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Autore: Moony16    17/07/2018    2 recensioni
Berlino non era ancora una città sporca di sangue quando Caroline vi arrivò contro la sua volontà in quell'estate del 1940, quando nessuno avrebbe potuto immaginare la piega che avrebbe preso la storia. Con sè, solo una nuova identità, un nuovo nome, la stella di Davide finalmente strappata via dai vestiti e una vita intera lasciata alle spalle.
L'accompagna Joseph, un giovane ufficiale delle SS, il perfetto ariano, uno di quei uomini che potrebbe benissimo stare tra le figurine che la ragazze si passano tra i banchi di scuola, in una rivista del partito nazionalsocialista o in un volantino che incita alla guerra, per riprendersi il "Lebensraum", lo spazio vitale tedesco.
Cosa li lega? Nulla in realtà, se non un'infanzia passata insieme e un debito che pende sulla testa del giovane come una condanna.
***
LA STORIA E' INCOMPLETA QUI, MA LA STO REVISIONANDO E RIPUBBLICANDO SU WATTPAD NELL'ACCOUNT Moony_97, DOVE LA COMPLETERO'
Genere: Guerra, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Storico
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La guerra? Cosa era quel mostro che avanzava ogni notte nei sogni di Joseph e che l’uomo placava a colpi di whiskey e tabacco? 
Caroline, non lo sapeva di certo. Immaginava fosse brutta, ne aveva paura, ne era terrorizzata in realtà, ma non la conosceva. La sua vita era stata felice fino al 1932 o giù di lì, quando il movimento nazionalsocialista aveva preso piede e dopo era andata solo a peggiorare, ma di certo pur avendo vissuto la fame e la miseria, le umiliazioni e la paura, non aveva sperimentato la guerra. In quella calda estate del 1940 infatti a Berlino la guerra era solo un eco di gloria lontana, che faceva stringere al petto delle donne le foto di soldati, con paura e orgoglio, con la speranza che il fidanzato, il marito o il figlio tornassero presto a casa.
Caroline era estasiata, durante quei giorni. 
Il primo amore, che acceca tutto ciò che sta intorno e rende anche la vita più amara dolce aveva bussato alla sua porta con prepotenza e lei era stata più che felice di accoglierlo. 
Joseph? Era solo un uomo troppo solo con un serio bisogno di aiuto e non la riguardava. Che andassero al diavolo lui, le sue feste e i suoi ricevimenti, la sua aria imperiosa e i suoi bellissimi occhi grigi. Che andassero al diavolo anche i loro ricordi: quel bambino era morto, Caroline finalmente lo aveva capito: era il momento di smetterla di cercare negli occhi del bel soldato uno sprazzo del ragazzo che aveva conosciuto. 
La mente della ragazza, durante quei due mesi che avevano messo un punto all’estate, si era concentrata invece su un altro uomo, dagli occhi blu e i capelli scuri, dalle braccia forti e il sorriso facile. 
Dimitri non avrebbe potuto renderla più felice, di questo Caroline era consapevole. Si sentiva in colpa, lo aveva riempito di bugie e nonostate odiasse farl, ma sapeva che era necessario: se non per la propria sicurezza, almeno per quella di lui. A volte, quando pensava al pericolo cui lo esponeva, si sentiva dannatamente in colpa: ma non poteva farne a meno. Dimitri era la sua personale droga, l’unica cosa che l’aiutava ad andare avanti in un mondo altrimenti grigio; lui era quel fuoco sotto la cenere, la speranza che le cose effettivamente sarebbero andate meglio. Non riusciva a rinunciarci. 
Come poteva vivere senza il suo sorriso e i suoi sguardi pieni di ammirazione? Come, senza le sue battutacce, le sue mani callose che cercavano di sfiorarla ogni quando ce n’era l’occasione e le sue storielle divertenti? 
Caroline era fermamente convinta di meritare un po’ di felicità.
I due si vedevano spesso e per poco tempo. Di solito, lui la aspettava in un angolo a metà strada tra il suo panificio e il mercato in cui lei era diretta, alle dieci in punto. Quindi la accompagnava con le mani in tasca, sporco di farina dalla testa ai piedi e con un inconfondibile odore di pane sfornato, che da quel momento in poi Caroline avrebbe sempre riassociato a lui. Le buste con gli acquisti poi finivano sempre nelle sue mani che, biricchine, ogni tanto rubacchiavano un po’ di frutta tra le risate della ragazza. Poi si fermavano alle panchine nel parco lì vicino, si sedevano accanto e parlavano di tutto e di più … Caroline cercava di dire più verità possibile, quando parlava della sua famiglia e dei suoi sentimenti su di loro. Quando era arrivata a Berlino la mancanza le scavava una voragine nel petto e parlarne con lui era come mettere un balsamo su un’ustione. 
Ogni tanto la sera, quando Joseph usciva e lei intuiva non sarebbe tornato presto, scendeva e andava a trovarlo al panificio. Così cenavano per strada insieme, con il pane che restava e qualcosa che Elly recuperava da casa, ridacchiando come ragazzini, parlando con la bocca piena.
Poi andavano al cinematografo o a fare una passeggiata. 
Lo stesso fecero quella sera di inizio ottobre, mentre una pioggerellina leggera e incostante annaffiava i parchi e puliva le strade. Si erano rifugiati in un piccolo cinema, che dava un film d’amore. I due non avevano neppure visto che film fosse, perché si erano fiondati dentro ridendo per evitare l’acqua, poi Dimitri aveva pagato distratto i due biglietti. Si erano accoccolati accanto nell’ultima fila e avevano continuato a ridere fino a che nella sala non si erano spente le luci ed era cominciato il film.
Spalla contro spalla, Caroline avvertiva una tensione forte come mai prima. Il ragazzo aveva fatto passare il braccio dietro la sua schiena e l’aveva attirata verso di sé con un movimento deciso, seppur gentile. L’aveva avvicinata, invitandola con i gesti a posare la testa nella sua spalla, mentre la sua mano stringeva delicatamente il braccio di Elly. La ragazza, sorpresa, non si era opposta ma aveva fatto come lui implicitamente le chiedeva, mentre sentiva una felicità sconosciuta ed eccitante scoppiettare nello stomaco. Non erano mai stati così vicini, in nessun’altra occasione. Certo, lei gli aveva regalato qualche bacio nella guancia, veloce e delicata come una farfalla, ma mai si era avvicinata tanto. Baci, i suoi, che provocavano nel giovane una stretta allo stomaco e che gli facevano desiderare di più … Dimitri non voleva altro, non pensava ad altro che a lei, con i suoi capelli rossi e le sue lentiggini. 
Caroline durante il film era troppo concentrata sulla mano del giovane, che sul suo braccio si muoveva quasi impercettibilmente in disegni circolari, per prestare attenzione allo schermo. Voleva di più, desiderava almeno stringere una delle sue mani, sentiva quel desiderio crescerle dentro e fremeva per esaudirlo. Le mani di Dimitri la facevano impazzire. Non si sarebbe mai stancata di guardarle, quelle mani grandi e virili, piene di calli e con le unghia tonde e  corte. Quelle mani che odoravano di pane e che erano allo stesso tempo forti e gentili. Avrebbe voluto baciarle, ma quello sarebbe stato veramente troppo. 
Così si accontentò di afferrare l’altra mano del ragazzo e intrecciare le sue dita con quelle di lui: la sua mano in confronto spariva. Dimitri la guardò per un lungo istante, prima di districarsi dalla stretta delle sue dita e fare quello che lei non aveva avuto il coraggio di osare. Sollevò la sua mano e le baciò il palmo caldo, mentre una scarica elettrica sembrava pervadere il corpo della ragazza che lo guardava ipnotizzata. Ma lui non si fermò a guardare lo sguardo di Elly, fece invece scivolare le sue labbra sul suo polso, baciando proprio sopra quelle vene blu messe in bella mostra a causa della pelle chiara. Elly sentiva il suo cuore aumentare i battiti mentre le labbra di lui, così dannatamente morbide e leggermente umide, si posavano un’altra volta sulla sua mano, questa volta sul dorso. A quel punto la ragazza non poté non avvicinare la mano al viso di lui, sentendo sui polpastrelli ancora tremanti la barba corta e pungente di Dimitri, scura come i suoi capelli. Lui la guardava con un’intensità che non aveva mai visto prima, mentre i suoi occhi blu indugiavano sulle labbra rosse di rossetto di lei. Si avvicinò al suo viso, abbassandosi un poco e lasciando cadere il braccio dalle spalle della ragazza fino alla sua vita, per avvicinarla ancora di più a lui.
Che cosa sta succedendo? Chiedeva l’ultima parte del cervello di Elly rimasta attiva, senza però riuscire a dare una risposta. 
Poi però la luce si accese e loro fecero un salto indietro di un metro, rossi in viso come peperoni e tremendamente imbarazzati.
La gente cominciò a fluire fuori dalla sala, guardandoli ridacchiando, mentre loro non sapevano bene come comportarsi. Alla fine, la prima a riscuotersi fu Elly, mentre le ultime persone lasciavano la sala.
«io …» si schiarì la voce, con fare incerto.
«io dovrei andare a casa» disse alla fine con gli occhi bassi.
«certo … andiamo, ti accompagno» disse lui, per poi alzarsi con riluttanza. Lei lo seguì a ruota e lasciarono il cinema silenziosi e imbarazzati. Dimitri non faceva che maledire mentalmente quelle luci, mentre Elly si dava della stupida. Stava per baciarlo! Certo, lo desiderava, ed era ovvio che il ragazzo aveva nei suoi confronti quel genere di interesse, ma … lei non avrebbe mai potuto dargli nient’altro che amicizia. Come si sarebbe comportata quando lui avrebbe cominciato a parlare di matrimonio? Dimitri era un bravo ragazzo, aveva intenzioni serie con lei, Caroline ne era consapevole. Lei però, per quanto lo desiderasse, non poteva. Scacciò quel pensiero come si fa con un mosca fastidiosa. Quando quella guerra sarebbe finita, avrebbe potuto dirgli la verità, e allora forse … no, era una prospettiva troppo lontana per occuparsene. Doveva vivere alla giornata, senza andare troppo avanti con la testa. 
«ti ho spaventata?» Dimitri interruppe il flusso dei suoi pensieri con quella domanda timorosa.
«spaventata? No …» disse lei con sincerità.
«e allora perché sei così silenziosa?» chiese con un’espressione tra il colpevole e lo stranito. Lei fece un respiro profondo e in quel secondo prese una decisione drastica. Lo guardò piena di nostalgia.
«non voglio illuderti, Dimitri» lui strabuzzò gli occhi a quella risposta. 
«illudermi? Ma di che cosa stai parlando?» il ragazzo sembrava essere stato punto nel vivo e lei lo guardava affranta. Lei meritava la felicità, ma lui non meritava un’ingiustizia del genere. D’un tratto, si rese conto di quanto fosse stata egoista.
«sono un’egoista, ti prego di perdonarmi. Perché io ho sempre saputo che non possiamo stare insieme, eppure ho continuato a vederti perché …» finalmente trovò il coraggio di guardarlo negli occhi, che in quel momento erano sbarrati.
«perché sei la cosa più bella della mia vita. Dalla prima volta che ti ho visto, sei stato la cosa più bella che mi sia capitata da molti anni a questa parte, e non riuscivo a lasciarti andare. Sono un’egoista …» lui le si avvicinò.
«perché dovresti lasciarmi andare? Io non voglio. Io … so che sembra assurdo visto che ci conosciamo da così poco ma io … io mi sono innamorato di te» disse guardandola fissa negli occhi, mentre lei piangeva lacrime amare.
«non dovevi farlo Dimitri» disse, nonostante il suo cuore avesse perso un battito a quella notizia.
«perché no?» sembrava disperato. Lei si guardò intorno.
«andiamo in un posto più appartato» sussurrò con le lacrime agli occhi, così lui la trascinò in un vicolo buio, deserto.
«Dimitri, è pericoloso. Non posso dirti di più, ma questo paese per me è una trappola infernale e non appena la guerra finirà e apriranno le frontiere scapperò via. Non posso stare qui, capisci? Per questo non dovevi innamorarti di me» sussurrò nel suo orecchio, pregando che nessuno li vedesse.
«chi sei Elly?» chiese allora lui con il respiro affannoso.
«Dimitri, non chiedermelo, ti prego. La maggior parte delle cose che ti ho detto è vera ma a volte è meglio ignorare certi particolari. Pensa alla tua famiglia, loro hanno bisogno di te» sussurrò lei di rimando.
«io mi sono innamorato di te» ripeté lui spingendola contro il muro, furioso e distrutto.
«non mi importa chi sei, non dirmelo se non vuoi, ma resta con me» sussurrò ormai ad un palmo delle sue labbra.
«Dimitri è pericoloso» 
«io non so niente. So che sei la cameriera di un ufficiale, chi dovrebbe mai obiettare questo? Io non so niente» aggiunse lui, per rinforzare il concetto. Lei scosse la testa, così aggiunse:
«ascolta Elly, io sono una persona che usa la testa. E poi, avevo un fratello … diverso.Era autistico» sospirò con dolore. Non le aveva mai parlato di quel particolare, ed era chiaro quanto le costasse pronunciare quelle parole
«me lo hanno portato via. Non mi importa chi sei»* disse guardandola negli occhi verdi. A quel punto, fu lei a baciargli le labbra piene, mentre lui la spingeva ancora di più contro il muro assaporando la sua bocca salata per le lacrime.
***
Joseph girava intorno nella cucina, una birra in mano e l’espressione furiosa. Quella sera aveva finito prima alla riunione ed aspettava già da una mezz’ora buona quella disgraziata ebrea. Nervosamente, bevve un altro sorso del liquido ambrato. Dove diavolo si era cacciata? Non lo avrebbe mai ammesso, ma era preoccupato. Non gli era mai capitato di non trovarla a casa rientrando da lavoro e adesso che non c’era … la casa era troppo silenziosa. Quando aveva suonato e nessuno aveva aperto si era prima arrabbiato, poi aveva pensato che fosse successo qualcosa, che qualcuno l’avesse scoperta e catturata. Prima della paura per sé stesso, l’immagine della ragazza in mano ad altri soldati gli aveva offuscato la vista. 
Le sensazioni benevole nei suoi confronti, comunque, erano sparite non appena si era reso conto che non c’era traccia di lei nell’appartamento. Inoltre era quasi scattato il coprifuoco e lei non era ancora rientrata. Non aveva idea di dove si fosse cacciata, e il pensiero che potesse essere con Dimitri non lo sfiorò nemmeno, così convinto che lei avesse ubbidito al suo ordine di non vederlo più. 
Chiunque si sarebbe accorto che qualcosa era cambiato in lei, ma lui era stato troppo impegnato per rendersi conto dell’aria sognante della cameriera negli ultimi tempi. La morte del cugino lo aveva scosso nell’anima, gli aveva spiattellato in faccia la sua solitudine e la troppa mancanza di amore nella sua vita. Aveva bisogno di amici, di una donna fissa, di mettere su famiglia. Per la prima volta in vita sua, aveva il desiderio di diventare padre. Sentiva dentro sé un bisogno cocente di amore, che gli era stato negato quando era fin troppo giovane, e che, da bravo soldato, aveva finito per disprezzare. Ma ora tutto era cambiato. Lui sentiva che la sua non poteva essere chiamata vita, che l’alcool avrebbe solo finito per farlo ammalare, che le puttane erano solo dei piaceri momentanei e che al mondo non aveva un solo amico di cui potersi fidare. 
Così aveva deciso di darsi da fare, nonostante un occhio attento avrebbe facilmente capito che nelle compagnie che aveva deciso di frequentare avrebbe trovato serpi, piuttosto che amici, arrampicatrici sociali come mogli e, più in generale, persone con lo stesso ghiaccio nel cuore di quello che lui stava provando a sciogliere. Così partecipava a banchetti, la sera, aperti solo agli ufficiali, che aveva sempre snobbato a favore di una sana dormita. Aveva anche scoperto di divertirsi, giocando a poker con quei signori eleganti, fumando sigarette e bevendo champagne. Sapeva, in cuor suo, che il ghiaccio non se ne sarebbe andato, ma si illudeva che quella fosse un’ottima soluzione. Adorava sedersi al tavolo da gioco e scommettere, era bravo e brillante e spesso riusciva a vincere. Il modo in cui parlavano quei signori placava tutti i dubbi che gli erano sorti vivendo a stretto contatto con quell’ebrea. Il fhurer non aveva torto, era impensabile, e a lui … come era mai potuto venirgli in mente una cosa simile? Certo, Elly era una bella ragazza, ma aveva capito anche il perché: tutto faceva parte dei piani di conquista degli ebrei del mondo. Lo scopo di quella ragazza era tentarlo, per poter corrompere la sua razza con un essere inferiore, per distruggere l’umanità. Ebrei, marxisti, il cancro della società. Era rassicurante sentirlo ripetere in quelle serate, gli permetteva di non impazzire, di mostrarsi duro con lei quanto meritava, di non cedere ai propri istinti, che si facevano sentire prepotenti ogni qual volta la guardava. Era solo un dannatissimo espediente giudaico! Ora, ne era sicuro. 
E le donne che incontrava in quei posti! Ah le donne … erano angeli usciti dall’inferno, con abiti lunghi e argentati e spacchi troppo profondi che mostravano le cosce e che lo facevano fremere. I rossetti rossi che lasciavano impronte nei bicchieri, le labbra che aspiravano il fumo da sigarette sottili . Erano scintillanti predatrici e lui si divertiva un mondo nel vederle all’opera. Con i loro capelli biondi, la pelle di porcellana per il trucco e le maniere eleganti, mostravano chiaramente il divario tra una vera donna ariana e la zotica che invece aveva in casa.
A volte aveva persino dato qualche ricevimento nel suo appartamento, niente di maestoso, perché la mancanza di spazi e servitù non gli permetteva più di una ventina di invitati. Era comunque stato un modo per integrarsi meglio in quell’ambiente di squali in cui si sentiva tanto a suo agio. Elly in quelle occasioni aveva dovuto sgobbare per giorni interi, tra pulizie e cucina, per poi correre avanti e indietro per accontentare i suoi ospiti. 
Joseph sapeva che quelle persone la spaventavano, faceva di tutto per passare inosservata, senza rendersi conto che la gente non la guardava neanche per sbaglio. Ma Joseph sapeva che lei aveva la consapevolezza che tutti in quella stanza, se avessero saputo la sua vera identità, non avrebbero esitato un momento prima di premere il grilletto. E così era ancora più divertente, perché godeva della tortura che le infliggeva, come prezzo da pagare per il tormento che invece lei arrecava a lui. Era un prezzo piuttosto basso in effetti, ma Joseph non avrebbe saputo fare di più: era lei l’essere malefico, non lui. 
L’essere malefico in questione, comunque, quella sera gli stava dando fin troppa ansia. Non si era neppure spogliato del tutto, doveva sapere dove diamine era stata e perché non gli aveva chiesto il permesso. Si affacciò alla finestra, aspettando il suo ritorno, sentendosi ridicolo, ma consapevole che c’era qualcosa che puzzava di marcio.
Spuntò poco dopo, quella testa rossa, ma quello che stupì di più il soldato fu il ragazzo che gli stava accanto. Camminavano fianco a fianco, forse un po’ imbarazzati e quando quello disse qualcosa, forse una battuta, lei alzò lo sguardo al cielo ridendo e lo vide. Lui le sorrise sadico, le mani incrociate sotto il mento e un luccichio negli occhi che, se lei lo avesse visto, le avrebbe messo paura. Caroline si paralizzò e il ragazzo seguì il suo sguardo fino a lui, poi lo riportò su di lei. Le disse qualcosa, ma lei scosse la testa, poi lo salutò con un breve bacio sulla guancia e si affrettò verso la porta di casa. Joseph aveva guardato la scena con gelo, mentre sentiva indistintamente la voglia di scendere giù e fare a pezzi quel bel faccino.
È un pericolo. Si ripeteva. Doveva stare lontano da loro, senza contare che lei, da ebrea quale era, non poteva contaminare la sua razza. Non poteva stare con un ariano: Joseph si rifiutava categoricamente di essere complice dei complotti di quegli esseri immondi. Per quanto non riuscisse a lasciarla andare, lei era ebrea, uguale ma diversa rispetto a tutti gli altri. Diversa, ma solo per lui. Joseph si staccò dal davanzale per aprire la porta, poi si piazzò sull’uscio aspettando l’arrivo della ragazza. Quando Caroline lo guardò, bianca come un cencio e tremante provò debolmente a scusarsi.
«Joseph io …» lui la interruppe, spostandosi dall’uscio.
«entra» ordinò con tono perentorio e lei non poté fare altro che deglutire e seguirlo dentro. La porta si chiuse con un tonfo e lui si diresse in cucina lungo quel corridoio che mai le era sembrato più lungo. Una volta entrati, Joseph chiuse anche quella porta poi la guardò.
«siediti» lei ubbidì tremante. Non voleva peggiorare la situazione ed era tremendamente spaventata. Joseph prese una sedia, la girò e si sedette con le gambe aperte davanti a lei, appoggiandosi con le braccia allo schienale.
«ti avevo detto che non dovevi vederlo più?» chiese lui con voce pacata, assaporando la paura nel suo sguardo così come si fa con un vino pregiato.
«si» rispose lei con voce flebile.
«ti avevo dato il permesso di uscire?» chiese quindi stringendo gli occhi. Lei scosse la testa con rassegnazione.
«abbiamo appurato che tu qui non sei in villeggiatura e che mi appartieni?» le si arrossarono le guancie, forse per la rabbia.
«no, questo no. Io non appartengo che a me stessa» disse, seppur spaventata in un moto di orgoglio.
«lo sai, vero, che questa è una bugia? Questa casa, è mia. Il cibo che mangi, i vestiti, persino l’acqua. È tutto mio. E finché vorrai stare qui, con questi documenti falsi che ti permettono di scorrazzare in giro e di inquinare la mia razza, sarai mia e farai come dico io, Caroline. È un concetto che avevamo già chiarito» lei non rispose e lui si alzò.
«ora capisco che sei un po’ tarda, ma la legge non ammette ignoranza, neanche in questa casa. Convieni che ti meriti una punizione?» chiese malevolo. Lei non rispose, consapevole che ogni cosa che avrebbe potuto dire le si sarebbe ritorta contro. Joseph le si avvicinò e le afferrò il viso, stringendola in una morsa ferrea e tutt’altro che gentile.
«convieni?» chiese quindi, mentre già gli occhi di Caroline si riempivano di lacrime. Annuì, per compiacerlo, sperando che la cosa sarebbe stata meno terribile allora. Lui si allontanò da lei di poco con un sorriso sadico in volto. 
«siamo d’accordo allora. Spogliati» lei strabuzzò gli occhi alle sue parole, credendo di aver capito male.
«c-come?» balbettò incerta.
«spogliati. Togliti i vestiti. Oh, non temere: non voglio vederti nuda. Solo in intimo» sorrise di nuovo, mentre lei sentiva le gambe farsi gelatina.
«Joseph, ti prego …» uno schiaffo le arrivò in pieno viso, facendole girare la faccia.
«non chiamarmi Joseph. E ti avverto, se non fai come ti dico, sarà peggio. Ti ho fatta svenire una volta, non vedo perché non dovrei farlo di nuovo» le disse. La rabbia lo stava mangiando vivo e non c’era nessun modo migliore di quello per scaricarla. In realtà, le avrebbe fatto male, ma non come le volte precedenti. Questa volta, aveva deciso, basta calci e schiaffi. L’avrebbe umiliata, le avrebbe fatto capire, magari per una volta per tutte, che lei lì dentro aveva pari diritti di una formica. Si tolse la cinta dai pantaloni mentre la ragazza tremante sbottonava la camicetta che indossava.
Lasciò scivolare la gonna sulle gambe, guardandolo, nella speranza che lui cambiasse idea. Caroline aveva gli occhi pieni di lacrime quando infine si ritrovò seminuda con il suo sguardo bramoso addosso. Lui la osservava in silenzio, cercando di contrastare l’eccitazione crescente. Era bella, Dio se lo era. E lui l’avrebbe punita. Per un istante però, guardando quella figura cercare di farsi piccola piccola, per il freddo e la paura, con gli occhi pieni di lacrime e i bei capelli tranciati da lui qualche tempo prima, ebbe pietà. Pensò che davvero quello fosse abbastanza per una persona, che dopotutto l’aveva umiliata fin troppo. Poi però il suo sguardo cadde sul corpo scoperto di lei, e il suo corpo si riscaldo in modo tanto improvviso e prepotente che fu costretto a girarsi, dirigersi verso il lavandino e mettere la cinta sotto l’acqua corrente. Sentiva il suo sguardo timoroso su di sé, e non sapeva se sentirsene compiaciuto o indifferente. 
«metti le mani sulla sedia» gli andò dietro e parlò alitando sul suo collo scoperto.
«ti prego …» pigolò, provando a impietosirlo un’ultima volta.
«ho detto, metti le mani sulla sedia. E conta» singhiozzando, fece come gli diceva.
La sua cinta la colpì sulle natiche, facendola urlare.
«conta, ho detto» singhiozzando riuscì a malapena a scandire il primo numero, e allora arrivò il secondo.
La carne bruciava, ma mai quanto l’orgoglio rattrappito che si portava dentro. Si sentiva svuotata sempre di più, a ogni nuova cinghiata, ad ogni altra ondata di dolore, ad ogni altro numero pronunciato tra le lacrime.
E poi arrivò a venti.
Non c’era sangue ma Joseph poteva vedere bene quanto era arrossata la sua pelle. Si fermò soddisfatto, arrotolando la cinghia in una mano senza smettere di guardarla mentre in quella posizione umiliante piangeva lacrime amare.
«puoi alzarti, ora» lei fece come diceva, poi a passi piccoli e senza guardarlo, andò nella cameretta e si chiuse dentro. Dalla cucina, si sentiva il suono del suo pianto. Joseph guardò la sedia, mentre le immagini di ciò che aveva fatto gli scorrevano davanti agli occhi.
Era giusto comportarsi così, era il suo dovere.
Allora perché diavolo si sentiva così male?

*Lo fecero davvero anche se non è tra i crimini più famosi compiuti dai nazisti. Il programma si chiamava Aktion T4 e mirava ad eliminare le "vite non degne di essere vissute", perchè costavano troppo allo Stato

Sono stata dannatamente indecisa su questo capitolo... non sapevo se fosse meglio tagliare l'ultima parte o lasciarlo così com'è ... ma è in questo modo che l'avevo immaginato ed è così che deve essere anche se per me è stato dannatamente imbarazzante da scrivere, più di una qualsiasi scena di sesso. 
Spero lo apprezziate :)

  
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