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Autore: NyxTNeko    15/07/2018    2 recensioni
Roma, 37 d.C.
Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo...fino a quando il potere non entrerà dalla porta della sua piccola bottega di filtri e veleni e le stravolgerà l'esistenza risucchiandola inevitabilmente nel suo vorticoso buco nero.
Locusta, la prima serial killer della storia, fu un personaggio enigmatico, quasi leggendario, di cui si sapeva davvero poco anche ai suoi tempi, una cosa, però, era assolutamente certa: la strega di Nerone non sarebbe sopravvissuta a lungo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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"Ecce, manus iuvenem interea post terga revinctum 
pastores magno ad regem clamore trahebant 
Dardanidae, qui se ignotum venientibus ultro,
hoc ipsum ut strueret Troiamque aperiret Achivis
obtuleratfidens animi atque in utrumque paratus
seu versare dolos seu certae occumbere morti. 
undique uisendi studio Troiana iuventus 
circumfusa ruit certantque inludere capto
accipe nunc Danaum insidias et crimine ab uno disce omnis"
Virgilio, Eneide, IIvv. 57-66

Baia, 23 marzo

- Perdonate il ritardo, madre - si scusò Nerone piombando nella sala del triclinio; la madre guardò il figlio, ormai ventunenne, dalla testa ai piedi e non poté non notare che oltre ad essere diventato più alto di lei, a differenza del padre, Gneo Domizio, il quale rimase sempre basso e sgraziato, iniziò a divenire più pieno nel viso e nelle membra, nonostante non smettesse mai di tenersi in forma con i suoi assurdi esercizi olimpici.

- Conosco benissimo la vostra "modestia" maestà, non mi stupisco dei vostri continui ritardi - emise sospirando. Guardò il soffitto vermiglio, ottenuto dalle cocciniglie, decorato con affreschi di ghirlande colmi di fiori e frutti, tra cui dei grappoli d'uva così ben realizzati da far venire l'acquolina in bocca a chiunque le osservasse dal basso.

Raggiante come il sole, Nerone le si avvicinò silenzioso, discreto, e si sdraiò al suo fianco - Madre, siete splendida, come sempre, gli anni sembrano non intaccarvi - la elogiò quasi eccitato, nemmeno un'ombra aleggiava nei suoi grandi occhi chiari, uguali a quelli che aveva da bambino.

- Pensavo che la vostra richiesta di riappacificazione fosse una burla - sorrise maliziosa Agrippina ruotando gli occhi verso di lui - E invece siete sincero, maestà...

- Mi sono reso conto di aver esagerato nei vostri confronti, madre, volevo dimostrarvi di cavarmela da solo, però ho lasciato sfogare i miei sentimenti più spregevoli - confessò Nerone dispiaciuto, avvicinandola a sé con incredibile delicatezza, le baciò il capo - Sapete che la corte è un luogo nervoso e frenetico...

Eppure c'era qualcosa nel figlio che non la convinceva, fino a qualche giorno prima, non faceva altro che ringhiarle contro, elencando tutti i suoi misfatti e soprattutto rimproverandola della sua onnipresenza, in preda all'ira più spaventosa; in quell'istante, invece, si mostrava come il figlio perfetto per ogni madre: gentile, accondiscendente, premuroso.

La voce profonda di Nerone la ridestò, le porse un calice colmo di vino, lei lo prese e cominciò a berne un po', dolcissimo, come il nettare degli dei - Brindiamo alla nostra riappacificazione, che possa durare in eterno - rise alzando il suo, assieme a tutti coloro i quali partecipavano al banchetto.
 

'Vorrei ricucire il nostro rapporto, madre' ripensò alla lettera mandatagli dal figlio appena due giorni prima 'E ho deciso di farlo durante il periodo della Quinquatrie, le feste dedicate a Minerva, nella festosa città di Baia, in Campania, presso i Campi Flegrei, in totale intimità, so che accetterete, vi aspetto con ansia...'

Quando la ricevette rimase un po' perplessa dal tono serene che caratterizzarono quelle parole, non sembrarono sue: che avesse deciso davvero di abbassare la testa e lasciarsi guidare totalmente dalla madre, avendo compreso che quel peso era troppo per uno come lui? 
 

- Ho esagerato pure io, figlio mio - ammise Agrippina incrociando il suo sguardo preoccupato nel vederla immersa nei suoi pensieri - Non avrei dovuto agire come ho fatto, soprattutto quel tentativo di incesto con voi...ma sapete che non mi fido di quella donna... quella Poppea...temo di perdervi per sempre - aggiunse appoggiandosi sulla spalla forte del figlio, chiudendo gli occhi. 

Suo figlio odorava di gioventù, di potere, nel fondo del suo animo era così fiera di vederlo splendere di imperialità, si ricordava del perché aveva ricorso proprio all'incesto: voleva preservare il suo sangue da quello ignobile di Poppea Sabina inizialmente era questo il suo intento.

Però, quando se lo era trovato davanti, possente ed energico, non era riuscita a non essere attratta dal suo aspetto sano:  nessun male pareva colpirlo per sottrargli il suo vigore, nessuna debolezza fisica intaccava la sua prestanza, nonostante i chili di troppo cominciassero a farsi visibili. Era esattamente l'opposto di quel satiro debole e malfermo del padre.

- Allontanerò Poppea dalla corte, se è lei a turbarvi, madre - le sussurrò nelle orecchie; a quelle parole Agrippina lo rimirò nuovamente, incredula, credette di aver frainteso, ma Nerone le tolse ogni dubbio annuendo lievemente.

"Manca poco ormai" pensò l'imperatore accarezzando per l'ultima volta i capelli della madre, con un misto di emozioni contrastanti che lo invasero: dispiacere e determinazione, tristezza e voglia di riscatto "E poi potrò realizzare il mio progetto..." la sua mano scivolò lungo i fianchi di Agrippina, sussultò improvvisamente, un brivido scese lungo la schiena, bloccando le parole in gola.

Tutto stava procedendo secondo i piani.

Roma, 20 marzo

- Dovete reggere il gioco finché potete, maestà, penso che per voi non sia difficile mostrarvi affettuoso con vostra madre, il vostro talento istrionico sarà vantaggioso per tutti quanti - lo aveva raccomandato Aniceto, alzando leggermente la testa per guardarlo dritto negli occhi - Io penserò al resto, come vi ho già detto...

- Sono disposto a tutto purché il suo assassinio riesca, solo eliminandola potrò essere libero, finalmente... - lo rassicurò Nerone a braccia conserte, ritto in piedi, e l'espressione lievemente accigliata.

- Ed io cosa farò? - si era intromessa Locusta, afferrando il braccio massiccio dell'imperatore, ‎ansiosa per sua la sorte; era dai tempi di Aulus che non provava apprensione per un uomo a lei particolare caro.

- Voi resterete qui, Locusta - ordinò Nerone dolcemente - Non voglio mettere in pericolo la vostra vita, siete troppo importante per me...

- Ma... - tentò di ribattere.

- Niente ma, Locusta, qui c'è in gioco il nostro destino, e l'ultima cosa che desidero è di farvi soffrire ancora - sbottò il Princeps staccando brutalmente il braccio dalla presa della donna - Voi resterete qui e baderete alla mia futura sposa, durante la mia assenza, desidero che possiate essere sua amica, affinché non ci siano più inimicizie a corte, questo sarà l'ultimo grande atto, in cui potrò vendicare la morte di mia zia, dopodiché spero di poter inaugurare un lungo periodo di pace e prosperità

Locusta sorrise, abbassando la testa, il suo Nerone non aveva smesso di pensare a quella donna, sempre al centro del suo cuore, il solo ricordo riusciva a rendere manifesta la sua umanità, a non trasformarlo completamente in un mostro privo di controllo - E di Giulia Ottavia, vostra attuale moglie, cosa volete farne, mio imperatore? - gli fece presente Locusta, rendendosi conto di non averla tenuta in considerazione.

- A lei penserò dopo, non è minacciosa come mia madre, solo tremendamente petulante e fastidiosa - bruscamente ringhiò il Princeps, pochi istanti dopo riprese il controllo e aggiunse - Vi farò sapere quando recarvi a palazzo, presso la mia Poppea

"È giusto che mi faccia da parte, per il momento, quando avrà ancora bisogno di me, io ci sarò".

Osservava i due allontanarsi dalla sua dimora: Aniceto ripeteva di nuovo il piano che aveva elaborato, mentre Nerone gli faceva segno di non doversi preoccupare, mostrando sempre la sua esuberanza.

Baia

- Siete sicura di non voler rimanere ancora po' con me, madre? - le chiese Nerone, con una gentilezza e un garbo che non le aveva mai rivolto prima.

- A differenza vostra, che pensate quasi esclusivamente a divertirvi e a godervi la vita, al centro dei miei pensieri, c'è sempre il dovere, cosa che dovreste iniziare a fare altrettanto - lo rimproverò indirettamente - E poi è già notte fonda, riuscirò ad arrivare a Roma nella tarda mattinata...

‎Nerone trattenne un impeto di rabbia, ricordandosi delle raccomandazioni di Aniceto: non poteva mandare tutto a monte. C'era in gioco tutto in quella serata.

- Vi prometto che non appena termineranno le feste di Minerva e tornerò a Roma, metterò la testa a posto - le diede un bacio sulla guancia e l'aiutò a coprirsi la testa con la palla, la accompagnò fino alla costa, dove l'aspettava la nave fatta costruire appositamente da Aniceto per il viaggio di ritorno, subito dopo aver ricevuto la notizia che la nave con la quale si era recata da Nerone era naufragata.

- Vi auguro uno splendido viaggio di ritorno, madre adorata - soffuse il figlio accarezzando le sue mani - Cercate di non prendere molto freddo, non impensieritemi

- Sono una donna forte e dovreste saperlo... - le ricordò Agrippina malignamente; Nerone la lasciò andare. Salì sulla barca, la sua fedelissima e silenziosa ancella Acerronia, già a bordo, la accolse con un inchino e le indicò il loro letto, situato nella cabina alla poppa della nave, sul quale si accomodò.

Solo quando attraccò e iniziò ad allontanarsi, l'imperatore poté togliersi la maschera da figlio devoto e strinse i pugni "Godetevi pure questo viaggio madre, perché sarà l'ultimo" sogghignò sinistramente, al chiaro di luna,  continuando a guardare la nave allontanarsi; non appena l'imbarcazione divenne un tutt'uno con il cielo notturno sgaiattolò velocemente verso la villa, in attesa di aggiornamenti. 

- È una notte meravigliosa, Augusta - emise Acerronia tra un sospiro e l'altro, ammirando il cielo stellato, privo di nubi scure che avrebbero intaccato quella pennellata lucente. 

Agrippina non rispondeva, voleva godersi la notte in silenzio, il fracasso di quell'interminabile festa le rimbombava ancora nella testa, per sua fortuna non aveva bevuto molto.

Suo figlio aveva finalmente deciso di collaborare, i suoi sforzi, durati anni, stavano dando frutti; una volta a corte avrebbe sbattuto fuori quella poco di buono, così come tutte le altre concubine, avrebbe parlato con Ottavia dicendole che tutto si sarebbe risolto, e lei avrebbe ancora tenuto Nerone sotto controllo.

Chiuse gli occhi accennando un sorriso, da tempo non si sentì così soddisfatta: non poteva desiderare di meglio, si assopì, con la compagnia dell'ancella. 

Sentì un rumore sinistro provenire dal tetto e, intimorita, sollevò la testa, richiuse nuovamente le palpebre, cercando di non lasciarsi condizionare dalla suggestione; un fragore la spaventò e vide il tetto crollare davanti ai suoi occhi. Fu caricato con del piombo.

Uno dei parenti dell'imperatrice morì sul colpo: un certo Creperio Gallo, il timoniere, mentre le due donne furono salvate dalle alte e robuste spalliere del letto. Non avendo nessuno al comando la nave sbandò e le due donne caddero in acqua.

- Che qualcuno ci aiuti! - sgolò ripetutamente Acerronia agitando le braccia - Salvate almeno me che sono l'Augusta, la madre dell'imperatore! Vi prego! - mentì alla fine la donna, sperando nell'aiuto dei marinai della nave, guidati dalle sue urla; credendo alla sue parole i marinai, tutti complici di Nerone, la colpirono violentemente con i remi, la donna perse conoscenza e sparì negli abissi.

La vera Agrippina, dopo aver assistito alla morte della sua incauta ancella, da brava nuotatrice qual'era, senza perdere tempo e silenziosamente, nuotò fino alla riva, qui fu avvistata da alcuni pescatori che la riconobbero e la condussero nella sua villa sul lago di Lucrino.

Questi le chiesero cosa fosse successo e chi fosse il mandante, lei non rispose, fingendo di non aver intuito di essere stato proprio suo figlio ad aver architettato ogni cosa "Altro che riappacificazione, voleva uccidermi, ora comprendo il suo atteggiamento ossequioso, voleva farmi abbassare la guardia e far scattare il suo piano"

Una volta giunta nella sua villa, chiamò immediatamente un messo da mandare all'imperatore per informarlo del suo stato di salute.

Il suo scopo era di non far ricadere la colpa sul figlio, in modo da poter confessare al Palatino e al Senato di essere scampata ad un violento naufragio. "Quando ci ritroveremo da soli chiariremo la vicenda"

La notizia del suo salvataggio era già rimbalzata alle orecchie di Nerone, che disperato, tentava in tutti i modi di trovare una soluzione.

Finché, nel suo girovagare tra le varie stanze della villa, giunto in cucina, si ritrovò tra le mani un coltello e si girò verso Aniceto, diventata la sua ombra in quei giorni, gli sorrise - Questo sarà l'atto conclusivo di questa superba tragedia, Aniceto, appena arriverà vi darò il permesso di agire - disse Nerone correndo ad accogliere l'uomo.

"Siete davvero pronto ad andare fino in fondo, altezza, ed io sarò con voi" 

Lucio Agerino, un liberto fedele alla madre, arrivò in fretta e furia al cospetto dell'imperatore, s'inchinò timoroso - L'Augusta e vostra madre Agrippina mi ha mandato per riferire a sua altezza imperiale, Nerone Cesare che le sue condizioni fisiche sono più che buone...

Il Princeps si alzò, sovrastando il piccolo e gracilino Lucio, tremante di paura, un moscerino al suo confronto. Senza dire nulla Nerone estrasse un coltello e lo gettò ai suoi piedi, il liberto indietreggiò terrorizzato. Aniceto e i sicari capirono l'allusione.

L'imperatore freddamente riferì - Volevate uccidermi, non è vero? - scoppiò a ridere e si rivolse agli uomini armati alle sue spalle - Quest'uomo voleva uccidere l'imperatore! Per ordine di mia madre, dopo tutto l'affetto che le ho dimostrato in questa giornata, lei mi ripaga così! - nei suoi occhi brillava una luce folle e sadica - Pensa che sia stato io ad organizzare il naufragio, che assurdità, dimostrate ad entrambi che non è vero, miei uomini

Alcuni pretoriani presero il liberto e lo sgozzarono all'istante sotto gli occhi dell'imperatore, il quale trattenne a stento il disgusto per il sangue.

Altri, guidati da Aniceto si diressero verso la villa di Agrippina; piombarono nella sua stanza, sfondando la porta, lei rimase impassibile nel vederli, come se fosse stata impaziente nel attenderli - Il messaggero non è ancora arrivato, quindi...informatelo dunque del mio stato di salute, se invece siete venuti per uccidermi non posso credere che sia stato lui stesso ad ordinarvelo...

Un sicario avanzò verso di lei e la bastonò più volte sul capo, Aniceto si riservò il compito di darle il colpo di grazia; senza mostrare alcun timore né ritegno, Agrippina sporse il ventre all'ex precettore, pronto a strapparle la vita con la spada - Colpite qui, nel punto in cui generai quel mostro che si è rivelato mio figlio! - Aniceto e i suoi non se lo fecero ripetere due volte e la trafissero senza pietà nel punto indicatogli.

In quel momento tra sogno e morte rimembrò le parole dell'astrologo predette anni prima, sulla sua fine - Al culmine della sua follia, vostro figlio vi ucciderà...vi ucciderà - lei non gli credette, quella fu la conseguenza. "Avrei dovuto sopprimerlo io stessa con queste mani, quando era ancora incapace di fare del male..." si disse nell'istante prima di spirare.

- Avevate generato un grande artista, destinato a rendere immortale l'Impero attraverso le sue parole e nonostante gli avvertimenti siete riuscita a renderlo una bestia grazie alla vostra sfrenata ambizione - rinfacciò Aniceto sul suo cadavere. 
 

In preda al delirio di onnipotenza e di uno stato di liberazione senza pari, Nerone, arrivato trepidante alla villa della madre, spostò il sudario che copriva il volto di Agrippina, freddo, impassibile, immobile nella sua severità, ebbe un fremito interiore e sentì di adorarla come mai in vita sua.

- Non è ancora più incantevole da morta, miei cari amici - si rivolse ai presenti, tra cui Seneca e Burro, privo di qualsiasi contegno - Questa visione mi ispira, sento le Muse e Apollo sussurrare le parole nella mia anima...quale finale può esserci adesso se non la contemplazione di tanta bellezza...

Si avvicinò al cadavere, stralunato, inspirò il suo odore e, inebriato, la baciò sulle labbra: assaporò il sapore acre e al tempo stesso dolce della morte; le sorrise balenante, le aggiustò una ciocca fuori posto, le accarezzò con il dito la guancia e poi la ricopri nuovamente.

- Il resto non è affar mio, pensateci voi nel cercare una motivazione convincente - si gongedò Nerone bramoso di godersi quel trionfo tanto atteso.

   
 
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