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Autore: reesejordan    19/07/2018    14 recensioni
La Bastiglia è caduta. Oscar e André non sono sopravvissuti. Il Generale Jarjayes è attanagliato dai ricordi, dal rammarico, pentendosi delle sue decisioni. A swimmila e la sua ammirazione per il generale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Seduto, ammiro il suo quadro. Un bicchiere di vino, che non ho ancora toccato, sul tavolino di fronte.

Ho perso mia figlia. Quella che mi ostinavo a chiamare figlio, quando in realtà era una donna bella e coraggiosa come pochi.

Ho perso il figlio che non ho mai avuto. Quello che chiamavo servo, attendente, quando in realtà era un uomo nobile nell'animo come pochi.

Perché quella sera non li ho lasciati andare incontro a un loro destino insieme? Si sarebbero amati. Sarebbero stati felici. L'orgoglio mi ha spinto a non lasciarli amarsi. L'ho chiamato pazzo. E poi, prima che partissero per la caserma, quell'ultimo viaggio incontro alla morte, a che cosa è servito dire ad André che se fosse stato nobile, l'avrei lasciato sposarla? A fare stare calma la mia coscienza sporca? Ero io il pazzo. Avrei dovuto permettergli di sposarsi prima. Avrei potuto chiedere direttamente al re. Sarebbero ancora vivi.

- Perdonate, Signore...

- Ti ho detto di non disturbarmi!

Ho bisogno di stare da solo per un po'. La ragazza trema. Uso quella voce, quel tono quando voglio incutere timore. 

- Certo, Signore, ma ecco... è urgente. Marie sta male. Non si è alzata dal letto stamattina. Sta parlando di morire...

- Cosa? Fa' chiamare il dottor Lassonne immediatamente!

La cameriera s'inchina davanti a me. E poi s'inchina davanti al quadro di Oscar guerriera. Sono sorpreso, credo contento a quel segno di rispetto davanti all'immmagine di mia figlia. Poco dopo una sensazione di amarezza, di vuoto mi coglie. Cerco di non darlo a vedere mentre la cameriera obbedisce al mio ordine.

La maggioranza della servitù è rimasta a palazzo. All'inizio pensavo di essere stato semplicemente fortunato. C'è bisogno di soldi in questa Francia andata in malora, ma la gente vuole ricominciare in cerca di libertà. Da una settimana, per l'esattezza dalla presa della Bastiglia, molti servitori hanno lasciato le famiglie nobili. La mia famiglia è stata risparmiata grazie a lei. Ieri sera ho sentito alcune delle serve parlare. Vogliono restare a palazzo perché la padrona, pace all'anima sua, è un'eroina del popolo. Sono fiere di aver conosciuto la nobildonna soldato che ha fatto cadere la Bastiglia. Ero a Versailles quando sono venuto a saperlo. Il reggimento di Oscar François ha attaccato il Royal Allemand. La mia Oscar ha difeso Parigi dalle incursioni dei soldati perché amava la sua Francia. La corte l'ha sempre ammirata per la tua lealtà. Adesso il popolo l'ama e la stima per aver combattuto per la giustizia. 

Mi alzo e mi affretto ad andare da Marie. È in camera sua, una stanza pulita ma degna di una donna che ha visto me, Marguerite giovanissimi e le mie figlie crescere. È grazie a lei che ho fatto entrare André nella vita di mia figlia. 

- Come ti senti, Marie? Il dottore sta arrivando.

- Oh! Signore, non dovevate scomodarvi per me. 

- Ma cosa dici? 

- Non dovevate chiamare il dottore. È una spesa inutile.

Cerca di alzarsi, ma le dico di rimanere a letto. È pallida. Ha difficoltà a respirare. L'assenza dei due ragazzi che ha aiutato a far diventare un uomo e una donna l'ha fatta stare male. È da quando abbiamo saputo che sono morti che non fa altro che chiamare i 'suoi bambini'. Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Si è sempre distinta per la sua obbedienza, anche se a volte la sentivo borbottare un po'. Una governante esemplare, ideale per una casa nobiliare. Anche adesso pensa ai soldi che mi costerà la visita del medico. Cosa importa adesso. Ho perso la mia gioia, il mio orgoglio, la mia speranza.

- Signore, se posso, vorrei chiedervi un favore.

- Dimmi, Marie...

- Perdonate mio nipote, André. Perdonate la vostra Oscar. Non riservategli rancore. 

- Sono io che devo chiedere perdono. Mi mancano tanto. Volevo bene ad entrambi. 

- Bene, ne sono felice. Adesso vado da loro.

Chiude gli occhi. Sembra addormentata. Credo sia andata veramente ad incontrarli. Chiedo alle cameriere di occuparsi del suo corpo. Mentre mi accingo ad ordinare a Jerome di avvisare Lassonne, sento un cavallo e una carrozza arrivare davanti a palazzo.

Accolgo Joseph nell'atrio, spiegando che purtroppo non c'è più niente da fare per la cara Marie. Lui vuole lo stesso vederla. Dopo la visita, gli dico di accomodarsi in salotto. Ci conosciamo da una vita. Beviamo, parliamo dei cambiamenti, di Oscar e André. A Versailles, per anni, mia figlia è stata al centro dei pettegolezzi di molti. Anche adesso dopo la sua morte si parla ancora di lei. La notizia del reggimento ribelle, comandato dalla figlia del Generale Jarjayes, è sulla bocca di tutti. E poi il fatto che André, suo fedele attendente, l'abbia seguita, infuoca gli animi, aumenta l'ammirazione e dona al tutto una visione poetica. Per me è un dramma. Per loro è una favola. Parlano di lei come di una dea di altri tempi. Ed eccomi qui, davanti al suo quadro vestita come il dio della guerra, insieme al dottore che, negli anni, mi ha rimproverato più volte per la scelta che avevo fatto.

- Avevate ragione. Dovevo seguire il vostro consiglio e non farla vivere come un uomo.

- L'avete cresciuta forte, determinata, diversa dalle altre donne, ma non per questo meno donna, Augustin.

- Non vi seguo.

- L'ultima volta che l'ho vista mi ha detto delle parole che mi hanno fatto riflettere. Credo si fosse innamorata.

- Cosa vi ha detto, Joseph? Vi prego, ditemelo.

- Voleva vivere, seguendo liberamente il suo cuore. E, a quanto pare, così ha fatto.

Annuisco, le lacrime offuscano la vista. Le parole del dottore riescono ad alleviare un po' la stretta al cuore. Le ho insegnato a combattere. Mi ha insegnato che nemmeno un generale abile, impavido, testardo, può comandare il cuore. L'ho capito troppo tardi, quando senza salutarmi, mi aveva lasciato scritto il suo addio.
   
 
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