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Autore: ONLYKORINE    20/07/2018    1 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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Incontri e spiegazioni

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Quel pomeriggio Hermione decise di fare qualcosa per scoprire quello che Draco aveva fatto tre giorni prima al Ministero. Si erano incontrati, ma lei non aveva avuto il coraggio di dirgli che l’aveva visto. Né lui le aveva detto di esserci stato.
Si stava arrovellando il cervello per sapere cosa stesse succedendo. Ginny le aveva promesso che avrebbe chiesto alla Parkinson se sapesse qualcosa, ma doveva essersi scordata. Così, decise di chiederglielo lei di persona. Incontrò la Serpeverde in uno dei corridoi. Beh, a dir la verità sapeva che sarebbe passata di lì e si era fermata ad aspettarla.
“Parkinson” disse staccandosi dal muro.
La mora si spaventò.

 

Pansy stava tranquillamente pensando ai fatti suoi mentre andava in biblioteca, ma dal nulla sbucò la Granger che le si parò davanti all’improvviso.
“Granger! Vuoi uccidermi?” gridò, con il cuore che batteva furioso.
Le aveva teso un agguato?

 

Hermione spalancò gli occhi. Doveva essere soprapensiero, per non averla vista!
“Scusa… io…. non volevo” si giustificò.
Lei annuì e tornò alla solita espressione. “Cosa è successo?” le chiese la mora.
“Ehm… io volevo chiederti se…. cioè io lo so che non siamo amiche…. però è importante… non vorrei…”
La Parkinson aveva corrugato la fronte. Giustamente. “Di cosa parli?”
Decise di tagliare la testa al toro. “Hai parlato con Draco, ultimamente?” le chiese allora.
“Io?” esclamò la Serpeverde. Ora era Hermione a essere confusa.
“E chi?”
“Io non parlo con Draco da prima di tornare a scuola” ammise la mora. Oh. Sì, forse Ginny aveva accennato a qualcosa del genere.
“Avete litigato?” chiese ancora.

 

Pansy non voleva raccontare i fatti suoi, soprattutto alla Granger.
“Mmm, una cosa così” disse, vaga.
Vide la Granger spalancare gli occhi. “Non avrete litigato per colpa mia, vero?” La Serpeverde la guardò di traverso.
“Ma no” esclamò. Perché avrebbero dovuto litigare per colpa sua?
“Avete litigato per qualcosa che Draco vuole fare?” chiese ancora la Grifondoro.
Pansy era sempre più confusa. I Grifondoro erano veramente strani.
“Abbiamo discusso perché Draco non vuole farsi i fatti suoi” sbottò alla fine.
Ora l’avrebbe lasciata andare in biblioteca?

 

Hermione strabuzzò gli occhi. “Ok, scusa non volevo essere invadente” si giustificò.
“Brava, spiegalo anche a lui” disse la Serpeverde, girandole intorno e prima di rendersene conto le richiese: “Quindi non sai perché è andato al Ministero?”

 

Pansy si fermò. Draco era andato al ministero? Poteva essere solo per andare ad Azkaban. Per un attimo, si pentì di aver evitato il biondo. Solo per un attimo.
Si girò di nuovo verso di lei. “Draco è andato al Ministero?” chiese. La riccia annuì. “Ma non ti aveva detto che ci andava, giusto?” domandò di nuovo. Lei annuì ancora.
La guardò di sottecchi, mentre faceva finta di pensare. Come aveva fatto a scoprirlo?
Beh, erano affari loro. Draco poteva fare quello che voleva. Ma non poteva andare ad Azkaban da solo. Se voleva andare a trovare Lucius, aveva bisogno di qualcuno che andasse con lui. E la Granger andava benissimo, ma lui non glielo aveva detto. Forse non voleva metterla in mezzo. Effettivamente Lucius era difficile da gestire; se lo ricordava bene.

 

La Parkinson sospirò e fece un passo verso di lei. “Non voglio neanche sapere come hai fatto a scoprire che lui fosse là senza che te l’abbia detto”, alzò una mano per interromperla quando Hermione tentò parlare “ma se il motivo per cui c’è andato è quello che penso, avrà bisogno di te. Parlaci al più presto”.
“E perchè è andato al Ministero, secondo te?” le chiese, ma lei scosse le spalle.
“Non ho intenzione di dirtelo. Io posso immaginare, non sono sicura” spiegò.
La riccia si adombrò. “Non vorrai farti pregare!”
“Io so solo che lui ha parlato con… Narcissa?!”
Hermione corrugò la fronte; era strano che Draco parlasse con sua madre? Perché aveva usato quel tono? Vide lo sguardo della Serpeverde allungarsi dietro di lei, lungo il corridoio alle sue spalle. Lentamente si girò e vide una strega bionda, elegantemente vestita con quello che sembrava un abito costoso. Hermione la riconobbe: era la madre di Draco, Narcissa, e stava camminando nella loro direzione, ma non le aveva ancora viste.

 

Pansy non sapeva cosa fare: non voleva incontrare Narcissa. Era riuscita a evitarla fino a quel momento. Poteva continuare benissimo così.
Prese il braccio della Granger e la tirò indietro, verso un altro corridoio. Lei si girò verso la Serpeverde e le chiese: “Cosa fai?”
“Ah, volevi incontrarla?” le chiese, ironica. Vide passare sul viso della riccia diverse emozioni, ma non era sicura di decifrarle correttamente.

 

Hermione non sapeva cosa rispondere. Voleva incontrare Narcissa? L’ultima volta che l’aveva vista, era stato durante la battaglia e l’ultima volta che lei era stata nel raggio visivo della strega, era stato al Manor, quando Bellatrix…
Sì, va bene, ok, non voleva incontrarla. Non così.
Annuì senza dire niente e rimase lì dov’era.

 

 

Ma Narcissa le aveva viste. Non si diventa la moglie di un Malfoy senza avere imparato ad avere tutto sotto controllo. Aveva visto le ragazze, anche se aveva riconosciuto solo Pansy, e aveva visto come erano scappate quando si erano accorte di lei. Non sapeva bene perché fossero scappate, anche se la cosa la fece sorridere.
Qualche tempo prima avrebbe ghignato. Ora avrebbe anche pianto. Non voleva essere quel tipo di persona. Si incamminò velocemente verso l’altro corridoio e sperò che non fossero andate troppo lontano. Quando girò l’angolo le trovò subito. L’altro corridoio era cieco.
Cercò di sorridere come aveva visto fare ad Andromeda: aveva un sorriso così dolce, la sorella.

 

Quando Pansy si ritrovò davanti la strega bionda, trattenne il fiato, soprattutto quando fece quel sorriso così strano. Quando Narcissa pronunciò il suo nome, un brivido le fece vibrare tutta la schiena.

 

Quando la signora Malfoy sorrise e salutò la Serpeverde con un: “Pansy, cara”, la mora si irrigidì, Hermione se ne accorse subito, ma subito dopo tornò rilassata.
“Narcissa” la salutò la Parkinson.
La strega bionda spostò lo sguardo su Hermione e i suoi occhi si spalancarono per pochi secondi, prima di tornare alla normalità. “Mi spiace cara, non mi ricordo il tuo nome” le disse con un sorriso. Un sorriso vero.
“Hermione. Sono Hermione Granger” riuscì a dire. Stava per aggiungere la natababbana, Sanguemarcio, Mudblood, giusto per farle capire chi fosse, quando una fitta le trapassò la testa.

 

Pansy guardò la Grifondoro e vide la stessa espressione che aveva Draco quando andava in crisi. Anche lei? Anche a lei succedeva? Perché?
“Granger, stai bene?” le chiese.
Pansy le appoggiò una mano sul braccio, lei ebbe un brivido e si agitò. “Sì, sto bene” rispose, poco convincente.
“Vuoi che chiami… qualcuno?” le chiese sottovoce. Intendeva Draco, ma in quel momento Draco era l’ultima persona che voleva cercare. Sperò che al massimo le chiedesse di andare a chiamare Ginny.
La riccia appoggiò una mano al muro. “No no, ho detto che sto bene”.
Narcissa si avvicinò, con in viso la stessa preoccupazione di Pansy e disse: “Mio figlio dovrebbe avere qualcosa per questi momenti…”

 

Hermione e la Parkinson guardarono la signora Malfoy. Questa volta fu Hermione a sgranare gli occhi. “Lei… sa?” chiese, poi si voltò verso la Serpeverde ma vide sul suo viso uno stupore identico al suo.
Narcissa annuì e si guardò intorno. “C’è un posto dove possiamo sederci?”
La mora indicò il corridoio. “C’è una stanza in disuso, di là”.
Narcissa annuì ancora, posò un braccio intorno alle spalle della Grifondoro e tutte e tre presero quella direzione.
Hermione ebbe la sensazione che, più che per aiutarla lo avesse fatto per non farla scappare. Entrarono in un magazzino circolare e Narcissa, dopo aver acceso delle lanterne, fece comparire un tavolino da tè, con tre sedie. “Gradite del tè?” chiese quindi alle ragazze.
Senza aspettare risposta, chiamò un elfo e gli diede istruzioni. Quando l’elfo tornò, la strega si sedette e versò il tè.
Hermione guardò la Parkinson che scrollò le spalle e si sedette, così prese posto anche lei. Era un po’ infastidita per via degli ordini dati all’elfo, ma Narcissa non era stata né sgarbata né cattiva quindi non seppe bene per cosa lamentarsi, visto che una tazza di tè l’avrebbe gradita volentieri. “Se non passa, chiamiamo Draco, ok?” spiegò, mentre riempiva l’ultima tazza.
Hermione annuì, mentre prendeva un sorso di bevanda calda: era rigenerante.
“Sono stata io? Ti ho spaventato io?” le chiese la signora Malfoy. Sapeva come venivano le crisi, la sua domanda non era stata casuale.
“Non è stata lei” disse la Grifondoro a bassa voce.
“Quello che ti ricordo, allora?”
Hermione piegò la testa di lato. “Forse. Anzi, sì, è molto probabile”.
Narcissa appoggiò la tazza sul piattino e le posò una mano sulla sua. “Mi dispiace”. Sembrava sincera.

 

Pansy, che non capiva bene lo scambio di battute, si alzò. “Forse è meglio se vi lascio sole…” Narcissa sorrise ancora.
Merlino, non l’aveva mai vista sorridere così spesso, se non quando parlava di suo figlio o lo guardava. “Veramente ero venuta a cercare te” disse.
La Serpeverde si risedette. “Me? E perché?”
Per Salazar, cosa voleva Narcissa da lei? Era per la storia del piano di sua madre? Era perché aveva fatto finta di voler stare con Draco?
“Beh…” iniziò, ma sembrava un po’ tentennante. Ed era la prima volta che le succedeva. “Ho parlato con William White, il consulente che ti ho consigliato l’estate scorsa…” si interruppe e prese un sorso di tè. “Io lo so che non sono affari miei, ma… chi ti dice cosa scrivere a William per investire i soldi?”
Pansy spalancò gli occhi. Ma che razza di domanda era? “Nessuno mi dice cosa scrivere”, iniziò un po’ confusa dalla domanda “perché?”
“Perché sembra che tu riesca sempre a fare dei buoni investimenti. William dice che…” Lanciò un’occhiata alla riccia e poi ritornò a guardare la Serpeverde. “Quando ha iniziato a seguire i tuoi conti non avevi niente, mentre ora hai una delle camere blindate più sicure alla Gringott, e sono passati solo pochi mesi” spiegò.

 

Hermione si voltò verso la Serpeverde “Cosa vuol dire che non avevi niente?”
La Parkinson si agitò sulla sedia e le rivolse uno sguardo veloce. “Mia madre ha vuotato la camera alla Gringott, quando Voldemort ha avuto bisogno. Lei doveva mostrargli più fedeltà degli altri perché la prima volta che lui era salito al potere mio padre non aveva voluto unirsi a lui”, poi si rivolse ancora a Narcissa. “E quindi? Qual è il problema?”
Narcissa la guardò fissa negli occhi. “Nessuno crede che tu possa averlo fatto da sola. Pensano che tu sia in contatto con qualcuno. Qualcuno che sta ad… Azkaban”

 

Pansy si alzò di nuovo e appoggiò le mani sul tavolino. “Voi non credete che l’abbia fatto da sola? Credete che ci sia mia madre dietro? Davvero? Beh, sapete una cosa? Non mi interessa” disse. Si sentiva un po’ agitata.
“Calmati e siediti” le ordinò e Pansy sbuffò e si risedette.
“L’unica cosa che sapeva riconoscere mia madre era un vestito di alta moda da uno contraffatto. Non ci capiva niente di transazioni bancarie. E poi ci appoggiamo alla borsa babbana. Lei non lo avrebbe mai accettato”. Stava quasi parlando da sola.
“A me non interessa chi c’è dietro. William passa le informazioni anche a me, abbiamo fatto i tuoi stessi investimenti e ci va bene. Il problema è un altro. Comunicare con Azkaban senza passare dal ministero è un reato, volevo solo dirti di stare attenta. Potrebbero anche venire a prenderti per interrogarti. Ma se dici che non hai avuto contatti…”
“Ho detto di averlo fatto da sola perché è quello che ho fatto. Posso dirlo a chi volete anche a Shacklebolt in persona, se lo volesse sapere. Non ho niente da nascondere” disse, alla fine, con più sicurezza di quella che sentiva veramente: non le piaceva il Ministero e sperava di averci a che fare il meno possibile.
Vide Narcissa annuire. “Bene. Allora sei a posto. E anche noi. So che il ministero ha tenuto sotto sequestro la vostra casa più del necessario. Non hai un avvocato che si occupi di queste cose burocratiche?”
Pansy alzò le spalle e scosse la testa. Non le interessava la casa dove abitava prima. Però magari interessava a Camille. Sospirò. “Devo andare al Ministero allora? Per la storia di Azkaban?”
Narcissa scosse le spalle. “Non lo so. Ti ho solo raccontato quello che ho saputo”.

 

“Posso pensarci io” disse Hermione. Non aveva più detto niente.
La Parkinson si voltò verso di lei. “Lo posso fare da sola”.
La riccia alzò le spalle “Come vuoi” l’assecondò.

 

Narcissa guardò le due ragazze. Non avrebbe mai pensato di incontrarle insieme. E neanche di prendere il tè con loro, se è per questo. Sorseggiò ancora la bevanda e appoggiò la tazza sul piattino.
Guardò la ragazza seduta vicino a Pansy. Subito si era spaventata quando l’aveva riconosciuta: l’amica di Potter, la babbana. Si ricordò di Bellatrix. Bellatrix che la torturava. E quando le aveva scritto sul braccio quella parola. Un brivido le passò lungo la schiena. Sua sorella era fuori di testa. Quando era uscita da Azkaban sembrava che non avesse più contatto con la realtà.
E ora la ragazza stava male come stava male Draco quando Lucius l’aveva obbligato a farsi fare il marchio sul braccio. L’unica volta che aveva pregato, urlato e pianto contro il marito era stata quella volta. Non voleva che Draco diventasse come Lucius, non voleva che avesse a che fare con la magia oscura, non voleva che servisse il signore oscuro. Ma si era ritrovata circondata. Suo marito e sua sorella. Per loro era una buona idea. Un’ottima idea. E alla fine Draco aveva ceduto. Il suo Draco, il suo bambino.
Avrebbe fatto una brutta fine, se non fosse stato per Severus. E per Pansy. Sapeva come era stato quel sesto anno per Draco. Guardò la mora che fissava la tazza. Sorrise. Suo figlio era la persona più importante, lo sarebbe sempre stata.
Si rivolse all’amica di Potter. “Stai meglio cara?” Lei annuì.

 

“Lei sapeva delle crisi?” Pansy le fece la domanda quasi a tradimento.
“Sì” ripsose.
Poi si voltò verso la Granger e le chiese: “E perché le hai anche tu?”
La ragazza arrossì. “Io… ho una cicatrice sul braccio che me le provoca” spiegò. Pansy non riuscì a non lasciar cadere lo sguardo sulle sue braccia: logicamente erano coperte. Spostò altrove lo sguardo, vergognandosi di non essere riuscita a controllarsi.
“Gliel’ha fatta mia sorella Bellatrix, a casa mia, l’anno scorso”. Narcissa l’aveva guardata. Lei si voltò di nuovo verso la Grifondoro e questa annuì senza abbassare lo sguardo. Prima ancora di rendersene conto, allungò una mano verso la spalla della ragazza e gliela strinse in un gesto comprensivo. Forse era per questo che non era andata a casa Malfoy. Poi guardò ancora la madre di Draco.
“Narcissa, ma perché lei è qui? Di sicuro non è venuta per me” disse, incuriosita.
“Beh, non hai mai risposto alle mie lettere e non sei venuta a Natale. Volevo solo avvertirti…”
Pansy fece un sorriso di circostanza. “Non è venuta per me” disse, più sicura. Poi si girò verso la Granger e le fece un cenno con gli occhi. Tornò a guardare Narcissa. “È venuta perché Draco è andato al Ministero. Giusto?”

 

Hermione era rimasta stupefatta quando la Parkinson le aveva stretto calorosamente la spalla e si stupì anche quando aveva cercato di far dire a Narcissa perché Draco fosse andato al Ministero.
“Sì, è vero. Sono venuta per Draco, ma non l’ho trovato. Lui è…”
“Agli allenamenti di Quidditch” concluse per lei Hermione, prima di pensarci.
La strega si voltò verso di lei con uno sguardo strano. Poi guardò ancora la Parkinson. “Già. Così mi sono ritrovata da sola e ti sono venuta a cercare”.

 

Pansy sorrise ancora e prese la tazza con il tè. Si ripeté ancora che non le interessava quello che pensava lei.
“Quindi non ce l’ha con me?” Non riuscì a non chiederlo.
“No. Dovrei?”
Pansy alzò le spalle. “Pensavo che dopo aver scoperto di mia madre, dei suoi piani…”
“Tua madre non mi è mai stata particolarmente simpatica. Avevo immaginato qualcosa del genere. Draco era considerato un buon partito, in tante ci hanno provato. Ma so che tu non hai mai ingannato mio figlio. E questo è quello che conta per me.”
Pansy decise di accontentarsi di questa spiegazione e annuì. “Però adesso è venuta per sgridarlo” disse. Aveva imparato a leggere le espressioni di Narcissa già da un po’, così andò sul sicuro mentre parlava. “Per sgridarlo perché è andato al Ministero senza dirglielo” continuò. Stette attenta agli occhi e alla bocca della strega mentre lei continuava a parlare. “Perché lui…”Draco glielo aveva detto! “Vuole andare ad Azkaban; da Lucius. E vuole andarci senza di lei!”
Narcissa, che aveva imparato presto a non rivelare emozioni, non si capiva se fosse sorpresa o no, ma sicuramente Pansy ci aveva preso. Su tutto.

 

Narcissa bevve un altro sorso di tè, che ormai si era fatto freddo. Quella ragazzina era tremendamente furba. E sua madre non capiva niente. Sorrise.
“Già. Bella la maternità, vero? Ho rischiato così tanto per lui e ora, dopo che l’ho convinto ad andare a trovare il padre, vuole andarci da solo” ammise la strega.
“Prima o poi dovrà lasciarlo andare, no?” Questa volta aveva parlato l’amica di Potter; la guardò male: cosa ne sapeva lei? Sospirò.
“Lui non può andarci da solo. Ho insistito io perché ci andasse, è vero, ma non voglio che ci vada da solo. Non può farlo da solo. Non dopo tutto quello che è successo. Ha bisogno di chiarirsi con lui, ma ho paura che possa stare male, quindi vorrei che avesse vicino qualcuno che lo possa sostenere” spiegò la donna e tornò a guardare la moretta. “Potresti andare tu, con lui. E lui potrebbe venire con te quando andrai da tua madre”.
In fin dei conti Pansy era meglio di tante altre. Sembrava una buona amica. E non le sarebbe dispiaciuto neanche se si fossero sposati veramente.

 

Hermione si agitò. Non le piaceva la piega che aveva preso la discussione. Ma la Parkinson le strinse ancora la spalla.
“Non penso di essere la persona adatta, Narcissa. Ma prometto che non lo lascerò andare da solo, va bene?” E le lanciò un sorriso di nascosto. Vide Narcissa annuire.
“Io vado” disse la Grifondoro.
L’ultima cosa che voleva fare era assistere mentre la madre del suo ragazzo gli organizzava un incontro con un’altra.
“Andiamo tutte”. La Parkinson si alzò e salutò Narcissa, che le guardava stranita, le prese la mano e sgattaiolò via dalla porta prima che la strega potesse dire qualcosa.
Hemione non sapeva cosa dire: la Serpeverde stava quasi correndo. Si fermò solo dopo molti passi lungo i corridoi.
“Oh, per Salazar. Auguri, Granger, con una suocera così!” Si fermò e sospirò sollevata, come se fosse scampata a un grosso pericolo.
La riccia la guardò. “Sembra che voglia te come nuora” mormorò. Non si rese conto di averlo detto finché non lo sentì con le sue orecchie.
“Oh, vuole qualcuno facile da gestire. E io lo sono sempre stata. Ma sarà molto più divertente con te, scommetto che saprai tenerle testa meglio di me”.
Hermione la guardò incuriosita. “Ma le hai detto che andrai con Draco!”
“No. Ho detto che non lo lascerò andare da solo. Perché ci andrai tu. Io non ho nessunissima intenzione di vedere Lucius” disse.
Hermione era ancora più curiosa: aveva dosato le parole. Avrebbe dovuto imparare anche lei a farlo.
“Perché non vuoi vedere il padre di Draco?” Lei sventolò una mano per liquidare la questione.
“L’hai incontrato anche tu quell’uomo, no?” disse solamente.
“Puoi sempre accompagnarlo e aspettarlo fuori” propose la riccia.
La Parkinson sbuffò. “Oh, ma da che parte stai? Non vuoi andarci tu?”
“Lui non me l’ha chiesto…”
“Non te lo chiederà mai” ammise la mora.
“Allora non voglio andarci!”

 

Pansy sbuffò; stupido orgoglio Grifondoro.
“Ascolta. Non andrete da nessuna parte così. Ogni tanto bisogna cedere, no?” disse.
“Ma non posso dirgli che so cosa vuole fare!” esclamò la Granger.
“Perché no? Ce l’ha detto Narcissa.”
“Ma io l’ho visto al Ministero…” La Serpeverde sbuffò ancora.
“Non è importante. Non devi dirgli che l’hai visto. Quando finirà l’allenamento, Narcissa gli dirà che ha parlato con noi, quindi lui saprà che tu sai. Partite da lì” spiegò.
Vide la Grifondoro intristirsi. “Gli dirà che ha parlato con te e una tua amica e lui penserà che l’abbia detto alla Bulstrude”.
Pansy scoppiò a ridere. “È abbastanza stronza da farglielo credere”, poi si guardò intorno. Erano in mezzo al corridoio. “Vuoi venire nei sotterranei?”

 

Hermione spalancò gli occhi. La Parkinson la stava invitando in camera sua? Assolutamente no.
“Perché non vieni tu nella torre?” Vide la Serpeverde tentennare. Era ora di una piccola rivincita. “O hai paura di incontrare Ron?”
“Io non ho paura di nessuno” esordì, forse un po’ troppo velocemente.
Hermione sorrise. “Perfetto. Andiamo, allora” disse, voltandosi, ma la mora rimase ferma.
“Ok, è vero, non voglio incontrarlo.”
Lo disse così piano che Hermione non fu sicura di aver sentito giusto. “Perché?” le chiese, allora tornando vicino.
“Perché vuole che vada a Hogsmeade con lui, sabato.”

 

“Mi sembra veramente un ottimo motivo per evitarlo. Dovrebbe finire ad Azkaban per questo”. La Granger era ironica, adesso. Pansy sbuffò sorridendo. Poi la Grifondoro si avvicinò. “Perché non vuoi andare a Hogsmeade con lui?”
“Perché è un appuntamento!” esclamò Pansy.
Ma lei non capiva. “E quindi?” chiese infatti.
Non potevano uscire per un appuntamento. Già era stato disastroso quando erano andati sulla torre di astronomia. Lei aveva parlato troppo e gli aveva fatto vedere la foto di suo padre. Era sempre più difficile, non riusciva più a dirgli di no. L’unica era evitarlo.
“Non sono brava con gli appuntamenti” spiegò.
“Non penso sia un grosso problema, penso che neanche lui lo sia” le rispose la riccia.

 

Ma la Parkinson non era ancora convinta. La vide tentennare ancora. Qual era il problema di quella ragazza? Lei non vedeva l’ora che arrivasse sabato per andare a Hogsmeade con Draco. Sorrise ancora all’idea.
“Io… non vado bene per lui” mormorò la ragazza mora, guardandosi intorno.
Hermione tornò al presente. Cosa aveva detto? “Come dici?”
“Se uscissimo insieme, sotto gli occhi di tutti, la cosa diventerebbe seria. Seria davvero. Non andrebbe bene” spiegò.
“E perché non andrebbe bene?”
Lei la guardò negli occhi. “Perché siamo diversi, troppo diversi”.
Hermione sbatté gli occhi. A cosa si riferiva? Intendeva che Ron non era abbastanza per lei? Si stava per arrabbiare, quando vide un’emozione strana negli occhi della Serpeverde. Si ricordò del discorso di Luna, quello sulle persone cattive.
“Pensi di non meritartelo?” domandò, stupita.
La Parkinson abbassò gli occhi. "Sono la figlia di una mangiamorte” sussurrò.
“Io so che non è importante quello che si è, ma quello che si fa” disse.
“Sì, ho già sentito questa frase. Ma io ho fatto brutte cose. Molte dovresti ricordartele anche tu. Vado a fumare, Granger. Ci vediamo in giro.”
La Parkinson cercò di liquidarla. Cosa voleva dire che aveva già sentito la frase? “Le hai fatte tu o te le hanno fatte fare?” le chiese, alzando un po’ la voce.
La mora, che se ne stava andando, si girò e disse allargando le braccia: “E che differenza fa?”
Hermione guardò la ragazza andare via e non disse niente.

 

***

 

Ginny chiese a Harry se si fosse annoiato appena rimasero soli. Il pomeriggio era stato fantastico. Aveva mangiato poco per il nervosismo e per non appesantirsi, poi aveva rintracciato Harry e insieme avevano camminato fino all’ufficio postale di Hogsmeade, dove un signore con la barba bianca molto gentile li aveva accolti e lasciato che si smaterializzassero in Galles.
Harry le sorrise. “Assolutamente no. Mi è piaciuto tantissimo. E anche conoscere Gwenog Jones!” Si toccò la tasca interna del mantello dove aveva messo le due figurine delle cioccorane autografate dalla giocatrice (una era per Ron).
Anche Ginny sorrise. Aveva paura che rimanere seduto a guardare sarebbe stato noioso e invece lui era stato carino. Carino e gentile, come sempre. Sospirò. Si smaterializzarono all’ufficio postale e si fecero vedere dal signore con la barba bianca che sorrise loro amichevolmente.
Uscirono dall’ufficio postale e si incamminarono verso la scuola. C’era freddissimo. Molto più che in Galles. Camminarono vicini senza dire niente. Ginny era stanca ma soddisfatta.
“Ti ricordi di un tipo di nome Derrick, Peregrine Derrick? Un Serpeverde che giocava a Quiddicth?”
Il viso di Harry si piegò in una smorfia. “Sì. Un battitore. Perché?”
Lei alzò una spalla. “Oggi ho diviso il calderone con suo fratello. Non mi ricordavo di Peregrine, ma Mike diceva che tu te lo saresti ricordato di sicuro” spiegò.

 

Harry si fece più attento. Chi era Mike? E perché Ginny era finita con un Serpeverde? Un maschio, poi? La guardò di sottecchi, ma lei sorrideva senza dire niente.
“Derrick e l’altro battitore avevano colpito Baston a tradimento. Si sono beccati un rigore” spiegò.
“Ecco perché era così sicuro che te lo saresti ricordato!” esclamò lei.
E cos’altro si erano detti? “E cos’altro vi siete detti?” si informò infatti.
“Oh, abbiamo fatto uno scherzo a Harper. Ti ricordi di Harper? Il cercatore al posto di Malfoy?” Harry annuì e lei andò avanti: “Quell’idiota ha detto una cavolata perché non avevo scelto lui e Mike è riuscito a fargli prendere un brutto voto” esclamò contenta; adesso rideva. Troppo.
Harry era gelosissimo. Se avesse avuto quel tale Mike fra le mani in quel momento, non sapeva cosa gli avrebbe fatto. Cercò di rilassarsi e rimanere calmo. “E la vostra pozione com’è andata?”

 

Lei si voltò verso di lui. “Oh, non è stata la pozione meglio riuscita, ma mi sono divertita”. Almeno Derrick era riuscito a distrarla dal pensiero dell’allenamento. Le due ore erano volate.
“Dovresti sceglierlo anche la prossima volta, allora” disse nervosamente. Lei alzò le spalle.
“Magari lo farò. Devo conoscerlo meglio” disse e non si accorse che Harry si era irrigidito.
“Come mai?” chiese lui.
Ginny sorrise ancora. “Sarebbe perfetto per Luna!”

 

Harry guardò in direzione della ragazza. “Luna?”
“Sì. Trovo starebbero bene insieme. Devo riuscire a farli uscire” spiegò.
Lui si rilassò davvero. Luna, certo; Luna poteva uscire con chi voleva. Anche con Mike. Annuì. Si avvicinò e le prese la mano guantata senza dire niente. Lei ricambiò la stretta e gli lanciò un sorriso dal basso.
Quando arrivarono nel cortile della scuola, Harry si fermò e le tirò il braccio per farla girare. “Andiamo a Hogsmeade insieme, sabato. Solo io e te. Andiamo da Mielandia, al parco o alla stazione. Dove vuoi tu. Ma andiamoci insieme”. Harry aveva parlato con tono basso ma fermo.
Lei sorrise e annuì. “Scusa se l’altra volta ho reagito così, io non…” Harry non voleva sentire altro. Fece un passo e la strinse fra le braccia prima di chinarsi sulle sue labbra. Era tutto il giorno che voleva farlo.
“È ora di rientrare.”
Gazza, sul portone della scuola, li guardava con il suo sguardo vacuo. Harry vide Ginny annuire e tirarlo per la mano per entrare al castello. Salirono ridendo le scale e attraversarono i corridoi. Sarebbe stata ora di cena fra non molto. Davanti al quadro della signora grassa, la ragazza gli diede un bacio e disse: “Vado a far la doccia, ci vediamo a cena?”
Lui annuì senza dire niente. Riuscì a baciarla un’altra volta e poi entrarono dal ritratto. Ginny scappò verso la scala a chiocciola del dormitorio femminile e Harry si diresse verso le camere dei ragazzi sorridendo.

 

***

 

Prima di cena Draco si incamminò verso il settimo piano. Sorrise del fatto che Hermione gli avesse mandato un gufo di pergamena per chiedergli di incontrarlo e avrebbero potuto avere la stanza delle necessità tutta per loro, se non era già arrivato qualcun altro.
Nel pomeriggio Draco aveva incontrato sua madre e lei gli aveva detto di aver incontrato Pansy e di aver fatto un’interessante chiacchierata. Poi sarebbe andato a chiederle di cosa avessero parlato; sua madre non glielo aveva detto.
Ma aveva ricevuto una bella strigliata da parte sua per il fatto di non averle detto che era andato al Ministero. Si era arrabbiata tantissimo. Pensava che lui sarebbe andato ad Azkaban con lei. Certo. Come no: mamma e papà insieme nella stessa stanza.
Non aveva ancora deciso se andare da suo padre o no. Ma avrebbe deciso lui se, quando e con chi. Su questo era stato irremovibile. Per fortuna sua madre aveva capito. Alla fine gli aveva dato un freddo bacio sulla guancia e in silenzio lui l’aveva accompagnata all’ingresso della scuola.
Poi, prima di andare via, lei gli aveva detto: “Sai chi altri ho incontrato? La babbana amica di Potter. Te la ricordi? Quella che hanno portato al Manor Greyback e i suoi scagnozzi”. Draco si era irrigidito. E aveva visto sua madre sorridere. Non il solito sorriso. Il sorriso che riservava a lui. “Avevo immaginato qualcosa del genere. Stai attento, Draco”, ed era uscita dal portone.
L’aveva guardata finché non era uscita dalla proprietà di Hogwarts e l’aveva vista smaterializzarsi. Aveva capito? E cosa aveva capito? E a cosa doveva stare attento?
Hermione lo aspettava al settimo piano. Quando lo vide arrivare gli sorrise. “Ciao”.
“Ciao, piccola” rispose lui. Si chinò a baciarla prima di aprire la porta della stanza delle necessità.
Sorrise guardando la stanza. Le prese la mano e la trascinò dentro. Lei si sedette sul letto senza guardarlo. Sembrava nervosa. “È successo qualcosa?”
“Oggi ho visto tua madre” esordì la riccia. Draco smise di sorridere: pensava che Hermione non l’avesse vista.
“Oh, davvero?” Non le disse che Narcissa l’aveva riconosciuta.
“Lei… non ti ha detto niente?” gli chiese la ragazza.

 

Hermione non sapeva come affrontare l’argomento. Sapeva che Narcissa l’aveva riconosciuta. Ma cosa aveva detto a Draco? Adesso le venne qualche dubbio. Vide il ragazzo corrugare la fronte.
“Cosa doveva dirmi?” le chiese, con la fronte corrugata.
Sospirò.

 

Draco guardava Hermione senza capire bene la situazione. Cosa doveva dirgli sua madre?
“Ti ha sgridato per qualcosa che hai fatto?” continuò lei. Draco si sentì arrossire. Si sentiva un bambino, un bambino di cinque anni.
“No” mentì Ma non riuscì a guardarla e dovette spostare lo sguardo. Come faceva lei a saperlo? Era impossibile che li avesse visti. Quando aveva accompagnato sua madre fuori dal castello, dopo la loro discussione, non avevano incontrato nessuno. E nessuno poteva averli sentiti litigare su suo padre. Sua madre aveva insonorizzato la stanza, da brava purosangue aveva imparato come non far sapere in giro i fatti loro.

 

Le stava mentendo! Draco le stava mentendo! “No?” gli chiese, anche se sapeva già la risposta corretta.
“No. Per cosa doveva sgridarmi?” Ora lui la stava guardando negli occhi. Quante altre volte lo aveva fatto? Su quante cose aveva mentito? E a quante cose lei aveva creduto? Le si informicolarono le braccia. Merlino, Merlino, Merlino. Non adesso.
“Forse perché sei andato al Ministero senza dirglielo?”
La faccia del biondo ora era impagabile.

 

Draco spalancò occhi e bocca. Come faceva a saperlo lei?
“Come fai a sapere che sono andato al Ministero?”
Poi si ricordò: la piccola Weasley. Lei gli aveva detto che qualcuno lo aveva visto. E quel qualcuno lo aveva detto a Hermione. Santo Salazar! Lei aveva salvato il mondo magico, probabilmente si scriveva tutti i giorni con il Ministro o cose così. Avrebbe dovuto pensarci.
“Perché non mi hai detto che ci andavi?” gli chiese. Il suo sguardo era deluso. Deluso e arrabbiato. La sua voce si era incrinata. Lui sospirò.
“È una cosa mia.”

 

Hermione riconobbe le sue stesse parole. Anche lei non gli aveva detto del C.R.E.P.A. ma il gesto di lui le sembrava meno innocente del suo.
“Immagino che tu abbia ragione” disse.
Si alzò e fece per uscire dalla porta quando lui la bloccò per un braccio. “Dove vai?”
“In dormitorio.”

 


“Aspetta” disse Draco, fermandola mentre andava via.
Forse poteva dirle perché era andato al Ministero. Lei avrebbe capito e lo avrebbe lasciato stare.
“Ok. Sì, sono andato al Ministero. E mia madre mi ha sgridato” confessò. Anche se ancora non sapeva come facesse a saperlo lei.
“E perché ti ha sgridato?” gli chiese.
“Perché l’ho fatto di nascosto.”
“L’hai tenuto nascosto anche a me. Dovrei sgridarti?”
Lui ghignò. “Vuoi sculacciarmi?”
Ma lei non aveva voglia di scherzare. “Perché non mi hai detto che volevi andare ad Azkaban?” sbottò.

 

Hermione si era spazientita quando lui aveva tentato di fare lo stupido. Non era il momento. Lo vide diventare di ghiaccio.
“Come fai a sapere che voglio andare ad Azkaban? Non può avertelo detto nessuno al Ministero. Il segreto professionale…”
Adesso la riccia era nervosissima. “Ma quale segreto professionale! Ce l’ha detto tua madre!”
La faccia di Draco era sempre più pallida e rigida. Aveva l’impressione che potesse sgretolarsi da un momento all’altro.

 

“Mia madre?” Draco era sempre più stupito.
Sua madre non gli aveva detto di aver parlato con Hermione, ma solo di aver parlato con… “Pansy! Te l’ha detto Pansy?” Vide la riccia sbuffare e i suoi capelli agitarsi insieme a lei.
“Eravamo insieme quando tua madre ce l’ha detto” spiegò, lentamente come se fosse stupido.
“Mia madre non avrebbe mai detto una cosa così personale a…” si interruppe da solo prima di finire la frase.
“A me?” concluse Hermione. “Hai ragione. Probabilmente non ce lo avrebbe detto, se la Parkinson non l’avesse indovinato per prima. E purtroppo per voi, c’ero anch’io”.
Draco corrugò la fronte Quindi sua madre aveva parlato con tutte e due? E perché non glielo aveva detto? “Eravate insieme?” chiese sempre più incuriosito. “Mia madre mi ha detto di aver incontrato solo Pansy”.
Hermione alzò un sopracciglio in maniera perfetta. “Perché non sono stupita? Tua madre ha una mente contorta!” Lui alzò una spalla.
“Viveva con mio padre.”
 Lo disse come se fosse una spiegazione plausibile.

 

Il suo sguardo era rassegnato, come se fosse una cosa normale. Hermione alzò le spalle, accettando la sconfitta. “Ma sai che cosa? Non mi interessa. Vai da tuo padre. Vacci da solo. Vacci con la Parkinson. Portati un boccetto di pozione della pace. Bello pieno. Per quando starai male, e SE starai male. Non sono fatti miei”.
Si alzò e questa volta riuscì ad aprire la porta e uscire in corridoio. “Aspetta! Hermione, ma cosa…” Lui l’aveva seguita.
Hermione si voltò verso il Serpeverde e, tirando fuori la bacchetta, lo fece fermare sul posto. “Non ti muovere. È una cosa tua. Hai ragione. Tua madre non me l’avrebbe mai detto. Hai ragione anche su questo. Ma pensavo che me l’avresti detto tu. Ho sbagliato io. Pensavo che fidarmi di te sarebbe stata la cosa migliore. Mi sbagliavo ancora. Mi ero illusa che… Mi ero illusa” concluse tristemente.
Si allontanò all’indietro, ancora con la bacchetta puntata, finché non girò l’angolo.

 

Draco non le corse dietro. Non questa volta. La guardò andare via.

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