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Autore: Cry_Amleto_    18/07/2018    0 recensioni
/Seguito di "Lost Creatures", preceduto a sua volta da "Lost Time". Ultimo capitolo della trilogia "Lost"/
[Stony!]
Tratto dalla FanFiction:
"Si amavano di un amore bugiardo, fatto di segreti, bugie e mezze verità.
Si amavano di un amore unico, carico di passione, affetto, preoccupazione, gelosia.
Si amavano, di quell'amore dal quale non sopravvivi."
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost'
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[...]If you're certain for forever
I'll be waiting, come find me[...]
[...] Se stai cercando il per sempre
Ti aspetterò, vieni a trovarmi [...]
«E così ti sposi.»
«Già.»
«Con il figlio di Howard.»
«Così pare.»
«Se me l'avessi detto settant'anni fa, ti avrei dato del pazzo.»
«Settant'anni fa era illegale. E non c'era Tony.»

 
Dopo quello scambio di battute, Bucky si gettò contro lo schienale del divano con uno sbuffo, gli occhi chiusi e la testa reclinata all'indietro.
Steve invece rimase ritto in piedi, irrigidito e un po' impacciato, gli occhi fissi sulla figura dell'ex-sergente. Spostò il peso da un piede all'altro, facendo lievemente scricchiolare le assi del parquet. Era in quella posizione da dieci minuti abbondanti, i più popolati da un silenzio opprimente. Il Soldato batté con la mano bionica sul posto al suo fianco, invitando il Capitano a sedersi. Dopo un breve tentennamento, Steve eseguì lentamente, quasi temesse che gesti anche solo leggermente più irruenti potessero spazzare via quella quiete che sembrava presagire tempesta. Il silenzio regnò sovrano nuovamente e il Capitano prese a grattarsi il retro del collo, a disagio. Fu di nuovo Bucky il primo a parlare, senza muoversi, gli occhi ancora chiusi.

«Mi dispiace, Steve.» 
Solo a quel punto si girò verso di lui - il blu fisso nel blu, sguardi speculari quanto diametralmente opposti -, per poi continuare.
«Sapevo che non avrei dovuto farti rinchiudere. Dio, lo sapevo nel momento stesso in cui ho dato l'ordine, ma Steve...»

Il Capitano lo interruppe tempestivamente, un sorrisetto incerto sulle labbra. 
«L'ho capito, Buck. Ci ho messo un po', ma ho capito che l'hai fatto per proteggermi. Probabilmente mi hai salvato la vita e di questo non avrei dovuto che esserti grato. È solo che...»

«Non potevi startene con le mani in mano, non mentre l'uomo capace di conquistare il cuore di Captain America moriva.» concluse per lui l'ex-sergente con una nota tra l'amaro e il rassegnato nella voce.
 
Steve strinse le labbra in una linea sottile messo di fronte a quella che era la sua colpa nei confronti dell'altro. Distolse lo sguardo, puntandolo sulla birra aperta abbandonata sul tavolino dinanzi al divano.

«Bucky mi dispiace» disse tutto d'un fiato. «Sono stato pessimo nei tuoi confronti. Ti ho usato egoisticamente per sopperire alla mancanza di Tony. Sai che ti ho sempre voluto bene, sei e rimarrai per sempre il mio migliore amico, colui che mi è rimasto vicino nei miei momenti più oscuri. Darei la vita per te, ma...»

«...Ma non sono lui.» gli sorrise dolcemente, per poi stringergli la spalla con una mano – quella sana, umana, che usava per infondergli calore – e lo scosse leggermente, come era solito fare quando erano ragazzini. «Va tutto bene, Stevie. Questo non cambierà niente. Sei ancora la mia missione e non sarà certo questo a placare i miei istinti da mamma-chioccia, non ti illudere.»

Steve gli sorrise e il suo fu uno di quei sorrisi larghi, tutto denti e rughette agli occhi, uno di quelli che ricordavano a Bucky il piccolo ragazzino che era stato e che raramente Captain America mostrava. La Guerra aveva portato via tanto.

«E poi sai,» continuò l'ex-sergente, notevolmente più rilassato, un sorriso a fior di labbra «quello Stark non è troppo male. Certo, è pelino più arrogante e narcisista di Howard, ma è stato lui a trovarmi questo posto. In cambio mi ha chiesto solo il permesso di smanettare col mio braccio di tanto in tanto. Forse mi mette dei razzi. Pensa, con quelli potrò proteggere la tua candida virtù da tutti coloro che proveranno a toccare pettorali, bicipiti, qualunque altra cosa, del figlio prediletto d'America.»

In risposta a quell'ultima frase, le guance del Capitano si imporporarono. Spintonò il Soldato, scatenando la risata di quest'ultimo. Ridendo insieme, i due ragazzini di Brooklyn si ritrovarono.

~o~
 
Tony passeggiava per il South Oxford Park con la testa tra le nuvole, le braccia abbandonate pigramente lungo i fianchi. Le immagini di quel sogno non gli davano tregua. Gli occhi di Steve, quegli occhi che non potevano appartenere a lui, gli davano il tormento. Lo sguardo che il Capitano aveva in quell'incubo era quanto di più lontano da quello in cui si era specchiato al risveglio. C'era qualcosa di spietato, in quelle iridi: erano due mortiferi pezzi di ghiaccio affilati. E poi il suo ghigno mentre i suoi leccapiedi lo torturavano ancora, ancora ed ancora. Un brivido gli scosse la spina dorsale. Era stato tutto troppo reale per essere solamente un frutto della propria fantasia. Era tutto davvero accaduto, ne era certo. Mentre concedeva a Steve e Bucky tempo per riconciliarsi, aveva chiamato Victoria per chiedere delucidazioni, ma quella, dopo un lungo silenzio, aveva chiuso la telefonata con un telegrafico "Ne parliamo quando torni", lasciandolo ancora più confuso.
Si massaggiò distrattamente il lembo di pelle sopra il reattore, sospirando.
Lanciò uno sguardo distratto al cellulare per controllare l'orario e fu solo a quel punto che se ne accorse: distratto dai propri pensieri, aveva ignorato il fiume di notifiche arrivatogli. 
La sicurezza della villa a Malibù era stata violata.

~o~
 
Steve si passava tra le mani la bottiglia di birra fredda che Bucky gli aveva offerto, mentre l'ex-sergente gli raccontava diversi aneddoti sul fastfood dove lavorava e sulla sua clientela. Stava raccontando di una coppia di vegani particolarmente esigente, quando il Capitano, chiaramente distratto, lo aveva interrotto.
 
«Sto davvero facendo la cosa giusta?»
L'ex-sergente lo guardò stranito, quindi continuò in un mormorio. 
«A sposarlo. Sto per fare la cosa giusta? Nonostante ciò che ho fatto...»

La sua voce si abbassò fino a spegnersi. Il sorriso era nuovamente scomparso lasciando posto ad un'espressione tormentata.
La consapevolezza illuminò fulminea lo sguardo di Bucky. D'altronde, era l'unico, insieme al Capitano, a sapere. I tratti del Soldato si accartocciarono in un'espressione severa.

«Non dirmi che ancora te ne fai una colpa.»

Appena Steve distolse lo sguardo, colpevole, Bucky gli afferrò il mento e lo costrinse ad incontrare i suoi occhi.

«Non potevi sapere come sarebbe andata a finire.» continuò l'ex-sergente.

A quel punto il Capitano si alzò in piedi di botto, per poi fare un passo e lì fermarsi, come se avesse improvvisamente perso ogni energia. Incrociò le braccia, incurvando le spalle, come sorpreso da un gelido colpo di vento.

«Invece sì che lo sapevo. Ho siglato un contratto col diavolo, Buck. Il prezzo è stata la mia anima, il mio onore, la mia coscienza, e probabilmente sarà anche l'amore di Tony.»

Il Soldato si alzò a sua volta, lentamente.

«Un contratto che hai firmato per me, a causa mia» disse, prendendo Steve per un braccio. «Quindi se c'è qualcuno da incolpare per ciò che è successo ad Howard e sua moglie, sono io. E mi va anche bene così, ho perso il conto delle vite che l'Hydra mi ha fatto strappare.»

«No, Bucky, no» quello del Capitano fu un mormorio basso, sconfitto. «Non capisci? Howard mi aveva trovato, ben prima dello S.H.I.E.L.D., e io invece di dimostrargli la mia gratitudine ho preferito tenere fede ad un patto con l'Hydra vecchio di anni, senza neanche sapere se sarebbe davvero servito a qualcosa.»

Fece una pausa, durante la quale sentì le forti braccia dell'ex-sergente cingerlo in un abbraccio da dietro, protettivo.

«Ho venduto loro quelle informazioni sul siero del super-soldato, rubandole mentre Howard mi raccontava di suo figlio, del grande uomo che pensava sarebbe diventato, mentre mi mostrava i disegni che faceva Tony da piccolo sul grande Captain America.»
Dovette serrare le labbra, Steve, per non far fuggire quel singulto che premeva contro le corde vocali. Non avrebbe pianto lacrime, non ne era degno.
«Ho tolto la vita ai genitori dell'unica persona con la quale vorrei passare il resto dei miei giorni.»

C'era tanto dolore, in quella voce, e Bucky non poté che sentirsi responsabile. Era per la sua salvezza dalla caduta mortale da quel treno che Steve si era macchiato, tuffandosi nei più loschi affari.

«Ma hai provato ad avvertirli, quando hai capito le intenzioni dell'Hydra...» provò a dire quasi timidamente il Soldato.

«Sì, e li ho messi sull'auto responsabile dell' "incidente" che li ha uccisi.» lo interruppe il Capitano con amarezza.

L'unica cosa che riuscì a fare l'ex-sergente fu abbracciarlo ancora più strettamente, mentre il silenzio pesava su di loro, li schiacciava.

«Sai qual è stata la cosa peggiore?» chiese dopo alcuni attimi Steve, atono. «Non hanno lasciato nessuna prova della mia colpevolezza. Hanno distrutto ogni documento, fatto sparire persone, mi hanno ri-congelato e architettato tutto affinché si pensasse che fossi rimasto per tutto il tempo lì, sotto il ghiaccio. A volte sono tentato di confessarglielo, a Tony, per ricevere finalmente la punizione che merito, ma sono troppo codardo, troppo egoista.»

"Che gran casino", pensava intanto Bucky "Hanno entrambi segreti così enormi dentro, che potrebbero spazzar via in un attimo l'illusione di felicità in cui vivono. Eppure desiderano così tanto che la cosa funzioni, da convivere con la consapevolezza dell'inevitabile, tragico crollo del loro castello di carte."

Aveva socchiuso le labbra per dargli una risposta che sperava essere il più rincuorante possibile, quando il cellulare del Capitano prese a vibrare insistentemente. Steve si sciolse dall'abbraccio, destinandogli un sorrisetto appena accennato, che non raggiungeva gli occhi. Accettò la chiamata e neanche il tempo di accostare il dispositivo all'orecchio, che la voce di Tony lo raggiunse alterata.

«La villa è sotto attacco. Dobbiamo tornare, subito. Mi sono fatto prestare dalla Hill uno dei supersonici dello S.H.I.E.L.D. Muovi quel sederino da galleria d'arte che ti ritrovi, ti aspetto giù in macchina.»
Non ebbe tempo di spiccicare parola, Steve, che l'inventore mise fine alla chiamata.

Con un sospiro, si avviò verso la porta.

«Casini?» chiese nient'affatto sorpreso il Soldato.

«Come sempre.» fu la risposta sospirata del Capitano.

Poco prima che Steve solcasse l'uscio, Bucky lo richiamò frettolosamente.

«Ehi, Stevie, sarò un testimone di nozze impeccabile.»

Il Capitano si illuminò a quel punto, un sorriso minuscolo quanto grato sulle labbra. Il suo migliore amico gli aveva detto di essere felice, con quella frase per nulla scontata, e gli aveva dato la sua benedizione, nonostante tutto. Non sentiva di meritare niente di tutto quello, ma annuì senza aggiungere altro, lo sguardo più eloquente di quanto potessero esserlo delle parole. Aveva ancora quel sorrisetto sulle labbra, Steve, mentre i suoi passi rimbombavano tra le pareti del corridoio vuoto.
   
 
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