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Autore: elisa__f    19/07/2018    0 recensioni
Sandro e Giovanna sono una coppia solida, ben collaudata e che si ama da anni. Sono pronti a sposarsi e ad avere dei figli, quando il destino gioca loro uno strano scherzo e si ritroveranno ad affrontare molto di più di ciò che avevano messo in programma...
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Ci vorrebbe una notte soltanto per amare
 
2. Valeria 
Se avessi dovuto trovare una sola parola per descrivere il mio lavoro, sarebbe stata terribilmente estenuante. Ah già, sono due. Poco importa. Per sottolineare bene il concetto, l’avverbio non conta come parola a sé. Lavorare ore e ore al giorno con ragazzi problematici ed esuberanti non era certo la mia aspirazione della vita: molti di loro erano irrispettosi, si comportavano in modi a dir poco riprovevoli con gli educatori, usavano turpiloqui e bestemmie in due frasi su tre e molti a quindici o sedici anni già fumavano molte sigarette al giorno. Certo c’è da capirli: madri e padri delinquenti, scappati di casa o morti; la vita in quartieri non facili; l’esuberanza dell’adolescenza che diventa irrequietezza e insofferenza alle regole. Ma tutto questo rendeva la mia vita già complicata un vero inferno.
Il lavoro dei miei sogni rimaneva ancora un lontano miraggio e, per il momento, fare la psicologa in una ONLUS era il massimo che mi era consentito fare. Devi fare la gavetta, diceva mia madre. Peccato che lei era nata ricca e non aveva mai alzato un dito nemmeno per spolverare i mobili del suo attico di Brera.
Avevo deciso di scappare da quell’arpia quando avevo solo 18 anni, il diploma in tasca e la voglia di essere diversa e migliore, la voglia di somigliare più a papà che a lei. Aveva cercato di riportarmi a casa promettendomi l’iscrizione alla facoltà di psicologia in Cattolica, promettendomi viaggi e appartamenti nelle zone più esclusive della città.
La mia risposta fu affittare un appartamento vicino a Greco e cercare disperatamente un coinquilino con cui dividere le numero spese che vivere da soli comportava. Anche se facevo finta di niente, sapevo che mia madre non rinunciava a versare sul mio conto qualche centinaio di euro, forse per aiutarmi con gli studi o forse per pulirsi la coscienza. Li usai a malincuore finché non trovai lavoro in un ristorante qualche sera in settimana e finché non trovai il coinquilino perfetto: un ragazzo che frequentava con me corsi all’università si era proposto di vivere nello stesso appartamento e dividere le spese. Quando ricevetti la richiesta mi spaventai, un ragazzo e una ragazza soli come coinquilini non era probabilmente l’idea più sicura del mondo, ma mi rasserenai quando anche la sua migliore amica cercava un posto dove stare e chiese di unirsi a noi. Menomale. La mia risposta fu subito sì ad entrambi: le spese iniziarono a diminuire e potei iniziare a mettere dei soldi da parte per il mio futuro.
Sandro e Eva, i miei coinquilini, erano forse le persone più carine e amabili del mondo. Non facevano mai troppo rumore, non invitavano gente estranea a tutte le ore del giorno,  ci dividevamo i turni per cucinare, pulire e lavare i panni. Per cinque anni, la mia vita fu completamente diversa rispetto a quella che avevo avuto fino a diciotto anni, con una cameriera che lavava e stirava i miei panni e una cuoca che cucinava al posto di mia madre.  Per 5 anni, avevo vissuto una meravigliosa storia d’amore.
Sandro era il mio primo amore, la prima persona che mi aveva fatto capire cosa voleva dire amare, amare davvero. Era la mia prima volta, il mio porto sicuro, le braccia in cui rifugiarmi dopo una bocciatura, le spalle su cui piangevo perché avevo per l’ennesima volta avuto uno scontro con mia madre. Era il mio tutto, e quel tutto, un giorno è sparito nel nulla.
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La metropolitana era come al solito già piena, ma un posto per sedermi lo trovai comunque. Ero immersa nei miei pensieri, nella musica che risuonava nelle mie orecchie e, per la verità, mi ero quasi assopita. Riaprii di scatto gli occhi, con la paura di aver perso la mia fermata, ma vidi con piacere che ancora ne mancavano tre.
Quando scesi, mi prese il panico: non trovavo più il biglietto da convalidare per uscire dai tornelli. Iniziai a frugare convulsivamente nella mia borsa, allontanandomi dalla fila per lasciar passare gli altri. “Dove diavolo può essere finito?!” pensavo dentro di me. Ci mancava solo aver perso il biglietto e non poter uscire. Nella furia mi caddero le chiavi dell’auto a terra e, quando feci per raccoglierle, un uomo le raccolse al posto mio e me le porse.
«Valeria!»
Sandro... Sandro…
Il nome mi rimbombava in testa, mentre i suoi occhi mi squadravano curiosi e forse un po’ impauriti. I miei occhi si riempirono di lacrime. Era stata una giornata così difficile e desolante e l’ultima cosa che mi aspettavo era di vedere lui.
Era bellissimo, come lo era fino a pochi anni prima. Capelli folti e neri, occhi verdi, la barba sul viso che lo rendeva maledettamente virile e attraente. La camicia con le maniche rivoltate a causa del caldo asfissiante, i pantaloni beige che evidenziavano le sue gambe lunghe e snelle. Il suo sorriso, perfetto, e le sue labbra carnose: mai avrei potuto dimenticarli.
«Valeria…» sospirò lui.
Balbettai. Non sapevo cosa rispondere. Ogni cosa intorno a noi si era fermata e sembrava di vivere in una bolla di sapone in cui i nostri occhi non si muovevano da quelli dell’altro. Uscimmo dai tornelli, silenziosamente. Mi affiancò poco dopo e mi chiese con naturalezza, come se fossimo amici da sempre, come se passeggiare così fianco a fianco fosse tornato nella mia quotidianità improvvisamente: «Stai tornando a casa?». Lo guardai e, con un coraggio mai avuto prima, risposi: «Pensavo di invitarti a cena».
Arrossimmo tutti e due. Sapeva benissimo che le mie doti culinarie non erano poi così sopraffine quando ci eravamo conosciuti: era stato lui ad avermi insegnato a cucinare, e non mia madre.
«Se non corro il rischio di essere avvelenato come le prime volte, accetto volentieri, Vale», mi disse sorridendo e aiutandomi a portare la pesante borsa che avevo in spalla. Non ci potevo ancora credere di essere lì con lui. Non era nemmeno lontanamente prevedibile.
Lo invitai a salire in macchina, il viaggio sarebbe durato pochi minuti perché abitavo in un paese poco fuori la periferia ovest di Milano. Mi ci ero trasferita dal centro di Milano perché non sopportavo più quel caos e quella frenesia che mi avrebbe prima o poi portata all’esaurimento. Scelsi di andare dall’altra parte della città, in un posto più tranquillo e più vicino a dove era sepolto papà. Mi piaceva andare a trovarlo ogni settimana, portare i fiori freschi e parlare un po’ con lui. Lo sentivo con me, ogni giorno sapevo che era fiero di me e di quello che avevo saputo costruire senza la mamma.
In macchina mi chiese le solite cose, come stavo, che lavoro facevo, come stava mia madre.
«Non penso davvero ti interessi sapere come sta lei» esclamai ridendo.
«Dai! Devi riconoscere che qualcosa di positivo nella sua vita l’ha fatto. Ha fatto te!» arrossii, e lui lo notò subito. Cercò di rimettermi a mio agio chiedendomi se almeno avessi fatto la spesa e avessi qualcosa nel frigo.
«La pizzeria d’asporto sotto casa può essere una buona idea, non ho avuto molto tempo di andare al supermercato questi giorni» confessai. Lui rise, e la sua risata mi accese un qualcosa dentro che non pensavo di poter provare ancora.
A casa, seduti sul divano con una pizza fumante in mano, ci siamo raccontati tutto ciò che era successo negli anni in cui non ci eravamo più visti né sentiti.
Pacatamente, poi, gli chiesi «Sei fidanzato?». Lui deglutì, poi sbiancò come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa. Il volto si rabbuiò e mi rispose quasi sussurrando: «Fra due mesi mi sposo».
Ci rimasi di sasso. Mi sentii anche un po’ infastidita. Avevo invitato a cena uno sconosciuto, perché quello era stato per i 5 anni precedenti a quella sera e non mi era ingenuamente nemmeno passato per la testa che potesse essere fidanzato o sposato.
«Wow… è bella?» chiesi, imbarazzata e con lo sguardo fisso sulla fetta di pizza.
«Giovanna è bella.» così si chiamava. Pronunciò il nome con una voce quasi acuta. «Ma siamo un po’ in crisi. Sai, credo si chiami ansia pre-matrimonio. Ti viene con tutte quelle cose da preparare, gli inviti da spedire, le diete vegane da fare e il prepararsi psicologicamente a passare la tua vita con una donna maniaca e che ti organizza la vita» rispose schietto e anche un po’ infastidito.
«Perché sei qua con me e non a casa con lei?» chiesi. Ero decisamente in imbarazzo.
«Perché sicuramente lei a casa non c’è, né mi ha cercato per chiedermi se le ho preparato la cena.» era davvero cupo.
«Oh… mi dispiace. Magari quando vi sposerete torneà tutto apposto. È normale vivere momenti di tensione o stress prima di un evento importante». Cercavo di consolarlo accarezzandogli la schiena. Tolsi subito la mano quando vidi che si scansò piano piano. Mi stavo mettendo decisamente in un pasticcio tremendo. Mi sentivo terribilmente in colpa per averlo invitato a cena.
«Non importa» abbozzò un sorriso, «sono qui con te e mi fa piacere aver rivisto la mia migliore amica e compagna di studi». Mi prese la mano. Per essere estate aveva le mani ghiacciate. «Sei bella come ti ricordavo, possibile che non hai un fidanzato?»
Ridemmo. «Sono una di quelle donne sposate con il suo lavoro sai, sto lavorando duro per diventare una psicologa del tribunale. Quelle che dicono se uno è pazzo o meno e se è pazzo gli scontano la pena, tipo» dissi sorridendo. Lui lasciò il cartone della pizza sul tavolino, sfilò il cellulare dalla tasca e vidi che c’era un messaggio da “Gio”.
Sono da mamma e papà, torno domani mattina. Non aspettarmi perché arriverò la mattina tardi. Un bacio, Gio.
Io sono a cena da colleghi, ci vediamo domani amore.
Rimasi interdetta e gli chiesi perché aveva scritto che era a cena da colleghi. «Siamo entrambi laureati in psicologia, quindi siamo colleghi. Non è forse vero?» rise, facendomi passare quella strana sensazione di essere di troppo in quel momento nella sua vita.
Come due vecchi amici ci eravamo ritrovati per caso ed era un caso troppo bello per non condividere di nuovo qualcosa insieme. Non mi sarei lasciata scappare l’occasione di parlare con lui. Anche se non lo avrei mai più rivisto, come già era successo 5 anni prima.
Per cercare di alleviare la tensione, gli chiesi se per tornare a casa voleva un passaggio, immaginando che non abitasse molto lontano da me.
«In  realtà abito dall’altra parte della città» ammise, ridendo, alla mia domanda.
«Come dall’altra parte? Come mai sei sceso alla mia fermata?» chiesi allibita.
«Perché ammetto e confesso di averti seguito fino alla tua fermata invece di scendere e cambiare la metropolitana». Era imbarazzatissimo, glielo si leggeva in volto.
Finsi di arrabbiarmi e lo presi in giro dicendogli che mi avrebbe fatto rincasare tardissimo. La verità, tuttavia, era che mi faceva più che piacere portarlo a casa. Non era una cosa che facevo spesso ai tempi della nostra relazione: vivere insieme la maggior parte dell’anno ci aiutava ma in estate molto spesso tornava dai suoi genitori in Brianza e io tornavo a casa di mia madre in centro a Milano, ovviamente quando lei partiva per girare tutti i resort della Costa Azzurra.
Per portarlo a casa impiegai poco più di quaranta minuti, parcheggiai sotto il suo palazzo e, quando la musica della radio si spense, calò il silenzio. Si guardava nervosamente le mani, si toglieva le pellicine dalle unghie che si era mangiato per il nervosismo in tutto il viaggio in macchina.
«Allora io vado» disse poi, sganciandosi la cintura e aprendo la portiera.
«Senti,» gli dissi, porgendogli un biglietto con un numero di telefono. «Quando ti senti in gabbia e non ne puoi più di sentirne parlare di fiori e partecipazioni chiamami». Gli sorrisi.
Lo prese e con un “Ciao” sussurrato, scese dall’auto e rientrò a casa.
Il viaggio di ritorno fu pieno di lacrime e di sospiri. Ero consapevole di non averlo dimenticato in tutti questi anni.


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BUONGIORNO! Sono stata piuttosto celere nell'aggiornare e spero che questo capitolo e la storia in generale vi stia piacendo! Succederanno molte cose prossimamente e prometto che la trama va infittendosi un po' alla volta.
Lasciate una recensione se vi va, spero vi sia piaciuto!
Un saluto, Elisa :-)

 
   
 
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