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Autore: Chemical Beam    18/07/2018    0 recensioni
Alexander Randall, ragazzo relativamente pacifico, ama i dolci, la matematica e soprattutto vincere le gare di scacchi; detesta il francese, non avere le idee chiare e le persone irruenti.
Thomas Harris, ragazzaccio dalle origini irlandesi, ama i biscotti al cioccolato (solo quelli cotti alla perfezione), leggere e suonare la chitarra; detesta le sveglie, gli scacchi e le persone prive di carattere.
Due universi paralleli, destinati a non intersecarsi mai.
Ma se fossero destinati ad un incontro?
La parte fondamentale degli scacchi è non sottovalutare mai il proprio avversario.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Scolastico
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«Fanculo, non ci capisco niente», mormorò Thomas buttando la penna sul quaderno con fare svogliato, mentre si reclinava all'indietro con la sedia. «Ma perché cazzo ci insegnano queste cose? A che serve?»

Mentre alcuni compagni ridacchiavano alle sue parole, Mr. Davies gli lanciò un'occhiataccia dai compiti che stava correggendo.
Mrs. Smith quel giorno era assente e lui si era ritrovato a dover fare supplenza in 4°A. Appena entrato, aveva dato due opzioni agli studenti: o avrebbero fatto lezione di matematica tutti insieme, oppure si sarebbero dedicati allo studio individuale, a patto però di restare in silenzio.
Prevedibilmente, al sentire la parola "matematica" tutti gli alunni scelsero all'unanimità la seconda opzione.

Eppure, Thomas aveva deciso di dedicarsi proprio agli esercizi di quell'ostica materia, dal momento che non aveva alcuna intenzione di trascorrervi del tempo quando era a casa. Non gli passava assolutamente per la testa l'idea di studiare matematica di pomeriggio, quando avrebbe potuto impiegare il suo tempo in modo molto più produttivo. Leggendo, per esempio.

Comunque, fino a quindici secondi prima aveva avuto persino il coraggio di provare a risolvere l'esercizio. Pazzo? Masochista? Se lo stava chiedendo da quando aveva aperto il libro e ancora non era giunto ad una risposta che lo soddisfacesse.
L'unica cosa certa era che se avesse voluto evitare l'ennesima insufficienza nella verifica scritta, l'indomani, avrebbe dovuto almeno cercare di affrontare il suo incubo: la matematica, appunto.

Fatto sta che, una volta giunto all'ennesimo punto morto, in cui non sapeva come procedere e cosa scrivere, ci aveva rinunciato, sbarrando più e più volte i calcoli scritti fino a quel momento, per poi gettare la penna sul quaderno.
L'occhiataccia di Mr. Davies avrebbe dovuto intimorirlo, ma non lo fece. In fondo, sapeva di avere ragione, ma sapeva anche che non doveva far arrabbiare il professore.
Jonathan Davies era un uomo alla mano, intelligente e capace, in grado di stabilire un legame con i suoi studenti, e nel migliore dei casi di farli appassionare alla materia da lui insegnata; allo stesso tempo, però, era anche molto severo ed esigeva sempre rispetto ed educazione – quando assumeva un'aria alterata, nessuno osava più essere irrispettoso. Neanche Thomas.

Per cui, capita l'antifona e capito che con la matematica non aveva alcuna speranza, decise di trascorrere l'ora scarabocchiando cerchi concentrici sul banco, uno più piccolo dell'altro. Entro le diciassette e trenta sarebbe dovuto arrivare a disegnare solo un piccolo punto al centro. 
Invece, la campanella suonò proprio mentre era intento a disegnare un cerchio dal diametro di un centimetro (ancora troppo grande per i suoi piani). 
Ciononostante, non appena sentì quel suono metallico e assordante, infilò alla rinfusa e con fretta libri e quaderni nella sacca nera, pronto per precipitarsi fuori.
Ma mentre stava per oltrepassare la porta dell'aula, sentì la voce roca di Mr. Davies.

«Scusami, come ti chiami?», lo fermò, facendolo avvicinare alla cattedra mentre lui si alzava.

«Thomas Harris, perché?», rispose sospettoso, indietreggiando fino a fronteggiare il professore. Dall'alto del suo metro e ottanta, questo non era affatto difficile – non si sentiva per niente intimorito.

«Ecco, Thomas, ho visto che stavi eseguendo degli esercizi di matematica, e che questi ti stavano creando qualche problema. Dico bene?», chiese il professore, infilandosi le mani in tasca.

Thomas lo guardò tra l'incuriosito e il seccato. «Io... Sì, dice bene». Dove diavolo voleva andare a parare?

«Beh, non ho potuto fare a meno di notare – cioè, non che le tue esclamazioni fossero poco chiare – che, nonostante le difficoltà, tu ci provi lo stesso, no?», gli sorrise.

«Sì, beh, sa, prendere un'altra insufficienza nel compito non è proprio il massimo, non crede?», si irritò Thomas.

«Prima cosa, modera i toni: stiamo solo avendo una discussione tranquilla e non mi sembra di star mancandoti di rispetto, per cui tu non farlo con me».
Thomas si chiese perché quel professore era l'unico che riuscisse a metterlo in soggezione, mentre borbottava uno "scusi" tra i denti.

«Seconda cosa: il fatto che ti preoccupi di non avere brutti voti è positivo, significa che ci tieni» e lo fissò con uno sguardo penetrante, come se volesse leggergli dentro. «Ma hai delle difficoltà, e credo abbastanza grosse, giusto?»
Thomas annuì riluttante.

«Beh, allora perché non partecipi a delle lezioni extra? Di sicuro ci sarà qualche professore disposto a restare a scuola per aiutarti, ne sono certo».

«Con tutto il rispetto, professore, non ho la minima intenzione di restare a scuola oltre l'orario prestabilito, soprattutto se si tratta di studiare una materia che odio». Thomas lo guardò truce.

«E allora potresti chiedere a qualche studente; magari potreste incontrarvi e studiare insieme, può darsi che un ambiente non scolastico e più personale potrebbe aiutarti, che dici?»
Alla mancata risposta del ragazzo, proseguì: «Guarda, nella classe in cui insegno c'è un alunno che è davvero molto bravo, non ha alcuna difficoltà nella materia e potrebbe darti una mano. Se vuoi, potrei chiedergli di mettersi in contat–»

«No, grazie», lo interruppe Thomas bruscamente, estremamente irritato. «Non ho bisogno di aiuto, non lo voglio neanche! Perché si sente in dovere di appiopparmi a qualcuno per farmi imparare la sua materia?! Insomma, non è neanche un mio professore! Perché le interessa tanto? Non resterò a scuola un secondo in più del necessario e non sprecherò il mio tempo con qualche suo alunno secchione». Thomas respirava come se avesse fatto una lunga corsa.

«E ora, se permette, ho un autobus da prendere. Grazie per la chiacchierata».
E si incamminò con rabbia fuori dall'edificio, lasciando il professore scosso a causa della sua irruenza.

E si incamminò con rabbia fuori dall'edificio, lasciando il professore scosso a causa della sua irruenza     

Nuovo capitolo! Spero che la storia stia cominciando a interessarvi. 
È il primo racconto "serio" che scrivo, per cui mi farebbe molto piacere se lasciaste un commento o una recensione per farmi sapere le vostre idee!

  
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