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Autore: willsolace_leovaldez    24/07/2018    1 recensioni
*AVVERTENZA: QUESTA STORIA NON TIENE MINIMAMENTE CONTO DEI FATTI NARRATI ALL’INTERNO DELLA TRILOGIA “LE SFIDE DI APOLLO”, PERTANTO NON CONTIENE SPOILER! BUONA LETTURA!*
Sono infinite le storie che narrano le gesta dei semidei. Esseri umani dotati di poteri straordinari, nati dall’unione tra un mortale e una divinità, che da millenni combattono contro i mostri che vogliono distruggere il nostro mondo. Ma poche, quasi nulle in verità, sono le storie riguardanti alcuni particolari semidei. Più potenti e più forti di un normale mezzosangue, nati non da una, ma da due divinità. Mandati sulla Terra dai loro genitori, talvolta per errore, talvolta con uno scopo ben preciso. Sono rari, pressoché sconosciuti, ma esistono. Vengono chiamati “Figli del Cielo”. E sono tra di noi.
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7
Il peso della guerra


Accadde tutto all’improvviso. Una sera, dirigendoci verso il falò, trovammo i romani in schieramento da guerra, pronti ad attaccarci. Nel loro accampamento vi era una nuova tenda, di dimensioni maggiori rispetto alle altre, bardata di ora e porpora e circondata da soldati a fare la guardia. Will mi si avvicinò e mi circondò le spalle con un braccio 
-Pensi che quella sia la tenda di quell’Ottaviano? È il loro generale? I romani antichi li avevano- chiesi
-Anche i greci antichi li avevano, ma non per questo noi li abbiamo-
-Sì ma noi abbiamo i capocabina. E poi guarda là, quella è chiaramente la tenda di una persona importante e ci sono tutti i soldati pronti. È arrivato il momento, non è così? La guerra sta per scoppiare- non volevo una risposta, e Will lo sapeva. Avevo solo avuto il bisogno di dirlo ad alta voce, per renderlo più reale. 
-Giuls, cosa c’è che non va? È da un po’ che sei strana.- rimasi zitta, a guardare le legioni nemiche. Non sapevo che rispondere. Will rimase in silenzio per un po’
-Chirone mi ha detto che non sei più andata agli appuntamenti. Perché?-  insistette. Mi sentii terribilmente in colpa. Stava dicendo la verità. Dopo essere andata dai figli di Ecate per aiutarmi con il guanto avevo cominciato ad inventarmi delle scuse per non andare più alle visite di Chirone, mentendo sia a lui che a Will. Mi sarebbe tanto piaciuto dire la verità a mio fratello, ma non potevo mettergli più peso sulle spalle di quanto non ne avesse già. Mi aveva già parlato di quanto si sentisse inadeguato per il ruolo di capocabina e di quanto gli risultasse difficile gestire tutto, non potevo chiedergli di mantenere anche il mio segreto. E poi quella era una cosa di cui dovevo occuparmi da sola. 
-Ho paura. Ho paura di quello che potrà succedermi, succederti- mentii
-Non mi succederà niente-
-Ti sbagli. Sei mio fratello. Gea mi vuole e farà di tutto per ottenermi, soprattutto ferire te-
-Ne abbiamo già parlato Giulia. Non importerebbe niente!-
-E io ti ho già detto che io non ti lascerò morire a causa mia!-
-Giulia non capisci, se non sarai pronta a sacrificare qualche vita, sacrificherai il mondo intero-
-Oh idiota! Non lascerò che il mondo imploda. Ma non a costo della tua vita. A costo della mia.- 
-Giulia cosa…-
-Se veramente si arriverà al punto in cui dovrò scegliere se unirmi a Gea o sacrificare voi, sceglierò una terza via. Sacrificare me stessa. E voi non potrete fare nulla per impedirlo. E non lo farete-
-Come pensi che potrebbe giovarci la tua morte? Gea si vendicherebbe con ancora più crudeltà-
-Ma non ci arrivi? Gea ha mostrato fin troppo interesse nei miei confronti. Per lei sono una potenziale arma letale, senza la quale dubito sarebbe in grado di distruggerci tutti.- feci una pausa, aspettando inutilmente che lui capisse da solo -Lei è debole, l’ho percepito, prima che il legame sparisse. Vuole usarmi come fonte di potere, secondo me, per poter recuperare le forze necessarie. Ed io non glielo permetterò- gli presi le mani e lo guardai dritto negli occhi       -Promettimelo. Promettimi che, qualunque cosa accada, non mi impedirai di prendere le mie decisioni da sola. Questa volta non potete aiutarmi, nessuno di voi può. Allora, me lo prometti?-  conclusi. Will posò la sua fronte contro la mia, stringendomi forte le mani
-Te lo prometto sorellina, anche se non lo condivido- disse, per poi abbracciarmi. Io ricambiai la stretta, affondando il viso nell’incavo del suo collo e sentendo di nuovo gli occhi pizzicarmi. Non avrei pianto. Non potevo farmi vedere insicura, non dopo quello che gli avevo detto. Fu lui ad interrompere l’abbraccio, mantenendo le mani sulle mie spalle
-Ora devo andare. Vado con Lou e Cecil a spiare i romani. Dopo aver fatto partorire Mellie- rabbrividì -Ho serio bisogno di fare un giro- ridacchiai. Mellie era l’Aura sposata con il coach Hedge, sì il nanerottolo scorbutico che avevo avuto il piacere di rincontrare al Campo, e che aveva partorito un satiro dolcissimo.
-Fai attenzione- 
-Sempre. Tu rimani qui, non uscire dalla barriera!- 
-Agli ordini, boss- sorrisi e, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, lo lasciai andare da Luo e Cecil, che lo stavano aspettando con dei buffi segni neri sul viso. Io mi diressi verso la capanna numero 7, decisa a dare retta a Will e ad aspettare per il suo ritorno. Non appena fui entrata, i miei fratelli e sorelle mi si avvicinarono, tutti con una certa urgenza dipinta in volto, e cominciarono a parlare gli uni sugl’altri, o meglio, a gridare
-Zitti tutti!- urlai -Ora, per cortesia, uno alla volta, ditemi cosa succede- Destiny, per mia immensa gioia, prese la parola
-Sono finiti gli antibiotici. Completamente, non abbiamo più medicinali- questo era un problema. Come potevamo affrontare una guerra senza medicine per curare i feriti?
-Quando?- 
-Questa mattina.-
-E perché non ci hanno ancora riforniti?- chiesi. Destiny mi guardò ovvia
-Perché a causa dei romani e di Gea tutti hanno paura di uscire dalla barriera magica. In assenza di Will tu sei la nostra capocabina, e in quanto tale devi fare qualcosa. Devi convincere qualcuno ad uscire- lo aveva detto con tale disgusto che sembrava avermi preso a parolacce. Guardai Destiny e sospirai
-Non posso costringere nessuno ad uscire… Ma posso farlo io. Non ho paura dei romani, e poi sarò armata. Solo… se per quando Will arriverà io non sarò ancora di ritorno, ditegli di stare tranquillo.- mi feci largo nella calca e mi preparai. Misi una giacca a vento sopra la maglietta e i jeans lunghi, mi legai i capelli e legai in vita la cintura delle armi, con dentro il mio pugnale e qualche coltello, poi presi arco e faretra e, dopo aver salutato, e tranquillizzato, i più piccolini, uscii dalla casetta. Attraversai il Campo fino al confine con la foresta, da lì sarebbe stato più facile uscire ed arrivare in un centro abitato vicino(sempre che ce ne fossero stati), cercando di passare il più inosservata possibile. Non un’impresa facile con circa mezzo chilo di bronzo celeste addosso e la maglietta fluorescente. No dico io, perché arancione? Non era meglio, che so, il blu? Mi guardai alle spalle una sola volta, pregando di tornare a casa tutta intera, e poi entrai nella foresta. Mi maledissi per non essermi portata una torcia, era buio pesto in mezzo a tutti quegli alberi. Non ero mai stata così tesa in vita mia. Ogni passo che facevo era una tortura, ogni rumore mi faceva portare la mano al pugnale. Il bosco la notte era abitato da creature di ogni tipo, formiche rosse giganti spara-acido, mostri evocati per divertimento dai ragazzi e poi lasciati lì e via discorrendo. In più sentivo nella testa la fastidiosissima voce di Will che mi ricordava di avergli promesso di rimanere entro i confini, anche se, tecnicamente, non ero ancora uscita dalla barriera. Arrivata più meno al centro della foresta, la fitta boscaglia si aprì in una radura. Pensai che sarebbe stata una buona idea fermarsi a riposare per un po’, così mi tolsi le armi di dosso e le posai sotto un cespuglio, per non farle trovare agli animali. Feci per stendermi accanto al cespuglio, ma poi mi ricordai di cosa mi aveva detto Will sulle formiche e decisi che, no, non era il caso. E poi dovevo andare a prendere le medicine per i ragazzi, non avevo decisamente tempo da perdere. Peccato che qualcosa, anzi qualcuno, la pensava diversamente. All’improvviso, delle mani mi afferrarono da dietro, stringendomi forte e bloccando ogni mio movimento. Non guardatemi così, non ero preparata. Non pensavo che anche gli esseri umani si divertissero a trascorrere la notte lì. Provai a gridare, anche se sarebbe stato inutile, ma il mio aggressore mi coprì la bocca con un fazzoletto, con un odore un po’ troppo forte. Cloroformio. Prima che facesse del tutto effetto lanciai uno sguardo al cespuglio, sperando che, qualora fossero venuti a cercarmi, i miei amici riuscissero a vedere le armi. Poi buio. 

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Al mio risveglio, fui sorpresa di non trovarmi in una qualche tenda davanti al Campo. Mi trovavo in una stanza flebilmente illuminata da un lampadario mezzo rotto, piccola, sporca e diroccata. Non esattamente il posto che sceglieresti per vivere, o anche solo per una vacanza. Questo significava che i rapitori non erano i romani, avevano troppa classe per quel posto, ma allora chi? Provai ad alzarmi, ma, con mia grande non-sorpresa, non ci riuscii. Avevo polsi e caviglie legate e, dulcis in fundo, ero incatenata alla parete della baracca, che non era di legno, come il resto della stanza, ma di pietra. E quindi questo voleva dire che ci trovavamo dentro una caverna. Provai a pensare dove potevo essere capitata, ma proprio non mi veniva in mente, avevo come un vuoto di memoria. Lasciai perdere quando sentii dei passi alle mie spalle. Il mio aggressore si inginocchiò alle mie spalle, ma io non ebbi il coraggio di voltarmi a guardarlo. Sì, avevo paura. Avevo paura di scoprire chi era stato a rapirmi. Avevo paura di scoprire che poteva trattarsi di qualcuno vicino a me. Mi mise le mani sulle spalle e avvicinò la bocca al mio orecchio. Io chiusi forte gli occhi, sentendo montare una forte paura
-Che c’è Giulia, non vuoi vedere chi sono?- la voce era maschile… e familiare. Io scossi la testa 
-Peccato- proseguì -Ti sarei piaciuto. Fino a ieri era così- strinsi più forte gli occhi. Fino a ieri era così. Non poteva essere… non poteva essere Malcolm il traditore, giusto?  Riaprii gli occhi solo quando udii il rumore di una porta chiudersi. Mi accasciai contro la parete, pregando mio padre di mandare qualcuno a salvarmi, al più presto. Quella sarebbe stata una lunga nottata.

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Non sapevo con precisione quanto tempo fosse passato quando lui tornò. Per un po’ avevo provato a tenere il conto, ma lo stress e la sete erano troppo grandi per poter restare concentrata. Quando la porta si aprì, io serrai di nuovo gli occhi. Lui mi si avvicinò e si sedette di fronte a me
-Ancora decisa a non guardarmi?- chiese, accarezzandomi la guancia con qualcosa di freddo e appuntito. Un coltello. Voleva uccidermi? Io voltai il capo dall’altra parte e lui emise un ringhio soffocato, per poi darmi uno schiaffo in faccia, così forte da farmi aprire gli occhi per lo shock. Lui mi prese la faccia con forza e mi costrinse a guardarlo negli occhi. Rimasi senza parole. Lui sorrise soddisfatto e mi guardò con malizia
-Ciao principessa, come sta la famigliola reale? Mammina e papino sono nei guai, lo sai?- 
-Cameron.- sibilai. Cameron Pirce era un ragazzo poco più grande di me, figlio di Ecate, conosciuto per la su condotta non proprio pulitissima ed onestissima, lo stesso a cui mi ero rivolta per farmi aiutare con il guanto, se non ve lo ricordate. -Come hai…?- lui mi prese una ciocca di capelli e cominciò a giocarci
-Facile, ho rubato tutte le medicine dalla tenda medica. Sapevo che tu ti saresti precipitata ad aiutare i tuoi amici. Perché tu sei così fastidiosamente eroica. Ma alla fine si è rivelato un vantaggio. La cosa difficile è stata capire come saresti uscita dal Campo, ma una volta capito mi sono nascosto nel bosco e ti ho aspettata. Ormai conosco come ragiona la tua piccola testolina vuota. Ti ho seguita per tutto il tempo, dal primo giorno che hai messo piede in questo maledetto posto, e tu non te ne sei neanche accorta.- rise ed io mi sentii una stupida. Come avevo fatto a non accorgermene? Ero stata raggirata per bene, lo devo ammettere
-Chi ti ha ordinato di seguirmi? Gea?- lui mi guardò per un attimo e si alzò in piedi
-La mia signora e padrona- 
-Quindi lavori per lei?- non potei fare a meno di fare un sorrisino divertito, dopotutto non ero poi così spacciata
-Sì. La mia padrona mi ha promesso di farmi entrare nel suo esercito privato se ti avessi portata qui viva, e così ho fatto. Ma l’ho fatto anche per vendicarmi. Non ti ho mai sopportata, ti credi tanto speciale, principessa, ma non lo sei, perciò sono stato più che felice di aiutarla. Appena si sveglierà verrà a prenderti e noi avremo quello che vogliamo!- disse, con un gesto teatrale. Lo guardai confusa
-Noi?- Cameron fece un sorrisetto e batté tre volte il pugno su una delle pareti. A quel punto una dozzina di semidei, greci e romani, entrarono dalla porta e si misero alle spalle di Cameron. Alcuni li conoscevo, altri mi erano del tutto ignoti, ma erano tutti mezzosangue, ragazzi come me, tranne un paio che erano visibilmente adulti, forse sulla trentina. Sorrise soddisfatto
-Non te lo aspettavi vero? Pensavi che questa volta non ci fossero semidei corrotti. Beh, ti sbagliavi. Siamo pochi, è vero, ma siamo abbastanza per rapire te, l’arma che consegnerà il mondo nelle mani della nostra padrona.-
-Chi ti dice che lo farò?- lui piegò leggermente la testa
-Ma è ovvio che lo farai. Perché, in caso contrario, Gea scuoierà vivo tuo fratello, la tua famiglia e anche tutti gli altri ragazzi del Campo. Ma unendoti a lei, garantiresti loro una possibilità di sopravvivere, o perlomeno di una morte rapida ed indolore.- io mi guardai i polsi incatenati 
-Non mi hai veramente aiutata con questo guanto, non è così?- lui fece spallucce
-No, quello l’ho fatto. Mi hai pagato bene per farlo, e poi non mi importa niente dei tuoi motivi, a meno che questi non ti siano nocivi- lo guardai di sottecchi 
-Probabilmente sì- dissi, ricordando le parole di Chirone. Cameron sgranò gli occhi inorridito
-Che cosa?!- esclamò, sguainando un coltello e avvicinandosi pericolosamente a me. Io sobbalzai 
-Non puoi uccidermi. Gea non ne sarebbe compiaciuta- tentai, mentre sentivo il cuore battere più velocemente e il fiato farsi corto. Lui si inginocchiò accanto a me e tagliò le corde che mi legavano i polsi, che io presi subito a massaggiare. Su quello sinistro correvano dei segni rossi. Cameron mi prese la mano destra e alzò il guanto, lasciando scoperto il polso, talmente pallido che le vene erano bene in vista.
-Cosa vuoi fare?- chiesi, non cercando neanche di nascondere la mia paura
-Non voglio ucciderti, stupida. Voglio farti un incantesimo- lo guardai interrogativa -in questo modo eliminerò quello che ti ho fatto qualche tempo fa, ed eliminerò anche ogni traccia di magia da questo guanto, così non potrai neanche pensare di scappare. Nel giro di quarantotto ore sarà un  normalissimo guanto, qualsiasi cosa tu gli abbia fatto.- sgranai gli occhi, non più spaventata da quello che mi avrebbe fatto lui, ma da quello che avrei potuto fare io, e provai a liberarmi dalla sua presa
-No! Non puoi farlo! Non ti rendi conto di quello che potresti causare!- urlai, dimenandomi. Cameron mi guardò freddo, poi fece un cenno ai due energumeni, che si avvicinarono a noi
-Tenetela ferma- disse, mentre mi mettevano le mani addosso, bloccandomi -Gea ha detto che non posso ucciderti, ma non ha detto niente riguardo la tortura- avvicinò la punta del coltello alla mia pelle
-No, no, no!- mi dimenai inutilmente, mentre la lama mi perforava la carne, ed urlai. Urlai più forte di quanto avessi mai fatto.

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Tremavo. Non perché avessi freddo, ma perché non riuscivo a smettere di muovermi. Era più forte di me. Tu gli altri semidei avevano lasciato la stanza, ma Cameron era rimasto. Stava seduto su una sedia, davanti a me, e puliva il coltello dal mio sangue. 
-La potresti smettere per favore? Mi stai dando ai nervi- lo guardai schifata, tirando su con il naso. Ad un certo punto avevo pianto, anche se a causa del dolore accecante non me ne ero neanche accorta. Solo che quando ebbe finito mi resi conto di avere le guance bagnate. 
-L-lasciami s-sola. Ti supplico- rinfoderò il coltello e si alzò
-Non supplicare, Giulia- si avvicinò e si inginocchiò di fronte a me, facendomi sussultare -non si addice ad una del tuo rango- mi diede un bacio sulla guancia e poi uscì, ridendomi in faccia. Solo quando fu uscito io ricominciai a respirare, cercando di scacciare la sensazione delle sue labbra sulla mia pelle. Nonostante non fossi propriamente in me, mi costrinsi a concentrarmi. Dovevo andarmene, prima che quello psicopatico tornasse indietro con nuove idee per torturarmi, anche se non avevo la minima idea di come fare. Poi, mi ricordai che una volta, durante una delle prime visite, Chirone mi aveva detto che se mi fossi concentrata abbastanza, forse sarei stata in grado di mandare dei brevi messaggi telepatici. Questa poteva essere la mia unica possibilità di salvezza. Peccato che non sapessi neanche dove mi trovavo. Provai a mettere insieme tutte le mie informazioni: mi trovavo in una grotta, abbastanza grande da poterci costruire dentro una casupola, probabilmente a Nord, poco in là rispetto ruscello di Zefiro, considerando il rumore dell’acqua che sentivo di sottofondo… ma certo. Ero nel Pugno di Zeus, la montagnola a cui nessuno pensava mai, sperduta dentro i meandri del bosco. Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi, provando per un attimo ad ignorare il dolore fisico ed emotivo, ed a concentrarmi unicamente sul mio messaggio. Will. Aiuto. Vieni al Pugno di Zeus. Presto, Giulia. Sentii come una specie di fitta dentro la testa, poi non sentii più niente. Riaprii gli occhi lentamente, sperando di esserci riuscita, e mi accasciai contro la parete, mentre il velo della stanchezza mi appannava lo sguardo, ed io cadevo nelle tenebre.

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-Che cosa hai fatto?!- battei un paio di volte gli occhi e mi trovai davanti un Cameron fuori di sé dalla rabbia
-Cosa è successo?- chiesi mettendomi a sedere a fatica. Lui passeggiava avanti e indietro per la stanza 
-Gli altri hanno detto che al Campo c’è scompiglio, ti vogliono venire a cercare. Proprio in questa zona qui- non potei fare a meno di sorridere sollevata
-Ha funzionato- mormorai, per poi alzare lo sguardo e guardarlo dritto in faccia -hai perso. Mi troveranno e ti assicuro che non saranno clementi con te-
-Piccola bastarda divina…- mi guardò duro e mi si avvicinò spedito, afferrandomi il collo con una mano e spingendomi la testa con la parete -Pensavo avessi capito che non puoi e non devi metterti contro di me- facevo fatica a respirare
-Perché lo fai? Pensi veramente che Gea ti darà quello che le hai chiesto? Che ti lascerà vivere?- strinse di più -Non riesci proprio a capirlo, che ci ucciderà tutti? Dal primo all’ultimo. Ha minacciato anche me. E se neanche io sono al sicuro, cosa ti fa pensare che lo sarai tu?- strinse ancora di più, cominciai a vedere delle macchie colorate davanti agli occhi e a sentirmi la testa pesante… poi l’aria tornò tutta insieme nei mei polmoni, con una forza tale da farmi tossire
-Tu non sai niente. Stai zitta.- lo guardai, provando anche un po’ di pietà nei suoi confronti 
-Tu le credevi veramente…-
-Taci-
-Mi dispiace… e ti perdono-
-Stai zitta…-
-Ti ha usato, non è colpa tua. Ti perdono…-
-CHIUDI LA BOCCA!- sussultai. Avevo esagerato. Soltanto gli dei potevano sapere cosa avesse pensato di farmi. Eppure si limitò a tirarmi un pugno. Sentii in bocca il sapore del sangue e mi resi conto che doveva avermi spaccato il labbro. Incatenò il suo sguardo al mio 
-Quando sarò di ritorno deciderò cosa fare con te. Se in mia assenza fai altri scherzetti del genere, ti assicuro che non lascerai questo posto viva.- dopodiché si alzò ed uscì sbattendosi la porta alle spalle. Sorrisi, nonostante tutto. I miei amici mi stavano venendo a cercare. Il lato negativo era che, arrivati a quel punto, se Cameron mi avesse creduta avrebbe anche potuto decidere di uccidermi, o peggio. L’unica cosa che rimaneva da fare era sperare che mi venissero a salvare prima del suo ritorno. 

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Non chiedetemi come, ma ero riuscita a riaddormentarmi. Però Cameron decise di svegliarmi di nuovo, entrando come una furia nella stanza, con un coltello da caccia già insanguinato per le mani. 
-Che hai fatto?- in realtà avrei preferito non saperlo. Lui mi guardò serio, con uno scintillio da psicopatico negli occhi scuri
-Li ho uccisi. Tutti gli altri coinvolti. Tutti morti- sgranai gli occhi
-Perché?!-
-Ho riflettuto su quello che mi hai detto, ed ero talmente arrabbiato che dovevo pur far qualcosa-
-Non ucciderli!- mi si spezzò il cuore -erano solo dei ragazzi… bambini- mormorai. Cameron non rispose. Fece per avvicinarmisi, quando la terra tremò. Un terremoto di portate epiche, che poteva voler dire solo una cosa. Voltai di scatto la testa verso la porta, incredula
-No…- 
-Gea si sta risvegliando- mi voltai verso di lui
-Cameron! Liberami, lei non ti proteggerà, ci ucciderà tutti, me compresa!-
-Oh lo so, principessa. È per questo che ho deciso di ucciderti io stesso, e poi di uccidere anche me, così non avrà nessuno dei due. Prometto che non farà male. O forse sì- in un battito di ciglia mi fu dietro, tirandomi per i capelli e posando la lama sul mio collo -Mi mancherà la tua compagnia principessa, ci rivediamo dall’altra parte- sussurrò, prima di apprestarsi ad uccidermi.
Io trattenni il fiato e chiusi gli occhi. Non avevo paura di morire. Tutto sarebbe stato meglio che rimanere anche un solo secondo in più con quel mostro. Ma avevo paura di lasciare i miei amici. Cameron spinse la lama più in profondità, facendomi colare un rivolo di sangue sul petto e poi…
poi il boato di qualcosa che veniva frantumato inondò la stanza. Aprii di scatto gli occhi e guardai verso l’origine di quel rumore e tirai un sospiro di sollievo vedendo chi era stato a procurarlo. Will, Chirone, e altri due ragazzi erano lì, sull’uscio, la porta scardinata ai loro piedi. Ce l’avevano fatta. Li guardai meglio: Will aveva degli strani segni in viso, Chirone sembrava un po’ malconcio, il terzo era un ragazzino tetro come la morte e il quarto era… Leo. Era vivo. Era lì per me. Will incrociò il mio sguardo e guardò Cameron con astio.
-Tu. Lascia libera Giulia. Adesso.- non era molto convincente. Il mio rapitore sorrise con malevolenza
-Will Solace! Che bel nome, diminutivo di William, immagino. Beh, vedi William, io non posso lasciarla, perché Gea mi ucciderebbe e poi userebbe la tua amata Giulia per distruggere l’umanità. Se invece la uccido io non potrà farlo e salveremo l’universo. Non che mi importi qualcosa delle sorti del mondo, ma Gea mi ha fatto una promessa che non manterrà, e non voglio che vinca.- si voltò verso di me -Ditele addio.- disse, stringendo il coltello da caccia tanto forte da far sbiancare le nocchie. Strinsi i denti, non lasciando trapelare nessuna emozione tranne il disprezzo. All’improvviso Cameron urlò e lasciò andare l’arma, e i miei capelli (ahia, per la cronaca),  portandosi una mano alla spalla destra, dalla quale spuntava una freccia. Volevo ridere, o piangere, e stavo smaltendo così tanta adrenalina, che cominciai a stare seriamente male. I suoni mi arrivarono ovattati, provai una forte nausea, ed il mondo mi vorticò attorno. Vidi distrattamente Will dire qualcosa a Leo per poi buttarsi all’inseguimento di Cameron, che era riuscito a togliersi la freccia dalla spalla e a scappare da un’apertura in fondo alla grotta-baracca, seguito dal ragazzino Adams e da Chirone. Sentii delle mani sul mio corpo ed io, istintivamente, mi dimenai, anche se debolmente, cercando di liberarmi, ma quelle mani mi tennero ben salda. 
-Giulia. Giulia! Sono io, sono Leo!- mi voltai verso di lui e lanciai un ringraziamento agli dei. Era veramente solo Leo.
-Che ci fai qui? Cosa è successo? Avete ricevuto il mio messaggio?- mormorai 
-Sì, ma non c’è tempo per parlare, ti devo liberare- disse risoluto sciogliendo le corde e spezzando la catena. Era strano vederlo così concentrato e serio. Non appena fui libera mi massaggiai i polsi segnati e feriti, provando un dolore particolare a quello destro. Leo mi prese il volto fra le mani guardandomi bene, io mi sforzai di essere forte e di non scoppiare a piangere. Alzò un sopracciglio ed abbozzò una risata
-Wow… hai un aspetto terribile- sorrisi leggermente 
-Neanche tu sei un granché- sussurrai, non avevo abbastanza forza per parlare 
-Io sono sempre bellissimo- a quel punto non resistetti più. Scoppiai in un misto fra una risata ed una crisi di pianto, ma era più la seconda che la prima. Leo mi abbracciò forte ed io gli strinsi le braccia al collo, affondando la testa nell’incavo del suo collo e provando la sensazione di essere finalmente al sicuro. Ma durò solo un istante, poiché Leo mi prese delicatamente le braccia allontanandomi da sé
-Giulia, devo portarti al sicuro, prima che ritorni. Riesci a stare in piedi?- feci segno di sì con la testa e mi alzai a fatica, ma appena provai a fare il primo passo, mi salì la nausea e le gambe mi cedettero e Leo dovette sorreggermi per evitare di farmi cadere.
-Scusa, ad un certo punto credo che mi abbia ferita con la sua spada- mormorai guardando i pantaloni sporchi di sangue. Disse qualcosa, di cui vi assicuro non volete la traduzione, in greco antico e mi prese in braccio. Nonostante fosse gracilino aveva una grande forza
-In un modo o nell’altro ti porterò al Campo, e ti metterò al sicuro sia da quello psicopatico che da Gea. Sta arrivando, ma ti prometto che non ti troverà- disse serio
-Quindi te lo hanno detto…- lui annuì -Avrei voluto farlo io, ma non sembrava mai il momento adatto…-
-Non ci pensare, non ho ben capito perché ti vuole o perché tu sia così importante, ma non metterà mai le sue manacce su di te. Capito dea-zombie? Non avrai pure lei!- urlò, cercando di sollevarmi il morale. Sorrisi con tenerezza osservando il suo volto sporco di fuliggine, di sangue secco e di terra, incorniciato dai suoi capelli ricci tutti disordinati ed aggrovigliati. Gli sfiorai con i polpastrelli un graffio che gli deturpava la guancia e gli allacciai nuovamente le braccia attorno al collo, posando la testa contro il suo petto, cadendo tra le braccia di Morfeo. 

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Non so bene quello che accadde dopo. Mio malgrado, persi conoscenza, di nuovo. Mi risvegliai in infermeria, lavata, vestita con abiti nuovi e con una bella fascia che spuntava dal mio guanto. Mi misi a sedere a fatica, ignorando il mal di testa lancinante e la forte nausea, e mi guardai allo specchio appeso di fronte a me. Nonostante mi avessero medicata e sistemata, i segni erano ancora ben visibili. Avevo un livido sullo zigomo sinistro, il labbro inferiore spaccato e dei segni violacei sul collo, più varie ferite ancora non rimarginate o coperte dai vestiti. Mi si inumidirono gli occhi, la vista era troppo, quindi decisi di concentrarmi su altro, ed alzai di poco il guanto. La benda era sporca del mio sangue, quasi porpora in confronto al candore di questa, ma ero quasi certa che non fosse fresco. Dunque sapevano, almeno Will sapeva. Tolsi la medicazione ed osservai la ferita. Era lì, e lì sarebbe rimasta, un promemoria eterno di ciò che mi aveva fatto. E anche di quello che le sue azione avrebbero provocato: aveva indebolito il guanto, non sapevo neanche quanto tempo mi restasse. Non che ne fossi rimasta chissà quanto sorpresa. In fondo, Will mi aveva avvertita. La guerra colpisce tutti, non ti lascia andare senza segni, visibili od invisibili che siano. Quindi sì, sapevo i rischi quando sono uscita dai confini, ma no, non avrei superato quella storia tanto facilmente. Tolsi completamente la benda e stavo per alzarmi a prenderne una nuova, quando Will entrò in infermeria. Mi fermai con una gamba fuori dalle coperte e si bloccò anche lui
-Ciao…- dissi, con voce rauca, provando a sorridere, ma mi faceva male il labbro inferiore. Lui non disse niente, limitò a prendere il necessario per medicarmi e a sedersi di fianco a me sulla brandina. Non mi degnò di un singolo sguardo, neanche quando, prendendomi la mano, io non potei fare a meno di irrigidirmi, e si limitò a disinfettarmi la ferita e ad avvolgermi una benda pulita attorno al polso. Io lo guardai di sottecchi, cercando di captare qualche sorta di emozione, anche la collera sarebbe andata bene, ma niente. Mio fratello, che non sembrava quasi più lui, aveva perso la luce negli occhi ed era impassibile come una statua. Nessuno dei due fiatò fino a che lui non ebbe concluso. A quel punto, si alzò, sempre senza guardandomi, ed andò a buttare le cose in silenzio. Non ce la facevo più
-Willie…- questo lo fece scattare 
-Dei Giulia, “Willie” è tutto quello che hai da dire? Ti rendi minimamente conto di quello che hai fatto? Hai messo in pericolo te stessa, e come se non bastasse anche tutti noi! Una cosa ti avevo chiesto, di restare qua, al sicuro! Lì fuori sta imperversando la guerra ed io, invece di combattere al fianco dei miei fratelli e delle mie sorelle, sono qui, costretto a rimediare agli errori che hai commesso! Hai almeno la minima idea di quello che avrebbe fatto Gea se ti avesse messo le mani addosso?! Te lo sei chiesta? No! Ovviamente no, perché tu non pensi mai alle conseguenze!- mi arrabbiai anche io
-Sì Will, l’ho fatto. Me lo chiedo dal primo giorno che sono qui dentro. Ci penso costantemente e sono abbastanza sicura che nessuno lo sappia meglio di me. Ed ho pensato anche a tutto quello che poteva succedermi, ma non mi è importato e sai perché? Erano finite le medicine. Cam… erano state rubate, anche se io non lo sapevo. E la guerra stava per scoppiare, non potevamo fare senza. I nostri fratelli mi hanno chiesto di risolvere, nessuno voleva uscire per la paura, quindi l’ho fatto io Will. Stavo cercando di aiutare chi contava su di me.- dissi glaciale
-Lo so perché l’hai fatto e posso anche capirlo, volevi aiutare, ma siamo onesti e dillo che non ti sarebbe importato se ci avessi rimesso tu-
-Certo che non mi sarebbe importato, vuoi dirmi che te avresti agito diversamente?-
-Sì! Io avrei riflettuto prima di andare, avrei valutato tutte le opzioni, magari chiesto aiuto a qualcun altro. Giulia, non sempre gli eroi sono impulsivi, per essere eroi bisogna anche avere buonsenso! Quello che a te manca! Non è la prima volta che agisci senza pensare a chi ti sta intorno, mentre tutti gli altri stanno in pena per te, mentre io sto in pena per te! Ma non posso sempre starti dietro come se tu fossi una bambina, perché non lo sei, quindi cresci un po’ e comincia a prenderti delle responsabilità!- Lo guardai restando in silenzio. Certo ero in collera per le cose che aveva detto, ma ancora di più ero spaventata. Spaventata dal suo comportamento anomalo, dal fatto che forse ero riuscita a farmi odiare persino da mio fratello, l’unico al Campo che mi aveva sempre amata incondizionatamente. Abbassai lo sguardo
-Mi dispiace… di essere un tale peso- lo sentii avvicinarsi e sedersi di nuovo al mio fianco. Lo guardai di sottecchi. Aveva ancora le gote arrossate e avevo seriamente paura che da un momento all’altro potesse andarsene, e invece fece qualcosa di ancora più inaspettato. Mi abbracciò. Mi irrigidii e lui, percependolo, si staccò, guardandomi negli occhi, interrogativo. Accennai un sorriso
-Non lo so… il contatto fisico mi fa male, credo di avere lividi su tutto il corpo e poi…- abbassai lo sguardo, ma lo rialzai quando lo sentii singhiozzare. Il cuore mi si spezzò in mille pezzi, non volevo farlo piangere
-Will…- mormorai, alzando una mano per accarezzargli la guancia, e riabbassandola subito
-Non ero lì a proteggerti, Giulia, lo capisci? Sei la mia sorellina e non ho saputo proteggerti da Cameron. Non sono stato neanche in grado di prenderlo.- il cuore mi cominciò a battere più forte
-Vuoi dire che è scappato?- lui annuì -Avete trovato le mie armi? Nella foresta?-
-Sì… ma che vuoi fare?- chiese, vedendo che mi stavo alzando, nonostante il dolore
-Cercarlo. Trovarlo. E poi non lo so ancora.- cominciai a cercare le mie armi 
-Giulia, no. Sei troppo debole ancora, non puoi uscire- mi voltai di scatto
-Tu non capisci. Hai visto cosa mi ha fatto?!-
-Certo ma…-
-Non posso permettere che rimanga in circolazione. Capisci? Non posso.- rasentavo l’isteria, lo so, ma in gioco c’era molto di più che la mia vendetta. Dovevo fargli rimuovere l’incantesimo.
-Che succede?- mi girai verso la porta. Era Leo. Quando mi vide in piedi sorrise raggiante e fece per venirmi incontro, ma io feci un passo indietro, e lui si fermò a metà strada. Il suo sorriso vacillò
-Dei, sono felice che tu stia meglio, principessa- trattenni il fiato
-G-gradirei che tu non mi chiamassi più così. Almeno per un po’.- 
-Oh, okay. Stai bene, vero?- io annuii un po’ insicura. Non lo sapevo neanche io come stavo. 
-Leo- intervenne Will -potresti dire a Giulia che deve riposare?- mi guardò per un momento e sembrò capire le mie intenzioni, poiché strinse le labbra in una linea sottile
-Giulia, non pensarci nemmeno. So che vuoi combattere, ma non puoi.-
-Riesco a stare in piedi, è più che sufficiente.- il figlio di Efesto alzò un sopracciglio scettico e sguainò una spada
-Riesci a tenere in mano questa?- me la lanciò e, quando l’afferrai, sentii come se mi si staccasse il braccio, per quanto era pesante
-È mal bilanciata- protestai, ridandogliela indietro
-È la tua spada. Will mi aveva chiesto di tenerla per te- disse rinfoderandola. Incrociai le braccia al petto, stizzita
-Preferisco i coltelli.- tutt’a un tratto mi cominciò a girare la testa e vidi tutto appannato. Will scattò in piedi
-Giulia, tutto okay?- scossi la testa
-Ho un po’ di capogiro-
-Hai perso troppo sangue, devi riposare, e darti tempo per guarire- dovetti dargli ragione. Feci per tornare a letto, ma in quel momento Malcolm entrò nell’infermeria, ed io mi bloccai sul posto. Non appena mi vide sorrise, apparentemente scordatosi perché fosse entrato
-Giulia, finalmente ti hanno ritrovata, ero così preoccupato per te…- fece un passo verso di me, ed io mi appiattii contro il comodino vicino al letto, cominciando ad avere il fiato corto. Tutto ad un tratto mi tornò in mente l’orribile sensazione che avevo provato quando avevo scambiato Cameron per Malcolm. So che non se lo meritava, ma io non sopportavo di averlo vicino.
-Giulia…- disse, per poi indicare i segni sul viso e sul collo -Che ti è successo?- chiese. Io abbassai la testa. Non riuscivo a dargli una risposta, perché farlo avrebbe significato riviverlo. Sentii gli occhi pizzicare.
-Amico, basta, okay? Non lo vedi che non sta bene?- a parlare era stato Leo, che si era messo fra me e Malcolm 
-Valdez, te stanne fuori- replicò il biondo, per poi guardare me -Giulia, parlami- io alzai il capo, ricambiando il suo sguardo 
-Non posso- dissi, con voce tremante, soffocando un singhiozzo -Fatelo uscire- a quel punto iniziai a singhiozzare veramente, lasciandomi scivolare lentamente verso terra, mentre Will accompagnava Malcolm fuori. Mi sfogai per la prima volta da quando ero uscita da quel posto. Leo mi fu subito accanto, costringendomi a smetterla di singhiozzare e a guardarlo negli occhi
-Ehi, ehi! Piano, respira, okay? Va tutto bene, siamo solo io e te.- lentamente mi calmai -Brava, è tutto finito, non ci pensare più, sei al sicuro- io scossi la testa
-Non posso non pensarci…-
-Sì puoi- replicò -Ascoltami bene. Tu sei più forte di loro, Giulia Bianchi. Tutto questo, potrà averti spezzata, ma non decreterà la tua fine. Tu ti rialzerai come sempre.-
-E se questa volta non ce la facessi?-
-Tu ce la fai ogni volta- il suo tono era incredibilmente dolce, ed il suo viso troppo vicino al mio. Guardai dietro di lui 
-Credo che dovresti andare-
-Cosa?-
-Mi hai sentita bene.- tornai a guardarlo -Vai e fai il culo a quella stronza.- 
-Agli ordini- replicò, con un sorrisetto 
-Ah, un’ultima cosa.- dissi, prima che lui se ne andasse -Dì a Will di non azzardarsi a non tornare da me. O io lo uccido. E guarda che vale anche per te- lo minacciai. Leo mi rivolse un ultimo sorriso
-Promesso.- poi uscì, lasciandomi ad aspettare. Completamente sola. 


*Angolo Autrice* 
Ehilà, ecco a voi il capitolo! Guardate, non c’è bisogno di dire niente, lo so da sola di essere stata un’infame e se volete i pomodori me li lancio da sola. Però vi assicuro che avevo una buona ragione per farlo, non è che mi sono svegliata un giorno e mi è venuto così, dal nulla. No okay, in realtà è andata esattamente così, però almeno ho fatto tornare Leo, non siete felici? Me lo merito un pochino il perdono? E poi guardate il lato positivo, il prossimo sarà l’ultimo capitolo, che altro ancora può succedere? Ehm… lasciamo stare hehehehe
Va beh, io vi saluto qua prima di scatenare oltre la vostra furia, un bacio ed un abbraccio enormi,
Willie

 

 

 

 

   
 
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