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Autore: Juliette96    20/07/2018    0 recensioni
Bianco o nero?
Se potessi quali dei due sceglieresti?
Il bianco vuol dire chiarezza, tutto alla luce del sole, niente segreti… ma è davvero questa la cosa giusta?
Il nero invece, significa oscurità, incertezza, ma anche la libertà… è davvero questa la cosa sbagliata?
Io non lo so, non so quali delle due sia la scelta giusta. Probabilmente entrambe.
In fondo tutto ha degli aspetti sia negativi che positivi, non avrebbe significato la presenza di uno se non ci fosse l’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non mi sono mai piaciute le sorprese. 

Stavo pensando a questo mentre ero sull'aereo che mi avrebbe portato alla mia nuova vita. E non l'avevo questo nuovo inizio.

Quel giorno ero andata a fare un giro in biblioteca, unico posto in città con l'aria condizionata che non richiedesse un'interazione sociale. Al mio ritorno a casa i miei genitori erano in cucina, seduti uno di fronte all'altro con un bicchiere di the freddo in mano. Durante quella conversazione a senso unico, come la maggior parte delle volte, mi dissero che ci saremmo trasferiti perché papà aveva ricevuto un'offerta di lavoro in un'industria… in Virginia!

Sapevo che navigavamo in brutte acque nell'ultimo periodo, più di una volta avevo visto dalla finestra dei tipi con un atteggiamento poco amichevole. Avrei voluto chiedere, ma tra a me e i miei genitori c'era un tacito accordo di non belligeranza, per cui io non facevo domande a loro e loro non ne facevano a me, del tipo "Non hai degli amici?".

Per cui è chiaro che non c'erano legami che mi trattenevano a Ravenna, la città dove ero cresciuta, ma avevo le mie abitudini, ed era l'idea di dovermene creare delle nuove che mi infastidiva tremendamente.

Tornando a noi, nel giro di un paio di giorni avevamo sgomberato tutto e ce ne eravamo andati.

Ed eccomi in questo viaggio interminabile oltre oceano, immersa fino alla punta dei capelli nel mondo del Trono di Spade sperando che finalmente il libro decidesse di fagocitarmi. Quando la spia per allacciarsi le cinture si accese per poco non urlai di gioia, ma il mio entusiasmo durò veramente poco.

Pioveva.

Tanto.

Il diluvio universale in confronto era l'irrigatore del mio giardino.

Mia madre evitò appositamente il mio sguardo e mi passò un ombrello - Togliti quello sguardo Era, sono due gocce -.

Si. Mi chiamo Era. Mia madre è un'appassionata di archeologia e ovviamente non poteva evitare di darmi il nome di una dea dell'antica Grecia. Sarebbe stato divertente spiegarlo agli americani visto che dicevano la R proprio come io so fare amicizia, MALE.

 

La mia fantasia aveva reso il posto in cui saremo andati a vivere molto meglio di quello che era in realtà. Pensavo che il mio futuro sarebbe stato in una città grande, con grattacieli ovunque, e invece… in un paesello che sembrava dovesse ancora uscire dagli anni 50. C'era un Drive-in! Ce ne rendiamo conto?

Le case erano tutte uguali, con un portico con sedie a dondolo e tutte bianche.

-Mi sembra di essere finita dentro a Grease!-. Sentii la risata di mio padre che guardava verso la strada.

Io e lui non avevamo un grande rapporto, non so perché, se avevo un problema di qualche tipo che doveva essere condiviso a tutti i costi, andavo da mia madre, era difficile che mi rivolgessi a lui, a meno che non fosse qualcosa che riguardava l'informatica. Era un genio in questo campo, bastava che gli sottoponessi un problema e lui lo risolveva in un attimo.

Mi era capitato spesso di chiedermi chi fosse veramente, se fosse veramente sottomesso a mia madre come lasciava credere o se fosse solo un modo per vivere con meno problemi. Mia madre invece era tutta un'altra pasta, bastava osservarla per qualche secondo per capire che non vorresti mai averci a che fare, con quel suo sguardo che studia tutto come uno scanner, il suo portamento perfetto.

Immersa com'ero in questi discorsi non mi ero resa conto che eravamo arrivati nella nostra nuova maison. 

Per fortuna non era completamente bianca come tutte le altre,  era di mattoni rossi con un portico in legno, non voglio dire che mi piacesse, ma per lo meno era diversa. 

Entrai in casa mentre i miei svuotavano la macchina, fui contenta di sentire il parquet scricchiolare sotto i piedi, mi era sempre piaciuto. La cucina era enorme proprio come piaceva a mia madre, con un isola nel mezzo, il salotto con il camino, un giardino sul retro; al piano di sopra trovai 3 camere e due bagni. Scelsi quella che si affacciava sulla facciata della casa, perché aveva una finestra con una rientranza perfetta per sedermi e guardare fuori.

Forse questo trasferimento non sarebbe stato un completo disastro alla fine dei conti, ma mancava una componente importante, i cittadini. Mi avrebbero ignorato come avevano sempre fatto la maggior parte delle altre persone, o sarei stata uno di quei clichè americani di quella bullizata?

  
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