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Autore: PathosforaBeast    17/07/2018    3 recensioni
È notte. Mycroft Holmes riceve una chiamata da suo fratello e si dirige a Baker Street.
Cos'è successo a Rosie Watson?
[established Johnlock] [Mystrade accennata]
[Questa storia partecipa alla challenge del gruppo: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart".]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III.


 
 
È strano notare come certi atteggiamenti possano diversificarsi da famiglia a famiglia. Tua madre, per esempio, vi costringeva a tenere costantemente le porte delle vostre camere aperte. Sherlock la legava, richiudeva e con le forcine giocava sulla serratura pur di tenerla chiusa mentre tu per evitare discussioni, la lasciavi spalancata con un tonfo al cuore guadagnando solo espressioni sardoniche da parte sua.
Nessuna privacy, nessun segreto sussurrato nel cuore della notte poteva trovare conforto nell’ombra della luna. Restavi con gli occhi spalancati su un letto che non sentivi tuo, a strofinare le mani su coperte che non erano le tue mentre cercavi un angolo di riposo nell’unica ricchezza che nessuno ti aveva donato: la tua mente.
Un peso.
Un inutile ed enorme peso.
 
 
Qui, però, le cose sono diverse. Rosie è diversa. Si lascia rimboccare le coperte fino al naso -“ma non riesco a respirare” “sì, ma non possiamo rischiare un’influenza con queste temperature”- mentre la porta è chiusa e silenziosamente la sua piccola mano sguscia dalle lenzuola per stringere saldamente la tua.
Certe volte ti ricorda proprio Sherlock.
Tutto in lei reclama attenzione, in un assiduo bisogno di rassicurazione. Questa sera c’è, però, qualcosa di diverso. È una tensione in lei del tuo sconosciuta, cosciente che qualcosa di cui avrà sentito solamente parlare ora la coinvolge al punto tale da lasciarla senza fiato in gola e le spalle basse: non sa se parlarti delle sue paure.
Raccogli il suo libro preferito. Una raccolta di favole per il suo compleanno. La piccola ma curata dedica di Molly contrasta con la ricchezza delle immagini del tomo, con i suoi angoli consunti e i caratteri grandi.
“Zio…” sussurra contro il cuscino.
Prendi la sedia accanto alla scrivania e ti accomodi vicino al letto. “Dimmi tutto”.
Apre la bocca per poi richiuderla con fretta. “Puoi spegnere la luce, per favore?”
Ecco, questa non era proprio la reazione che ti aspettavi. Non è neanche uno stralcio di indizio che possa farti capire che cosa stia succedendo e intavolare una conversazione ma ti alzi comunque e premi l’interruttore lasciando che le vostre sagome siano a stento visibili. La luce che proviene dal soggiorno –da Sherlock che è ancora seduto sulla poltrona, con le mani incrociate sotto al mento che non può far altro che aspettare e fidarsi- sfiora il castano dei suoi occhi.
“Va bene così?”
Si sposta su un fianco mentre continua a fissarti, ignara del fatto che tu possa vedere i suoi occhi diventare di nuovo più lucidi. “S-sì.”
“Vuoi che ti legga qualcosa? Dammi un numero e scopriamo quale storia dovrai ascoltare.”
Irrigidisce la schiena. “N-no, no! Ti prego, nessuna storia.” Le lacrime cominciano a ricomparire sul suo volto e non riesci a sostenere questo senso d’impotenza. Stai cercando di farla parlare e non fai altro che peggiorare le cose.
Tipico.
“Ti prego, n-non te ne andare…”
Le baci la fronte e riaccendi la luce. È così affranta che per un momento ti sembra di scorgere un’altra bambina. È minuscola nel suo pigiama rosa a pois e cerca di trattenere i singhiozzi che le scuotono violentemente le spalle.
“Rosie, ma certo che non me ne vado” Le stringi le mani. “Sono qui e non mi muoverò per nessuno ragione al mondo. Prova a dirmi che cos’è successo.” Esiti. “Ti prometto che non lascerò questa stanza nemmeno quando me lo dirai.”
Porti una mano nei suoi capelli e inizi a tracciare ampie, lente circonferenze.
Fa un respiro profondo. “Lo sai che zia Molly mi ha detto che i sogni possono farci vedere il futuro?”
“Oh, ma davvero?”
“S-sì.” La sua voce diventa sempre più bassa. “Ma io non ho fatto niente. Non ho voluto sognare niente. Non voglio che tu… io n-non…” Ti siedi sul letto e le prendi il viso tra le mani. Le asciughi cauto le lacrime. “Che cos’hai sognato esattamente?”
Un attimo di silenzio e il suo sguardo si perde nel vuoto della parete alle tue spalle. Ti stringe forte i polsi. “Lewis non stava bene. Tu l’hai preso ma n-non volevi tornare più”.
La tua mano si blocca sulla sua testa per un secondo. “L-Lewis? Il pesciolino rosso?”
Porta le ginocchia contro il tuo petto e rendendosi ancora più piccola. “Sì! Tu l’hai preso e sei andato via. Non volevi tornare più! Anche zio Greg piangeva e non voleva che tu prendessi quell’aereo. Non farlo, per favore! Noi ti vogliamo bene e ora che Lewis è andavo tu tu n-non p-puoi…per f-favore n-non…” L’abbracci mentre si lascia andare del tutto ai singhiozzi sul tuo petto e senti il cuore andare a mille.
La sola idea della sua assenza la dispera.
 “Tesoro… non lascerei mai te, zio Greg o John e Sherlock da soli, lo sai?” muovi nervosamente una mano sulla tua stessa gamba “Vi voglio troppo bene per farlo.”
Alza il viso verso di te. “Me lo prometti?” Vuole leggertelo negli occhi.
“Certo che te lo prometto.” La vedi sorridere- il primo sorriso, dopo tutte queste lacrime- e ritorna ad abbracciarti più forte di prima. “E tu vuoi promettermi una cosa?”
“Cosa?”
“In futuro se avrai paura e le cose ti sembreranno troppo grandi, dimmelo. Troveremo sempre un modo per risolverle.”
“Va bene…” allenta la presa sulla tua camicia “Zio…”
“Mh?”
“Anche io ti voglio bene.”
Sorridi e le posi un bacio sulla fronte.
 
Tutta la stanchezza crolla all’improvviso su voi due e ben presto Rosie si addormenta. Ti alzi per andare da Sherlock e raccontargli tutto ma, arrivato alla porta,  la guardi e il peso delle sue  parole ti ripiomba addosso. Spiegherai tutto domani mattina con la dovuta calma.
Ora devi vegliare sui suoi sogni e su due manine che hanno preso possesso del tuo cuore.
 





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