Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: SusyCherry    17/07/2018    3 recensioni
«Ok, ok. Ti salvi solo perché ho una bella notizia. Un tizio del nostro ospedale è andato in pensione e ho fatto domanda per il suo posto. Sherlock sarò un urologo!» dichiarò con un sorriso trionfante.
«Un…urologo?» domandò sinceramente confuso Sherlock.
«Sì un urologo. Sai apparato urinario. Non avrai cancellato anche quello insieme al sistema solare, vero Sherlock?»
«Certo che no, non essere sciocco. Apparato urinario e…apparato genitale maschile, no?»
«Esatto.»
«John vedrai peni dalla mattina alla sera?» chiese Sherlock con faccia scioccata.
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[Fanfiction scritta in occasione della Summer Challenge organizzata dal gruppo "Aspettando SHERLOCK 5 - SPOILERS & EVENTI!"]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui col secondo capitolo! Ringrazio infinitimente chi ha letto la storia, chi ha lasciato una recensione e chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite. Buona lettura!



Il caso che Lestrade gli aveva affidato era inaspettatamente interessante, un caso da otto avrebbe azzardato, John ne sarebbe stato entusiasta. O almeno questo era quello che Sherlock pensava mentre attraversava il lungo corridoio prima della stanza dove era situato il nuovo studio di John. La postazione della noiosa e fastidiosa segretaria che aveva seguito John anche nel suo nuovo incarico era vuota e per un momento Sherlock se ne dispiacque: era chiaro che la donnetta non aveva ben recepito il messaggio di girare alla larga da John, quindi forse necessitava di un ulteriore incoraggiamento da parte sua. Sì, avrebbe proprio dovuto scambiare due paroline con quell'arrampicatrice sociale, ma in fondo fu felice di poter entrare nello studio di John senza che nessuno provasse a bloccarlo. Spinse quindi la porta con forza, entrando con la sua solita eleganza e strafottenza da diva in passerella e si preparò a parlare con il suo tono più sicuro e suadente quando ciò che vide gli fece morire le parole sulle labbra: all’interno della stanza c’era un uomo chino sulla barella, con i pantaloni e la biancheria abbassati fino alle caviglie.[1] Sherlock registrò meccanicamente il suo aspetto. Poteva avere circa 45 anni, capelli castani, occhi blu, fisico muscoloso e definito, di bell’aspetto a dir poco, più alto di lui. Era un fottuto modello quell’uomo! John si apprestava con una mano inguantata a scostargli leggermente le natiche mentre l’altra mano sollevata a mezz’aria era ricoperta di una sostanza vischiosa e trasparente, vaselina evidentemente.

«Cosa diavolo stai facendo» si intromise Sherlock, scandendo ogni singola parola e utilizzando un tono di voce alto, gelido, da cui però traspariva la rabbia che covava malcelata sotto la superficie di una calma ostentata, ma non posseduta.

«Sh-Sherlock? Che ci fai qui?»

Il detective si limitò a lanciargli un’occhiata torva, guardando con odio l’uomo col sedere all’aria che a sua volta guardava interrogativo John, con un’espressione che esprimeva chiaramente una domanda: “E questo chi diavolo è?”

“Oddio” pensò John “devo trovare una scusa. E in fretta anche.”

«Mi scusi signor Richards, è un paziente del reparto psichiatrico, deve essere scappato alla sicurezza. Lo riportò nella sua stanza e torno subito da lei!» si affrettò a spiegare John mentre si liberava dai guanti e lo prendeva per un braccio, strattonandolo verso il corridoio.

«Un paziente psichiatrico John?»

«Certo, non sapevo che altro inventarmi. Perché solo un pazzo entrerebbe in una stanza d’ospedale, senza bussare e interrompendo una visita in corso!»

Sherlock lo guardò ancora più offeso quindi John si costrinse a calmarsi. Fece un profondo respiro, gli lasciò il gomito dal quale lo stava ancora trascinando e provò a spiegarsi con tono paziente.

«Sherlock queste sono visite delicate, i pazienti sono già abbastanza a disagio senza che un perfetto estraneo piombi nella stanza aumentando il loro imbarazzo. È estremamente importante assicurare loro rispetto e privacy. Lo capisci?» concluse sorridendogli dolcemente.

«John, tu stavi per penetrare quel paziente» e il tono del detective era gelido, risentito.

«Cos..? Sherlock ma di che parli?» l’infinita pazienza del medico era davvero agli sgoccioli. Si portò una mano sulla fronte passandola poi sugli occhi nel tentativo di riacquistare un barlume di autocontrollo per evitare di urlargli contro. «Stai dicendo solo idiozie.»

«Ah sì, vorresti dirmi che non eri in procinto di penetrare quel paziente?»

Certo John gli avrebbe infilato un dito nel sedere, ma non era ben sicuro di cosa intendesse Sherlock parlando di penetrazione.

«Sherlock innanzitutto smettila di ripetere la parola penetrare. È una procedura medica, si chiama esplorazione digito-rettale.»

«Certo! E dopo che verrà?»

Sentendosi urlare contro queste parole John perse anche l’ultima briciola di calma che gli era rimasta e iniziò a gridare anche lui:

«Se è per questo dovrò anche palpargli i testicoli! Quindi? Sono un medico, un urologo. È il mio lavoro. Tu piuttosto si può sapere che ci fai qui?»

Sherlock aveva completamente dimenticato il motivo di quella visita, il caso e tutto il resto. Sentiva solo una grande rabbia che non vedeva l’ora di sfogare fumandosi un pacchetto di sigarette intero. O meglio ancora se la sarebbe presa con le pareti del loro appartamento, visto che John probabilmente gli aveva buttato tutti i pacchetti che aveva in casa e non aveva alcuna intenzione di entrare in una tabaccheria e interagire con degli esseri umani.

«Niente. Buon lavoro allora» e dopo aver pronunciato queste parole con tutta l’acidità di cui era capace si girò sui tacchi e si diresse verso l’uscita in uno svolazzare di cappotto che aggiunse drammaticità alla scena, semmai ce ne fosse stato bisogno, lasciando in piedi e a bocca spalancata un dottore in piena confusione.
 
 
 
Verso l’ora di pranzo John aveva sbollito quasi tutta la rabbia, ma non era ancora pronto a mettere una pietra sopra l’accaduto. Certo Sherlock aveva spesso comportamenti bizzarri, ma una volta capito come funzionava il suo cervello era possibile scorgere una certa logicità dietro le sue stranezze. Ma il comportamento che aveva avuto quella mattina esulava da qualsiasi logica o tentativo di comprensione. Sherlock doveva semplicemente essersi bevuto il cervello. Il dottore sospettò addirittura che avesse ricominciato a fare uso di droghe e già solo il pensiero di questa eventualità gli fece stringere lo stomaco in una morsa d’apprensione. No, non era possibile, una tale ipotesi non era minimamente da prendere in considerazione. Se ne sarebbe accorto, avrebbe riconosciuto i sintomi. E poi cosa lo avrebbe mai potuto spingere a una scelta del genere? Le cose andavano bene, certo Sherlock continuava ad annoiarsi in mancanza di casi, ma quella era la loro solita routine, nulla era successo da poter sconvolgere il detective al punto da ricominciare con le droghe. Non l’avrebbe mai fatto. Non glielo avrebbe mai fatto. Se Sherlock avesse avuto qualche problema ne avrebbe parlato con lui. L’avrebbe fatto, vero? Lo sapeva che con lui poteva parlare di tutto, John per lui ci sarebbe sempre stato. Lo sapeva, vero?

John era perso nei suoi pensieri quando registrò a malapena che qualcuno si era seduto di fronte a lui.

«Mangi solo oggi Watson? Cos’è quella brutta faccia? È così terribile la zuppa?»

John alzò gli occhi verso la figura che gli aveva parlato con tono cordiale e gli sorrise di rimando, un sorriso un po’ tirato ma sincero. Peter Goodwin era un ginecologo dell’ospedale e a John era sempre piaciuto, era una persona pacata e amichevole, sempre molto gentile e disponibile con tutti.

«Sono solo molto pensieroso Peter, ma va tutto bene.»

«Senti John…» cominciò con tono incerto «ci tengo che tu sappia che l’ultima cosa che voglio è impicciarmi degli affari tuoi, però…beh…volevo solo dirti che ci sono passato anch’io…»

John lo guardò interrogativo, non aveva la minima idea a cosa il collega si riferisse.

«Ho saputo cosa è successo stamattina.»

«Come diavolo…?»

«Karen, la tua segretaria. Ha visto la scena e ne ha parlato con l’infermiere Evans. E sai che razza di pettegolo sia. Ne ha parlato con l’infermiera Davies che l’ha riferito alla dottoressa Wright. E io ero nei paraggi mentre ne discutevano.»

«E in questo ospedale non c’è di meglio da fare che parlare degli affari miei?» sbottò John «Non ci sono malati, gente che ha bisogno d’aiuto con la quale rendersi realmente utili?»

Il medico allargò le braccia in risposta, e John pensò che effettivamente non aveva colpa, non era davvero nel suo stile mettersi a spettegolare, doveva veramente aver captato la conversazione per puro caso. Si calmò e continuò ad ascoltare ciò che l’amico aveva da dirgli.

«Vedi tu lavori come urologo da poco, sicuramente non te l’aspettavi e non hai considerato certi particolari. Capisco che per te non c’è nulla di male, ma noi siamo medici, siamo abituati a questo genere di cose e guardiamo tutto con occhio professionale. La gente esterna a volte questo non lo capisce, ma non agisce con cattiveria, non è una reale mancanza di fiducia, loro hanno solo bisogno di essere rassicurati. È successo anche con mia moglie, ma è bastato farle capire che la sua gelosia era infondata, che non ho occhi che per lei, magari dedicandole più attenzioni e portandola a cena fuori…»

«No Peter aspetta» lo bloccò John, capendo finalmente dove quel discorso stava andando a parare «c’è un malinteso. Sherlock non è il mio compagno. Io e lui non siamo una coppia.»

«Oh!» e il volto del ginecologo era veramente il ritratto dello stupore «Perdonami, io ero sicuro che…beh, ecco…lo pensano tutti a dire il vero. Ma davvero scusami, non avrei dovuto dare per scontato una simile cosa. Sono davvero imperdonabile, spero potrai davvero accettare le mie scuse.»

«Tranquillo, non importa, davvero. Va tutto bene.»

“Tanto l’hai detto anche tu, lo pensano tutti” aggiunse mentalmente il dottore “già, perché mai poi tutti continuano a scambiarci per una coppia?” continuò seguendo il filo dei suoi pensieri. C’era stato Angelo, la signora Hudson, Mycroft, Mike che ogni volta che li vedeva li guardava con un sorrisetto soddisfatto che pareva urlare “ma tu guarda che bella coppietta ho formato. Sono stato io, il merito è tutto mio!”, e altre centinaia di persone. Oltre che l’intero ospedale a quanto pareva. E a nulla valevano le sue proteste, sempre e solo le sue tra l’altro, perché Sherlock non aveva mai detto mezza parola in merito, poteva iniziare un sermone se qualcuno lo chiamava psicopatico piuttosto che sociopatico iperattivo (entrambe definizioni che John odiava, lui sapeva bene che il detective non apparteneva a nessuna delle due categorie), ma mai una sola parola per correggere il loro status. Le proteste del medico, poi, venivano accolte dalla persona di turno con la tipica faccia da “sì, come no, figuriamoci. Di’ pure quello che vuoi, tanto non ti credo”, espressione che poteva leggere anche in quel momento dipinta sulla faccia del collega.

«E i bambini come stanno?» cercò di cambiare argomento.

«Oh molto bene, la piccola…» e John si sforzò con tutto se stesso di seguire il discorso dell’amico. Ci avrebbe pensato dopo, a casa, con più calma.
 
 
 
Quando finalmente rientrò a casa alla fine del turno trovò Sherlock steso sul divano con gli occhi chiusi. Di certo non stava dormendo, ma finse comunque di non aver udito il rientro del dottore. John non era così illuso da aspettarsi delle scuse, ma non si aspettava nemmeno il trattamento del silenzio. Tuttavia non diede eccessivo peso alla cosa, aveva bisogno di pensare prima di poter affrontare il coinquilino. Proclamò il suo intento di fare una doccia e andare subito a dormire e augurò la buonanotte al detective, senza ricevere risposta, e quando fu finalmente in camera sua si stese sul letto e si infilò sotto le coperte.

Di certo le parole dell’amico l’avevano fatto riflettere. “Sherlock geloso? Assurdo, improbabile, inconcepibile, impensabile” aveva decretato in un primo momento “eppure…avrebbe una sua logica, tutto avrebbe senso” si era ritrovato ad aggiungere poi, sentendo le palpebre farsi sempre più pesanti. “Sherlock è sposato col suo lavoro” aveva proseguito la vocina più scettica. Ed era vero, l’aveva detto chiaramente alla prima cena da Angelo, quando ci aveva spudoratamente provato con lui. Perché sì, almeno a se stesso poteva ammetterlo, almeno nella sua testa poteva essere completamente sincero. Ma Sherlock gli aveva espresso esplicitamente il suo non interesse, per cui John aveva fatto prontamente marcia indietro e di certo avrebbe rispettato il volere del coinquilino. “E allora trovami un’altra motivazione per il comportamento di questa mattina” ribatté pronta la vocina più fiduciosa. A John piaceva quella vocina, di certo avrebbe voluto seguire lei, ma si sforzava di essere neutro e imparziale. Nel frattempo sentiva la sua coscienza venir meno e scivolare sempre più nel calore di un sonno invitante. “Una volta eliminato l’impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità.” “Un punto per te!” pensò John, ormai nel suo mondo onirico, “se mi citi Sherlock così non posso che concederti la mia completa attenzione” e proprio in quel momento le due vocine assunsero nel sogno l’aspetto di due persone: una, la più fiduciosa, aveva nemmeno a dirlo le sembianze di Sherlock; l’altra, la più scettica, quali se non quelle dell’arcinemico del suo coinquilino? Ed ecco quindi una bella copia del governo inglese in tutto il suo splendore. John li guardò intensamente passando lo sguardo da uno all’altro, che nel frattempo si guardavano in cagnesco. Alla fine sospirò e proclamò: “Bene, non è un segreto per quale dei due Holmes io abbia sempre tifato, Mycroft mi dispiace, ma tuo fratello viene sempre prima di te.”

Lo Sherlock mentale di John rispose con un fiero sogghigno a queste parole (vanitoso pure nei sogni), mentre Mycroft roteava gli occhi al cielo proclamando con tutta la melodrammaticità che solo gli Holmes possedevano: “Come se ci fosse stata mai una reale scelta. Andiamo, ho l’aspetto di Mycroft, una persona che ha fin da subito insinuato cose sul vostro conto. Scommetto che sarebbe molto felice di vedervi insieme, certo sempre dietro un finto disgusto” e a quelle parole John rise di gusto.

“Certo non possiamo buttarci nel vuoto. Ci serve sicurezza prima di agire” dichiarò Sherlock.

“No di certo” continuò Mycroft “dobbiamo elaborare un piano.”

John era contento di come si stavano mettendo le cose. Quella riunione mentale prometteva bene e avere due Holmes dalla propria parte non poteva che essere una cosa buona. [2]
 
 
 
Quella mattina John uscì molto presto di casa, voleva evitare ad ogni costo di incontrare Sherlock. Al coinquilino sarebbe bastato un solo sguardo e lo scambio di qualche parola per riuscire a dedurre ogni cosa di lui e di ciò che aveva in mente. Però Sherlock aveva mostrato dei punti deboli, in particolare John aveva notato che perdeva di lucidità quando assumeva quell’atteggiamento che lui aveva ipotizzato potesse identificarsi come gelosia. Ma gli servivano conferme, non poteva azzardarsi a fare nulla prima di essere completamente certo di ciò che il detective provava e voleva. Non poteva rischiare passi falsi, c’era troppo in ballo. E a dirla tutta John non voleva neanche illudersi troppo, avrebbe fatto troppo male l’impatto con la dura realtà. Eppure c’era quella fiammella di speranza che non ne voleva sapere di spegnersi.

 
Sei uscito presto di casa oggi. SH

 
Ecco il pesciolino che abboccava all’amo. John doveva essere evasivo, ciò avrebbe infastidito il consulente investigativo. Doveva fingere che la sua attenzione fosse rivolta altrove. Farlo aspettare innanzitutto. E poi? Che altro? Nominare qualche collega? No forse era meglio rispondere semplicemente con il minor numero di parole possibile.

 
Già. JW

Si può sapere come mai, di grazia? SH

 
Ecco qui, Sherlock Holmes in tutta la sua impazienza. Il pesciolino cominciava a innervosirsi.

 
Avevo da fare. JW

Oh. Ok allora smetto di disturbarti e ti lascio ai tuoi impegni. SH
 

“No, no, no. Ho tirato troppo la lenza, il pesciolino sta scappando!” John doveva pensare subito a un modo con cui recuperare. “Pensa John, pensa!”

 
Nessun disturbo Sherlock, tu non disturbi mai. JW
 

Forse aveva esagerato, in fondo Sherlock non era una delle sue solite donne, sensibile alle smancerie e alle lusinghe (tranne quelle sulla sua intelligenza, su quelle era sensibilissimo, ma a dire il vero quei complimenti se li meritava tutti).

 
Sarcasmo di prima mattina, sei in forma oggi dottor Watson. SH

 
Ok Sherlock aveva frainteso, ne aveva tutte le motivazioni, John si era mostrato più volte esasperato dai suoi comportamenti e dalla sua invadenza, era ovvio che una tale dichiarazione fosse interpretata in quel modo. Però Sherlock stava continuando a rispondere e questo era l’importante. E poi…quel dottor Watson aveva attirato la sua attenzione. Era un tentativo di flirtare quello? O era la fantasia perversa di John che ormai vedeva doppi sensi e un secondo fine in tutto? Doveva saggiare il terreno.

 
Sì, immagino io ti sia mancato immensamente stamattina. JW

Non immagini quanto. SH

 
Oddio. Questa era un’ulteriore prova. Non poteva non significare niente tutto ciò. Doveva significare qualcosa, dannazione! Ma doveva riacquistare la calma, doveva attenersi al piano originale.

 
Mi spiace, ma stamattina dovevo vedere un paziente. JW

Un paziente. Prima dell’orario di visita? SH

Esatto. Hai fatto colazione? JW

 
Cambiare argomento era un’ottima mossa, non poteva permettere a Sherlock di insistere o non avrebbe saputo più che inventarsi. Intanto il seme del dubbio era stato instillato.

 
No, tu non c’eri e la signora Hudson è fuori città. SH

Mi spiace, vedrò di prepararti qualcosa quando torno. Oggi termino prima, sbrigo una commissione e sono a casa. JW

Che commissione? SH

Scusa ora devo andare Sherlock, ho un paziente da visitare. A dopo! JW

 
Il suo messaggio restò senza risposta, evidentemente Sherlock doveva aver trovato molto fastidiosa la mancanza di risposta alla sua domanda, sicuramente tutto il comportamento di John doveva averlo irritato, ma questo era esattamente ciò a cui il dottore puntava. Sperava in questo modo di riuscire a rallentare le sue capacità deduttive, almeno quel poco che gli serviva per avere un minimo di vantaggio. John in vantaggio su Sherlock, questa sì che era una novità! Ma in fin dei conti questo era un ambito nel quale il medico aveva una vasta esperienza pratica e teorica, ne aveva fatte di battaglie su quel campo. Sherlock invece era completamente non avvezzo ai sentimenti, per lui era tutto nuovo, era ovvio si sentisse confuso e un po’ sperduto. 

John sperò solo di non aver male interpretato tutti quei segnali che aveva colto, si augurò di non fare passi falsi, di non rovinare nulla.

Desiderava intensamente una chance, se la meritava in fondo, dannazione! Una chance per essere felice. Felice con Sherlock.
 
 
 
[1] In realtà per l’esame in questione vengono utilizzate altre posizioni come il decubito laterale sinistro o la ginecologica, che però sono meno “rappresentative”, o la genupettorale, più difficile da descrivere. Quindi ho barato un po’.
Vi prego ditemi che avete capito chi è il paziente che John sta visitando!

 
[2] In tutto questo pezzo per i dialoghi ho utilizzato le virgolette piuttosto che le caporali per sottolineare che si tratta di pensieri prima e di un sogno dopo, tutta la conversazione avviene nella testa di John.
 
   
 
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