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Autore: Civaghina    21/07/2018    0 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Dopo la nascita del Leoncino, Leo e Cris sono rimasti per qualche mese sull'isola, vivendo dei giorni da sogno; è giunta però l'ora di ritornare in città, anche se Leo non ne è per niente entusiasta e vorrebbe rimandare ancora: il ritorno alla realtà, così diversa da quella che aveva lasciato, adesso che si ritrova guarito e padre, lo spaventa molto, e ancor di più l'eventualità che la Bestia possa tornare.


Domenica, 13 settembre 2015

Sono passate da poco le quattro di notte, quando Cris si sveglia, stupita dal fatto che Nic non abbia ancora reclamato la sua poppata: solitamente è molto puntuale e insistente nelle sue richieste, almeno quanto suo padre; si accorge subito che né l'uno né l'altro sono a letto, e sa, senza ombra di dubbio, dove trovarli: Leo va sempre sul terrazzo quando fa fatica a dormire, e ultimamente è successo spesso; Cris si alza, prende il cardigan dalla sedia, e lo indossa mentre sale le scale che conducono alla porta del terrazzo che, come volevasi dimostrare, è aperta.

Ed eccolo lì, il suo Leo.

Il suo Leo dal sorriso micidiale e dalle spalle larghe.

Il suo Leo dalle mani grandi che sanno accarezzarla con tanta delicatezza e toccarla con tanta passione.

Il suo Leo dai capelli neri, “come la criniera di un corvo”, che sta lasciando crescere a oltranza.

Il suo Leo dagli occhi verdi e profondi, dove a volte si agita il mare in tempesta.

Il suo Leo dalle braccia forti, che sta cullando con infinita dolcezza il loro bambino.

Il suo Leo che si porta dentro vecchi fantasmi con cui ogni tanto gli tocca combattere.

E a quanto pare, stanotte, tra lui e i suoi fantasmi è guerra aperta.

Ehi...” sorride lui quando si accorge del suo arrivo.

Non hai freddo?” gli domanda Cris accarezzandogli le braccia, lasciate scoperte dalla canotta.

No, sto bene”; ed effettivamente la sua pelle è calda come sempre. Nic, invece, è ben avvolto nella copertina con le stelline che gli ha regalato Carola, firmata anche quella come tutti i vestitini costosi che si ostina a comprargli e che tanto tra un po' non gli entreranno già più, e ha gli occhi bene aperti. “Nic non riusciva a dormire e così siamo venuti qui.”

Non l'ho sentito piangere...” dice lei con un sorriso dolce, ben consapevole che non era di certo Nic, quello che non riusciva a dormire.

Non ha pianto, infatti. Mi sono alzato per bere e ho visto che era sveglio e che si agitava, così l'ho preso e ho provato a farlo addormentare, ma ho finito tutto il repertorio di ninna nanne e di storie sui Braccialetti.”

Credo abbia fame” sorride Cris tendendo le braccia per prenderlo.

Ma di solito quando ha fame urla da matti!”

Lo sai che stare in braccio a te lo fa stare tranquillo” gli dice accarezzandogli il viso, mentre con l'altro braccio tiene Nic; va poi a sedersi sulla sedia a dondolo, si scopre un seno, e un attimo dopo Nic si è già attaccato.

Leo si lascia cadere sospirando sulla sdraio accanto a lei e incrocia le mani dietro la testa; per qualche minuto il silenzio è interrotto solo da Nic che succhia avidamente, e dal suono della sirena di qualche barca in lontananza, poi Leo sospira di nuovo e si decide a parlare: “Perché non rimandiamo ancora?”

Perché lo abbiamo già fatto due volte”; dovevano rientrare a Brindisi già a metà agosto, poi hanno rimandato fino ai primi di settembre, e poi ancora fino ad oggi: ma ormai le valigie sono tutte pronte e tra poche ore li attende il traghetto.

Non c'è due senza tre, no?! È tutto così perfetto qui!”

Sì, è perfetto...” annuisce lei allungando una mano per accarezzargli i capelli. “Ma non possiamo rimandare ancora.”

Ma perché?!” esclama lui mettendosi seduto di scatto.

Lo sai benissimo perché. Io devo sbrigare le pratiche per l'università, Nic deve fare il vaccino, arriva la macchina, tu hai gli esami di scuola guida...”; Cris fa una breve pausa, chiedendosi se sia il caso o meno di toccare quell'argomento che Leo evita volutamente tutte le volte, ma poi decide di non evitarlo, anche perché lo sa benissimo che è il motivo principale per cui lui non riesce più a dormire bene, negli ultimi tempi. “E quelli per la patente non sono gli unici esami che dovresti fare”; Leo doveva presentarsi in ospedale per i controlli dopo tre mesi, ma ne sono già passati quattro, e l'altro giorno la Lisandri le ha pure scritto un messaggio, chiedendole se le toccasse venire fin sull'isola a prenderlo per i capelli, dato che adesso ha di nuovo la sua bella chioma; ha scritto a lei, e non a lui, per evitare di ottenere l'effetto contrario, e a Cris è venuto da sorridere, però è preoccupata, anche se cerca di non stargli troppo addosso, sperando che un giorno di questi lui si decida.

Lo so, lo so!” sbuffa lui sdraiandosi di nuovo.

Continuando a rimandare stai solo peggio, perché ti tormenti.”

So anche questo!” ribatte Leo con tono scontroso. “So tutto!”.

Certo, come al solito lui sa tutto e, come al solito, non ammetterebbe mai che ha paura. Cris resta per un attimo in silenzio, per scegliere bene le parole: “Posso venire con te. Vedrai che mi lasciano pure entrare.”

Non sono mica un bambino!” risponde lui infastidito. “Li ho sempre fatti da solo gli esami, pure quando avevo sedici anni! Figuriamoci! Non è certo questo il problema!”; come volevasi dimostrare, ha dovuto atteggiarsi ancora una volta al duro della situazione, però, senza volere, si è lasciato scappare che un problema c'è.

E allora andremo insieme a ritirare i referti” sospira lei. “Se è questo, il problema”; Leo non risponde, chiaro segno che lei ha centrato il punto. “Lo so che ti fa paura tornare in ospedale e rivivere certe cose. Ho paura anch'io. Ma affronteremo tutto insieme, come sempre”; lui deglutisce e piega le labbra, evitando volutamente il suo sguardo. “Non dimenticarti che adesso hai un motivo in più, per prenderti cura di te”.

Leo si volta a guardarla: gli sta rivolgendo uno dei sorrisi più dolci di sempre e sta accarezzando i capelli a Nic, che ancora succhia beato il suo latte, anche se più lentamente rispetto a prima; davanti a tanta bellezza, lui non può che annuire accennando un sorriso.

Restano in silenzio, ormai quasi assoluto perché Nic ha smesso di succhiare e si è addormentato; Leo sembra essersi rassegnato al fatto che ormai sia ora di tornare in città, e ci sono buone speranze che non trascorra tutto il viaggio di ritorno di pessimo umore.

Hai avvisato tuo padre che arriviamo verso le quattro?”. Leo non risponde, e Cris si accorge che si è addormentato anche lui; gli sposta un ciuffo di capelli dalla fronte, e poi passa lo sguardo da uno all'altro, incantata: davvero non saprebbe dire chi dei due sia il più bello. Rimane a guardarli, aspettando che Leo si svegli per andare a letto, ma lui dorme profondamente, dopo tanti giorni, e lei non se la sente proprio di svegliarlo; porta Nic nella culla, prende il baby monitor e un paio di coperte, e poi torna su in terrazzo, dove Leo sta ancora dormendo con un'espressione beata; lo copre, mette un'altra sdraio vicina a lui e gli si stende accanto; lo guarda un'ultima volta, guarda attraverso il monitor un'ultima volta anche Nic che dorme con la stessa, identica, espressione beata di suo padre, poi si copre e chiude gli occhi anche lei.

Leo ha ragione: qui è tutto perfetto, ma lei è sicura che sarà tutto perfetto anche , nella vita che li attende da domani, nella nuova casa.

La casa sul porto.

La loro casa.


Il traghetto lascia velocemente il porto (o forse che vada velocemente è solo una mia percezione), e ben presto Bianca diventa un puntino minuscolo; è già passato un anno da quando ci ha salutati sorridendo da quella stessa banchina, sicura che ci saremmo rivisti presto, mentre io non ne ero poi così convinto; stavolta è da sola perché i bambini sono già rientrati in città per l'imminente inizio della scuola, e noi invece siamo in tre. Chi lo avrebbe mai detto, un anno fa, quando pensavo che i miei giorni fossero contati?

Più ci allontaniamo dal porto, più il mio umore peggiora: vorrei tornare indietro, non lasciare l'isola, non lasciare la Casa del Faro, prolungare ancora questi ultimi quattro mesi da sogno. Non sono pronto a tornare alla realtà, alla “vita vera”, anche perché sarà molto diversa da quella che ho lasciato quell'11 maggio, andando via dall'ospedale: nel giro di poche ore mi sono ritrovato guarito e padre, e non credo di averle ancora metabolizzate come si deve, queste due cose. Cosa farò una volta tornato in città? Con solo il diploma del liceo, e senza una gamba, non è che avrò chissà quali occasioni lavorative, e a fare richiesta per l'invalidità civile non ci penso proprio! Non mi sono mai sentito un invalido e mai mi ci sentirò! Devo trovarmi un lavoro, ma non so nemmeno cosa voglio fare “da grande”, non ci ho mai pensato, ero troppo impegnato a sopravvivere, a diventarci, “grande”; e adesso che mi ci sono ritrovato, così da un giorno all'altro, brancolo nel buio.

Per fortuna Cris ha ottenuto la borsa di studio per l'università, e per fortuna non avremo un affitto da pagare, dato che papà non vuole niente, ma comunque ci sono tutte le altre spese, tra cui mantenere Nic e la macchina fatta apposta per me che il Generale mi ha generosamente regalato (non riesco proprio ad abituarmi all'idea di chiamarlo nonno). Riceviamo aiuti praticamente da tutte le parti: le zie ricoprono Nic di ogni sorta di cosa utile (Asia) e superflua (Carola), e anche gli zii Braccialetti non scherzano; papà ci aiuta in ogni modo, e Carola ogni tanto passa sottobanco a Cris i soldi che le danno i suoi; il Generale mi ha fatto aprire un conto corrente bancario, e ogni mese mi fa un bonifico. Abbiamo le spalle ben coperte, insomma, ma in questa situazione io mi sento a disagio: vorrei mantenerla io la mia famiglia, e a volte faccio l'orgoglioso e rifiuto qualcosa. Lo so che è una situazione momentanea, me lo ripetono tutti, ma a me dà fastidio lo stesso, e adesso che torniamo in città vorrei darmi da fare, certo, ma non so proprio da dove cominciare.

E poi c'è la faccenda degli esami trimestrali, che avrei dovuto fare già un mese fa, e che contino a rimandare; lo so che non dovrei, ma la sola idea di rimettere piede in una sala prelievi o in una sala tac mi fa venire il vomito, e peggio ancora l'idea di ritrovarmi nello studio della Lisandri, davanti alla sua scrivania, con i referti chiusi nella mia enorme cartella clinica. E se Cris viene con me è pure peggio: se tutto dovesse crollare un'altra volta, non sopporterei di vedere l'angoscia sul suo viso, amplificata dalla mia, nel momento esatto in cui avviene la catastrofe. Lo so che mi sto comportando da stupido, da incosciente e da irresponsabile; da vigliacco, mi dice una voce nella mia testa, che cerco di ignorare, così come cerco di ignorare i mal di testa fortissimi che mi vengono ogni tanto, specie quando cambia il tempo. La Lisandri me li aveva preannunciati, dopo l'intervento, dicendo che me li sarei trascinati dietro per un sacco di tempo, anni probabilmente, è che è normale dopo un'operazione come la mia, eppure vado lo stesso nel panico e mando subito giù un antidolorifico per dimenticarmene il prima possibile, per non pensare che potrebbero essere il sintomo di qualcos'altro.

Ehi... tutto bene?” mi domanda Cris toccandomi un braccio.

Eh...?” le chiedo, ancora sovrappensiero, girandomi verso di lei.

Tutto bene?”

Ah, sì sì” annuisco sorridendo. “Dorme” dico alludendo a Nic, che se ne sta tranquillo dentro al marsupio, appoggiato con la testa contro il mio petto: pare che il battito del mio cuore lo rilassi quasi quanto il seno di Cris, e ama addormentarsi così, fin dal giorno in cui è nato; quel giorno, quando nel tardo pomeriggio tutti erano andati via ed eravamo rimasti finalmente soli, Cris si era addormentata, esausta, ma lui era ancora sveglio, così io lo avevo preso, ero andato a sdraiarmi sul divano, e me l'ero appoggiato sul petto nudo; dopo pochi minuti dormiva già, ed io ero rimasto fermo, a sentire il suo respiro leggero contro di me, a meravigliarmi di come la mia vita fosse cambiata nel giro di poche ore: un momento prima ero sul terrazzo dell'ospedale a giocare a basket, e un momento dopo ero in viaggio, “ufficialmente guarito” per andare da Cris che stava “mettendo al mondo mio figlio”. Mi è dispiaciuto molto essermi perso la sua nascita, però è stato comunque bellissimo trovarlo lì ad attendermi, insieme a Cris; ero così incredulo da non riuscire a metabolizzare bene le mie emozioni, ma poi quel pomeriggio, con Nic addormentato sul mio petto, avevo realizzato ed ero scoppiato a piangere, temendo di svegliarlo, ma lui non ne era stato minimamente turbato.

Io intendevo...”; Cris sospira, resta con una mano ferma a mezz'aria, scuote la testa. “Niente, lasciamo stare!”; sembra un po' risentita; lo so che vorrebbe che mi aprissi con lei, ma non mi va, preferisco tenere per me i miei pensieri.

Che dici...” le dico circondandole le spalle con un braccio e facendo un sorriso malizioso. “Perché non molliamo Nic a un'hostess e ci infiliamo da qualche parte?”

Ma dici sul serio?!” esclama lei ridendo, stando al mio gioco.

Io dico che là nessuno ci disturba... vieni con me!” la prendo per mano e vado nella parte alta della coperta, che è vuota, proprio come l'anno scorso. Ridiamo come due scemi salendo le scale e percorrendo il corridoio, e poi ci accomodiamo su due poltrone.

Mi mette un po' a disagio stare qui” dice lei sorridendo. “Se penso all'anno scorso...!”

Tranquilla, faccio il bravo.”

E vorrei vedere!”; lei ride e si china a dare un bacio sulla testa a Nic.

Quando arriviamo a casa però non garantisco.”

Quando arriviamo a casa c'è tuo padre che ci aspetta.”

A un certo punto andrà via” ribatto avvicinandomi a lei e cominciando a baciarle il viso.

Lei sorride e si gira a cercare le mie labbra per baciarmi: “Speriamo presto, allora”.


Faccio appena in tempo ad aprire il portone di casa e ad entrare nell'atrio, che sento qualcuno scendere le scale a precipizio, e senza quasi rendermene conto mi ritrovo Asia tra le braccia.

Ehi!” esclamo lasciando cadere la valigia.

Mi sei mancato fratellone!” mi dice lei stringendomi forte mentre io la sollevo da terra. “Ma guarda che capelli lunghi!”

E tu quando sei arrivata?!” le chiedo sorpreso, riempiendola di baci.

L'altro ieri!”

Ma credevo che saresti venuta ad ottobre!”

Sì, ma quando ho saputo che sareste rientrati oggi, non ce l'ho fatta più ad aspettare e ho prenotato l'aereo!”

Apposta per me quindi?!”

Apposta per voi!” esclama staccandosi dall'abbraccio. “Dov'è?!”

L'ho lasciato sull'isola.”

Dai!” ride lei dandomi un colpo su un braccio.

Dove vuoi che sia?! Cris lo sta tirando giù dal montacarichi!”.

Lei ride ancora e poi scappa fuori: seguono urla di gioia e versi indefiniti; io mi avvio su per le scale, e subito dopo entrano Cris, con in mano un'altra valigia, e Asia, con in braccio Nic.

Asia si impossessa di Nic praticamente per tutto il pomeriggio, non lo molla un attimo, dà solo a papà il tempo di prenderlo in braccio per cinque minuti e poi se lo tiene lei per tutto il tempo, fino a quando lui non comincia a piangere perché ha fame e allora è costretta a darlo a Cris (giusto il tempo della poppata).

Forse è ora che ti fai un piscione tutto tuo!” le dico mentre la seguo in bagno: ha insistito per cambiargli lei il pannolino ed io voglio essere sicuro che ne sia capace.

E con chi lo faccio?” mi risponde lei ridendo. “Col mio capo? È l'unico uomo che frequento ultimamente: sto sempre chiusa in quello studio!”

E perché no?! È pure pieno di soldi!”

Ha l'età di papà!”

E vabbè, che sarà mai?!” rido io muovendo una mano all'indietro. “E quello da dove viene?” le chiedo indicando il fasciatoio su cui ha appoggiato Nic.

L'abbiamo comprato io e papà ieri” mi risponde lei sorridendo. “O pensavate di cambiarlo sul tavolo della cucina?”

Oh beh... grazie, allora! Ma sei sicura che sai come si fa?” le chiedo mentre spoglia Nic.

Ti dimentichi che ho fatto la baby-sitter per anni? Ho una certa esperienza.”

Ah, già! Però quello è mio figlio, eh?! Stai attenta!”. Lei apre un cassetto del fasciatoio, già pieno di roba, e ne tira fuori un pannolino della misura perfetta. Hanno pensato praticamente a tutto! Io ovviamente devo dire la mia su come lo lava, su come lo asciuga, su come gli mette la crema, su come gli chiude il pannolino, ma lei mi ignora, fa di testa sua, e alla fine fa bene, perché, tanto per cambiare, Asia riesce sempre bene in tutto quello che fa. “Dai, dallo un po' a me adesso!” le dico sorridendo a Nic, che mi sorride a sua volta, gorgogliando.

No, lasciamelo ancora!” protesta lei. “Non fare il possessivo!”

Possessivo?! Ma se ce l'hai in braccio da due ore!”

Dai, tra un po' io e papà ce ne andiamo, e torna tutto tuo!”

E vabbè!” sospiro dando un bacio sulla fronte a Nic e uscendo dal bagno.

Sei proprio innamorato, eh?!” esclama mentre vado verso la mia stanza.

Mi giro verso di lei e annuisco, accennando un sorriso: “Da morire!”.


Che cazzo è successo qui?!

La mia stanza è completamente vuota!

VUOTA!

Non ci sono più i mobili, non c'è più la mia roba, non c'è più neanche un poster.

Niente!

Solo il lampadario e i segni dello scotch che è rimasto per anni attaccato alle pareti.

Papà!” chiamo a voce alta, restando immobile sulla porta.

Che c'è?” mi chiede lui dal soggiorno.

Vieni qui! Subito!”

Che succede...?” mi domanda raggiungendomi.

Io indico con una mano la mia stanza, e faccio persino fatica a parlare, tanto sono turbato: “Che...?”

Avete detto che volete farci la stanza di Nic, no?”

Sì, ma...”

Ho pensato di alleggerirvi il lavoro. E così è già pronta da pitturare!”.

Non so se sono più arrabbiato o ferito.

Ma come cazzo si è permesso?! Chi gli ha dato il diritto di far sparire tutte le mie cose?! Ma come diamine gli è saltato in mente?!

Dove sono tutte le mie cose?!” gli chiedo deglutendo, cercando di trattenere la rabbia.

Alcune nel ripostiglio, altre in garage. I mobili li ho portati alla masseria”.

Ripostiglio e garage: ecco dove sono finite tutte le mie cose e tutti i ricordi legati ad esse.

Potevi aspettare!” gli dico con tono risentito.

Credevo di farti un piacere...”

Un piacere?! A far sparire la mia roba così, da un giorno all'altro?!”

Non l'ho fatta sparire, l'ho solo spostata.”

È lo stesso!” urlo stringendo forte i pugni. “Ma perché tutta questa fretta?!”

Non lo so, ho pensato che...”

No!” gli rispondo con rabbia scuotendo la testa. “Quando si tratta di me tu non pensi mai!”

Leo, mi dispiace se...”

Lascia stare!”; attraverso di fretta il soggiorno, dove ci sono Cris, Asia e Nic, e me ne vado sul balcone, sbattendo la porta-finestra.


Passa un po' di tempo, in cui nessuno mi viene a cercare: sanno benissimo come sono fatto e sanno che quando è così è meglio lasciarmi sbollire da solo.

Sta ormai tramontando il sole quando arriva papà: “Io e Asia stiamo per andare...”

Ok” dico restando affacciato alla ringhiera, senza voltarmi a guardarlo.

Lui viene vicino a me, e rimaniamo in silenzio a fissare il tramonto sul mare: è uno spettacolo davvero meraviglioso. “Leo, mi dispiace...” mi dice girandosi verso di me. “Davvero.”

Va bene” annuisco io in modo secco, continuando a guardare dritto davanti a me.

L'ho fatto in buona fede... Mi puoi perdonare?”.

Io mi stringo nelle spalle e continuo a non guardarlo: “Certo. Mi pare di averti perdonato cose ben peggiori”; mi pento quasi subito di ciò che ho appena detto, ma è comunque troppo tardi. Lo guardo, e stavolta è lui a guardare dritto davanti a sé, col mento che gli trema. “Quella era la mia stanza!” dico con la voce che mi trema e gli occhi che mi si riempiono di lacrime. “Hai idea di come aspettavo il giorno in cui ci sarei finalmente tornato?! Hai idea di quante sere ho sognato di poter dormire di nuovo nel mio letto, mentre me ne stavo chiuso in ospedale?!”; sto alzando la voce sempre di più, e sto piangendo, ma non riesco a controllarmi. “No! Non ce l'hai! Perché non c'eri! Non c'eri mai! Ed io aspettavo solo di guarire e di poter tornare qui! Nella mia stanza, nella mia casa!”

Lo so...” mormora lui. “Lo so anche se non c'ero. E non sai quanto era difficile per me passarci davanti tutti i giorni... e non sapere quando saresti tornato..., non sapere se saresti tornato”; si gira verso di me, sta piangendo anche lui, ed è come ricevere un pugno nello stomaco. “I primi tempi tenevo la porta sempre chiusa a chiave..., non permettevo nemmeno ad Asia di entrarci, volevo che tutto restasse identico a come l'avevi lasciato tu quando te n'eri andato...”; fa una pausa, gli trema ancora il mento, gli tremano le mani. “Ma passavano i mesi, e tu non tornavi, e a un certo punto ho deciso di pulirla, cercando di non spostare niente. E così..., ogni sabato..., la pulivo..., rimettendo sempre ogni cosa nell'esatto identico posto, in modo che fosse pronta per quando saresti tornato. Mi dava forza..., era un modo per dirmi che saresti tornato davvero... E anche quando sei uscito dall'ospedale..., e poi sei rimasto sull'isola, ho sempre continuato a pulirla, ogni sabato. E lo stesso stavo facendo sabato scorso, non ieri, quello prima... Poi tu mi hai scritto dicendo che sareste tornati oggi, e mi è venuto in mente che mi avevi detto che volevi farne la stanza di Nic, e allora... non lo so cosa mi è preso, ho deciso di svuotarla. Mi sono sentito sollevato..., ho pensato adesso non gli serve più quella stanza, adesso che finalmente ritorna, sarà con la sua nuova famiglia...”.

Le sue parole mi hanno colpito molto, questo suo modo di aspettarmi, questa sua sorta di scaramanzia: mi hanno fatto commuovere e mi hanno fatto sorridere, ma non riesco a non provare rabbia; rabbia per il fatto che lui ha passato tre anni a pulire una stanza dove tanto io non c'ero, invece di venire nella stanza dov'ero realmente, e dove realmente ho sofferto, amato, gioito, pianto, lottato e, in definitiva, vissuto. Mi fa rabbia, mi fa tanta rabbia, anche se l'ho capito, anche se l'ho perdonato, anche se si è fatto perdonare abbondantemente, anche se ha cercato di recuperare tutto. Certe cose non si possono recuperare, nessuno ci dà indietro il tempo perso; è vero che dal giorno dell'operazione non mi ha più lasciato, è vero che era lì a sorridermi, con la faccia bagnata di lacrime, dietro al vetro della terapia intensiva, è vero che poi non ha saltato un solo giorno, ma tutti i giorni persi mi fanno ancora male da morire.

Mi serviva ancora, quella stanza” gli dico prendendo fiato. “Avevo bisogno di ritrovarla. Avevo... avevo bisogno di ritrovare quella parte di me, della mia vita..., prima di lasciarla andare per sempre. Così mi sento come se tu l'avessi voluta cancellare.”

Oh, ci sono cose che davvero vorrei cancellare!” esclama lui con enfasi. “E forse, pensando di farti del bene, ti ho fatto solo del male. Di nuovo”.

È abbattuto, è avvilito, se ne sta appoggiato alla ringhiera, con le spalle curve, e mi dispiace di essere stato io a ridurlo in questo modo.

Lo capisco che non l'hai fatto per ferirmi” gli dico asciugandomi la faccia con le mani. “Però è stato uno schifo trovarla vuota. È vero che voglio che diventi la stanza di Nic, ma non ero ancora pronto. Volevo che fosse ancora mia. Volevo svuotarla io, quando avrei deciso io! Darei qualsiasi cosa per Nic, ma non ero pronto, volevo aspettare ancora, volevo ricordarmi com'era il Leo di prima, dirgli addio come si deve.”

Scusa...” mi chiede in un sussurro. “Probabilmente ho voluto fare la stessa cosa anch'io: dire addio a quello che non sarà più, dire addio a quella che è stata la nostra vita di prima, nel bene e nel male, e fare spazio alla nostra nuova vita, e alla tua bellissima famiglia.”

È vero, la mia famiglia è bellissima...” annuisco io sospirando. “Ma se mi soffermo a pensarci, me la faccio sotto.”

Perché? Mi pare che tu te la stia cavando benissimo!”.

Io scuoto la testa e distolgo lo sguardo: “Non lo so se ero davvero pronto a diventare padre.”

Oh, non si è mai pronti davvero! Si impara strada facendo, e spesso...”

... si fanno una marea di cazzate!”

Sì...” ammette lui accennando un sorriso.

Quando sarai padre capirai... Ma io non è che l'ho capito poi molto bene, cosa intendevi, eh?”

Avrai tempo. Sei già sulla buona strada, basta vedere come guardi Nic, e come lui guarda te.”

Come lo guardo io lo so, ma lui com'è che mi guarderebbe...?” gli domando con un sorriso imbarazzato.

Nello stesso modo in cui lo guardi tu” mi risponde lui con un sorriso dolce.

Eh... ma è ancora piccolo, non l'ho ancora deluso.”

Prima o poi succederà, è inevitabile. Ma te la caverai lo stesso.”

Io per lui vorrei essere una specie di supereroe... Super Leo dalla gamba d'acciaio!” dico ridendo.

Lo sarai.”

Sai, tu per me un po' lo eri... quando ti vedevo tutto bello nella tua divisa... Ero molto orgoglioso di te.”

Lo so” annuisce lui. “Lo capivo da come mi guardavi. E spero che un giorno tu mi possa di nuovo guardare in quel modo.”

Non so se ti guarderò di nuovo come un supereroe” gli dico ridacchiando. “Però come uno che sa cosa ci va dentro un fasciatoio, sì! Hai tutta la mia stima, davvero!”.

Ci sorridiamo, lui si asciuga gli occhi con le dita, e poi ci stringiamo in un abbraccio, uno di quelli significativi, un po' come due pugili alla fine di un incontro finito in pareggio.


Ciao fratellone!”; Asia mi saluta dal soggiorno, affacciandosi alla porta-finestra.

Ciao” rispondo io sollevando in aria una mano, ma restando affacciato alla ringhiera senza voltarmi; devo avere una faccia stravolta e non mi va di farmi vedere così da lei; lei deve aver intuito qualcosa dalla faccia altrettanto stravolta di papà, perciò usa tutto il suo buon senso e non viene a disturbarmi, limitandosi a salutarmi così.

Cris fa passare una decina di minuti da quando loro se ne vanno, e poi mi raggiunge: “Ecco papà!” dice a Nic, che le risponde con quei suoi versi troppo buffi. Io mi giro sorridendo e le vado incontro per prenderlo; inspiro il suo odore, che già mi mancava, e rido mentre lui comincia a mordermi il mento, abitudine che ha preso ultimamente e che mi costringe a farmi la barba ogni giorno (che poi, ancora, mi cresce proprio solo lì). “E questa?!” mi domanda Cris sorpresa indicando la sedia a dondolo con un grosso fiocco azzurro, posizionata in un angolo del balcone.

E quella è un mio regalo!” le rispondo sorridendo. “L'ho ordinata qualche giorno fa e l'ho fatta arrivare qui... Ho pensato che ti sarebbe mancata quell'altra... Lo so che questo non è il terrazzo della Casa del Faro, però non è male neanche qui, no? Il panorama...”; lei non mi lascia finire la frase e corre a baciarmi, mentre Nic protesta perché è stato spodestato.

È perfetto!” esclama lei abbracciandomi. “Vedrai, sarà tutto perfetto anche qui!”; fa una giravolta, ridendo come una bambina, e poi va a sedersi sulla sedia a dondolo.

Vuoi inaugurarla?” le chiedo avvicinandomi.

Ha appena mangiato.”

Ah, ok”; prendo una poltroncina e mi metto accanto a lei; Nic, intanto, ha ripreso a mordermi il mento, facendomi il solletico; poi finalmente smette e si mette un po' tranquillo, seduto con la schiena contro la mia pancia. “Mio padre ha svuotato la mia stanza” dico guardando le luci del porto, su cui ormai è scesa la sera.

Ho visto” risponde lei con tono dolce.

Mi ha fatto incaz...”; mi fermo: mi sforzo sempre di evitare di dire parolacce davanti a Nic, anche se è ancora troppo piccolo per capirle. “Mi ha fatto arrabbiare.”

Ho sentito.”

Doveva almeno chiedermelo!”

Sì, sarebbe stato meglio, però lo sai che...”

Lo so!”; ho alzato la voce e Nic ha sollevato la testa a guardarmi; io gli sorrido e lui torna ad appoggiarsi contro di me, poi mi afferra un dito e comincia a giocarci. “Ne abbiamo parlato... e stranamente l'ho capito. E lui ha capito me. Però la rabbia non mi è ancora passata tutta.”

È già qualcosa che vi siate capiti, no?” mi chiede lei prendendomi la mano che Nic non ha monopolizzato. “Avete parlato, e vi siete pure capiti. A me sembra tanto”.

Sì, è tanto, e di sicuro è tantissimo paragonato al rapporto che Cris ha con i suoi, ma è poco paragonato al rapporto che avevo con mamma. Lei non avrebbe mai svuotato la mia stanza. Mai. “Mi fa stare male vederla così... vuota.”

Se ti fa stare tanto male puoi sempre chiedergli di riportare qui i mobili, e poi io ti aiuto a rimettere tutto dentro. A Nic non serve ancora quella stanza”.

Io mi illumino in un sorriso: “Davvero?”

Sì.”

Ok, dopo gli scrivo per dirglielo”. Nic comincia a piangere in modo noioso, e allora lo giro e lo sollevo, tenendolo abbracciato contro il mio petto: lui si tranquillizza subito e presto si addormenta. “Sai, pensandoci...” dico a Cris dopo qualche minuto di silenzio. “Non credo abbia senso riempirla di nuovo con le mie cose...”

Lei mi guarda stupita e sorride: “No?”

No. Pitturiamola. Anche se Nic dorme ancora con noi, sarà bello cominciare a preparare la sua stanza.”

Sei sicuro?”

Sì.”

Va bene, allora presto andiamo a comprare la pittura” dice Cris accarezzando i capelli di Nic.

Gialla.”

Gialla?”

Sì, perché? Che colore volevi fare?”

Verde acqua.”

Ma no! Giallo è più bello!”

Ma non si può fare la cameretta di un bambino gialla! Diventa iperattivo!”

Seee, e questa dove l'hai letta? In uno di quegli stupidi siti per neo mamme?!”.

Lei ride e annuisce: “Sì!”

Io la voglio gialla. Punto!”

E se facessimo metà e metà?” mi chiede sospirando.

Di due colori?”

Sì. Il giallo del sole e il verde acqua del mare.”

I colori della sua isola” sorrido io.

Sì”.

L'isola dove è stato concepito, l'isola dove è venuto al mondo, l'isola di colui di cui porta il nome, e che in qualche modo gliel'ha lasciata in eredità.

L'isola di Nicola.

Mi piace.

Vada per due colori!” esclamo ridendo.

Pare che la mia nuova “vita vera” cominci così: in una sera ancora calda di fine estate, nella casa dove ho vissuto per sedici anni, con le cicale che cantano, l'odore del mare, la donna che amo, bella dai impazzire, che si dondola canticchiando a bassa voce, e il respiro lento e profondo di mio figlio che dorme sul mio petto.

Se questa è la realtà, non mi sembra poi tanto male.








   
 
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