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Autore: kianeko    19/07/2018    3 recensioni
Andare daccordo è davvero difficile, soprattutto per loro.
Scoprire l'altro e scoprire se stessi per la prima volta.
Due persone che per necessità impareranno a guardarsi a fondo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kojiro e Genzo: l'amore è complicato'
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Note: grazie mille a tutti per le letture e le recensioni, sono felice che nonostante il mio ritardo mi stiate aspettando. Grazie di cuore.



Si fermò sulla soglia della porta il tempo utile perché la lama di luce, che entrò dal corridoio, illuminasse la schiena del compagno di stanza che dormiva.
Quando il buio tornò nella camera, gli ci volle qualche secondo per metterlo a fuoco di nuovo.
Non era certo sul da farsi anche perché aveva uno strano senso di inquietudine misto a rabbia e tristezza.
Il suo cuore per tutto il tragitto, dal parco al ritiro, aveva continuato a battere furioso senza che lui ne capisse il motivo, o meglio senza che lui volesse provare a capirne il motivo.
Cosa avrebbe dovuto fare? Forse parlargli sarebbe stata la cosa più saggia ma ora non era abbastanza lucido da sapere cosa dire.
Dopo anni di litigi, di pugni e di sfide, all'improvviso Wakabayashi se ne era uscito con quella storia e lui aveva perso ogni certezza.
Lo osservò meglio ed, anche se era su di un fianco, ebbe la sensazione che le sue spalle fossero più curve come chiuse su se stesse.
Iniziò a spogliarsi gettando i vestiti alla rinfusa cosa che non era solito fare ma in quel momento aveva bisogno di tutto fuorché badare a dettagli inutili come quello.
Non sapeva come comportarsi ma sicuramente non aveva intenzione di tornare al "come prima".
Kojiro si infilò nel letto e si mise anche lui sul fianco, con lo sguardo percorse le curve sotto le coperte una, due, tre volte in su ed in giù.
Quello che aveva davanti agli occhi in un certo senso gli piaceva: ampie spalle muscolose e bacino stretto.
"Ma cosa cazzo vai a pensare?" pensò sorpreso "Eppure..."
Tutto quello non aveva minimamente senso lo sapeva ma non riusciva a spiegarlo al suo cuore che scalpitava e al suo sangue che bruciava nelle vene.
Doveva assolutamente dormire.

Sentì la porta aprirsi alle sue spalle, sapeva perfettamente che sarebbe dovuto tornare in camera prima o poi.
Aveva atteso sveglio il suo ritorno, ma quando udì il cigolio della maniglia preferì fare finta di dormire: l'idea che in quel momento loro fossero soli insieme gli fece ripartire il cuore al galoppo.
Aveva pensato molto sul da farsi mentre lo aspettava ed aveva deciso che la cosa migliore da fare fosse rimettere spazio tra loro, tornare al "come prima".
Nel momento in cui aveva avuto quel pensiero era sicuro di una cosa sola: quello sarebbe stato l'unico momento di debolezza con lui, da ora sarebbe ricominciata la linea dura.
Mostrarsi così vulnerabile solo perché forse aveva visto un barlume di qualcosa nei suoi occhi era stato uno sbaglio, uno sbaglio da cui doveva difendersi perché con lui era la sola cosa saggia da fare visto che l'aveva scacciato.
Nonostante tutte le sue certezze, il cuore era impazzito un'altra volta appena l'aveva sentito mettere piede in camera.
Genzo avvertì chiaramente il rumore della fibbia della sua cintura ed il lieve fruscio prodotto dai pantaloni che finivano a terra.
Ebbe un lieve fremito e la sua mente iniziò a vagare per i fatti propri.
"Smettila!" si disse deciso "Non fare la ragazzina alla prima cotta alla tua età!"
Più cercava di convincersi e più l'idea che fra loro ci fossero solo poche decine di centimetri a separli lo faceva surriscaldare, mantenere i suoi propositi sarebbe stato complicato.
Doveva assolutamente dormire.

Quella mattina nello spogliatoio c'era un gran silenzio, Genzo e Kojiro non si guardavano e se per sbaglio succedeva l'aria si riempiva di elettricità.
Entrambi a colazione erano stati taciturni ma ora la situazione era diventata opprimente per tutti: la squadra sapeva che quello era il preludio alla tempesta.
- Capitano tutto ok? - chiese Wakashimazu titubante.
Hyuga si voltò appena e fece un cenno del capo come a dire si.
Dall'altra parte dello spogliatoio questo semplice scambio di parole non sfuggì a Wakabayashi che con la coda dell'occhio osservava i due allacciarsi le scarpe.

La giornata era calda e soleggiata Wakabayashi, Wakashimazu e Morisaki si stavano allenando sotto le direttive del signor Mikami.
Yuzo era in porta mentre gli altri due aspettavano il loro turno per esercitarsi con le parate a terra.
- E' migliorato, vero? - chiese il Karate Keeper osservando Morisaki.
- Si molto! - rispose asciutto il SGGK.
Non aveva dormito parecchio e quel poco che era riuscito a chiudere occhio era stato tromentato dagli incubi, ora tutto voleva fuorché parlare con qualcuno.
Aveva deciso che avrebbe ripreso il suo atteggiamento di sempre, ma quando i loro occhi si erano incontrati a colazione gli era ripresa la tachicardia.
- Cos'è successo con il capitano? - domandò a bruciapelo Ken.
- Chiedilo a lui visto che siete tanto amici! - disse acido.
Non voleva parlare con lui, per niente al mondo: Wakashimazu non lo sapeva ma in un certo senso erano rivali.
- Fai attenzione a quello che fai! - gli sussurò l'altro - Il capitano non si merita la tua cattiveria perché ha sofferto già tanto! -
- Cos'è, sei la sua fata madrina? - chiese sarcastico Genzo.
- No, sono quello che ti spezzerà i polsi dopo Krayfort, Levin e Sho! - rispose Ken con tono minaccioso - Quindi sta attento! -
- Wakashimazu, tocca te! - disse il signor Mikami prima che lui potesse rispondergli per le rime mentre Yuzo ansante e accaldato gli si sedette accanto.

- HYUGA! DOVE DIAVOLO HAI LA TESTA? - gridò Gamo arrabbiato.
- Scusi Mister! - rispose semplicemente.
Non riusciva a seguire l'azione e non era la stanchezza ma i pensieri a non renderlo lucido.
"Non è giusto mandare via una persona dalla propria vita e poi non essere disposti a smettere di cercarne il contatto fisico!" ogni volta che per un qualsiasi motivo passava davanti la panchina, dove erano seduti il signor Katagiri, Fujita e Kinoshita, sentiva sempre la voce della psicologa sussurrargli qualcosa, ma era più che certo che fosse la sua mente a giocargli un brutto tiro.
- ADESSO BASTA! - urlò Gamo arrabbiato all'ennesimo passaggio sbagliato - HYUGA VATTI A SEDERE! -
- Merda! - imprecò furioso mentre prendeva posto vicino alla signorina Fujita.
- Hyuga oggi sei davvero pensieroso! - affermò Katagiri scherzoso - Si potrebbe credere che tu sia su un altro pianeta! -
Se quel coglione patentato cercava guai lui era più che pronto a darglieli, in fondo era grazie alla sua idea del cazzo se ora si trovava in quella situazione.
- Non sfidi la sorte, non oggi! - disse seria Kinoshita espirando una nuvola di fumo - Lei non ha la ben che minima idea di cosa avete smosso con le vostre stronzate sull'unità di squadra! -
Kojiro rimase stupito, lo stava difendendo.
- Na-chan! - la riprese la segretaria.
- E' la verità! - disse stizzita la dotteressa - Un sasso gettato in uno stagno crea onde che allargandosi coinvolgono ciò che incontrano; allo stesso modo le parole e le azioni provocano reazioni a catena che coinvolgono i sensi, i ricordi, i sogni e le aspettative, a dover intervenire a quel punto è la mente, per accettare o respingere, provare a collegare, costruire ed a volte distruggere! - continuò con molta calma la donna - Senza contare che quel sasso, quelle parole e quelle azioni rimarrano per sempre sul fondo anche quando le onde saranno terminate! Quindi non sfidate la sorte! - concluse alzandosi ed andandosene.
- Signor Katagiri, la prego di scusarla! - disse la signorina Fujita imbarazzata.
- Non si preoccupi! Credo che la sua amica abbia perfettamente ragione! - fece l'uomo alzandosi e stiracchiandosi - Abbiamo smosso troppo questa volta! Vero Hyuga? - chiese al calciatore vicino a loro.
Il numero 9 annui pensieroso: Kojiro non si era perso una sola parola di quel discorso, era rimasto in silenzio a soppesare ogni singolo vocabolo e come sempre quella dottoressa aveva centrato l'obbiettivo.
Era certo che stesse discutendo con quei due ma aveva imparato che non poteva escludere che forse in realtà stesse parlando proprio a lui.
Lui il suo "sasso" lo aveva ricevuto la sera prima con quel "Ho una cotta per te!" ed aveva lanciato il suo allontando il portiere.

Genzo in posizione fra i pali, aspettava Kojiro che stava arrivando di corsa come una furia, a pochi centimetri dall'area si mise in posizione di tiro, ma all'ultimo secondo passò la palla a Sawada in zona rigore.
Stupito da quella decisione improvvisa, il portiere si getto sui piedi del centrocampista e fermò la palla con le mani.
"Non ha neanche il coraggio di affrontarmi in campo!" si disse arrabbiato Wakabayashi rialzandosi "Razza di stronzo!" ed in un moto d'ira lanciò la palla con tutta la forza che aveva nelle braccia su quel maledetto numero 9.
- WAKABAYASHI! - urlò Gamo - TI SEI BEVUTO IL CERVELLO? -
La squadra stupita da quel gesto, si mise in allerta pronta a separarli in caso di rissa.
Kojiro di spalle, si voltò al colpo con lo sguardo inferocito.
Genzo voleva la tigre, voleva tornare a quel "come prima" che serviva per rimettere distanza, per dimenticare.
Lo vide chiudere gli occhi e inspirare profondamente, quando finalmente li riaprì aveva un'espressione estremamente seria.
- Tieni Matsuyama! - disse calciando la sfera al difensore - La palla è vostra! - aggiunse tornando in centro campo.
Wakabayashi completamente fuori di sè per quella reazione si sfilò i guanti, lo raggiunse, lo afferò per una spalla facendolo girare e gli sferrò un montante al mento.
Hyuga barcollò e fece un passo indietro per non cadere.
Jito e Takasugi erano scattati per dividerli.
- Me lo merito! - disse Kojiro nello stupore generale passandosi il dorso della mano sinistra sulla bocca - In fondo sono io il tuo problema! -
Genzo era furioso e quella risposta gli fece ribollire il sangue e scalpitare il cuore: voleva fare a pugni con lui, doveva fare a pugni con lui, ne aveva bisogno.
- Sei solo un codardo! - disse furibondo il portiere.

No, lui non era un codardo stava solo cercando in tutti i modi di evitare il suo cuore: quando si era trovato davanti a lui per tirare all'improvviso non ci era riuscito perché questo aveva iniziato a battere come un matto.
Si fissavano negli occhi ed aveva la sensazione che Wakabayashi lo stesse provocando per farsi del male.
- Smettila di provocarmi perché non ci casco! - disse Kojiro serio.
Aveva il cuore che correva ma non aveva intenzione di distogliere lo sguardo dagli occhi neri e furenti del portiere anche se quel giorno per lui era davvero una cosa complicata.
Non si sarebbe difeso se gli avesse dato un altro colpo, aveva deciso che avrebbe subito pur di non tornare al prima.
- Cosa fai mi prendi in giro? - sibilò Genzo afferrandolo per la maglia e strattonandolo.
Hyuga non mosse un muscolo, rimase fermo senza reagire "Smettere di cercare il contatto fisico!" ripeteva la voce della dottoressa nella sua testa.
- No, sto solo iniziando a capire! - rispose semplicemente.
Era vero stava comprendendo cosa provava Wakabyashi, sentiva il cuore esplodergli nel petto e non riusciva a staccare i suoi pensieri da lui.
Il portiere lo guardò stupito mentre le mani lasciarono la presa, Kojiro non si mosse non voleva allontanarsi per nessun motivo.

Wakashimazu non vedendo reazioni da parte del suo capitano era accorso in suo aiuto ma la dottoressa Kinoshita gli si era parata davanti.
- Si sposti! - intimò Ken alla donna.
- No! - rispose lei lapidaria - Queste non sono cose che vi riguardano quindi ne dovete restare fuori! -
- COME SI PERMETTE? - gli gridò il Karate Keeper.
- Smettila Wakashimazu! - disse Kojiro voltandosi - La dottoressa ha ragione, è solo una cosa fra noi due, niente che vi riguardi! -
- Ho sbagliato io a cercare lo scontro! - continuò Genzo - Ciò che succede fra noi deve restare lontano dalla squadra! -
- Scusateci! - disse l'attaccante facendo un'inchino.
- Non succederà più! - continuò il portiere imitando il compagno.
Gli altri giocatori si guardarono stupiti fra loro, non potevano credere ai loro occhi ed alle loro orecchie.
- Si... va bene... - esordì incerto Gamo - Cioè... volevo dire scuse accettate! - poi si voltò a guardare Mikami - Credo che adesso sia il caso di continuare l'allenamento! -
- Si Mister! - risposero Wakabayashi e Hyuga in coro sotto lo sguardo sempre più sorpreso del resto dei compagni che stavano ritornando in posizione.

Kinoshita tornò lentamente verso la panchina, vicino a Katagiri e Fujita.
- Credo di aver finito con quei due! - disse la dottoressa infilando le mani nelle tasche e prendendo un pacchetto di sigarette - Le farò pervenire a breve la mia parcella! - continuò verso Katagiri porgendogli il pacchetto.
- Sarò ben lieto di saldare il conto! - fece l'uomo prendendo una sigaretta offerta dalla donna - Se dovessi aver bisogno di qualcosa posso contare di nuovo su di lei? -
- Ovvio! - rispose lei con un sorriso sornione.



Note di chiusura: la frase del sasso nello stagno è ispirata da un aforisma di Gianni Rodari che recita così:
“Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carte e il galleggiante del pescatore.
Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie di infinita di reazione a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere.”
   
 
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