dalla raccolta Sword of the Jedi di diasterisms.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Luke Skywalker, Principessa Leia Organa, Rey
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2


La nave che fece uscire Rey da Jakku era uno yacht stellare di classe Horizon lussuoso ed elegante, con motori a ioni e un’unità di controllo hyperdrive militare. Una volta che tutti furono saliti a bordo, Luke iniziò a spiegare che in realtà, quell’astronave, non era di sua proprietà. “I Jedi lottano per la semplicità in tutte le cose, ma la Repubblica è stata così gentile da prestare la Shadow Sabre all'Accademia.”

"Di sicuro aiuta se tua sorella è il Capo di Stato", mormorò Ben sottovoce.

Luke liquidò il sarcasmo di suo nipote con uno dei suoi soliti, miti sorrisi. “Sai bene quanto me che tua madre non fa favoritismi. Esattamente come tutto il resto, la proposta di concederci la nave è passata direttamente per le mani della commissione, che ha deciso che qualche mezzo di trasporto ci sarebbe stato utile per adempiere al nostro ruolo di restauratori della pace nella galassia.”

Rey esaminò i dati sul computer centrale. “Perché dei restauratori della pace hanno bisogno di due cannoni laser Corelliani AG-1G e due Dymek HM-8 per missili a concussione?”

“E non dimentcare il cannone blaster a scomparsa” fece notare un po’ troppo caldamente Ben, lanciando di sbieco un’occhiata cospiratoria a Rey che la fece avvampare.

Non era spiacevole, però. Gli rispose con un sorrisetto malizioso.

Gli occhi blu di Luke brillarono. “La ricerca di una possibile soluzione diplomatica è sempre la nostra priorità, ma – ahimè – ci sono momenti in cui le circostanze richiedono negoziazioni aggressive”, rispose loro, senza lasciare che quel teatrino scalfisse il suo buon umore. “Parte dell'essere un Jedi sta proprio nel saper capire quale delle due sia la giusta decisione da compiere.”
 
*

Questo fu il suo viaggio: migliore di qualunque cosa Rey si fosse mai concessa di sognare.

La Shadow Sabre era una meraviglia dell'ingegneria di Sullustan; scivolava nello spazio. Sentiva il ronzio dei propulsori fin dentro le ossa. La sabbia sfumava nel cielo, nell'atmosfera e, infine, nello spazio.

Proprio così.

Lanciò un veloce sguardo verso il suo pianeta desertico, ridotto ormai ad un minuscolo pallido globo. Dopotutto, era giusto che gli dicesse addio. Una parte di lei supponeva che avrebbe dovuto provare almeno un briciolo di tristezza, o anche solo nostalgia, ma la sua vita tra quelle dune era stata una vita dura e solitaria. La verità era che la prima emozione che aveva provato era stato uno sconfinato sollievo, seguito subito dopo da ondate alterne di senso di colpa e paura. E se la sua famiglia fosse andata a cercarla proprio in quel momento? E se li avesse mancati solo di un giorno, solo per poche ore-

Per distrarsi, spostò lo sguardo sul baldacchino trasparente sopra la sua testa. Un milione di stelle brillava in una sconfinata oscurità, trasportando la nave attraverso una pioggia pulsante di luce argentea.

Rey dimenticò di respirare.

"Successe la stessa cosa anche a me, la prima volta che lasciai il mio pianeta” mormorò Ben. La stava studiando attentamente, un’infinità di costellazioni riflesse nei suoi occhi scuri. “La tua faccia descrive perfettamente il modo in cui mi sentivo.” 

“E poi hai passato il resto del viaggio imbronciato perché Chewie ti aveva battuto a Dejarik” Ricordò Luke con una risata canzonatoria. 

Ben prese quel commento come un affronto alla sua dignità. “Aveva barato, Maestro.”

Luke stava ancora ridacchiando quando fece entrare la nave nell'iperspazio.

 
*
 
Quando la luna boscosa di Yavin4 comparve, a Rey servì qualche secondo per identificarne il colore.

Aveva visto del verde prima - le corazze ruvide e scure dei cacciatori di taglie Rodian, la lucentezza liscia e coriacea dei Nautolani - ma mai un verde come quello, così ricco e cangiante, che ricopriva un intero mondo colorato di blu come l'ozono e centrale come una pietra preziosa su una corona, all’interno di nido nero di stelle metalliche.

“Qui è dove è morto Revan.” Le disse Ben con tono secco e serio. Ricordava uno studioso, adesso. "Dove Anakin Skywalker e Asajj Ventress hanno duellato durante le Guerre dei Cloni, dove l'Alleanza Ribelle lanciò l’attacco contro la prima Morte Nera."

Mentre pronunciava quelle ultime parole, teneva gli incollati su suo zio. Luke, in risposta allo sguardo interrogatorio di Rey, si strinse nelle spalle. “Come ti ho detto su Jakku, ero un pilota di X-Wing, una volta. Far saltare in aria la Morte Nera è stata una delle mie prime missioni.”

“E Anakin Skywalker è… un parente?” ipotizzò Rey.

I due Jedi non sembrarono scomporsi, ma avrebbero potuto tranquillamente farlo, vista l’ondata di tensione che Rey percepì sprigionarsi nell’aria. 

“Era mio padre”, disse alla fine Luke. “Qualsiasi altra cosa sia stato, era prima di tutto mio padre.”

Ben si adombrò in uno dei suoi sguardi persi, la mascella serrata. Prima che Rey potesse chiedere altro, Luke istruì il pilota automatico ad attivazione vocale per l’inizio della sequenza di atterraggio. Ci fu una leggera inclinazione e una serie di eleganti sussulti dei meccanismi, poi atterrarono.

Yavin 4 era una distesa di vulcani, foreste tropicali ed oceani. Fu lì che Rey conobbe finalmente il blu, vellutato e profondo.  Non aveva mai pensato che potesse esistere così tanta acqua in tutta la galassia, una distesa scintillante, con i raggi del sole che ne facevano brillare la superficie. Se non fosse stata legata al suo posto, sarebbe corsa a schiacciare il naso contro la finestra con timore reverenziale.

Durante l’atterraggio della Shadow Sabre, i colori, mescolati fino a qualche istante prima, iniziarono a diversificarsi in foglie smeraldo e rami nodosi. Rey cercò nella sua mente per trovare la parola giusta: alberi. Con chiome folte ed alte. Fu colta dal desiderio ardente di attraversare quelle radure, annusandone l’odore di umidità e rugiada, percepirne l’ombra sulla pelle. Lo avrebbe sicuramente fatto. Lo avrebbe fatto molto presto.

La nave si abbassò su quello stupendo letto verde ed i sui occhi spalancati furono riempiti dalla torreggiante figura di un antico ziggurat, le cui fondamenta in pietra avevano assunto il colore della ruggine con il passare del tempo.

“Questo è il Grande Tempio, originariamente costruito dalla tribù dei Massassi per adorare Naga Sadow, il Signore dei Sith,” le spiegò Ben. “L'Alleanza lo trasformò in una base durante la Guerra Civile Galattica. In seguito, quando Mon Mothma approvò il progetto per il Praxeum e raccomandò Yavin 4 come location, Maestro Luke decise di aprire qui l’Accademia.” Notando lo sguardo vuoto di Rey, aggiunse “Mon Mothma era il Capo di Stato prima dell’arrivo di mia ma- prima di Leia Organa".

Jakku era un pianeta arretrato, ben lontano dagli intricati ideali della politica, ma Rey aveva già sentito quel nome, da degli avvizzi coloni Tuanul che ne parlavano con riverenza, dai piloti che ne deridevano o lodavano qualche nuovo progetto politico, dai membri del clan di Hutt che ne avevano vecchi ricordi ancora rancorosi. “È una principessa, vero? Quindi questo fa di te un principe?” lo schernì lei.

Ben le lanciò una lunga occhiata sofferente, come se quello fosse un argomento estremamente delicato e doloroso per lui. “È un titolo decaduto. Il pianeta di Alderaan venne distrutto dalla Morte Nera. Non è altro che polvere nello spazio, adesso.”

“Per me, Ben, tua madre sarà sempre una principessa,” intervenne Luke. “Quando la salvammo, Leia disse a tuo padre-”

Senta lei, io non so chi sia né da dove venga, ma d'ora in avanti farà quello che io le dico, capito?” recitò Ben. “Sì, Maestro, ho sentito questa storia più di una volta.” 

Rey fu costretta a trattenere l’impulso di colpirlo. Cosa avrebbe dato per una storia come quella! Una storia familiare ripetuta così tante volte – non aveva idea di quanto fosse fortunato -

Luke riprese il controllo manuale della nave, dirigendola sulla piattaforma di atterraggio, fino al livello più basso del tempio, in un enorme hangar. Rey squadrò le due figure che sembravano attenderli: una giovane donna snella in una tunica bianca ed un piccolo droide dalla calottina blu e argento.

“Ma questo è un astrodroide R2 della Industrial Automaton!” Esclamò Rey. “È un classico! Ovviamente gli la mancano potenza di pilotaggio e la personalizzazione del software dell’R8, ma è comunque molto versatile e sento che la matrice è stata progettata bene, quindi deve avere anche un’ottima personalità…”

Ben sbuffò. “Ottima non è il termine esatto con il quale descriverei la personalità di R2”

“Non ti piacciono molto i droidi, vero?”

Le rispose con un’alzata di spalle.

Dopo essere sbarcati, Luke e Ben salutarono il loro comitato d’accoglienza. Rey si bloccò improvvisamente, il piccolo sacco con i suoi pochi possedimenti ancora sulla spalla, improvvisamente intimidita dalla presenza della bella donna dai capelli argentei.

"Rey," disse Luke, facendole cenno di avvicinarsi, "lei è il Maestro Jedi Tionne Solusar, una delle miei prime studentesse. Adesso mi sostituisce nell'Accademia ogni volta che sono fuori in missione. Tionne, questa è Rey. L'abbiamo trovata su Jakku. "

"Jakku? Un posto molto solitario, ma c'è tanto da imparare lì." Tionne sorrise a Rey, gli occhi opalescenti che irradiavano la stessa calma aurea che Luke indossava costantemente come un mantello.

"Magari un giorno avrai voglia di accompagnarmi in uno dei miei viaggi di ricerca."

"Maestro Tionne ha ripristinato praticamente da sola le conoscenze del Vecchio Ordine Jedi", la informò Luke con un pizzico di orgoglio. "Attraversa la galassia raccogliendo canzoni, arazzi, catene di storie, holocron e altri artefatti." Aveva notato l'ovvio interesse di Rey per i macchinari e stava cercando di metterla a suo agio, indicando un altro degli occupanti dell'hangar. "Quella è la sua nave, giustamente chiamata Lore Seeker. È uno-”

“Yacht a vela di sistema, classe Jemlaat," concluse automaticamente Rey, staccandosi dal resto del gruppo per andare a studiarne lo scafo arrotondato color arancio. “Funziona a flussi di tachioni e raggi laser ultravioletti, con un’unità di backup solare.”

“Bene!” il sorriso di Tionne si allargò ancora di più. “Posso solo sperare che i miei viaggetti da un mondo all’altro ti piacciano tanto quanto a Ben, allora.”

“In effetti, è stato proprio Ben a percepire la presenza di Rey, nel deserto,” la informò Luke.

Tionne annuì verso il ragazzo, che fino a quel momento aveva ascoltato la conversazione con espressione impassibile. “I tuoi poteri continuano a crescere, giovane Solo. Abbi cura diusarli saggiamente.”

C’era una solenne gravità nelle sue parole e nel suo contegno che Rey non aveva notato prima. Ben s’irrigì, ma riuscì comunque a rispondere, “Lo farò, Maestro.”

L’unità R2 emise un acuto bipammonitore. Con una risata, Luke mise le dita sulla sua cupola blu. “Mi dispiace se ti abbiamo ignorato, R2. Rey, questo è R2-D2. Durante la guerra mi faceva da copilota. Adesso-” i suoi occhi scintillarono di nuovo – “tiene in riga gli studenti quando io non ci sono.”

Rey si trovava più a suo agio ad interagire con i droidi che con gli umani. Si rivolse a R2, scambiando qualche frase e ricevendo in risposta una serie di acuti biped allegri cinguettii.

“Capisce il binario” sussurrò Tionne in un angolo, rivolta verso Luke “Che bambina straordinaria.”

Luke guardò Ben. “Ho bisogno che Tionne e R2 mi informino sui progressi che le altre reclute hanno fatto mentre eravamo via. Perché non fai fare a Rey un giro, per aiutarla ad ambientarsi?” gli propose.
 
Rey seguì Ben fuori dall’hangar, accelerando il passo per riuscire a star dietro alle sue lunghe gambe. “Pensavo che l'allenamento Jedi iniziasse da bambini. Tionne non sembra molto più giovane di Luke", osservò una volta lei non appena non furono più a portata di orecchio.

“Ha dovuto ricostruire l'Ordine da zero”, le spiegò Ben. “La prima classe era composta dai soggetti sensibili alla Forza che aveva incontrato durante i suoi viaggi o che gli furono raccomandati da quelli che erano a conoscenza del progetto. Kirana Ti delle streghe Dathomir, l'ex ambasciatore Cilghal di Mon Calamari, un cercatore di gas di Bespin di nome Streen... I Jedi dell'epoca della Vecchia Repubblica probabilmente avrebbero disapprovato, ma fu proprio la loro totale al cambiamento e all'innovazione che contribuì in primis alla loro scomparsa.” Le lanciò un'occhiata furtiva da sopra la spalla. “A proposito, sono Maestro Tionne e Maestro Luke. Ora sei un’apprendista, devi mostrare rispetto."

Rey gli fece una smorfia da dietro la schiena, incrociando gli occhi e tirando fuori la lingua. Aveva incontrato altri adolescenti prima di allora, ma nessuno le era mai risultato così serioso e formale.

Ben la condusse in una radura di fronte al Tempio. Sollevò un lungo braccio, indicandole metodicamente ogni livello della piramide mentre le parlava. “Nel livello più alto c’è la Sala Grande, dove seguiamo le lezioni. Subito sotto ci sono gli alloggi, le camere di stoccaggio e le sale di meditazione. Al piano terra c’è il Comando Strategico – per le riunioni militari, le comunicazioni e gli incontri diplomatici – così come le cucine e la mensa.”

Nonostante si stesse sforzando di ascoltarlo, la sua attenzione fu rapita dal fiume che scorreva lungo la piattaforma di atterraggio e dalla fitta giungla che si estendeva oltre di esso. Si lanciò con impazienza verso il confine, ma la voce irritata di Ben la riscosse dalla sua trance. “Dove pensi di andare?”

Lei lo fissò confusa. “Ehm, ad esplorare?!”

“Non puoi semplicemente scappartene via da sola, potresti perderti o imbatterti in qualcosa che vuole mangiarti.” Uno stivaletto martellava con impazienza per terra. “Andiamo dentro, ti mostro la tua stanza.”

Obbedì, senza riuscire però a togliersi dalla faglia un cipiglio ribelle. Stava iniziando a rendersi conto del fatto che non sarebbe più stata in grado di andare e venire come pareva a lei, e si chiese in che diavolo di situazione si era andata a cacciare.

L'interno del Grande Tempio era solennemente silenzioso. “Di solito, a quest’ora del giorno, stanno tutti seguendo le lezioni mattutine,” le disse Ben mentre salivano una rampa di scale coperte di muschio. “Li incontrerai più tardi, quando andremo a pranzo.”

Il suo stomaco brontolò alla menzione del cibo, ma la sua curiosità superava di gran lunga l'appetito. “Cosa fate durante le lezioni?”

“Un sacco di meditazione”, rispose, la sua bocca ridotta ad una linea sottile. “Dipende anche da quanto tempo sei all'Accademia. Le nuove reclute si concentrano sull'imparare ad incanalare la Forza - manipolare piccoli oggetti, cose del genere. Una volta che hai capito come funziona - anche se la conoscenza della Forza è sempre migliorabile, " si corresse immediatamente, come se fosse un’idea che non condivideva ma che aveva interiorizzato comunque, “- ti verrà assegnato il tuo Maestro per imparare ad utilizzare la spada laser e passerai agli esercizi di combattimento.” Toccò l'asta di metallo che portava agganciata alla cintura. “Tuttavia, Maestro Luke pensa che la violenza sia l'ultima risorsa di un Jedi, e che la spada laser dovrebbe essere usata raramente, se non affatto.”

Non era sicura su come doveva accogliere quell’informazione. Aveva combattuto per tutta la vita; apeva che un’arma potente era sempre una fonte di vantaggio. “E tu cosa ne pensi?”

Ben portò una mano al mento, come se stesse soppesando la domanda da più angolazioni. Per un momento, le sembrò più vecchio dei suoi quindici anni. “Sono d'accordo sul fatto che non ci sia bisogno della spada laser, quando si ha la Forza", disse alla fine.

Un ricordo: il ladruncolo congelato a mezz'aria, stordito e spaventato. Rey rabbrividì.

Raggiunsero una sala lunga e umida, fiancheggiata da camere da letto e bagni. La condusse verso una delle porte rotonde proprio alla fine, annunciando “Questa è la tua.”

Non c’era molto. Delle fessure scavate nelle pareti che fungevano da finestre, dalle entravano dei raggi di sole che tingevano di arancione i mattoni di pietra. C'era un lettino basso e stretto con un materasso sottile e spoglio. Nient’altro.

Agli occhi dei Rey appariva come una reggia.

Ben si schiarì la voce. “Prenderemo un paio di lenzuola e dei cuscini dai magazzini. Anche qualche pannello a luce e delle stufe ad angolo – posso aiutarti ad installarli, se vuoi.”

La bocca le si spalancò per lo shock. “Vuoi dire che potrò avere dell’altro?”

Il ragazzo assunse un’aria strana. Troppo profonda per essere pietà, più vicina ad un cuore spezzato, a qualcuno che scopre qualcosa di nuovo e doloroso.

“Sì, Rey.” Ed il suo tono era incredibilmente gentile. “Potrai avere dell’altro.”

 
*

Passarono il resto della mattinata a sistemare la sua stanza. Una volta che il letto fu rifatto ed i sistemi di illuminazione e riscaldamento furono operativi, Ben dichiarò il quartiere ufficialmente “abitabile”. Rey, che fino a quel momento aveva vissuto in un AT-AT per quasi metà della sua infanzia, si dichiarò d’accordo con finta solennità.

Il suo stomaco brontolò di nuovo. Le labbra del ragazzo si incresparono divertite, e dovette ammettere che, forse, c’era qualche somiglianza con lo zio, dopotutto.

Scesero le scale: era l'ora di pranzo e il piano terra era nel pieno della sua attività. Lo seguì nella mensa riservata  agli apprendisti, ma si bloccò nell’istante in cui varcò l’ingresso.

La grande sala era piena di tavoli in legno e una varietà infinita di sedie, progettate per soddisfare le diverse anatomie degli studenti del Praxeum. Sulle pareti laterali si trovavano dei dispenser automatici carichi di cibo e bevande provenienti direttamente dalle cucine. L'aria era carica di chiacchiere vivaci, un’ondata di basic si distingueva costantemente tra i sibili, i clic, i grugniti e le sillabe di altre lingue.

“Questo mi ricorda decisamente la Cantina su Jakku,” mormorò Rey, leggermente inorridita.

“Credimi, la Cantina sarebbe meglio”, rispose Ben insofferente.

Mentre cercavano un tavolo vuoto, un ragazzo dai capelli d'oro che sembrava avere più o meno l'età di Ben si avvicinò dietro di loro. Era vestito con abiti dai colori così appariscente che Rey pensò di essere in pericolo di diventare cieca.

Un paio di imperiosi occhi azzurri la studiarono, canzonatori. “Maestro Luke ha inserito ‘baby-sitter’ alla tua lista di doveri, Solo?”

“Forse dovresti aggiungere ‘inventare insulti più intelligenti' ai tuoi”, scattò Ben in risposta.

Il biondo sbuffò, allontanandosi in pompa magna. “Quello era Raynar della Casa di Thul”, la informò cortesemente. “Ed ecco la tua nobiltà alderaaniana. I suoi genitori non erano sul pianeta quando fu distrutto.”

“Non dovrebbe rispettarti di più, allora? Considerando che tu sei…”

“È un titolo decaduto”, ripetè.

Trovarono un posto libero, che tragicamente non era abbastanza lontano da Raynar ed i suoi amici. Rey ignorò i loro ghigni e gli sguardi aguzzi, mentre rimase affascinata da un tavolo di tre rettiliani Cha'a raccolti attorno a un nido pieno di uova vibranti. Quando dai gusci emersero dei boccioli dai petali rosa, i Cha’a si gettarono su di loro in un vortice di arti e denti aguzzi.

"È maleducato fissare", fu ammonita sottovoce.

Abbassò immediatamente la testa. Il suo bastone da combattimento era nella sua stanza, e quegli artigli affilati come rasoi non sembrano cose con cui impicciarsi.

In un altro tavolo, due femmine Twi'lek stavano raccogliendo mucchi di muffa coltivata e carne di rycrit, le loro lekku che sfioravano con garbo il retro delle larghe tuniche. Era la prima volta che Rey vedeva qualcuno della loro specie indossare qualcosa che non fossero abiti da schiavi.

Accanto alle due Twi’lek, un gruppo di esseri dalla faccia piatta con un solo bulbo oculare, colli ricurvi e la pelle marrone stavano conversando nella loro carezzevole lingua davanti a ciotole di verdure dalle foglie verdi ed i fiori luminosi. Rey confesso a Ben che a volte avrebbe voluto avere anche lei le due bocche e le quattro gole necessarie per parlare Hammerhead, facendo quasi soffocare il ragazzo.

“Non chiamarli maicosì” la avvertì minaccioso. “Sono Ithoriani, l’altro nome è un insulto.”

Per mascherare il suo imbarazzo, Rey cambiò argomento. “C’è qualcosa da bere?”

Senza dire una parola, Ben afferrò al volo da un dispenser l’ultima caraffa di succo di pompelmo fresco proprio mentre girava verso il tavolo di Raynar. Nessuno aveva mai fatto niente per lei, neppure versarle una spremuta. Ponderò l’idea in assoluto silenzio, imbarazzata, finchè il suo il suo bicchiere non fu pieno e Ben non posò la brocca sul tavolo.

“Ehi, potresti ridarci il nostro succo?” chiamò Raynar dal suo posto, la voce un po’ troppo alta che fece girare 
 
"Ehi, potresti darci il nostro succo?” Raynar chiama dalla sua sedia, con molte teste che si voltarono al suono della sua voce troppo alta. “La prossima volta, per favore, chiedi prima di prenderlo." Agitò una mano e la brocca si sollevò in aria, levitante lentamente nella sua direzione.

Gli occhi di Ben si ridussero a due fessure. La brocca si fermò, quindi iniziò a tornare indietro. Con aria di sfida, Raynar si concentrò ancora di più sulla Forza e la caraffa riprese a muoversi verso di lui.

Rey non potè fare a meno di guardare incredula mentre i due ragazzi si lanciavano in un tiro alla fune telecinetico, con una brocca di succo di pompelmo sospesa nel bel mezzo di una mensa affollata. Sì, quell’inutile esibizione di machismo le ricorda davvero la Cantina di Jakku.

All'improvviso, un'esplosione selvaggia e perfida scoppiò dalle labbra di Ben, che scoprì i denti con un ringhio. E spinse. La brocca si schiantò sul viso di Raynar, bagnandolo dalla testa ai piedi di liquido rosso e appiccicoso. Sputando, il biondo balzò in piedi, imitato dai suoi compagni. Uno di loro allungò una mano e un piatto di budino sfrecciò di fronte a Rey per venire catapultato addosso a Ben.

Reagendo d’istinto, Rey scattò in piedi, afferrando la sua scodella di zuppa e scagliandola contro il nuovo assalitore, che venne colpito in pieno petto. Si alzò un grido acuto ed un altro dei suoi compagni rispose rapidamente con un piatto di noodle al miele. Rey fu abbastanza veloce da scansarla, vedendola schizzare sulla pelliccia bianca di un Talz seduto lì vicino, che urlò qualcosa di estremamente musicale prima di caricare il gruppo di Raynar, travolgendo ogni tavolo che si trovava sulla sua strada.

Ben presto, la maggior parte degli studenti si unì alla mischia, alcuni ridendo, altri genuinamente indignati. La stanza fu invasa da pezzi di cibo levitati da un gruppo all'altro. Le femmine di Twi'lek lanciavano giocosamente le insalate degli Ithoriani, che si attaccavano i Cha'a, che si portarono automaticamente indietro in una formazione di attacco a tre punte, sibilando e lanciando occhiate truci.

Mentre un branco di vermi sfilacciati - che erano stati il pasto di due creature blu – le si dimenavano sulle braccia, Rey intravide R2 con la coda dell'occhio rotolare nella sala mensa. Il droide emise un lamento elettronico di allarme e batté in una frettolosa ritirata, ma non prima che un vassoio di pasticcini gli venisse rovesciato sulla sua testa a cupola.

Era un pandemonio. Rey ridacchiava mentre schivava e lanciava contrattacchi con qualunque piatto trovasse a portata di mano. Si stava divertendo.

Ben le si mise di fronte, le guance pallide macchiate di polpa violacea di qualche frutto troppo maturo. "Non dirmi che ti stai divertendo davvero!" le urla sopra al frastuono.

Rey gli spiaccicò un piatto di gelatina traballante tra i capelli corvini.

Fermi!” Una voce potenziata dalla Forza esplose in tutta l’enorme stanza, echeggiando tra le pareti.

Ogni singola particella di cibo volante si fermò a mezz’aria; ogni goccia di liquido si bloccò, immobile sopra i tavoli. Il silenzio calò come una pesante tenda, punteggiata solo dai rantoli di qualche allievo.

Luke Skywalker era in piedi sull'ingresso, un'espressione severa sul suo volto, mentre osservava la mensa congelata.

“Zio,” sussurrò Ben, colpevole.

Non “Maestro” notò Rey.

“Era questo il modo migliore e più impegnativo che potevate trovare per usare i vostri poteri?” chiese Luke ai suoi studenti, suonando arrabbiato e deluso.

E triste.

Rey deglutì mentre una fitta vuota iniziò a corroderle il cuore. Quest'uomo le aveva offerto una nuova incredibile vita, l'aveva strappata alla fatica e agli stenti, e lei lo aveva ripagato aiutando ad istigare una lotta con il cibo nel suo bellissimo tempio.

Luke si girò per andarsene, e, in quel momento, notò le sue labbra piegarsi in un lieve sorriso. “Invece,” disse, "potreste usare le vostre capacità Jedi per ripulire questo casino.”

Agitò la mano e tutto il cibo e bevande sospese in aria si schiantarono, facendo precipitare addosso a Rey, Ben e il resto degli apprendisti una valanga di succo, noodle, zuppe, dolci, verdure, salse, carne e frutta.

Attraverso una foschia di glassa bianca che le ricopriva le ciglia, le sopracciglia di Rey si alzarono alla vista di Luke che si allontanava, le spalle scosse da una risata composta.

*

"Stai avendo ripensamenti?" Le chiese Ben più tardi mentre si univano al flusso di reclute che arrancavano verso i loro alloggi, appiccicosi e stanchi dopo aver pulito il campo di battaglia.

"Stai scherzando? Ci potrei vivere qui." gli sorrise. Aveva i capelli appiccicati alla fronte dalla gelatina e dal succo di frutti di bosco, mentre i suoi le gocciolavano sulle spalle. "Posso decisamente vivere qui."

 
Note originali dell'autore:
1. The name Shadow Sabre is an amalgamation of two ships owned by Mara Jade Skywalker, as my homage to another great character that no longer exists in the canon universe. I've decided to base its appearance on the Jade Shadow because, well, SoroSuub yachts are just so damn sexy.
2. Believe it or not, the food fight really happens in Heirs of the Force. Luke Skywalker: master troll.
  
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