Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: La_Sakura    24/07/2018    3 recensioni
Diciassette anni e una città nuova: una sfida per crescere e maturare, ma soprattutto per fare chiarezza con i propri sentimenti. Queste le premesse all'arrivo di Sakura nella ville Lumière. Ma il detto "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" si rivelerà corretto? D'altronde il suo cuore è già impegnato... oppure la confusione nella sua testa aumenterà, fino a farle dubitare persino dei suoi sentimenti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Sono nel mio giardino, a Nankatsu, sotto al ciliegio: Daichi sta giocando col pallone e ogni tanto si volta a guardami, sorridente. Sento il rumore del cancello che si apre, mi volto e vedo Taro entrare: ha in mano il modellino della Tour Eiffel che gli ho finalmente spedito, ma non è felice.
«Credi che mi basti?»
Vorrei parlare ma non riesco a dire nulla, non esce nemmeno un sibilo dalla mia bocca, sembro un pesce… poi una voce mi chiama, forse Tsubasa? Ma gli occhi di fuoco di Taro mi tengono incollata lì, non riesco a muovermi, non riesco a dire nulla, non riesco a…
Mi sollevo all’improvviso, sudata e ansante: Louis scatta all’indietro, spaventato.
«Stai bene?» mi chiede.
Mi volto verso di lui, rendendomi pian piano conto che si trattava solo di un brutto sogno.
«S…sì…» mormoro, scostando le coperte per scendere dal letto.
«C’è una sorpresa per te. – mi dice, sorridendo – Vestiti in fretta, ti aspetto in salone.»
Mugugno qualcosa di incomprensibile, lo sento sogghignare mentre mi dirigo in bagno: una doccia è quello che ci vuole per farmi recuperare lucidità.
Indosso jeans e maglione al volo e mi fiondo in cucina a far colazione, quando sento delle voci arrivare dal salotto… parlano in inglese o sbaglio?
E appena metto piede nella stanza… non posso crederci.
«Mamma…?»
Anzi, la famiglia Ozora al completo: papà, mamma e i miei fratelli!
«Non posso crederci…»
Daichi mi vola addosso e mi abbraccia le gambe, mentre la mia vista si annebbia causa lacrime.
Tsubasa mi si avvicina e mi abbraccia a sua volta, mentre comincio a singhiozzare come una bambina, continuando a ripetere “Non posso crederci… non posso crederci…” come se si trattasse solo un sogno e il risveglio fosse dietro l’angolo.
Mamma e papà si avvicinano, dato che io non accenno a muovermi, e solo così l’abbraccio diventa completo. Vedo Florence e Jean che si asciugano le lacrime, commossi anche loro dalla scena, mentre Louis è in un angolo a braccia conserte con un ghigno malefico sul volto.
«Tu lo sapevi!» gli inveisco contro, ma col sorriso.
«Bien sûr.» annuisce.
«La tua famiglia starà con noi fino ai primi giorni dell’anno, Sakura. – mi spiega Flo, asciugandosi le lacrime nel grembiule – I tuoi fratelli dormiranno in camera con te, per i tuoi genitori abbiamo preparato la camera degli ospiti.»
Commossa da quel gesto la abbraccio forte e lei mi stringe a sé, carezzandomi la testa com’è solita fare.
«Adesso andate, avete dei giri da fare se non sbaglio.»
«Andiamo lo stesso?» chiedo a Napoléon.
Lui annuisce, mentre addenta un croissant.
 
Per Louis non dev’essere facile portare in giro una comitiva di turisti giapponesi che non fanno altro che parlare nella loro lingua, eppure ha resistito tutta la mattina senza lamentarsi. Mentre rientriamo a casa, nel primo pomeriggio, perché lui ha gli allenamenti, mi avvicino e lo prendo sottobraccio, appoggiandogli la testa sulla spalla in segno di gratitudine.
«Ehi, poca confidenza, Ozora.»
«Grazie, Louis.»
«Umpf.» alza gli occhi al cielo, ma un leggero rossore, proprio appena accennato, gli compare sulle gote. Non glielo faccio notare perché so già che addurrà come scusa al freddo, così torno da mio fratello e continuo la disquisizione sulla bellezza della città.
«Quanta confidenza…»
«Tsu-chan, non cominciare: è stato carino, ci ha portato in giro e non si è lamentato, anche se abbiamo parlato giapponese.»
Lui distoglie lo sguardo perché sa che ho ragione, poi sbuffa.
«Sì, in effetti… devo ammettere che… non è poi così male come sospettavo…»
«Ah-ha! – esclamo – L’hai ammesso!»
«Piano però, siamo appena arrivati.»
«Ozora! – ci voltiamo entrambi, ma stavolta Louis chiamava mio fratello, così continua la frase in inglese – Se vuoi oggi pomeriggio puoi farti accompagnare da Sakura agli allenamenti del PSG.»
Lui annuisce (Figuriamoci se rinuncia al calcio…) mentre Daichi mi tira il braccio e mi domanda cosa sta dicendo il mio amico.
«Dice che oggi pomeriggio andiamo a vedere un allenamento di calcio, sei contento?»
Manco a dirlo, Daichi è entusiasta della proposta: alzo gli occhi al cielo, mio padre mi poggia una mano sulla spalla.
«Abbi pazienza, Sacchan: voi Ozora il calcio ce l’avete nel sangue.»
«A quanto pare…»
«Noi staremo a casa a riposarci e a dare una mano alla tua maman. – adoro sentire mia madre esprimersi così – Abbiamo una certa età e ci dobbiamo riprendere dal viaggio!» scherza.
E così, passo il pomeriggio seduta sugli spalti ad osservare i ragazzi del PSG correre avanti e indietro, con Tsubasa che li scruta attentamente e si agita sul posto ogni volta che vede qualcosa di interessante, e Daichi che non sta fermo un minuto e vorrebbe correre in campo per calciare la palla.
«Adesso basta, Daichi Ozora, se non stai fermo ti riporto immediatamente a casa da mamma e papà!»
Inutile, manco mi ascolta.
«Lascialo fare, è sovraeccitato perché ci siamo entrambi. Credo che tu gli manchi molto.»
Il piccolo ci raggiunge in quel momento e si piazza in mezzo a noi, sempre in piedi, continuando a guardare il campo, ma posando le manine sulle nostre ginocchia.
«Anche voi mi mancate molto… soprattutto tu, Tsu-chan… mi sento come la Eiko Maru in mezzo a una tempesta…»
«Perché?»
«Perché mi sembra di non riuscire a combinare nulla di buono…»
«Ah, Sacchan, smettila una volta per tutte! – esclama con piglio deciso – Vuoi metterti in testa che tu vali, e anche molto? Ma ti senti quando parli con loro? Sei perfetta, non hai tentennamenti, non hai indecisioni, fili via dritta! Che io per parlare portoghese così perfettamente ci ho messo un anno, e avevo anche preso lezioni da Carlos!»
Arrossisco e abbasso lo sguardo.
«Mi piace molto stare qui, mi piace parlare un’altra lingua, mi piace interagire con questa cultura diversa…»
«Potresti studiare lingue, all’università.»
«Kamisama, Tsu! Prima devo finire la scuola!»
«Quando rientri?»
«Maggio… sarà un delirio recuperare questo anno… ma il professor Yamamoto ha detto che mi aiuterà, terranno conto dell’esperienza che ho fatto.»
«Sacchan, a differenza mia, hai sempre avuto voti altissimi a scuola, vedrai che ce la farai benissimo.»
Gli poggio la testa sulla spalla, lui ovviamente ha continuato a parlare senza distogliere lo sguardo dagli allenamenti; Daichi si stringe a me, tremando leggermente.
«Hai freddo, Dai-chan?»
«No… ho la pipì!»
Scoppio a ridere e gli passo una mano fra i capelli, poi mi alzo e lo prendo per mano.
«Andiamo, di fronte allo stadio c’è una cafeteria, ti porto lì, così prendo da bere.»
«Vi aspetto qui.»
«Non avevo dubbi, Tsu!»
Daichi saltella cercando di trattenersi, e quando arriviamo alla tanto agognata toilette ci si fionda dentro: lo accompagno e lo aiuto, poi usciamo e lo vedo avvicinarsi al lavandino per lavarsi le mani.
«Le ho lavate, Sacchan.»
Annuisco e gli accarezzo la testa, chinandomi verso di lui.
«Hai fame? Prendiamo la merenda?»
Fa di sì con la testolina e si allunga per farsi prendere in braccio, quindi ci avviciniamo alla vetrina dei dolci.
«Che dici, prendiamo quelle con la cioccolata? E le portiamo anche a Tsu–chan?»
«Sì però lui mangia quella più piccola, perché dopo ingrassa e non fa più goal.»
«Sakura! Che ci fai qui?»
Mi volto riconoscendo la voce di Chevalier, ma il sorriso mi muore sulle labbra quando lo vedo in compagnia di Nathalie Durand, la leader del gruppetto di ragazze della nostra classe.
«Ah, a mio fratello scappava la pipì, e così…»
«Ma è Daichi? – Jacques sorride entusiasta e si avvicina a noi, e so che questa è un’altra X sul mio nome, dato che lui sta distogliendo l’attenzione dal suo appuntamento per concentrarla su di me – Ciao piccolino!» lo saluta. Daichi appoggia la testa sulla mia spalla e sorride intimidito.
«Coraggio, digli ciao, come ti ho insegnato?»
«Salut…» mormora lui, per poi voltargli completamente le spalle.
«Ah, ma allora essere poliglotti è un vizio di famiglia! – ride lui divertito – Come mai è qui?»
«I miei mi hanno fatto una sorpresa, passeranno qualche giorno qui…»
I suoi occhi si illuminano.
«Ma che meraviglia! Sei felice?»
«Molto…» annuisco. Dietro di lui, Nat tossicchia per attirare la sua attenzione.
«Arrivo. – la liquida, per poi tornare a concentrarsi su di me – Ma c’è anche Tsubasa? Allora stasera porti anche lui alla cena di classe?»
«Abbiamo già prenotato. – si intromette la bionda capoclasse – Non possiamo aggiungere posti.»
«Oh, non ti preoccupare, anzi, scusate ma credo che non verrò.»
«Insisto! – continua lui, incurante – Anzi, anche Yves sarà felice di conoscere tuo fratello, vedrai.»
«Ah, io… non saprei.»
«Rimaniamo d’accordo così, vi passiamo a prendere noi! Ciao Sakura! Ciao piccolo!»
Li saluto con la mano libera, dato che col braccio destro sto sorreggendo Daichi. Scuoto la testa mentre ordino tre pains au chocolat e torno da Tsubasa: gli allenamenti sono finiti e lui sta chiacchierando con Louis che, come al solito, è sveltissimo a farsi la doccia.
«Tenete, ho preso la merenda.» dico in inglese, porgendo il sacchetto ai ragazzi.
«Ma sono tre.»
«Mi è passato l’appetito… – mormoro, poi mi volto verso Louis – Ho incontrato Chevalier con la Durand. Mi hanno ricordato la cena di classe di stasera, speravo di salvarmi ma Jacques mi ha chiesto di portare anche Tsubasa.»
«Uh. Non ti invidio. Però fossi in te ci andrei.»
«Dici?»
«Dico. – annuisce, addentando il pain au chocolat e porgendomelo per farmene addentare un pezzo a mia volta – Vai e divertiti, hai la mia benedizione!»
Scuoto il capo divertita, e cena di classe sia.
 
Tsubasa è divertito e leggermente sconvolto dalla varietà dei miei compagni di classe: inutile dire che Yves e Jacques gli si sono attaccati tipo cozze, e la cosa un po’ mi ha fatto piacere dato che in questo modo non si è sentito isolato. Un paio di compagne l’hanno osservato a lungo, per poi guardare me e bisbigliare qualcosa tra di loro, sicuramente avranno notato che, no, non ci assomigliamo, se non per il taglio degli occhi.
Siamo finiti in un locale dove fanno anche karaoke, ogni tanto qualcuno si attenta ad andare a cantare: abbiamo occupato un tavolone enorme, con dei divanetti, e nello specifico noi quattro ci siamo appartati in un angolo. Mentre Jacques e Tsubasa stanno disquisendo su chi si meritava il pallone d’oro quest’anno, Yves attira la mia attenzione e indica il ragazzo che sta cantando.
«Ci lanciamo in un duetto?»
«Stai scherzando spero!» rispondo, inorridita all’idea di mettermi a cantare davanti a tutti.
«Non vorremmo che ci si rompessero i timpani.»
Nat Durand non perde occasione per punzecchiarmi, questo si sa. Si siede sul divanetto accanto a me e mi appoggia una mano sul ginocchio.
«Cara, poi dovrai spiegarmi come fa quello a essere tuo fratello, dico sul serio. Lui ha classe, è elegante, insomma, si vede che ha fascino, mentre tu… sei un po’ scialba, ecco. Dovresti tenerti un po’ di più.» e così dicendo, solleva una ciocca di capelli, che ho lasciato sciolti, e li lascia ricadere sulle mie spalle.
«Natalie, ora stai esagerando.» lo sguardo di Yves è scuro, temo sia sul punto di perdere la pazienza. Io vorrei farmi piccola piccola e sparire.
«Oh, il principe che arriva a salvare la dama in difficoltà… – si porta una mano alla bocca fingendo commozione – Che cosa tenera.»
«Se preferisci, c’è anche il suo cavaliere
Stavolta è Jacques che ha parlato, e la battuta con il suo cognome è davvero geniale.
«Io non capisco cosa ci troviate in lei. – sbotta Valérie, il braccio destro di Natalie – È straniera
Questo è troppo.
«E allora?! – scatto in piedi rischiando di rovesciare il tavolo – Questo vuol dire che ho diritto a meno rispetto? Questo vi dà il permesso di trattarmi come una scarpa? Io dico che avete uno strano concetto di “ospitalità”, voi francesi.»
Tsubasa mi posa una mano sulla spalla e io gli sussurro un gaijin che racchiude il succo del discorso. Perché per quelle stronze delle mie compagne di classe, sono e rimarrò sempre una straniera.
«Andiamo a casa, Tsu-chan. – gli dico, nella nostra lingua madre – Non ha più senso rimanere qui.»
Raccolgo la mia giacca e la mia borsa ed esco dal locale, seguita da mio fratello che, al contrario di me, ha salutato i miei amici. Non proferiamo verbo per tutto il tragitto verso casa Deville, l’unico gesto che compie è quello di asciugarmi le lacrime che cerco invano di trattenere.
«Sacchan… – mi blocca mentre sto per aprire il portone di casa – Non te la prendere… essere stranieri non è una brutta cosa.»
«Mi arrabbio perché non hanno neppure fatto il gesto di conoscermi. Hanno dato per scontato che fossi una brutta persona e hanno iniziato ad attaccarmi.»
«E comunque… – aggiunge in ascensore – Ritrovarti con un carattere così fumantino è una piacevole sorpresa.»
Mi dà un buffetto sulla testa che si trasforma in un abbraccio, mentre io non posso fare a meno di ridacchiare e crogiolarmi in quel calore fraterno.
«Mi sei mancato, Tsu-chan!»
 
La mattina di Natale mi alzo insieme a Tsubasa e mentre lui va a farsi una corsa nei dintorni, io mi chiudo in cucina. Louis compie gli anni, e io, che l’ho scoperto per caso, non voglio farmi trovare impreparata, così ho deciso di fargli una torta.
Dal ricettario di Flo ne ho scelta una semplice ma ad effetto, si chiama Torta Paradiso. Tengo il dizionario accanto alla ricetta e inizio a lavorare, seguendo alla lettera quello che c’è scritto… o quasi.
Una volta infornato l’impasto, mi siedo davanti al forno e osservo la cottura, sperando che il dolce lieviti a dovere.
«Stando alla ricetta, dovrebbe diventare alta e soffice… – mormoro – ma non mi sembra che lo stia facendo…»
Sono talmente concentrata che non mi accorgo della presenza alle mie spalle, e quando una mano mi tocca la spalla sussulto spaventata.
«Buongiorno! – mi sorride Florence – Che ci fai sveglia a quest’ora?»
«Ho voluto provare a preparare un dolce per Louis, visto che oggi è il suo compleanno, ma… temo che il risultato non sia come mi aspettavo…»
La vedo scrutare nel forno.
«Non disperiamo, lasciala cuocere per bene. È una torta Paradiso? – annuisco – Che ne dici se prepariamo una crema inglese come accompagnamento?»
«Una…?»
Prende il ricettario e lo sfoglia, fino ad arrivare alla ricetta di una crema. Leggo velocemente, capendo il giusto, poi la guardo.
«Beh… come vuoi… se dici che ci sta bene…»
«Vedrai – mi sorride sicura – Farai un figurone!»
In effetti, una volta pronta e messa in frigo, la crema sembra proprio invitante. Anche la torta, che fa bella mostra di sé sul tavolo della cucina, ancora fumante, ha un ottimo aspetto. Sorrido soddisfatta mentre mio fratello entra nella stanza.
«Mmh, una bella fetta di torta è quello che ci… ahia! – si massaggia la mano che ho colpito con un cucchiaio di legno – Sei impazzita?»
«Non è per colazione.. L’ho fatta per Louis. È il suo compleanno.»
Mi lancia un’occhiataccia mentre ripiega su un croissant che Jean ha portato in questo momento.
 
Questi giorni di vacanza insieme alla mia famiglia sono volati e sono stati piacevolissimi: ho declinato l’invito a casa di Jacques per l’ultimo dell’anno, con la scusa di volerlo passare con la mia famiglia. In realtà non avevo nessuna voglia di ritrovarmi faccia a faccia con le persone che hanno assistito alla mia sfuriata, la sera della cena di classe. Yves si è presentato un paio di volte a casa Deville, una per portarmi il suo regalo di Natale, l’altra per chiederci se volevamo andare a pattinare sul ghiaccio, poi ha capito la situazione e non ha più detto nulla.
Sono stati giorni importanti, per me e Tsubasa: ci siamo riavvicinati come non mai. L’adolescenza è sicuramente un’età difficile, passarla lontana può mettere a dura prova; ma occuparci insieme di Daichi, vederlo sorridere, vedere come ci cerca con lo sguardo, come ci copia mentre siamo a tavola, come ci corre incontro e ci prende per mano… siamo il suo esempio da seguire, e dobbiamo comportarci in maniera esemplare con lui.
«Speriamo che non faccia patire la mamma così come abbiamo fatto noi…» mormoro, osservando Daichi che gira sulla giostra dei cavalli.
«Uh?»
«Andandosene…»
«Se anche lo facesse, mamma non direbbe nulla, lo sai.»
«Mi sembra invecchiata…»
«Daichi è un vulcano di energia, facciamo fatica persino noi a stargli dietro. Sacchan, non temere: mamma è una donna forte…»
Annuisco: ne sono consapevole, forse sono solo i sensi di colpa a farmi parlare così.
«Beh, allora… questa tua “amicizia” con Napoléon…»
Alzo gli occhi al cielo e sorrido.
«Tsu-chan…»
«No, niente guerra. – alza le mani in segno di resa – Sono solo… piacevolmente sorpreso dall’occhio di riguardo che ha per te, tutto qua. Forse mi sono preoccupato troppo e inutilmente. E anche Jacques e Yves… sono dei bravi ragazzi, e tengono molto a te. Hai fatto breccia.»
Arrossisco leggermente e distolgo lo sguardo da lui.
«Hanno preso molto a cuore la mia causa, mi vogliono bene, è… bello.»
«Ti fa sentire meno a disagio, e meno lontana da casa.» aggiunge lui, con l’aria di chi la sa lunga.
Appoggio la testa alla sua spalla e chiudo gli occhi, mentre la musica della giostra su cui è Daichi finisce.
«Lontani, ma vicini… vero Tsu-chan?»
«Vero…» annuisce lui, passandomi un braccio attorno alle spalle e mi deposita un bacio in testa.

 
 
Sorpresone!! Ci voleva qualcosa per risollevare il morale della nostra amica... e quale sorpresa migliore della famiglia al completo?
Ma adesso, i quesiti aumentano! Il nuovo anno inizierà col botto? Tsubasa smetterà di far pedinare la sorella? Louis cambierà il suo carattere e sarà meno burbero? Ma soprattutto, chi spingeva i cavalieri ad andare a battersi coi draghi?
Lo scopriremo solo su Rieduchescional Ciannel!
E niente... il caldo mi dà alla testa! 
Bacioni a tutti
   
 
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