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Autore: rocchi68    22/07/2018    2 recensioni
Che gioia sarebbe un compleanno senza qualcuno con cui condividerlo?
Era questo ciò che si era sentito dire quando si ostinava a non volerla in mezzo ai piedi.
Per tanto tempo Scott l'aveva considerata uno strazio ed, egoisticamente parlando, avrebbe tanto desiderato che nessuno lo costringesse a quella bella rottura.
Credeva che nulla l'avrebbe mai convinto a cambiare idea, ma spesso si ricevono delle sorprese inaspettate e la gioia cancella l'ostinazione.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Di solito Scott odiava dare brutte notizie per telefono.
Aveva sempre detestato la scuola e l’Università, con i suoi esami, aveva confermato quell’antipatia comune: quell’anno non poteva allontanarsi dalla sede per nessun motivo e doveva, anzi, studiare a dovere per prepararsi a un test propedeutico al primo esame.
Era riuscito soltanto ad avvertire la sua famiglia di quel spiacevole contrattempo e li aveva pregati di andare comunque alla festa.
Purtroppo non poteva staccare nemmeno per un minuto e quel 27 settembre avrebbe rotto la tradizione che perdurava da tanti anni.
A essere sinceri girava voce che il motivo fosse un altro, ma per non ferire la festeggiata, Alberta e i suoi genitori avevano imbastito quell’innocente bugia.
 
“Perché non possiamo rinviare la festa?” Chiese Dawn, guardando nuovamente verso la madre.
 
“Sai che tuo zio Steve viene da fuori città solo per questo motivo e non puoi avvertirlo con uno così scarso margine di tempo.”
 
“Ma io…”
 
“So bene che è una tradizione cui eri molto legata, Dawn.”
 
“Non è questo che mi rende triste.” Ammise, torturandosi le mani e rileggendo la ricetta della torta che sua madre stava preparando con grande impegno.
 
“Vorresti che Scott fosse presente come al solito, ma hai sentito cosa lo preoccupa.” Replicò la donna, mescolando le uova e lo zucchero.
 
“Senza di lui non sarà la stessa cosa.” Brontolò Dawn, andando verso il salotto con il chiaro intento di apparecchiare la tavola e di non considerare quel posto che aveva sempre voluto vicino a sé.
 
“Perché lui ti piace, vero?” Domandò il padre, facendola sussultare.
 
“Io…”
 
“È da parecchio che l’abbiamo notato, ma tu non hai mai fatto la prima mossa e questo l’ha spinto tra le braccia di Courtney.”
 
“L’aveva spinto: si sono lasciati.” Precisò Dawn.
 
“Sei così sicura che non siano tornati insieme?” S’inserì la madre.
 
“Come?” Chiese la giovane, guardando verso la donna che si era lasciata sfuggire qualche parola di troppo.
 
“Sua madre non sapeva nulla di questo esame.” Ammise, notando come la figlia si stesse lentamente spegnendo e come i bicchieri avessero rischiato di scivolarle dalle mani per poi andare in frantumi non appena avessero toccato il pavimento.
 
“Mi ha mentito? Perché?”
 
“Suo padre, quando eravate piccoli, gli aveva promesso che, una volta maggiorenne, sarebbe stato libero di fare come meglio credeva. Si può dire che è rimasto fedele alla tradizione per qualche anno, ma poi si dev’essere stancato di stare in mezzo a tanti vecchi.”
 
“Eh?”
 
“Prova a metterti nei suoi panni, Dawn: sei l’unica ad avere la sua età e che può capire che cosa prova.”
 
“Non è giusto!” Ringhiò frustrata per quella scelta che avrebbe pregiudicato la sua amata festa.
 
“Anche tu festeggi il tuo compleanno con Zoey e Bridgette.” Tentò il padre, venendo incenerito dallo sguardo della figlia.
 
“Ma lo festeggio sempre il giorno dopo.” Replicò seccata.
 
“Probabilmente non può festeggiare per due giorni consecutivi e quest’anno ha deciso di organizzarsi con i suoi amici e con la sua ragazza.”
 
“Courtney?” Domandò Dawn, facendo annuire la madre.
 
“Temo di sì.”
 
“Lui me l’avrebbe detto che è tornato insieme a Courtney.” Ribatté con la speranza che si trattasse solo di una frottola.
 
“E perché avrebbe dovuto?”
 
“Perché noi siamo amici.”
 
“Come quella volta che gli hai fatto una scenata di gelosia solo perché Courtney l’aveva invitato al ballo di fine anno?” Continuò la donna, sistemando i lunghi capelli che in alcuni punti mostravano i primi segnali di decadimento.
 
“Io…”
 
“Ammetti per una buona volta che sei gelosa e che lui ti piaceva: ti sentirai di sicuro molto meglio.”
 
“Questo è l’ultimo compleanno che organizzerete: dal prossimo mai più.” Ringhiò furibonda, sviando dall’affermazione dei suoi genitori e facendoli sussultare.
 
“Sei stata un po’ sciocca, Dawn. Avevi l’occasione di conquistarlo e te la sei fatta scappare.” La rimproverò sua madre.
 
“Ma lui non mi ha dato tempo.”
 
“Se ti fossi mossa in anticipo, a quest’ora non ti lamenteresti di una tradizione andata distrutta. Magari anche tu gli piacevi.”
 
“Io gli piacevo?” Chiese Dawn, girandosi verso il padre che si ritrovò ad annuire.
 
“Può essere.” Nicchiò, non sapendo se la consorte avesse fatto centro o li stesse trollando entrambi.
 
“Aiuto sto andando in confusione.”
 
“Confusione o meno tra qualche ora sarà il tuo compleanno e riceverai il tuo classico regalo.” Tuonò suo padre, facendola sospirare
 
“Accetto tutto questo, ma non capisco perché siano presenti anche i genitori di Scott.”
 
“È stato lui a pretendere che fossero invitati.” Spiegò la madre, continuando a seguire la ricetta della sua torta al cioccolato e panna.
 
“Capisco.” Soffiò avvilita, salendo in camera.
 
Nel salire gli scalini faticava a credere che lui fosse capace di tirare pacco in quel modo.
Credeva di contare qualcosa e invece era stata scartata non appena aveva avuto la possibilità di uscire e festeggiare con i suoi amici.
L’aveva chiaramente dimenticata.
E quando si dimentica una cosa, spesso è difficile ricordarsi nuovamente della sua esistenza. Dawn sentiva che sarebbe rimasta indietro sempre di più e che, tra qualche anno, la festa avrebbe cessato d’esistere.
Già aveva dovuto accontentarsi degli auguri telefonici dei nonni materni, troppo lontani e malati per un viaggio così lungo. Poi aveva dovuto digerire la morte del nonno paterno, quello dei famosi filmati, e la fuga all’estero di uno zio e relativo ramo famigliare dalla parte di suo padre.
D’altro canto anche Scott aveva avuto la sua bella dose di sfortuna: gli era rimasta solo la nonna materna e questo vuoto gli aveva sempre causato un profondo dolore che, nonostante tutto, non era ancora riuscito a colmare.
E anche la sera dell’anno prima, quando si erano chiusi in camera e l’aveva coccolata a lungo, addormentandosi sul suo letto, Scott aveva promesso che si sarebbero sempre ritrovati a festeggiare quel 27 settembre, senza mai accennare a una scusa o a un ripensamento dell’ultimo minuto.
Dawn, stranamente, ci era cascata. Lei che aveva sempre dubitato delle varie promesse che incrociavano il suo cammino, si era fidata del suo migliore amico.
Un po’ lo odiava per questo, ma sentiva di dover riversare quel sentimento negativo verso sé stessa. Era lei ad aver sbagliato.
Chi aveva riposto la sua fiducia in un ragazzo che da piccolo le faceva un mare di dispetti?
Chi aveva creduto che i maschi potessero crescere e diventassero abili a dimenticare gli aspetti negativi dei primi anni di vita?
Era stata lei a illudersi.
E non aveva illuso solo la sua mente, ma anche il suo cuore.
Ora che si sentiva sola poteva ripetere che lo amava, ma che era troppo tardi per muoversi.
Scott era destinato a dimenticarla.
Un giorno, magari, avrebbe avuto la sensazione di condividere qualcosa con una persona speciale, ma non avrebbe mai collegato le cose.
Era come quando finiva la scuola: tempo pochi anni e aveva dimenticato il nome e il cognome di quasi tutti i suoi compagni.
E ora mancava solo d’aprire quel maledetto regalo.
Per tutto il tempo era rimasta al suo posto, a mangiare in silenzio e a sollevare raramente lo sguardo dal suo piatto.
 
“È tempo del tuo regalo, Dawn.” Aveva borbottato la signora Black, ridestandola dai suoi pensieri.
 
“Va bene.”
 
“Questa volta, però, il regalo è un po’ complicato da portare e dovrai metterti questa benda.” Continuò suo padre, porgendo alla figlia un nastro rosa da mettere davanti agli occhi.
 
“D’accordo.”
 
“E non potrai toglierla per nessun motivo.” Continuò la madre, passando una mano davanti agli occhi della figlia per essere sicura che non stesse imbrogliando.
 
“Sì, sì…ho capito.” Soffiò, abbassando la testa.
 
“Un’ultima cosa: non arrabbiarti.” Concluse suo padre, mentre un cugino la invitava ad alzarsi e le spostava galantemente la sedia.
 
“Mi basta che tutto questo abbia presto fine.” Mugugnò, lasciandosi trasportare.
 
In sottofondo poteva sentire che il padre aveva preteso silenzio e che nessuno aprisse bocca per commentare il regalo.
Prima, però, aveva spostato con gli altri uomini della famiglia il grande tavolo e poi aveva bisbigliato nelle orecchie dei presenti.
Se qualcuno avesse osato dire qualcosa, avrebbe chiesto al padre di Scott il fucile in prestito e avrebbe fatto una carneficina.
Per Dawn qualsiasi regalo era inutile. Non c’era niente che potesse restituirle il sorriso.
Prima di seguire l’ordine della sua famiglia, aveva sentito un fruscio e un profumo pungente. Probabilmente si trattava di un qualche vecchio amico di famiglia che non vedeva da una vita e che era stato invitato per farle dimenticare Scott.
 
“Ora puoi togliere la benda.” Le suggerì la madre.
 
“D’accordo.” Soffiò, sfilandosela e trovandosi davanti il suo regalo che la lasciò senza parole.
 
Stentava a crederci.
Era davvero quello il suo regalo?
Possibile che fosse stato tutto un trucco per farle abbassare la guardia e per nascondere ciò che non sarebbe mai stato possibile?
Rimasta a bocca aperta, tentò di sfiorare quel pensiero, ma subito ritrasse la mano spaventata, credendo erroneamente che si trattasse di un qualche spettro o magari di una proiezione olografica di quel geniaccio di suo cugino.
 
“Io…”
 
“È da tanto che non ci vediamo, Dawn.” La salutò, porgendole un mazzo di fiori e cancellando i suoi momentanei dubbi.
 
“Tu?”
 
“Che festa sarebbe stata senza una sorpresa inaspettata?” Chiese con uno dei suoi soliti ghigni, mentre lei prendeva e annusava le rose e le appoggiava su una sedia vuota.
 
“Perché? Non ci si comporta così.” Replicò, fissandolo con rabbia.
 
“Credevi davvero che avrei mai rinunciato alla nostra festa?”
 
“Pensavo che mi avessi mentito e i miei genitori avevano detto che…”
 
“Loro mi sono stati complici in questa trovata.” Mormorò, rivolgendo ai signori Light un sorriso di ringraziamento.
 
“Non è giusto.” Protestò con le lacrime agli occhi.
 
“Dawn…”
 
“Perché sei stato così cattivo da ingannarmi? Non volevo credere che tu mi avessi dimenticato e poi mi dici che è uno scherzo?”
 
“Se avessi immaginato che l’avresti presa così male, non l’avrei mai fatto.” Si scusò, abbassando il capo convinto che lei avesse ragione.
 
“Ed io sono stata così cieca da credere che tu mi avessi dimenticato. Ero così arrabbiata che non ti ho comprato nulla.” Borbottò, facendolo sospirare.
 
“Dovevo aspettarmelo: non tutti i piani riescono alla perfezione.”
 
“Ma ora tu sei qui e non sono più arrabbiata o triste.”
 
“E anch’io non ti ho fatto un regalo.” Brontolò il rosso.
 
“Questo è il più bel regalo che potessi farmi.”
 
“A dire il vero sono un pessimo bugiardo: questo foglietto è tutto per te.” Soffiò, porgendole una busta che lei aprì all’istante e che conteneva un viaggio aereo spesato con vitto e alloggio in uno degli hotel migliori di Sidney.
 
“Mi sento in colpa.”
 
“Non ci pensare: va tutto meravigliosamente bene.” La rincuorò, avvicinandosi per stringerla in uno dei suoi soliti abbracci.
 
Scott faticava a ricordare l’ultima volta che erano stati alla stessa altezza.
Se aveva buona memoria verso i 13-14 anni erano uguali, ma poi la pubertà aveva avuto i suoi effetti e il suo fisico aveva ricevuto una sterzata improvvisa.
Era cresciuto di una ventina abbondante di centimetri, gli era cresciuta la barba, la sua voce era diventata molto più calda e mascolina e gli erano cresciuti una marea di peli che lo facevano sembrare un qualche strano animale selvatico. Anche lei, però, durante la famosa pubertà, di qualche mese in anticipo e con sua profonda invidia per quei due centimetri scarsi con cui l’aveva staccato, era cambiata.
Magari non era diventata altissima o il suo viso non si era evoluto come ci si aspetta normalmente, ma era sicuramente più sexy.
Le sue forme si erano fatte un po’ più rotonde, cosa che Scott aveva iniziato ad apprezzare da qualche anno, e la sua fragilità sembrava essere diminuita.
Ora, però, faticava a fissarla direttamente negli occhi.
Doveva abbassarsi se voleva essere alla sua altezza, sempre che non si accontentasse di sentire la sua testa all’altezza del cuore.
Se avesse percepito il suo battito, però, si sarebbe fatta una marea di paranoie e si sarebbe chiesta di quale patologia cardiaca stesse soffrendo, rendendo inutile la scusa dettata dal fatto che quello era solo un affetto incondizionato che da diverso tempo era diventato amore.
L’aveva capito limpidamente da quando aveva iniziato l’Università e non poteva più vedere spesso la sua piccola Dawn.
Quella che all’inizio era solo una seccatura o una mocciosa petulante, era diventato il tesoro più prezioso che poteva conquistare.
Courtney era stata solo una breve parentesi del quinto anno delle superiori: sfruttato come uno schiavo per far ingelosire il suo ex, ormai attaccatosi a mo’ di ventosa verso una ragazza dark, Scott era stato selezionato un po’ a casaccio.
Il punk e la dark del liceo: era il quadretto più stomachevole tra colori tetri che il rosso avesse mai visto in vita sua. E sotto questo punto di vista, lui era soltanto un rimpiazzo.
Era un mezzo per far incavolare Duncan, per mettere i bastoni tra le ruote alla sua novella relazione con Gwen e per rovinare la bella amicizia che lo legava a Dawn e che sembrava pronta a sbocciare e a evolversi in qualcosa di più intrigante.
Avevano litigato a lungo e forse lei non l’aveva ancora del tutto perdonato per quel bacio che Courtney gli aveva dato in cortile a inizio maggio: lui non lo voleva, ma Dawn era così furiosa che erano finiti con lo discutere animatamente e Scott, per ripicca e con tante offese a pesargli sul groppone, aveva confermato la loro breve relazione di appena dieci giorni.
Ne erano bastati altrettanti per lasciarlo con il cuore infranto, sempre che un mese fosse sufficiente per una storiella senza capo né coda.
Nel vederla scappare con le lacrime agli occhi, però, aveva capito che Dawn e la gelosia non andavano troppo d’accordo e che faticava parecchio a celarla dietro una maschera d’indifferenza.
 
“Che regalo posso farti, Scott?” Domandò, staccandosi e fissandolo intensamente.
 
“Perché sei così fissata con questi regali?”
 
“Perché non mi sembra giusto che io abbia sempre ottenuto ciò che volevo e tu no.”
 
“Non credevo che lo scarafaggio ti fosse piaciuto.” Replicò divertito, facendola negare con decisione.
 
“Sai che cosa intendo dire.”
 
“Anche pensandoci a fondo, non credo che tu possa comprare qualcosa in questi pochi secondi.” Borbottò, grattandosi la nuca.
 
“Non c’è niente che possa fare per sdebitarmi?”
 
“Te l’ho già detto tempo fa mi sembra: il più bel regalo che puoi farmi è il tuo sorriso.” Mormorò imbarazzato, facendola arrossire.
 
“Ho bisogno di saperlo, Scott. Non voglio sentirmi in colpa.” Tentò, ricevendo una carezza che la fece sussultare e che la spinse a perdersi nei suoi occhi malinconici.
 
“Se proprio vuoi saperlo, un regalo ci sarebbe, ma è abbastanza egoista e pretenzioso.” Commentò, sbirciando verso gli invitati.
 
“Quale regalo vorresti?” Chiese nuovamente, convinta che Scott stesse esagerando come al suo solito.
 
“Vorrei solo che non ti arrabbiassi con me.”
 
“Non è questo il tuo regalo.” Replicò infastidita, allontanando quella mano e facendolo sorridere mestamente.
 
“Io…”
 
“Di cosa hai paura, Scott? Da quando non credi che la tua migliore amica sia in grado di aiutarti?”
 
“È questo il problema.”
 
“Hmm?”
 
“Ho paura che questa richiesta possa distruggere tutto quello cui sono maggiormente legato.”
 
“Anche tu hai paura di perdere qualcosa? Vorrei comunque conoscere cosa desideri e ti consiglio di rispondermi, altrimenti questo sarà l’ultimo compleanno che festeggeremo insieme.” Lo minacciò, facendolo sospirare.
 
“Voglio te, Dawn.” Mormorò, arrossendo all’istante.
 
“Me? Che cosa significa?”
 
“So che forse ti sembrerò precipitoso, ma con tutto quello che abbiamo passato, vorrei provare a essere il tuo ragazzo.” Soffiò intimorito.
 
“Tu? Il mio ragazzo? Non mi stai prendendo in giro, vero?” Chiese la giovane, fissandolo negli occhi quasi volesse stabilire se era sincero o se stava tramando qualcosa alle sue spalle.
 
“Da quando sono così disgraziato da ingannare il mio cuore e tutti i presenti?” S’informò, prendendo la mano della ragazza e mettendola sul suo petto.
 
“Scott…”
 
“Lo senti? Lui batte così forte solo quando ci sei tu.”
 
“Io…”
 
“So che pretendo troppo e non posso essere certo che tu sia innamorata di me, ma volevo che sapessi la verità. È da diverso tempo che non riesco più nemmeno a dormire se la mattina non ci vediamo al nostro solito posto.”
 
“Non lo sapevo.” Mormorò sorpresa, rievocando nella sua mente l’immagine del bar dove consumavano la colazione e dove restavano a lungo per confrontarsi su sogni e progetti.
 
“Raramente, quando riesco a prendere sonno, ti sogno la notte e poi mi chiedo se è la giornata buona per rivederti e per farti disperare.”
 
“Perché?”
 
“È da tanto che volevo farti conoscere la verità, ma desideravo che tutto questo avesse degna conclusione nel primo giorno che abbiamo condiviso in questa città.”
 
“Sì.” Soffiò felice con le lacrime agli occhi.
 
“Non potevi rendermi più felice.” Si rallegrò, regalandole il primo bacio della sua vita.
 
In sottofondo Dawn riusciva a sentire i vari commenti della sua famiglia, ma di certo non si aspettava un’ultima sorpresa dal suo Scott.
Quell’anno aveva fatto le cose in grande e non si era accontentato del solito mazzo di rosse.
Sembrava quasi volesse farsi perdonare con gli interessi per la scarsa inventiva di alcuni regali precedenti.
Talvolta, però, era stata solo pigrizia.
Alcune volte, tranne che per il caso dello scarafaggio - lì era pura e semplice cattiveria da mocciosi -, si era mosso con ritardo e aveva comprato la prima cosa che sperava potesse cavarlo dagli impicci.
Ora, però, che lo stringeva e si rifiutava di lasciarlo andare, Dawn non si pentiva d’aver illuso il suo cuore.
Lui aveva solo finto di dimenticarsi e di allontanarsi da lei. Il suo piano aveva funzionato alla perfezione e lei ci era cascata con tutte le scarpe.
Staccatosi con fatica dal bacio e dalla stretta della ragazza, Scott le carezzò lievemente la schiena e poi riprese in mano il biglietto aereo che le aveva comprato con fatica.
 
“Che c’è Scott?” Domandò lei nuovamente.
 
“L’Australia è un bel posto.” Commentò divertito.
 
“Lo spero.”
 
“I canguri, la natura selvaggia, altri animali che non conosco, monumenti di tutti i tipi, alcuni aborigeni, cibi bizzarri…” Elencò con il suo solito sorriso.
 
“Ci sono tante belle cose da vedere.”
 
“E sarà ancora più bella se la condividiamo.” Borbottò, estraendo dalla tasca dei suoi jeans un secondo biglietto aereo e unendolo a quello della fidanzata.
 
“Anche tu?”
 
“Non ti lascerò mai andare da sola. Come faccio a vivere per due settimane senza la mia piccola e dolce Dawn?”
 
“Se non venivi con me, sarei rimasta a casa.” Replicò lei, alzandosi in punta di piedi e lasciandosi andare a un bacio appassionato con il suo Scott.








Angolo autore:

Ryuk: Il capitolo più lungo di questa minuscola serie.

A volte capita di esagerare.
Speriamo solo sia di vostro gradimento e che non vi siano troppi errori.
Nel prossimo capitolo vedremo i 25 anni di questi babb...ehm ragazzi.
Alla prossima!
 
   
 
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