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Autore: KiarettaScrittrice92    18/07/2018    2 recensioni
Marinette Dupain è una delle più brave ballerine dell'Operà de Paris, ma quando il misterioso Fantasma che vive nascosto in quel luogo scopre le sue magnifiche doti canori le promette qualcosa che lei non potrà mai più rifiutare: un amore pericoloso, violento e proibito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il Fantasma dellOpera

Pian piano il teatro si svuotò, sia degli spettatori che dei teatranti, ognuno diretto a casa propria.
Solo Marinette era rimasta lì, nel suo nuovo camerino, in vestaglia. Esattamente come il giovane Visconte Kurtzberg l’aveva lasciata.
Aveva preso di nuovo fra le dita la rosa. Nella sua mente rigiravano milioni di domande legate a quel fiore. Domande che avevano completamente scacciato la consapevolezza che, forse, doveva vestirsi per uscire a cena con Nathaniel.
Improvvisamente, una folata di aria gelida la colpì e tutte le candele che illuminavano il camerino si spensero, come fossero state anche loro colpite da quel vento.
Alzò lo sguardo cobalto dalla rosa, guardandosi attorno spaventata. 
«Nathaniel, sei tu?» disse quasi in un sussurro.
«No, my lady. – fece una voce e la ragazza continuò a guardarsi attorno, sempre più terrorizzata, mentre la voce continuava e si faceva quasi adirata – Quell’insolente damerino non ci disturberà più questa sera. Lui brama la tua gloria e la tua bellezza, ma tu, tu mia cara, sei solo mia! È solamente un ignorante adulatore che guasta la mia arte!»
«Angelo? Sei tu? Ti sento, sento la tua presenza… Io…» Marinette non sapeva che dire.
Nel suo cuore imperversavano paura e allo stesso tempo attrazione. La prima per il tono duro e adirato che aveva appena sentito nella voce solitamente sempre dolce e gentile del suo Angelo della Musica, la seconda perché mai si era azzardato a parlarle così a lungo. Spesso anzi, l’aveva solo sentito cantare, quando capitava che chiedeva il suo supporto per qualche nota che non le riusciva.
«Non devi mai allontanarti da me. Coloro che non comprendono la perfezione della musica non meritano di starti accanto.» disse di nuovo la voce, addolcendosi un po’.
Lei rispose solo con un cenno di testa, mentre percepiva il cuore cominciare a batterle forte in petto e le sue mani, ancora attorno alla rosa, tremare.
«Accetterò ogni tuo compromesso… Ma… ma ti prego… mostrati…» chiese, quasi pigolando, con voce tremante.
«Marinette, my lady, tu non mi conosci davvero. Io vivo nell’ombra di questo teatro, nell’oscurità più assoluta. Non sono l’Angelo in cui credi così ciecamente.» la sua voce era tornata completamente dolce e vellutata, tanto che la giovane ragazza si domandò com’era possibile che una voce così bella e melodiosa potesse appartenere a una persona terrena, a qualcuno che non fosse un angelo.
«Io ho bisogno…» cercò di dire.
«Guardati allo specchio. Sono proprio qui.»
Si voltò verso l’enorme specchio dalla cornice in oro che c’era al fondo della camera, attaccato al muro. All’inizio vide solo il suo riflesso: la vestaglia candida che le scivolava lungo il corpo, il volto pallido e leggermente impaurito, incorniciato dai capelli corvini, completamente sciolti.
Poi pian piano, comparve un altra figura, proprio al suo fianco, al bordo dello specchio. Era poco più alta di lei, che gli arrivava al petto, indossava un completo scuro, con tanto di mantello, mentre metà del suo viso era coperto da una maschera, anch’essa nera. Gli unici toni di colore in quella figura, escludendo la pallida carnagione, erano i capelli biondissimi e gli occhi dello stesso colore dello smeraldo, che la osservavano con bramosia.
Non l’aveva mai visto per davvero, ma qualcosa nella sua testa e nel suo cuore le suggeriva che fosse proprio lui. 
«Tu… Tu sei… il Fantasma dell’Opera…» sussurrò a fior di labbra.
«Lo sono, ma se tu vuoi posso anche essere il tuo Angelo e tu, mia cara, sarai la mia musa.»
Dopo aver detto ciò, la figura tese la mano nella sua direzione, come se nonostante lo vedesse di fianco a lei, fosse dietro lo specchio, specchio che si scostò leggermente, mostrandole un passaggio segreto.


Nathaniel bussò alla porta.
«Dolce Marie, sei pronta?» domandò ma senza ricevere risposta.
Ciò che sentì, invece, fu una voce maschile, non comprese esattamente le parole, ma sembrava parlare con tono suadente e quasi possessivo.
Tentò di aprire la porta, abbassando la maniglia, ma questa rimase chiusa. La scosse.
«Marinette! Chi c’è l’ha dentro?! Marinette! Marinette!»


La mano guantata, che all’estremità delle dita aveva quelli che parevano gli artigli di un felino, apparve anche nella fessura che si era creata tra il muro e lo specchio.
La giovane, quasi come incantata, si avvicinò lentamente a lui. Sembrava non sentire affatto la voce preoccupata del suo amore fanciullesco che la chiamava da dietro la porta. L’intero suo essere era attratto da quel giovane e aitante uomo, che con quella sua aria misteriosa l’attirava come se lei fosse un piccolo e insignificante pezzo di ferro e lui la sua unica calamita.
Allungò la mano anche lei, voleva seguirlo, ovunque l’avesse portata. Voleva conoscere il suo mondo. Glielo doveva, dopo tutto quello che aveva fatto per lei in quegli anni.
Non appena gli afferrò la mano il suo battito cominciò ad aumentare, come se al solo contatto con quella figura che fino a un momento prima credeva fosse eterea, avesse percepito una scossa di eccitazione vibrarle in tutto il corpo.
Lui la tirò leggermente all’interno dello specchio. Si ritrovarono in un corridoio lunghissimo, fatto di mattoni e illuminato dalla luce di infiniti candelabri in ottone che lo percorrevano interamente. Tutta la sua attenzione però era sulla sua figura, che finalmente vedeva nitida e perfetta.
Alzò la mano sinistra, quella che non teneva la sua, e le sfiorò la guancia.
«Canta per me, my lady.» le sussurrò, in quella leggera carezza.
Lei chiuse gli occhi e quasi le sembrò di sentire una musica prepotente e passionale, molto simile alla quinta Sinfonia di Beethoven.
Seguendo quella melodia nella sua testa, cominciò a intonare le prime parole che le vennero in mente, mentre lui la scortava nel profondo di quel corridoio.

Di notte venne a me, nel sogno mio
La voce dentro me, perduto oblio
Ma sto sognando o no, io vedo te
Fantasma dell'opera tu sei insieme a me.

Finito il corridoio, svoltarono a destra, scendendo delle scale in pietra, che giravano attorno a un pozzo profondo e oscuro. L’umidità in quel posto entrava fin dentro le ossa, ma nonostante fosse solamente con la leggera vestaglia bianca, Marinette non la percepiva affatto. Troppo intorpidita dal calore della fiaccola che lui teneva in mano, presa alla fine del corridoio, e dalla passione che bruciava in lei nello stare in sua compagnia.
Nel momento esatto in cui lei smise di cantare, attaccò lui, seguendo la stessa melodia, come se le loro menti andassero all’unisono, come se la sentissero entrambi nella testa.
Marinette si lasciò cullare da quella voce profonda e melodiosa che spesso sentiva nei suoi sogni e allo stesso tempo sentiva l’eccitazione pervaderle ogni singola cellula del suo corpo nell’ascoltare quelle parole che le stava dedicando.

Intonerai con me quell'aria che
tu mi ispirasti un dì perduto in te
Sei in mio potere ormai, non sfuggi più
Fantasma dell'opera è qui, insieme a te.

Il suo sguardo verde, emanava bagliori fiammeggianti, forse dovuti anche al fuoco della torcia, che le bruciavano la pelle. Sembrava quasi volerla divorare con lo sguardo, come se anche lui fosse eccitato all’idea di averla lì, al suo fianco, in carne ed ossa.
Mentre continuava a percorrere corridoi finemente decorati, quasi come se ci fosse un altro teatro al di sotto di quello conosciuto, Marinette si azzardò a parlare, voleva saperne di più, voleva capirne di più.

«Dicono… Dicono che chi ha visto il tuo volto, poi è impazzito.» disse, dando voce a quella diceria che girava su di lui tra i teatranti.
«Hai paura?» le chiese lui, con il suo solito tono profondo e pacato, ma allo stesso tempo sensuale.
Lei scosse la testa, con fare sicuro.
«Mi domandavo perché, dopo che ti sei avvicinato così tanto a me, continui a nasconderti dietro a quella maschera.» rispose, spiegando i suoi dubbi.
«Mi vedi qui, my lady, non ti basta?»
«Sì…» rispose appena lei, poi lui ricominciò a cantare e lei lo seguì subito dopo.

Mi prendo il canto tuo…
Ma prendi il canto mio, che suona in me.
Fantasma dell’Opera è qui…
Fantasma dell’Opera sei qui, insieme a me.

A quel punto Marinette cominciò a gorgheggiare, proprio come aveva fatto sul palco quella stessa sera. Facendosi trascinare dalla passione della musica che continuava ad avere in testa e dalla sensazione del suo sguardo che l’avvolgeva.
Intanto lui la fece salire su una barca e iniziò a remare in quello che sembrava un torrente sotterraneo che percorreva le fondamenta dell’Operà e che molto probabilmente sfociava nella Senna.
«Sì, canta my lady… Canta mia dolce musa… Canta per me.» diceva, anch’egli inebriato da quella stessa passione, come se riuscisse a eccitarsi solamente con il suono della voce della ragazza.
Marinette emise l’ultimo acuto, in qualcosa che sembrava quasi inumano, tanto che spaventò persino lei, che per qualche secondo dopo rimase senza fiato o voce. Quell’ultima nota riecheggiò per tutto il sotterrano tanto che sicuramente aveva fatto scappare anche i topi che si rifugiavano là sotto.
Il fantasma, però, sembrava non curarsene affatto, anzi rimase per qualche secondo fermo immobile con gli occhi chiusi, mentre si godeva la sensazione di perfezione che aveva appena ascoltato. Una perfezione che gli apparteneva. Sì perché Marinette Dupain apparteneva a lui, fin da quando aveva mosso i primi passi nel suo teatro.

  
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