In
che razza di guaio mi sono messa … e come, soprattutto!
Appena
una rotazione fuori di casa e mi ritrovo imbarcata con dei pirati alla volta di
un tempio Jedi segreto da violare. Non male.
Perché
poi questo Hondo si sia messo in testa ch’io sia una Jedi, non lo so. Ho semplicemente attinto al potere di Sri Kalki.
È
così che le sacerdotesse del Sthalasayana Perumal sono scelte: solo coloro che il dio benedice col
suo potere possono e devono officiare in quel santuario per almeno venti anni.
In genere sono … siamo tutte donne delle stesse cinque o sei famiglie. Anche
mia madre è stata benedetta ed è stata lei a insegnarmi come attingere a questo
dono.
Lei
è stata la Sacer Maxima per
molti anni, anche dopo la mia nascita, ma già da un po’ ha lasciato il posto a
una mia cugina. Prima di mia madre, c’erano state sia le mie zie che mia nonna.
In pratica è una carica che prima o poi tutte le femmine della mia famiglia
ricevono.
È
un grande onore e io ne sono fiera.
Questo
ci ha procurato grande prestigio su Chalacta e tutti
i suoi abitanti nutrono grande rispetto per noi. Rispetto e forse paura, ma non
paura-paura, semmai una sorta di timore reverenziale. Anche da bambina nessuno
ha mai osato prendermi in giro e se qualcuno ci ha provato, è subito stato
messo in riga da qualche adulto.
Caspita,
ho davvero rinunciato a questo prestigio per viaggiare?
Gli
onori mi piacciono, così come la deferenza da parte di chi mi circonda ma per
mantenerli dovrei rinunciare all’esplorare la Galassia, conoscere culture e non
pensare ad altro che il sacerdozio.
Rinchiudermi
in un tempio … non ne ho proprio voglia. Ho procrastinato a lungo il mio
prendere parte ai rituali, nella speranza di trovare il modo di evitare tale
servizio, ma è stato inutile.
Sono
fuggita e con quale risultato? Che ora sto andando ad un altro tempio.
Inizio
a pensare che sia il Fato a volerlo. Il Fato o la Forza? O sono la stessa cosa?
O il Fato è una delle manifestazioni della Forza?
No,
no, concentriamoci: filosofeggiare adesso non è utile.
La
navicella atterra e scendiamo. Hondo ha portato con
se i contrabbandieri con cui avevo lasciato Chalacta
e qualche altro armato.
Siamo
al limitare di una foresta. Qui gli alberi hanno davvero le foglie verdi! … e
quanto sono alti!
Di
alcuni quasi non riesco a vedere la cima e il loro tronco è immenso: nemmeno
venti persone potrebbero abbracciarlo per intero.
L’aria
è fresca ma piena di umidità. Sotto i miei piedi l’erba è tenera ma più che
fili sembrano tentacoli.
“Eccoci
qui!” esclama Hondo, festoso, sfregandosi le mani “Ora
tocca a te.”
Eh?
“Ma
non c’è niente.” gli faccio osservare.
“Te
l’ho detto che è nascosto. Fosse facile non avrei bisogno di te. Su, su fa la
tua magia Jedi … usa la Forza.”
E
ora che faccio? Fuggo? Prendo tempo? Improvviso?
Potrei
fingere di provare, dire che oggi non è la giornata giusta e che bisognerà
riprovare …
Sì,
via, posso temporeggiare e intanto troverò la maniera di andarmene.
“Allora?”
mi incalza il pirata.
Tono
solenne e rispondo: “Pazienta, amico mio, pazienta. Devo concentrarmi.”
Mi
siedo a gambe incrociate, chiudo gli occhi e aspetto.
Certo
che addentrarsi in un tempio Jedi dev’essere
interessante, chissà quali segreti potrebbe custodire. Saggezza antica, opere
d’arte … magari perfino degli archivi zeppi di informazioni.
Ora
ho proprio voglia di entrarci. Quanto vorrei sapere come fare ad aprirlo!
Quale
sarà il meccanismo? Una sorta di serratura nascosta da sbloccare con la Forza?
In
tal caso non riuscirei ad aprirla.
Aspetta,
ho letto qualcosa in tal proposito? Sicuramente sì, cerchiamo di ricordare …
Mmm,
mi pare che gli Jedi ascoltassero qualcosa tipo la
volontà del tempio che ogni volta indicava loro un modo diverso per aprirlo.
Non
mi aiuta.
E
se restassi in silenzio? Se facessi tacere i miei pensieri? Forse qualcosa
succede. Oh, tentar non nuoce, quindi …
…
…
…
Vieni …
Raggiungimi …
Una
voce calda, maschile, matura. Chi ha parlato? Come? Non l’ho sentita con le
orecchie, ma non rimbombava nemmeno nella mia testa.
Non agitarti …
Vieni
Mi
alzo in piedi, sempre ad occhi chiusi, seguo questa voce.
Non
ho idea di cosa sia, mai mi era capitato qualcosa del genere, quindi voglio
saperne di più: la paura non mi ostacolerà.
Sento
di essere vicina, sempre più vicina … come se, seguendo i battiti, fossi
arrivata al cuore.
I
pirati mi hanno seguita, ma non importa.
Ecco,
ci sono. Davanti ad un albero che percepisco come il più antico. Qui, qui è il
centro, la fonte.
Che
cosa devo fare?
Che cosa vai
cercando?
Bella
domanda. Conoscenza, Verità. Al di là delle interpretazioni della realtà e
delle opinioni. Scoprire i miliardi di modi in cui la mente ha rielaborato il
vero e poi lasciarmeli alle spalle, spogliarmi di ogni costrutto e trovare
l’essenza eterna e immutabile alla radice di ogni cosa.
Tu sai, pur non
conoscendola, cos’è che permette l’esistenza?
La
vita … la Forza?
Silenzio.
Eh,
era una risposta scontata, mi sa. Non è che, solo perché si tratta di Jedi, “La Forza” diventa automaticamente la soluzione
esatta a qualsiasi domanda.
Il
suolo sotto di me trema per qualche istante.
Apro
gli occhi: parte delle radici che sporgono dal terreno si sono spostate come
tende, rivelando un passaggio. È tutto buio, si intravedono solo alcuni gradini
iniziali che scendono nel sottosuolo.
L’ho
fatto davvero? Ho aperto il tempio?
Com’è
possibile, senza usare la Forza?
“Ottimo,
ottimo! Sapevo non ci avresti delusa!” gioisce Hondo,
passando davanti a me.
Si
avvicina all’ingresso e dà un’occhiata verso il basso. Deve essersi accorto del
buio e della profondità. Dà ordine a un devaroniano
di prendere una torcia e illuminare.
Il
raggio di luce taglia l’aria come un filo bianco, ma non spezza le tenebre,
tutto resta avvolto nell’oscurità.
Hondo resta pensoso
qualche momento. Ordina al devaroniano di iniziare a
scendere.
“Non
so se è sicuro … insomma, potrebbero esserci maledizioni o altro o … o …”
Ohnaka non lo lascia
finire, con una poderosa pacca sulla spalla e lo spinge in avanti.
Il
devaroniano precipita, come se non avesse trovato il
gradino, lo sentiamo cadere, urlare … poi più nulla, senza però nemmeno il
tonfo di schianto.
Inquietante.
“Oh
beh, non era questo l’approccio giusto.” commenta Hondo
con noncuranza, dà un’ultima occhiata al baratro e poi arretra, batte le mani e
chiede: “Allora, qualcuno ha idee? Proposte?”
“È
colpa della Jedi!” esclama suo figlio “Deve aver
aperto una porta maledetta o qualcosa del genere.”
Ecco,
ora ce l’hanno con me. Perché più cerco di migliorare la mia situazione, più la
peggioro?
“Già”
annuisce Hondo “Forse non è una vera Jedi … in fondo sono rimasti solo Skywalker
e quel pilota insopportabile.”
Devo
riguadagnare terreno.
“Aspettate.
Io il portale l’ho aperto, quindi non si discute il mio essere Jedi. Il fatto è che avete avuto troppa fretta, la colpa è vostra.
Che cosa vi ho detto io come prima cosa? PAZIENZA. Si tratta ovviamente di un
sistema di sicurezza a sequenza di combinazioni: ci sono altri passaggi da
fare.”
Mi
avranno creduta?
Comunque
questo ritarderà solo di poco la loro furia. Devo inventarmi qualcosa o
torneranno all’idea iniziale di vendermi come schiava.
Schiava.
Io? Non esiste. Se proprio ci dev’essere qualcuno a
dare ordini, quella sono io.
Nei
miei studi per diventare sacerdotessa ho incontrato insegnanti severi, mi è
stata insegnata la disciplina eccetera, eccetera, ma sono comunque stata
cresciuta per essere una che dirige gli altri e serve gli dei, non gli umani.
E
come se non bastasse, questi Ohnaka mi hanno
addirittura paragonata a una Twi’lek
… anche se è iniziato con un complimento, hanno finito con l’insultarmi.
Sì,
è vero che non sono il genere di donna che gli uomini si fermano a guardare ma
non sono nemmeno brutta. Che hanno di così speciale le Twi’lek? Tutti le considerano le femmine più sensuali di tutta
la Galassia, sembrano essere il sogno erotico di chiunque … ma non è che siano
poi diverse dalle umane. Sì, in genere hanno tutte un corpo perfetto ma ciò non
giustifica come la maggior parte degli esseri maschili si rincoglionisca quando
le vede.
Anche
nei nostri santuari ci sono Twi’lek:
danzatrici professioniste che si esibiscono durante cerimonie e feste. Scuotono
i loro corpi con una grazia che ipnotizza gli uomini, fanno vibrare i loro seni
e i glutei … e tutti le guardano, desiderando solo toccarle, dimenticando tutto
il resto.
Non
le sopporto. Sanno che effetto fanno agli uomini e ne approfittano. Ho visto
padri di famiglia abbandonare moglie e figli per diventare i cagnolini di
queste qua. Che schifo.
Perfino
Jagadayu si è lasciato ammaliare da loro.
Ero
innamoratissima, ma lui non aveva occhi per quelle Twi’lek.
Girik? Idem.
Va
beh, ho rivangato il passato abbastanza. Non è utile per uscire da questa
situazione. Devo trovare …
Un
rombo, il motore di una navetta. Guardo verso il cielo come gli altri. Un
puntino sempre più vicino e grande. È un veicolo spaziale per il corto raggio,
non credo abbia l’iperguida.
“Maledizione
si è già accorto di noi!” esclama qualcuno.
“Forse
non è lui.” azzarda un altro.
“No.”
ringhia Hondo, frustrato “Da queste parti può essere
solo lui.”
“Prepariamo
le armi?” gli chiede il figlio con apprensione.
“No.
Sappiamo che è inutile.” replica il vecchio pirata, rassegnato.
La
navetta sta atterrando proprio in questo momento a pochi passi da noi.
I
contrabbandieri sembrano tutti nervosi e arrabbiati. Chiunque sia arrivato dev’essere una loro vecchia conoscenza e averli rimessi in
riga già diverse volte.
Strano,
però, che Hondo abbia deciso di non combattere; in
quella navetta non ci possono essere molte persone, comunque meno dei pirati.
Il
portello si apre e scende qualcuno.
È
giovane, avrà una decina d’anni in più di me. Ha un fisico invidiabile: spalle
larghe, torace ampio; ha i muscoli di chi è avvezzo a combattere anche senza
armi e si tiene sempre allenato, ma non risulta gonfio, quindi deve essere
anche piuttosto agile.
È
impossibile non notare i suoi occhi azzurri, sono magnetici e catturano subito
l’attenzione: una volta incrociati, non si può smettere di guardarli. Hanno
un’espressione molto dura e severa, così come il resto del volto che, in generale,
pare però seccato.
Ha
capelli lunghi, tirati all’indietro ma spettinati. Verdi.
Un
colore insolito per le capigliature umane, forse li tinge.
Sembra
indossare camicia e pantaloni sotto il lungo cappotto grigio-blu scuro che gli
arriva fino ai piedi, lasciando intravedere appena gli stivaloni.
È
senza dubbio un tipo inusuale.
Dietro
di lui scorgo un astro droide meccanico, bianco e arancione: un modello
vecchissimo! Credo sia fuori produzione da prima dell’Impero.
Noto
che Hondo cerca di scacciare nervosismo e
irritazione, si sforza di sorridere e va verso il nuovo arrivato, pimpante e
salutando: “Jacen! Il mio amico Jacen,
come stai?! Tu guarda che combinazione, che cosa ci fai qua? Come sta la tua
splendida madre?”
Il
giovane si ferma, lo squadra con rimprovero e si limita a ribattere: “Ti avevo
detto di non mettere mai più piede su questo pianeta.”
“Vero,
vero” ammette Ohnaka “Ma avevo una informazione da
darti … no, no, una persona da presentarti, ecco … e non sapevamo come
chiamarti e quindi venire qui era il modo migliore per attirare la tua
attenzione.”
“Bene,
ora che hai sfoggiato la tua fantasia, mi sarei preoccupato se non l’avessi
fatto, dimmi la verità.”
Ha
un tono secco come se non volesse perdere tempo. Sembra così sicuro di sé.
Si
guarda attorno di continuo, però; quasi come se cercasse qualcosa.
“Mi
ritengo offeso.” replica Hondo “Non oserei mai
mentire al mio amico Jacen, come puoi solo pensarlo?”
Quanto
è falso questo pirata?
“Basta.”
gli intima il giovanotto “Sono anni che cerchi di violare il tempio e
saccheggiarlo. Sono stato abbastanza esplicito su quanto ritengo inappropriata
la tua vicinanza ad un qualsiasi luogo od oggetto sacro.”
L’azzurro
sguardo guizzante si blocca all’improvviso. Lo stupore lo colma: ha notato il
varco tra le radici.
“Che
hai fatto?!” domanda con veemenza, senza distogliere gli occhi.
“Te
l’ho detto, è tutto un favore per te.” insiste Hondo,
spingendomi in avanti.
Jacen mi squadra.
È
già la seconda volta nel giro di poche ore che qualcuno mi osserva come se mi stesse
studiando. Inizio ad esserne stufa.
Ohnaka continua: “Ho
trovato questa sorta di Jedi e ho pensato ti
interessasse. L’ho portata qui e ha aperto qualcosa.”
“Lei
avrebbe schiuso il varco?”
“Ehi!”
esclamo “Sono qui, sono in pieno possesso delle mie facoltà, fatemi il favore
di non parlare di me in terza persona come se non ci fossi o non potessi
interagire alla pari con voi.”
“Calmati.”
ordina Jacen “Guardami e dimmi: sei stata davvero
tu.”
Vuol
vedere se mento? Che originalità.
“Sì.
Contento.”
“Zitta.
Hondo, prendi i tuoi pirati e vattene, ora.”
“Non
mi merito almeno qualche credito per il mio impegno?”
“Via.”
Ohnaka sbuffa e
assieme alla sua banda si avvia verso la navetta che ci ha portati qui.
Che
devo fare? Vado?
Non
so se mi fa più paura questo sconosciuto o i contrabbandieri.
“Tu
resta.”
Ecco
subito fugati i miei dubbi.
Aspettiamo
nel totale silenzio che la nave degli Ohnaka sia
partita. È quasi imbarazzante.
“Ho
percepito nella Forza che stava per accadere qualcosa qui e sono partito.” mi
spiega il giovane, senza preamboli “Mentre ero in viaggio, ho savvertito che il tempio era stato aperto. Ne sono stato
molto sorpreso. È un fatto che non dev’essere
trascurato.”
Si
sofferma a guardarmi con sospetto, prima di chiedere: “Sei mai stata addestrata
da qualcuno nell’uso della Forza?”
“No.”
“Come
lo hai aperto, allora?”
“Io
… io ho seguito una voce e ho risposto a delle domande.”
Jacen corruga la
fronte. Sta ragionando, vorrei sapere su cosa.
Alla
fine si decide a parlare: “È strano. Forse la voce ti ha guidata perché ha
sentito la Forza scorrere in te ma si è anche accorta che non sapevi come
agire. Ora, devi entrare nel tempio.”
“No!
Prima uno è sprofondato nel vuoto.”
“Quell’ingresso
non era per lui. Vai.”
Eh,
la fa facile, lui.
“Ma
io non credo …”
“Male.
Iniziamo male. La paura non serve a nulla. Su, scendi.”
È
ostinato! Perché ce l’ha con me? Mi vuole mandare a morire? E poi chi accidenti
è?
“Senti,
io non prendo ordini da nessuno. Devi darmi un motivo serio per convincermi ad
entrare là. Magari, poi, se ti presentassi e mi spiegassi chi sei e cosa vuoi,
sarebbe carino.”
“Conoscere
il mio nome non ti serve. Sapere chi sono non ti riguarda, per il momento. Se
vuoi risposte, entra nel tempio. Potresti morire, è vero, ma se supererai le
prove che ha in serbo per te, allora potrai iniziare un percorso di crescita
straordinario.”
Lo
guardo confusa.
“Se
uscirai da lì, risponderò alle tue domande.”
D’accordo.
Credo che quest’uomo non mi lascerà in pace finché non mi sarò addentrata. In
fondo esplorare il tempio era ciò che volevo … prima che il devaroniano
sparisse.
Via,
devo andare. Sento qualcosa che mi chiama oltre le radici.
Mi
incammino.
Sono
sul varco. Allungo il piede. Troverò il vuoto? …
No.
C’è un gradino e poi un altro e ancora.
Scendo,
tutto è buio, è come se la luce non penetrasse dall’apertura alle mie spalle.
L’oscurità
mi avvolge.