Camminava lentamente, cercando di imitare il suo passo, la sua falcata, il modo in cui ondeggiava le braccia. Si leccò lentamente le labbra guardandosi attorno, eccolo. Un ciuffo di fili porpora, di velluto. Si piegò sulle ginocchia incrociando gli occhi per guardare quei piccoli fili impigliati fra i rovi. Era Uncino, lo sapeva, nessuno sano di mente sarebbe andato in giro vestito di velluto.
Schioccò la lingua e si diede una spinta con le ginocchia volando sopra le fronde fitte degli alberi.
Il cielo era azzurro, terso, il mare calmo sciabordava nella baia sospinto dalla corrente, gli uccelli cantavano fra i rami, le rane gracidavano nei laghetti. La cascata cadeva verso il vuoto con il suo assordante frastuono. Tornò a terra procedendo verso la laguna.
Cosa stava architettando il Capitano? C'entravano le sirene? Già una volta ne aveva rapita una, ma lui e gli altri l'avevano liberata senza troppi problemi, come sempre. Era matematico, come che il cielo fosse azzurro, i fiori sbocciati e l'odore della salsedine violento nei polmoni.
Con una mano spostò una felce. A meno di dieci passi più in là, con il suo cappello pomposo ed i suoi vestiti ridicoli c'era Capitan Uncino. Nascosto nell'ombra delle fronde osservava le sirene come uno spettatore aspetta che la farsa abbia inizio. Peter si accucciò in un cespuglio stringendo il berretto fra le dita. Lo guardò giocare con gli anelli che portava nella sua unica mano, quella che ancora gli restava.
Si alzò di scatto, non preoccupandosi del rumore, ma il pirata non si mosse lo stesso.