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Autore: Rexmin    22/07/2018    1 recensioni
Dal secondo capitolo:
Ho teso la corda, con la freccia verso l'alto, la punta di ferro che scintillava al sole. Sam mi aveva detto come calcolare l'angolazione in base alla distanza. Ho ripensato al mio primo tiro, mezzo anno prima, quando avevo visto la freccia fare centro prima di averla tirata. Dovevo aver visto nel futuro, come diceva Cylia. Ci ho provato di nuovo. Era la terza volta quel giorno. Ho visto la freccia volare. Le ho quasi imposto di fare centro, come quando stai sognado e ti accorgi che è un sogno, e controlli gli eventi.
'Devo crearmi il mio futuro' ho pensato.

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(La storia è ambientata prima della serie di Percy Jackson, prima che nasca Talia. Quindi non comparirà nessuno dei personaggi della serie, se non Chirone, gli dei e altri personaggi così)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Durante gli ultimi giorni di scuola ero piuttosto assente, perché non facevo altro che rimuginare sull'ultima conversazione tra mio papà e Sam. Cercavo di ricollegare tutte le cose che si dicevano.

'Allora, ricapitolando: papà è figlio di questo Efesto e Sam è figlio di questo Apollo. Apollo aveva detto a papà qualcosa su di me... che non ho potuto sentire a causa del frullatore. Poi quei mostri, le Empuse, avevano qualcosa contro mio papà e Sam, e loro le avevano già combattute. La loro madre non vuole che io continui a vivere... e infine mio papà mi vuole mandare in questo campo, dove dovrò avere un arma, appena finisce la scuola, campo dove lui e Sam si sono conosciuti.' Non facevo altro che ricapitolare tutto, cercando di ricordare tutto quello che si erano detti Sam e mio papà.

I nomi Apollo ed Efesto mi erano familiari, e mi sono rinvenuti in mente quel mercoledì, perché in classe la maestra ne aveva accennato. Quel pomeriggio ho riguardato il mio quaderno di storia di quinta classe, fino a quando li ho trovati. Erano due dei dodici dei dell'Olimpo, gli dei greci: Apollo era il dio del sole, dell'arte e della medicina, Efesto del fuoco e dei fabbri. Ma non aveva senso. Come potevano Sam e mio papà essere figli di due dei?

'Forse sono dei nomi in codice' ho pensato. 'Forse papà e Sam fanno parte di qualche organizzazione dove usano questi nomi come copertura... il campo dove andrò forse è fatto apposta per questa organizzazione... forse è qualcosa di militare. Possibile che la mia famiglia sia impigliata in queste cose?'. Ma non avevo pensato ai mostri. Quelli erano veri, quelle Empuse erano decisamente mostri, le avevo viste. E se i mostri erano veri forse anche gli dei lo erano.

'Ma cosa sto pensando?' mi sono chiesta da sola. 'Mi sono suggestionata da sola, quello era solo un sogno, anche se è accaduto veramente, ma me le sarò immaginate quelle cose... Empuse sarà il nome codice forse...'. Per quanto l'ipotesi della faccenda militare o quello che era fosse incredibile, era sicuramente più sensata di quella dove la mitologia greca dovrebbe esistere.

In tutto questo a scuola Cylia mi guardava strana. Probabilmente il pomeriggio dopo che avevo previsto il futuro si era resa conto di quanto era assurdo quello che era successo, e la mattina dopo non ne aveva parlato, anche se, appunto, mi guardava strana. Entrambe abbiamo fatto finta di niente, e invece abbiamo parlato di quello di cui parlavamo solitamente. Ovviamente io non ho fatto parola di tutto quello che mi girava per la testa.

L'ultimo giorno di scuola c'è stato un pranzo insieme ai genitori per salutarci e per portare a casa tutti i lavori fatti durante l'anno. Per quanto fossimo tutti felici per l'inizio delle vacanze, quell'ultima fatica di portare tutte statue di argilla, lavori del legno, lavori manuali, quaderni, disegni geometrici e disegni artistici a casa era davvero una noia.

Mi sono salutata con Cylia, perché probabilmente non ci saremmo viste tutta l'estate, ho salutato tutti i maestri e i miei altri compagni e sono andata finalmente a casa con mia mamma e mio papà.

Dopo aver scaricato la macchina e aver posato tutto nella mia stanza in modo sensato, mio papà mi ha chiamata nel soggiorno per dirmi qualcosa.

“Questa estate andrai in un campo estivo per ragazzi” mi ha annunciato. 'Lo sapevo'.

“Ci dobbiamo andare domani, anche se il periodo estivo comincia tra un po', ma...” si è interrotto, probabilmente cercando una scusa, perché la verità era che i mostri mi cercavano e dovevo andare in questo campo al più presto.

“Emh, ci sono degli eventi prima del tempo estivo e sarebbe un peccato se te li perdessi...” ha continuato. Stava evidentemente mentendo, mio papà non era per niente bravo a mentire. Questo era il momento migliore per capire come stavano le cose veramente.

“Ho origliato le discussioni che facevi con Sam.” ho confessato. Lui è rimasto a guardarmi.

“Quindi sai di cosa si tratta?” mi ha chiesto un po' incerto. Era sicuramente sollevato di non dovermi spiegare tutto, ma io non sapevo veramente di cosa si trattava.

“Emh, no... cioè, sarebbe meglio se me lo spieghi, credo.” gli ho risposto.

“Okay...” Ha pensato un attimo a cosa dire. “È meglio se te lo spiego quando siamo là, e te lo spiegerà anche l'istruttore” ha concluso.

“Va bene”. Almeno mi avrebbe detto tutto per bene insieme a qualcun'altro, perché lui era bravo a spiegare solo cose che avessero a che fare con la meccanica o elettronica. “Ma in ogni caso cosa mi dovrei portare?” ho chiesto invece.

“Bè, dei vestiti, le cose per il bagno... e il tuo arco.” mi ha detto. “E anche le freccie” ha aggiunto.

“Okay”. L'ho guardato un attimo. “Vado a prepararmi una borsa”, e sono andata nella mia stanza.

 

L'indomani mattina mia mamma ci ha accompagnati alla stazione e mi ha salutata forse un po' troppo affettuosamente, come se fosse l'ultima volta che ci vedevamo. Poco dopo io e mio papà eravamo seduti in fondo ad un autobus, con la mia borsa e l'arco accanto. Non avevamo preso la macchina perché mio papà aveva ancora il braccio sinistro fasciato dal lunedì e non poteva guidare. Durante il viaggio non abbiamo parlato molto se non quando abbiamo dovuto cambiare autobus per prenderne uno più piccolo. Lì c'erano solo alcuni signori e due ragazze. I signori sono scesi quasi subito, le ragazze invece sono rimaste per tutto il viaggio. Erano sedute in fondo, e mi sembrava che ci stessero guardando. Anche mio papà ogni tanto gli lanciava una occhiata preoccupata. Eravamo seduti sulla fila di destra, io vicino alla finestra e lui sul corridoio centrale.

A un certo punto mi è venuta in mente quella cosa che non avevo sentito l'ultimo pomeriggio a causa del frullatore; ora però mio papà pensava che l'avessi origliata come il resto, ma invece no. Era meglio dirglielo.

“Papà, lunedì pomeriggio... quando parlavi con Sam a un certo punto gli hai detto una cosa che dicevi che me la dovevi dire prima, ma poi non ho sentito...” gli ho detto. Lui si è voltato verso di me con una faccia un po' sorpresa.

“Cos'era?” ho chiesto.

“É complicato...” ha detto con un sospiro. Ha lanciato un altra occhiata alle ragazze, che si stavano dicendo qualcosa. “Capirai meglio quando arriviamo, ma...”. Ha esitato.

“Shara, io non sono tuo padre”

Sono rimasta di sasso.

“Ho incontrato tua mamma quando era già in cinta, e il tuo vero padre ti ha affidata a me” mi ha raccontato, abbassando lo sguardo. “Lui non poteva restare, ma ci teneva a te, perché... sapeva che saresti stata speciale”

Stavo cercando di assimiliare quello che mi aveva appena detto Buck. 'Non è mio padre. Il mio vero padre mi aveva affidata a lui. Sapeva che sarei stata speciale. Sapeva... che sarei stata in grado di prevedere il futuro.' mi sono ripetuta, fissando il sedile davanti a me.

“Chi era?” ho chiesto.

“Se te lo dicessi ora non capiresti” mi ha risposto Buck.

“Dimmi il suo nome. Almeno quello” ho detto, voltandomi verso di lui.

Ma non mi ha potuto rispondere, perché qualcosa lo ha colpito di lato. Buck ha gridato di dolore, tenedosi il braccio sinistro, poi si è subito voltato verso ciò che lo aveva attaccato. Mi è preso il panico. Erano due Empuse. Allora esistevano veramente, non me le ero totalmente immaginate.

“Shara, scappa, presto!” mi ha ordinato Buck. È saltato su dal sedile e ha uscito da non so dove una spada di bronzo; la stessa che aveva quella notte. Ha cercato di tenere le Empuse a bada, ma con il braccio dolorante doveva essere difficile. Dovevo riuscire a uscire dai sedili, e le Empuse mi bloccavano. Una si è voltata verso di me e mi avrebbe fatta a fette con i suoi artigli se non fossi saltata sui sedili davanti.

“Shara, esci dall'autobus, e vai oltre quella collina!” mi ha gridato Buck

Eravamo arrivati alla fermata, e l'autista stava aprendo le porte come se niente fosse. Mi sono fiondata fuori, con la mia borsa in mano e l'arco a tracolla, e passando accanto al volante credo di averlo sentito dire qualcosa tipo: “Ma che sta succedendo là dietro?”

Quando sono scesa, mi sono voltata a guardare di nuovo l'autobus. Buck stava indietreggiando verso l'uscita per non farsi prendere dalle empuse. Ho notato che le due ragazze erano scomparse. Poi ho realizzato che le Empuse erano le ragazze, o meglio viceversa. Mi sono voltata verso la collina che mi aveva indicato, era abbastanza distante. Ma non potevo lasciarlo da solo. Sono tornata a guardare verso l'autobus, che era ripartito. Buck era riuscito a scendere e le empuse lo attacavano. Non avrebbe resistito ancora per molto, il suo braccio stava sanguinando di brutto, dovevo aiutarlo. Mi sono sfilata l'arco dalla spalla e ho uscito dalla mia borsa la faretra, mettendomela a tracolla. Ho incoccato una freccia, mirando una delle due empuse, ma quella mi ha notato, preparandosi a schivare. Ho scagliato la freccia, ma l'empusa l'ha evitata senza problemi. Ho imprecato sotto voce: non potevo prevedere da che lato si sarebbe spostata come facevo con i bersagli in movimento. Ho tirato altre due freccie, senza risultati. L'empusa riusciva anche a evitarle se facevo la finta dall'altro lato. Nel frattempo Buck con una empusa sola se la stava cavando meglio. La mia invece stava iniziando ad avanzare verso di me. Ho indietreggiato un po', e ho incoccato un altra freccia. Buck mi ha notato.

“Cosa stai facendo ancora qui? Vai, presto!” mi ha sgridata. “Il campo è oltre la collina, puoi chiedere aiuto!”

“Non posso lasciarti!” gli ho detto di rimando, continuando a camminare all'indietro.

“Non ti preoccupare, vai e basta!” mi ha detto per ultimo, poi è tornato ad affrontare l'empusa.

L'altra si stava avvicinando sempre di più a me. Mi sono voltata piena di rimorso e mi sono messa a correre verso la collina più veloce che potevo. Dopo una ventina di metri mi sono voltata un attimo a guardare l'empusa: era più veloce di me e presto mi avrebbe raggiunto. Ho corso più veloce. Ero quasi arrivata ai piedi della collina. Ho iniziato la salita. Mentre arrancavo ho sentito qualcuno gridare qualcosa, non ho capito cosa perché avevo il cuore che mi batteva nelle orecchie per l'affanno. Ho alzato gli occhi e ho visto che c'era un ragazzo in cima alla collina con una maglietta arancione infilata nei jeans e al fianco una... spada? Non avevo tempo per pensarci, dovevo arrivare in cima anche io. Il ragazzo è sceso un po' per aiutarmi nell'ultimo tratto. Guardava l'empusa terrorizzato.

“Sbrigati, da sopra saremo avvantaggiati!”ha esclamato, tirandomi su.

Siamo arrivati in cima e il ragazzo ha preso la sua spada e si è messo in posizione di difesa. Io ho incoccato una freccia, e fermandomi quell'attimo ho realizzato una cosa, dandomi della stupida. Io potevo prevedere da che lato avrebbe schivato i colpi l'empusa, potevo prevedere il futuro! Non sapevo se ce l'avrei fatta così sotto pressione, ma ci ho provato lo stesso. Ho chiuso gli occhi e ho visto che il ragazzo avrebbe cercato di colpire l'empusa con la spada da destra. Quella si sarebbe abbasata per evitarlo e poi si sarebbe spostata velocemente ancora più a destra di qualche metro.

Ho aperto gli occhi. Sapevo cosa fare. Ho teso la corda mentre il ragazzo cercava di colpire l'empusa come avevo visto. Ho calcolato in fretta dove sarebbe stata e quando, e quanto tempo ci avrebbe messo la mia freccia ad arrivarci. L'ho scoccata, ed è arrivata a colpire l'empusa mentre quella aveva ancora lo slancio di essersi spostata, così che non si è potuta fermare. Colta totalmente di sorpresa, si è disintegrata.

Ho tirato un sospiro di sollievo e mi sono accasciata a terra, sfinita dalla corsa. Il ragazzo ha guardato il mucchietto di polvere restante dall'empusa e poi me, ancora con la spada alzata.

“Come hai fatto?” mi ha chiesto incredulo.

“Emh, non lo so” gli ho mentito. Non volevo andare in giro a dire a tutti che potevo prevedere il futuro.

“Okay” ha detto un po' imbarazzato. Poi si è rimesso la spada al fianco e mi ha porso una mano per aiutarmi ad alzarmi, l'ho presa.

“Leak, piacere” mi ha detto, stringendomela.

“Shara, piacere mio” gli ho risposto. Lui ha accennato un sorriso. L'ho guardato veramente per la prima volta: aveva i capelli neri un po' lunghi, messi all'indietro alla meno peggio sulla parte davanti, anche se gli ricadevano lo stesso di lato. Era un po' più alto di me e abbastanza robusto. Sulla sua maglietta c'era la scritta 'CHB'. Aveva gli occhi scuri, credo sul verde.

“Come hai fatto ad arrivare?” mi ha chiesto lasciandomi la mano.

“Emh... mi ha accompagnata mio padre” gli ho detto. Poi mi sono ricordata che non era mio padre.

“Tuo padre...?” ha chiesto stranito.

“Cioè, credevo che lo fosse fino a un quartod'ora fa. Credo che anche lui sia venuto in questo campo da ragazzo” gli ho spiegato. Ho guardato verso il punto da cui ero venuta, ripensando a Buck. Lo avevo lasciato a combattere con un braccio ferito. Forse era riuscito a sopravvivere. Forse no.

“Wow!” ha esclmato Leak. Poi ha visto la mia faccia che credo fosse un po' triste. “Cioè, mi dispiace per la tua scoperta, ma... è quasi impossibile che un semidio riesca a vivere fino a farsi una famiglia!” mi ha detto.

“Un semidio?” ho chiesto, confusa.

“Si... te lo spiegherà meglio Chirone, il nostro insegnante” ha detto. “Vieni”

L'ho seguito giù dall'altro lato della collina. Nella valle sottostante si vedevano diversi stabilimenti fatti forse di marmo, dei campi coltivati e macchie di foresta. Arrivati in fondo ho visto che c'erano diversi ragazzi, quasi tutti con indosso la stessa maglietta arancione, che svolgevano diverse attività. Alcuni che ci vedevano mi additavano ai compagni, chi stupito, chi sconsolato. Una ragazza con una folta coda riccioluta castana si è avvicinata.

“Leak, cosa è successo?” ha chiesto ammicando a me.

“Ero sulla collina quando l'ho vista arrivare inseguita da una... cosa.” gli ha raccontato.

“Credo che era una 'Empusa'. E l'abbiamo uccisa.” ho concluso per lui.

“Appena arrivata e fai già fuori i mostri? Complimenti” mi ha detto sorridendo la ragazza. Poi mi ha teso una mano. “Benvenuta al Campo Mezzosangue. Mar Hills, figlia e capo della casa di Ermes”

Gli ho dato la mano, cercando di capire cos'aveva detto apparte il suo nome. Aveva una bella stretta. “Shara Welling”

“Credo che dovresti andare da Chirone” mi ha detto dopo un pò. “Leak, l'accompagni?”

“Si, certo” ha detto lui. “Vieni”

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Angolo dell'autrice: Buongiorno, buonasera. Fin ora nessuno ha veramente mostrato di interessarsi alla storia... in ogni caso io continuo perchè mi va e perchè fino a un certo punto so come devono andare le cose.
In ogni caso, secondo voi (se vi interessa questa storia), chi è il genitore divino di Shara? Da notare che siamo ambientati prima che Percy obblighi gli dei a riconoscere tutti i figli, quindi ci vorrà un pò prima di scoprirlo veramente.
Comunque, spero di aggiornare presto.

   
 
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