Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Diana_96writter    24/07/2018    0 recensioni
Quando neanche il tempo cancella la tenera carezza dell'amore, quando neanche gli occhi riescono a celare l'anima, quando la distanza non riesce a recidere un legame. Una storia che ama la vita e la libertà di viverla, una poesia che narra un'amore che non muore, una storia che non riesce a far del male a chi si ama e ammette il sacrificio, una poesia che non lo permetterà.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il corpo che s’irrigidiva al ritorno dal sonno costrinse Adren a svegliarsi ma non a muoversi, il profumo che non gli apparteneva inebriò tutti i sensi inducendolo ad aprire gli occhi per trovare la causa: «È un buon profumo». Mosse il volto per tornare sul morbido sfregando la guancia sul tessuto: «È inebriante, mi è famigliare». Avvertire che qualcosa sotto il viso si irrigidiva lo costrinse a riemergere da quel campo di fiori in cui si era lasciato cadere. La sedia davanti al letto era vuota, l’immagine di lei attraversò i suoi occhi come un petalo di rosa portato dal vento: «Evee». Sussurrò appena senza riuscire a ricordare di averla vista uscire dalla stanza: «Ti sei svegliato?». La domanda cercò ancora di riportarlo indietro, si chiese di chi fosse la voce, se l’avesse solo immaginata, poco a poco riprese sensibilità e i movimenti discordi ai suoi che chiedevano di essere resi liberi lo indussero a verificare perché il materasso sembrasse così diverso. Si sollevò sulle braccia e il corpo bloccato dal suo peso riprese fiato e forma. Osservò perplesso i bottoni bianchi e la pelle rosea al di sotto del tessuto nero e merlettato, lo sguardo accarezzò dolcemente i lineamenti del collo, la forma del mento e si fermò alle labbra rosee dischiuse. Poco a poco riprese fiato alla comprensione di quel che stava osservando, inconsciamente cercò le due perle d’ossidiana, erano in attesa della sua reazione, e sembravano rese più intense dal rossore sulle guance, i capelli erano scombinati e sparsi sul materasso e sul cuscino: «Adren, sei sveglio?». Rimase a guardarla senza parole in cerca di una spiegazione, voltò di colpo lo sguardo sulla sedia nella speranza di averla solo immaginata, ma al movimento che si sottraeva all’immobilità della posizione, indietreggiò portando una mano alla fronte, cercando di ricordare se avesse fatto qualcosa che non doveva. Evee si sottrasse lentamente al suo corpo, stringendosi nelle spalle, abbassando lo sguardo a quella notte passata stretta tra le sue braccia: «Cosa…?». Chiese appena sedendosi sul letto a gambe incrociate e ad occhi spalancati, Evee prese fiato per calmare il battito cardiaco di un risveglio caldo che da tempo immemore non la emozionava: «Quando ho cercato di cambiare il fazzoletto, mi hai afferrato il polso capovolgendomi sul letto, non ho avuto il tempo di liberarmi, mi sei svenuto praticamente addosso, non potevo muoverti, non sono riuscita a liberarmi e sono rimasta immobile, mi dispiace avrei dovuto fare più attenzione». Si alzò dal materasso sistemando la divisa e le scarpe, scuotendo le spalle e sistemando i capelli per rendersi presentabile, chiuse la porta tenendo stretta la mano sul petto, batteva all’impazzata senza darle respiro, doveva calmarsi per spiegare come mai non fosse uscita la sera precedente. Dopo qualche respiro e le guance ormai non più colorate aprì la porta sorprendendo le guardie: «Non vi abbiamo vista entrare». Chiese chi aveva cambiato di turno: «Il Principe era agitato, sono rimasta per controllare le sue condizioni con sua specifica richiesta per evitare di allarmare l’ala medica, evitate di riportarlo, sarebbe per lui un problema, mi congedo temporaneamente».

Camminava verso la cucina con la mente avvolta in quel risveglio, non riusciva ad allontanare dalla memoria la sua presenza, quell’abbraccio le aveva acceso qualcosa nel petto, un dolore che fu costretta a sopportare mentre rientrava per portargli la colazione. La risposta le concesse il permesso di entrare, quasi ad occhi chiusi temette di sorprenderlo in una scomoda immagine, ma il ragazzo era semi steso sul letto a riemergere dalla stanchezza. Appoggiò il vassoio sul comodino confusa sullo sguardo perso del ragazzo, sfiorò appena la sua fronte e non mancò di notare il sussulto al suo tocco: «Sembra che la febbre sia passata, Lord Gerard attende di essere rassicurato e di riprendere la conversazione ieri interrotta, se doveste avvertire ancora stanchezza o spossatezza, vi prego di informare l’ala medica a riguardo, in caso contrario, verrò a portarvi il tè a metà della mattinata». Adren accennò ad un si senza aggiungere nulla, Evee riprese con sé il candelabro ormai consumato privo di candele e il libro lasciato lì, mettendolo a posto dopo essere uscita dalla stanza: «Con permesso». La lasciò andare senza farle notare quanta formalità avesse usato, sospirò appoggiando la testa alla spalliera, i pensieri erano  fermi al ricordo del profumo dolce ormai trattenuto nella sua memoria e a una melodia appena accennata nei suoi ricordi.

A metà della mattinata Dylan entrò dopo aver avvertito della sua presenza consegnando al maggiore il suo rapporto: «Com’è la situazione?». Dylan allungò il foglio sorpreso, lasciando che lo visionasse prima di puntualizzare, quando il maggiore allontanò lo sguardo dal foglio chiedendogli spiegazioni Dylan alzò le spalle: «Le tasse che pagava erano troppo alte per pagare buoni fornitori di materiale primo e con la qualità diminuita anche le vendite sono calate, quando era ormai sul lastrico qualcuno si è offerto di finanziarlo in cambio di copertura per riciclaggio, con la famiglia da mantenere e il matrimonio della figlia da organizzare ha deciso di accettare. La moglie è morta qualche anno fa, e la figlia incinta ha perso il bambino, avremmo voluto sapere di più sul suo finanziatore ma ne era talmente spaventato che ha preferito togliersi la vita anziché riscattarsi, è stata una tragedia. Ho condotto un’indagine a larga scala ma nessuno sapeva nulla di quel che c’era dietro i finanziamenti, gestiva tutto lui, la storia non ha avuto un lieto fine come speravo». Adren chiuse il fascicolo perplesso: «Procediamo con cautela, dei soldi riciclati sai qualcosa?». Dylan negò riprendendo il rapporto: «Non ci sono state rapine di alta taglia, certo impossibile è prevenire tutti i furti ma non ho trovato riscontri che richiedessero un riciclaggio per nasconderne le prove, posso solo ipotizzare che siano state portate al termine fuori dal regno, sarebbe utile sapere se i briganti da cui è stata addestrata abbiano in mente qualcosa di grande o sia solo questo castello nei loro interessi». Adren sospirò alzandosi: «Alla fine si è trasformato in un vicolo cieco». Bussarono di nuovo alla porta, Evee entrò portando dentro un vassoio con due tazze: «Ben rientrato Dylan, sembri infreddolito, vuoi un po’ di tè?». Accennò ad un si perplesso, tornando a prestare attenzione al maggiore: «Ho saputo che ieri avete sospeso il vostro lavoro per riposare, vi sentite meglio?». Adren accennò ad un si senza allontanare lo sguardo dai fogli: «Era solo stanchezza accumulata, Evee…». Bloccò la frase indeciso se farla diventare una domanda, un ordine o semplicemente una frase, la ragazza però anticipò la scelta sorridendo e chinando il capo dopo aver lasciato le tazze sul tavolino: «Ho degli arretrati in cucina, è il mio turno di pulizie, se avete bisogno sarò a vostra disposizione». Salutò con un cenno della mano uscendo, Dylan non si era lasciato sfuggire l’aria tesa e rigida che aveva invaso la stanza: «È rimasta al vostro fianco?».
Adren aveva voltato lo sguardo verso l’esterno, Dylan si sorprese alla malinconia che trasmetteva chiedendosi cosa fosse successo, temette che i due avessero litigato ma la tranquillità con cui si erano risposti mise fuori strada la tesi, al contrario accentuò quella che poteva essere successo qualcosa fuori programma che li aveva improvvisamente allontanati: «Fratello?». Sospirò avanzando verso il balcone: «Quanto conosci dell’incidente tra i due feudi?». Guardò la porta pensando a Evee: «Ricordo che il motivo riguardava il matrimonio dell’erede di una delle due famiglie in contrasto con la seconda che voleva il controllo di entrambi i feudi». Adren accennò ad un no tornando a sedersi sul divanetto di fronte alla tazza fumante: «Il motivo era un matrimonio ma non come lo hai inteso». Dylan prese posto di fronte a lui in attesa della chiarezza che stava per puntualizzare: «Avevo poco più di un paio d’anni, non ricordo molto in merito». Adren chiuse gli occhi rilassando le spalle: «Per rafforzare l’unione che già c’era tra i due feudi, cercarono di sigillare l’accordo con un matrimonio combinato, i rapporti si inasprirono quando una delle due duchesse fu riconosciuta idonea alla candidatura come consorte per la famiglia reale». Dylan sussultò guardandolo ad occhi spalancati: «Non penserete…». Adren accennò ad un si stringendosi nelle spalle: «La guerra scoppiò poco dopo il ballo organizzato in onore del mio incontro con la duchessa candidata». Dylan appoggiò la tazza sul tavolino senza parole alla tesi che stava avanzando il fratello: «Sarebbe una combinazione fortuita se fosse così».  Adren accennò di nuovo ad un no confondendolo: «Ricordo, la prima che doveva andare in sposa all’erede del secondo feudo si chiamava Corine e la seconda…il suo nome era Eveleen, le due erano gemelle ma le distingueva una voce melodiosa, era soave come quella di un angelo, aveva circa quattro anni, con i tempi ci troviamo, ho pensato al fatto che continuasse a ripetere che il suo nome era Evee, se così fosse, vorrei tanto sapere come ha fatto a salvarsi e se sia l’unica sopravvissuta, si dice che i gemelli siano connessi tra loro e che alla perdita di uno soffrano per due vite, ma per quanto cerchi di spronarla non intende dirmi di più. Sul disegno che mi rappresenta, l’intaglio che vedi all’angolo è sostituito con uno stemma, è troppo confuso perché si riconosca e non assomiglia a nessuno dei due feudi, mi chiedo quanto meriti quella storia che la avvolge».  Dylan osservò i disegni che Evee gli aveva lasciato e il particolare della scrivania diverso da quello reale, Adren era più confuso di lui ma non accennò a dire di più, il silenzio divenne quasi un ordine e Dylan si congedò lasciandolo nella malinconia che non era riuscito a nascondere.

Quella tesa situazione si sciolse poco a poco durante la settimana, anche il consigliere Gerard non fece più caso alla presenza costante della cameriera, intrattenne le pause non più con Adren ma con Belle a parlare di ogni tipo di argomento, ormai anche Dylan la guardava come se aspettasse qualcosa. Appoggiò il piatto con un pezzo di torta sul tavolino assieme all’immancabile tazza di tè: «Non ti avevo detto di preferire il salato?». Evee sorrise avvicinandosi alla porta finestra: «È una torta salata, ma se non la vuoi la mangerò io». Adren si alzò dalla scrivania per prendere posto: «Non credi sia ora di un altro di quei disegni?». Evee sussultò sorpresa alla richiesta: «Se proprio ci tieni». Rifiutò la torta tornando a lavorare lasciando alla ragazza la possibilità di disegnare. Dylan entrò dopo aver ricevuto il permesso osservando Evee alzarsi con un foglio in mano, lo porse al Principe uscendo con un cenno: «Un altro?». Adren lo visionò curioso del nuovo caso a cui pensare, ma irrigidì le spalle spalancando gli occhi, quando nell’immagine si trovò rappresentato in quel risveglio che avevano condiviso, dalla prospettiva della ragazza. 
L'espressione sorpresa del risveglio, gli occhi che l’avevano osservata non gelidi ma così caldi da restargli impressi nella memoria, la prospettiva delle braccia che sollevavano il corpo maschile vista dal basso. Adren portò una mano alla fronte per reggerla e impedire ai suoi occhi di guardare il disegno e ricordare invece la ragazza mista tra stupore ed emozione rimasta incastrata sotto di lui. Dylan si avvicinò curioso della reazione osservando sorpreso l’immagine e scendendo a leggere una frase appena visibile alla base della pagina: «Vederti assumere quell’espressione è stato diverte e interessante». Dylan alzò un sopracciglio perplesso guardando il fratello irrigiditosi alla lettura a voce alta: «Quando avrebbe avuto questa occasione?». Adren sospirò ruotando il disegno cercando di nascondere l’imbarazzo con l’irritazione: «Le sono svenuto addosso quando non mi sentivo bene, intontito dalla febbre non ho fatto caso alla situazione in cui ero, pensavo fosse stato un sogno e invece evidentemente mi sono difeso dai miei incubi coinvolgendola». Dylan sorrise allontanandosi accennando una risata: «Auguriamoci che non se ne faccia un vanto». Adren lo guardò sorpreso: «E quella reazione?». Dylan gli diede le spalle incrociando le braccia: «Avete avuto il coraggio di offrire a me e Belle una bicchiere di pregiato liquore senza specificare, il fato vi ha reso il favore». Chiuse la porta scoppiando in una risata silenziosa guardando il corridoio dove Evee lo stava aspettando: «Te ne ha parlato?». Sapeva già di quell’incidente, le guardie non erano riuscite a tenere chiusa la bocca e quando le voci erano arrivata a Dylan, era stata costretta a raccontare a grandi linee la verità: «Belle ha trovato alcune ricette interessanti, vorrebbe mangiare insieme a voi e mi ha chiesto di fare da cameriera personale in cambio di una porzione della sua cucina». Dylan sorrise ormai calmo dalle risate, si fermò davanti al bivio salutandola e cambiando strada: «Ci sarò».

A quell’assaggio culinario erano stati invitati anche Lourens, cavaliere e consigliere personale del principe, Eloise una delle poche donne abili nello scontro con le spade a suo servizio da svariato tempo. Belle entrò assieme a Evee, portava un carrello colmo di portate: «Mi auguro saranno di vostro gradimento». Servì tutti i presenti gustando da sola la sua porzione senza destare troppi sospetti: «Sicura di voler mangiare da sola?». Sorrise lasciando il piatto sul carrello: «Non posso sedete al vostro stesso tavolo». Dylan prese posto di fronte a lei per guardare fuori: «Dylan, ti andrebbe una storia?». Sussultò sorpreso della domanda: «Solo se non è una storia che conosco». Evee sorrise, aveva recepito il messaggio: «Tempo orsù quando la capitale non era ancora Riusse ma Ramona appena ad Ovest del regno, un giovane viandante intraprese l’ardua strada delle montagne per passare i confini tra i due regni, le montagne si rivelarono più insidiose del previsto, il cavallo che guidava da terra fu coinvolto in una caduta mortale accolto malamente nella vallata sottostante assieme a tutto quel che portava, vivande e denaro. Salvo per miracolo si aggirò per la città in cerca di cibo e riposo ma non aveva beni con cui pagare i servizi, vagò per qualche tempo tra le vie affamato e stanco quando si eresse a lui vicino una locanda di legno color ocra, non aveva nome né insegna, preso dalla speranza di essere stato graziato entrò ad esplorare il luogo, nessuno lo accolse all’entrata tranne il bancone impolverato. Il buio spettrale della sala era circondato da un silenzio tetro come il mobilio, voci spaventate e rotte dal dolore discendevano dal piano superiore, sebbene temesse ad avanzare alla fine decise di scoprire cosa quella locanda celava, una sola stanza con la targhetta d’oro sembrò urlargli di scappare ma ignorando gli avvertimenti entrò. Quel che oltre vi trovò lo sconvolse al punto da stordire la sua mente ma tornare indietro non gli fu possibile la porta era svanita lasciandolo preda di quel che aveva scoperto, chiese aiuto al cielo per scampare al pericolo e si nascose nell’unico mobile capace di contenerlo, un armadio, in preda al panico si rifiutò di guardare cos’altro accadeva in quella stanza, l’aquila ferita a morte e un mostro che si stava cibando delle sue carni ancora calde e vive, scalciò con un piede attirando l’attenzione del mostro, terrorizzato alla morte si accorse che il pannello dell’armadio nascondeva una via, non sapeva se lo avrebbe salvato o reso impotente, poteva solo pregare, discese nel cunicolo rigettato nel vicolo maleodorante, non seppe dire se fu grato di essere sopravvissuto ad un mostro o di essere ancora in vita a patire la fame e la stanchezza».

Dylan la guardò affascinato dal modo in cui usando le parole sembrava disegnare davanti a lui la scena come su dei fogli di carta: «E cosa successe all’aquila e al viandante?». Evee sorrise preoccupata osservando l’esterno: «Nessuno dei due sopravvisse». Dylan si strinse nelle spalle, quello era sicuramente un avvertimento, Evee riprese respiro allontanandosi dalla finestra: «Sono di nuovo in servizio». Prima di abbandonare la sala e lasciarlo ai suoi doveri, cercò di dargli una speranza: «Dylan, il finale può essere riscritto, infondo siamo noi a scrivere la nostra storia».
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Diana_96writter