The
Brittleness of a Cherry Blossom
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Il fiume fluiva placido sotto il peso leggero del
suo corpo.
Avvolta in una bolla di chakra, se ne stava distesa al centro del flusso d’acqua,
scrutando il cielo trapuntato di stelle, cullata dalle acque serene e dal canto
dei gufi.
Alla sua sinistra, dal rifugio costruito da Yamato, giungevano le risate
leggere dei suoi compagni di viaggio ed il profumo del pesce arrostito per
cena.
Si era allontanata dal gruppo pochi minuti prima, dichiarandosi troppo stanca
per un altro giro di carte, avida di tranquillità e solitudine.
Non le era stato necessario allontanarsi troppo per trovarlo: al centro del
bosco in cui erano accampati la quiete era disturbata solo dalle voci della
combriccola, attutite dalle mura della casetta in legno e sovrastate quasi
completamente dal lento andare delle increspature fluviali.
Socchiuse lentamente gli occhi, assaporando l’aria
tiepida emblematica delle notti primaverili;
quel gesto così sereno le portò alla mente la spensieratezza di Naruto,
alla leggerezza dei suoi gesti, agli sguardi dolci che le riservava.
Le sembrava paradossale il modo in cui sopportava il peso del suo destino e con
quanta audacia perseguisse i suoi sogni; che fosse riportare a casa Sasuke,
diventare Hokage, od addirittura conquistarla: Naruto non si risparmiava mai.
Rivolse un pensiero anche a sé stessa ed al suo cuore spezzato, agli occhi
spenti, al corpo stanco: quasi le sembrava vivere solo in funzione della forza
di Naruto, per inerzia, senza troppi sforzi. Si sentiva un’inetta al cospetto
dell’amico, che oltre ai suoi oneri spesso si faceva carico del suo
inspiegabile malessere.
Perché Sakura, pur sentendo un costante peso sul
cuore, non sapeva cosa l’affliggesse.
Ormai l’amore infantile per Sasuke era svanito da tempo, lasciando spazio ad un
affetto fraterno ben più maturo, sì forte ma non abbastanza da spiegare il suo
struggimento interiore.
Poteva dirsi anche discretamente soddisfatta delle sue doti mediche,
soprattutto dopo aver salvato Kankuro dai veleni di Sasori; dopotutto i suoi
meriti erano stati riconosciuti persino da Tsunade, ed il giudizio dell’Hokage
sulle sue capacità curative era l’unico che contasse qualcosa, per lei.
Perfino il suo corpo le dava compiacenza: si era lasciata alle spalle i tempi
in cui guardarsi allo specchio le provocava disgusto, sebbene riconoscesse di
non essere tanto avvenente quanto Ino – maliziosamente, riteneva però di
compensare la sua carenza di fascino con un carattere amabile ed un talento in
battaglia superiori all’amica, il che la portava di conseguenza a ritenere –
con malcelata presunzione – un inetto chiunque preferisse corteggiare Ino e non
lei.
Ciò nonostante, l’unico uomo che sembrava
preferire la sua compagnia a quella della bionda era Kakashi.
Kakashi, il suo maestro.
Il suo maestro ed i suoi occhi scuri.
I suoi occhi scuri e le sue braccia forti.
Le sue braccia forti e– sì, insomma, proprio Kakashi.
Al materializzarsi dello sguardo buio del suo maestro tra i suoi pensieri, il
suo cuore ebbe un fremito: decise quindi di virare la sua immaginazione verso
un argomento che – non poteva negarlo – trovava estremamente stimolante.
Rimuginò quindi sulle occhiate furtive che le dedicava talvolta, quando credeva
che lei non lo notasse; al modo in cui i suoi occhi l’avevano seguita quella
sera mentre si alzava dal tavolo e si richiudeva la porta alle spalle: le
sembrò che la scrutassero ancora, oltre le pareti, tra gli alberi, anche in
quel momento.
Ripensò a tutte le volte che le aveva tenuto compagnia e l’aveva lasciata
piangere silenziosamente sulla sua spalla, senza muovere un muscolo; solo di
tanto in tanto osava carezzarle delicatamente i capelli o la schiena minuta.
Mai in un’occasione le aveva chiesto il motivo di tanto dolore, ma ogni volta
che sentiva il bisogno di effondere il suo malessere, l’aveva trovato lì,
appollaiato sulla ringhiera del suo balcone, con il solito libriccino tra le
mani.
Ed ogni volta – senza dire una parola – l’aveva lasciato entrare nella sua
stanza e, seduti sul bordo del suo letto, si era alleggerita di una parte della
sua sofferenza tra le sue braccia, come se Kakashi per qualche ora avesse
voluto portare per lei il peso che le gravava sul petto.
La lasciava solo dopo averla assicurata alle lenzuola, esausta dagli spasmi del
pianto e con le guance arrossate dalle lacrime; aspettava sempre di sentire il
suo respiro farsi regolare prima di richiudersi le ante del balcone alle spalle
e mai una volta Sakura l’aveva ritrovato lì al suo risveglio.
Succedeva sempre di notte, quando nessuno poteva vederli, ed in nessuna
circostanza si erano scambiati una parola: c’erano solo gli occhi profondi di
Kakashi che la osservavano seri e silenziosi, che seguivano ogni suo passo,
ogni suo più piccolo movimento ed avevano imparato a conoscere ogni sua
esitazione: che si trattasse di lanciare un kunai, di sfiorarlo distrattamente
in pubblico, di sorridergli.
Kakashi l’aveva vista dare il peggio di sé e continuava a seguirla con lo
sguardo ogni volta che accennava un movimento, facendola sentire apprezzata,
amata, sebbene l’interesse del suo maestro fosse – e ne era assolutamente certa
– puramente affettuoso.
I pensieri scorrevano vellutati insieme alle acque
gelide quando d’un tratto avvertì dei passi lievi e familiari disturbare il
lento andare della corrente – non le occorse voltarsi per capire a chi
appartenessero.
« Pensavo di averti insegnato a non mentire ai
tuoi compagni, se non necessario » sbuffò Kakashi, guardandola dall’alto
incuriosito.
« E quando avrei mentito? » sorrise debolmente lei, alzando le palpebre giusto
per il tempo di inquadrarlo.
« Quando hai detto di essere stanca » chiarì lui.
« Lo sono, infatti » confermò Sakura « ma non ricordo di aver detto che sarei
andata a letto », aggiunse poi.
Kakashi abbozzò un sorriso.
« Touché » alzò le mani in segno di resa e si incamminò verso la sponda dalla
quale era giunto.
« Va già via? » chiese Sakura, tradendo il suo
vago interesse con una nota d’ansia nel tono.
Kakashi voltò parte del viso verso di lei « Sembra tu non abbia bisogno di me,
stanotte » alluse, leggero.
La ragazza si alzò a sedere sul velo d’acqua, circondando una gamba con
entrambe le braccia e poggiandovi il mento, aggraziata. « Cosa glielo fa
pensare? » domandò, osservando di sottecchi il suo profilo raffinato coperto
dal tessuto della maschera ed illuminato dal chiarore della luna.
« I tuoi occhi sembrano sereni » constatò lui, scrutandola attentamente.
« Lo sono, ora » asserì lei, arrossendo impercettibilmente.
Kakashi le sorrise, nascondendo l’imbarazzo dietro la mascherina, poi volse gli
occhi al cielo ed il suo sguardo si incupì.
« Pensi ancora a lui? » chiese, vago.
Sakura strabuzzò gli occhi e stilò mentalmente una
lista delle persone alle quali Kakashi avrebbe potuto riferirsi; poi,
sinceramente confusa, chiese « A chi? ».
Kakashi sorrise genuino. « A Sasuke » sbuffò « ma presumo di no, altrimenti non
avresti avuto dubbi sul soggetto della mia domanda » constatò, socchiudendo gli
occhi.
Non poté negare di esserne sollevato, immotivatamente.
Avesse dovuto dare una spiegazione a sé stesso, si sarebbe detto che il
mutamento dei sentimenti di Sakura per Sasuke lo allietava per il semplice
fatto che l’amore non corrisposto della ragazza le causava solo sofferenza;
tuttavia, non poteva di certo negare che le attenzioni affettuose di Naruto non
gli fossero sgradite: affatto.
Provava spesso fastidio ogni qualvolta Naruto tentava di toccare Sakura, o
quando faceva di tutto per restare da solo con lei: a quello, Kakashi non aveva
spiegazione.
Sakura lasciò che la deduzione di Kakashi vagasse
nell’aria, senza dare risposte, e ciò lo turbò.
Eppure non poté incolparla: l’aveva seguita fin da
quando si era allontanata, deciso a confessarle ciò che avrebbe voluto dirle da
tempo, pur consapevole di arrecarle dolore.
Si era detto che forse, se l’avesse saputo da lui, avrebbe reagito
diversamente; o ancor di più, non avrebbe subìto il colpo sul campo di
battaglia.
Conosceva l’emotività di Sakura e temeva che la notizia avrebbe potuto turbarla
al punto da portarla a commettere errori; errori che, in guerra, sarebbero
potuti costarle la vita.
Quindi le era corso dietro, ma quando l’aveva vista così rilassata sulle acque
scure del fiume non aveva avuto il coraggio di disturbarla: era rimasto lì, in
attesa, ad osservarla nel buio.
« Sakura... » riprese Kakashi, ed il suo sguardo
si fece ancora più buio e serio « tra non molto comincerà la guerra » buttò lì,
ed osservò la schiena della ragazza irrigidirsi.
« Gaara ha deciso che sarò a capo della Terza Divisione » confessò, senza
alcuna nota di sentimento nella voce, provando un moto d’ansia per l’imminente
reazione di lei.
Lo sguardo di Sakura saettò in sua direzione, impietrito.
Conosceva Kakashi, sapeva che avrebbe dato la vita per ognuno dei suoi
compagni, ed essere a capo di una divisione avrebbe messo la sua incolumità
sulla lama di un rasoio: avere nelle proprie mani la responsabilità di ogni suo
sottoposto lo avrebbe portato a difendere ciascuno di loro, anche a costo della
propria vita.
Nominarlo capitano di una divisione significava metterla a repentaglio mille
volte di più – quasi condannarlo a morte certa.
Scattò in piedi, stringendo forte i pugni lungo i
fianchi.
« Non può farlo! » strillò, puntandogli un dito contro.
« Sakura... » ansimò lui, massaggiando le palpebre pesanti: credeva di essere
preparato a tutto, ma non lo era al peggio.
« No! Non può! Io non posso sopportare di–» si bloccò, sentendo gli occhi
pizzicare, la voce le morì in gola.
Kakashi si voltò d’impulso verso di lei, sorpreso dall’incrinarsi del suo tono;
le si avvicinò cautamente.
« Devo farlo, non ho scelta, e lo sai anche tu » asserì, convinto.
Ed era così: non poteva rifiutare, né voleva farlo. Il fatto che Gaara avesse
scelto proprio lui era un onore, non un onere, sebbene capisse le
preoccupazioni di Sakura.
La sicurezza nella sua voce squarciò il cuore della ragazza che, senza
accorgersene, cadde in ginocchio nelle acque gelide del fiume, turbando il velo
superficiale con le lacrime che fragili cominciarono a fondersi con la
corrente.
« Io non- io non posso perdere anche lei... »
sussurrò, con il respiro rotto dal pianto e lo sguardo vitreo: il viso di
Sasuke si materializzò tra i suoi pensieri, per essere immediatamente
sostituito da quello di Kakashi, senza vita.
Scosse forte la testa, prendendo a pugni l’acqua scura.
Aveva paura.
Sapeva che, a causa della guerra, le probabilità di perdere qualcuno dei suoi
compagni erano alte, ed era preparata a questo.
A perdere Kakashi no, a quello non si sarebbe mai abituata.
Kakashi si chinò su di lei, la raccolse delicatamente come fosse stata un
gattino caduto in una pozzanghera e la trascinò sull’erba umida della sponda
alle sue spalle.
Grondante d’acqua, tremava per il freddo e per i sussulti.
Le afferrò il mento tra il pollice e l’indice
costringendo il viso in direzione del suo, ma Sakura distolse lo sguardo,
evitando di guardarlo negli occhi. Il pianto sembrò placarsi in pochi istanti,
come ogni volta che Kakashi la consolava: aveva il potere di infonderle un
coraggio che non pensava di avere.
« Credi di poterti liberare di me tanto facilmente? » le sorrise, rassicurante.
Lei si tuffò sul suo petto, singhiozzando ancora, questa volta silenziosamente.
Le cinse dolcemente le spalle esili e tremolanti, carezzandole la nuca e
stringendola a sé; poggiò poi il mento tra i suoi capelli, sospirando
pesantemente.
Sakura si lasciò avvolgere dal suo profumo pungente, rilassandosi lentamente
tra le braccia forti: era l’unico modo per lei di sentirsi al sicuro, protetta.
La cullò per tempo indefinito, fino a che il suo pianto non cessò.
Quando il suo sfogo inarrestabile era ormai
divenuto un lieve sussurro, le poggiò entrambe le mani sulle spalle,
scostandola da sé abbastanza da guardarla negli occhi.
« Ascoltami bene: » le disse, rompendo il silenzio « non sono di certo il tipo
di persona che fa promesse » confessò, carezzandosi distrattamente la
collottola; le sorrise imbarazzato e face nascere un debole sorriso agli angoli
delle labbra di lei. « Ma se c’è qualcosa che posso garantirti... » riprese
serio, sfiorandole delicatamente una guancia con le dita «
è che non ho nessuna intenzione di lasciarti, non ancora, non ora ».
Gli argini di Sakura si ruppero ancora, ma questa
volta le sue labbra erano curvate in un mezzo sorriso. Lo guardò dolcemente, e
Kakashi ringraziò di avere metà del volto coperto, così che lei non potesse
vederlo arrossire.
Si strinse ancora a lui, desiderosa di quel
contatto tanto rassicurante.
Kakashi era capace di infonderle fiducia, ciò che lei aveva sempre ricercato in
Sasuke.
E mentre lui l’aveva abbandonata con un “grazie” mormorato dopo averla colpita,
Kakashi era rimasto accanto a lei, a raccoglierne i pezzi.
Si era chiesta a lungo quale fosse la natura dei sentimenti che provava per
lui, illudendosi ogni volta che il suo affetto fosse rispettoso, amichevole; ma
tra le sue braccia, in quel momento, si era resa conto che la paura di perderlo
non derivava solo dalla semplice stima che lo legava a lui.
C’era di più, molto di più, ed era finalmente
pronta a confessarlo.
Si fece coraggio, scostandosi da lui abbastanza da
alzare il viso in sua direzione.
Si morse un labbro, inspirando rassegnata: « Kakashi, io... » provò a dire, ma
la voce la tradì ancora.
Si allontanò di più da lui, sorrise imbarazzata coprendosi il viso con una
mano.
Il suo sorriso umido contagiò quello di lui, che le prese le mani e vi poggiò
le labbra, lieve.
« E’ tutto così assurdo » constatò Sakura,
nascondendo la sorpresa per quel contatto improvviso.
Kakashi l’attirò di nuovo a sé, alzandole ancora una volta il viso in sua
direzione.
« Lo è » confermò, avvicinando il volto al suo.
Poi successe tutto velocemente: Kakashi abbassò la
maschera fino al collo e scattò in sua direzione, e Sakura non seppe se dirsi
più sorpresa dalla visione del suo volto per intero o se per la collisione
delle labbra del suo maestro con le sue.
Fu dapprima un bacio casto, lieve; fino a che non
dischiuse le labbra costringendo Kakashi a fare lo stesso, tramutandolo in
un’accesa espressione di tutto ciò che non era riuscita a dirgli.
Ed in quel momento Sakura sentì il peso del suo cuore scivolare via, con la
stessa fluidità delle acque che scorrevano alle sue spalle: fu solo allora che
capì il perché di quel tormento.
La morsa in cui erano avvolti si fece più stretta
e dopo non molto si ritrovarono distesi al suolo: nudi, vulnerabili, spogliati
di ogni emozione negativa.
Non c’era più la repulsione per quel sentimento tanto sbagliato, non c’era più
il senso di colpa verso Naruto, non c’era più nemmeno il terrore della guerra:
tutto ciò che fino a quel momento li aveva separati, ora sembrava essere il
collante che li teneva insieme.
Dopo tempo imprecisato Sakura poggiò il viso sul
petto di Kakashi e cadde in un sonno sereno ed indisturbato, coccolato dalle
sue dita sottili che flebili le carezzavano i fianchi nudi e pallidi.
Seppe solo che, quando tornarono insieme dai compagni, il sole stava già
sorgendo e la guerra non faceva più così paura.
Ringrazio chiunque abbia avuto il coraggio di
arrivare fin qui.
Un commento, positivo o meno che sia, resta estremamente gradito.
Un abbraccio!
– Gun