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Autore: La_Sakura    27/07/2018    3 recensioni
Diciassette anni e una città nuova: una sfida per crescere e maturare, ma soprattutto per fare chiarezza con i propri sentimenti. Queste le premesse all'arrivo di Sakura nella ville Lumière. Ma il detto "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" si rivelerà corretto? D'altronde il suo cuore è già impegnato... oppure la confusione nella sua testa aumenterà, fino a farle dubitare persino dei suoi sentimenti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Riprendere i ritmi della scuola dopo queste due settimane di vacanza è dura, ma ho il cuore più leggero dopo averle trascorse con la mia famiglia. Mi hanno portato un sacco di pensierini da parte degli zii, Tsubasa mi ha regalato, tra le altre cose, una sua maglia da calcio e un walkman, mentre mamma e papà mi hanno lasciato un po’ di soldi per il resto della mia permanenza qui.
Sono talmente su di giri che, dimentica degli episodi passati, arrivo in classe canticchiando una canzone; non noto nemmeno Nat e le altre che entrano e mi osservano con la loro solita aria di superiorità, non dedico loro nemmeno uno sguardo, perché non voglio rovinarmi la gioia.
«Chérise! – sento esclamare – Finalmente!»
Jacques si avvicina e mi saluta con tre baci sulla guancia, dandomi poi un’amichevole pacca sulla spalla.
«Hai passato delle buone vacanze?» gli chiedo, sorridendogli.
Sta per rispondermi quando gli altoparlanti dell’istituto gracchiano e la voce della segreteria risuona.
“La studentessa Sakura Ozora è attesa nell’ufficio del Preside. La studentessa Sakura Ozora è attesa nell’ufficio del Preside”.
Yves, che sta entrando in aula in questo momento, mi osserva con aria preoccupata: io mi alzo e, sempre col sorriso sullo labbra, mi dirigo nell’ufficio di Monsieur Mercier.
Busso alla porta e il preside mi fa entrare.
«Mademoiselle Ozora, accomodati pure. Non ti preoccupare, non è successo nulla, volevo solo chiederti come sta procedendo la tua esperienza qui.»
Il sorriso mi solca le labbra mentre inizio a pensare alle parole da usare per descrivere come mi sento.
«È un’esperienza fantastica, Monsieur. Essere a diretto contatto con una cultura così diversa dalla mia mi ha aperto la mente. – lo vedo annuire soddisfatto – Certo, commetto ancora degli errori ma sono migliorata molto.»
«Ho parlato coi tuoi professori, sono molto entusiasti. Come dicevi, ci sono delle lacune, ma non rimani indietro nelle lezioni e questo ti fa onore. Madame Ranieri mi ha parlato anche della tua presentazione in classe, dicendomi che hai usato un linguaggio molto appropriato: ti sei fatta aiutare?»
Scuoto la testa in segno di diniego.
«Madame Deville l’ha letta, ma è stata tutta farina del mio sacco.»
«Molto bene, posso mandare un buon feedback al professor Yamamoto. Torna pure in classe ora.»
Ripercorro il corridoio fino alla mia aula e quando entro, sempre col sorriso sulle labbra, i miei compagni mi guardano curiosi.
«Allora? – mi chiede Yves non appena mi siedo – Che voleva? Che è successo?»
«Nulla, non ti devi preoccupare.»
«Sicura? Di solito non chiama nessuno in presidenza a meno che…»
Sollevo lo sguardo lo fisso dritto negli occhi.
«Leroux, va tutto bene. Non mi rispediscono a casa. Voleva solo sapere come mi trovo qui.»
«Gli hai detto che hai due compagni di banco d’eccezione?» si intromette Jacques, appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Non avrebbe mai creduto che i miei progressi sono opera tua.»
Yves scoppia a ridere, mentre Jacques mi fa una linguaccia, fingendosi risentito.
«Senti un po’, Tsubasa?» mi chiede poi, cambiando argomento.
«È tornato in Brasile… ma è più tranquillo, se è questo che volevi sapere. E vi ringrazia molto, a tutti e due, per come vi state prendendo cura di me.»
«Quando diventerà famoso dovrà ricordarsi di noi, diglielo!»
«Piuttosto… – mi avvicino a lui con fare malizioso – non credere che non mi sia accorta che sei uscito con la Durand… ci devi dire niente?»
«Già! – Yves mi spalleggia – Ci devi dire niente?»
Il nostro amico minimizza e, se non lo conoscessi, direi che è quasi arrossito.
«Ho ceduto alle sue avances e siamo usciti quel giorno che ci hai incontrato, nulla di più. Non è il mio tipo.»
«Ah davvero?» lo incalzo, mentre Yves sghignazza.
«Smettetela voi due, pettegoli: vi vedrei proprio bene insieme!»
«Non fare l’offeso, Jacques. – gli spettino i capelli – Ti vogliamo bene anche se, in fatto di donne, hai pessimi gusti.»
Scoppiamo a ridere, e sono sicura che Natalie ci sta lanciando fulmini e saette con lo sguardo, ma non mi farò rovinare la vita da lei. Non più.
 
Florence mi ha convinto a farmi tagliare i capelli, e adesso sono seduta nel salone del suo parrucchiere di fiducia, in attesa del mio turno. Dire che si tratta di un personaggio eccentrico è riduttivo: ha un paio di jeans verdi e una camicia a fiori che definirla un pugno in un occhio sarebbe un complimento. È alto e molto magro e, sì, è decisamente gay.
«Floflo, la renderò ancora più incantevole! Con questi capelli così lisci e così lunghi, potrò sbizzarrirmi un sacco!» esclama, sollevandomi alcune ciocche per controllare lo stato delle punte.
«Ci terrei, ehm… a mantenerli lunghi così.»
Mi arrivano a metà schiena, mi dispiacerebbe tagliarli corti.
«Cara, i capelli ricrescono! Bisogna assecondare i momenti di follia!»
Mi fa accomodare, mi lava i capelli, e mi fa sedere davanti a un enorme specchio. Si avvicina con le forbici in mano, le apre e chiude un paio di volte.
«Ti fidi di me?»
«No.» rispondo, sincera.
Lui ridacchia, e inizia a tagliare… troppo per i miei gusti.
«Chiudi gli occhi, ma petite, aprili solo quando avrò finito. Sarai splendida, credi a me!»
Seguo il suo consiglio e non accenno a riaprire gli occhi per nessun motivo…
 
Florence mi guarda entusiasta, ha gli occhi a cuore da quando siamo usciti dal salone di Jean–François.
«Sono troppo corti…» mormoro per l’ennesima volta, accarezzando il caschetto che mi arriva poco sopra le spalle. Ripeto: poco sopra le spalle. Ho appena lasciato là venti centimetri di capelli; per consolarmi, mi hanno regalato un cerchietto in metallo che sulla sinistra ha una farfalla colorata.
«Ricresceranno, e comunque stai benissimo. Fatti fare una foto!» mi dice, prendendomi la borsa ed estraendone la macchinetta usa e getta.
Non posso fare a meno di sorridere mentre mi scatta la foto: mi volto verso una vetrina e devo ammettere che non sto male. Con quel trattamento lucidante, poi, il castano è davvero… lucente. Florence mi si avvicina e si specchia insieme a me, abbracciandomi da dietro.
«Sei splendida, Sakura. Stasera i ragazzi rimarranno folgorati!»
Rientriamo in casa e Florence si dirige subito in cucina: è euforica, è un piacere vederla così felice e sorridente. La seguo e mi siedo a osservarla mentre spignatta.
«Zia! – la voce di Louis irrompe in casa – Sono passato a dirti che mi fermo a ce… grenouille?!»
Mi guarda a bocca aperta, incredibile che un uomo si accorga di qualcosa, Tsubasa non ha mai notato quando mi tagliavo i capelli. Arrossisco mentre lui si avvicina e mi solleva una ciocca di capelli.
«Jean–François ha colpito ancora! Accidenti che taglio!»
«Grazie.» rispondo, e mi accorgo troppo tardi di avergli servito una pessima battuta su un piatto d’argento.
«Non ho mica detto che stai bene, anzi!»
Mi alzo e gli tiro un ceffone sulla nuca, per poi dirigermi in camera mia, fingendomi offesa. Dopo pochi minuti lo vedo arrivare.
«Grenouille permalosa.»
«Affatto.»
Si siede sul letto e inizia a giocare col pelouche che Daichi mi ha lasciato a Natale.
«Quattro mesi?» mi chiede, fingendo noncuranza. Annuisco ed estraggo il diario per vedere cosa devo fare per domani (e sbuffo quando leggo gli esercizi di chimica).
«Quattro mesi e tornerà tutto alla normalità. Resisti?» lo prendo in giro.
«Niente può tornare come prima dopo che è passato un uragano di nome Sakura.»
«Sono una donna che lascia il segno.» esclamo, fingendo di darmi delle arie.
«Sì. Lo sei.»
«Se non ti conoscessi, potrei dire di aver notato una sfumatura malinconica nella tua voce… non ti starai mica innamorando di me?» concludo, parafrasando le sue parole di qualche mese fa.
Lui riacquista la sua boria e mi osserva con superiorità.
«Illusa.»
«Prima di andar via riuscirò a farti ammettere di avere un cuore!»
«Pensa a studiare, che è meglio.»
«Non sono io ad avere il bac, quest’anno.» lo punzecchio, ben sapendo che si tratta di un argomento spinoso. Infatti, come previsto, si irrigidisce.
«Sarà una passeggiata.»
«Per questo vieni a studiare a casa dei tuoi zii?»
«Ozora, mi stai innervosendo.»
Lo ignoro, e alzandomi, faccio il gesto di aprirgli la porta della camera per fargli capire che se vuole, se ne può anche andare, ma lui reagisce di scatto, chiude la porta con un colpo secco della mano e mi appiccica allo stipite. I nostri visi sono a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, gli sguardi si incrociano e leggo una rabbia profonda e repressa nelle sue iridi blu. Lui mi fissa col respiro accelerato per il nervoso, e sembra quasi che mi voglia uccidere da tanto che è arrabbiato.
«Non mi provocare, Ozora.»
Questo scatto improvviso mi ha lasciata un po’ così: in condizioni normali gli avrei detto che non mi lascio di certo intimorire da un borioso come lui, ma c’è qualcosa nei suoi occhi, sotto alla rabbia, che mi convince a tacere.
Lui non pronuncia altro, si allontana da me e, scostandomi, apre la porta ed esce. Mi ricompongo e mi siedo alla scrivania, sperando che gli esercizi di chimica mi aiutino a dimenticare quello sguardo tanto arrabbiato quanto disperato. 
 
Mi rigiro quell’invito tra le mani, è arrivato inaspettato e mi ha mandata nel pallone, come si suol dire. La festa di fine anno scolastico.
Ho chiesto informazioni a Yves e Jacques e da come me l’hanno descritta, sarà un disastro, almeno per me. Sarà un ballo in stile americano, tipo prom¸ e in teoria dovremo avere un accompagnatore. E qui è scoppiata la bomba. Perché Florence ha deciso che il mio accompagnatore sarà Louis. Sospiro nuovamente, non la prenderà bene: dalla discussione di quel giorno non ci siamo più visti, ha evitato efficacemente di incrociarmi a scuola, e tutte le volte che è passato a trovare i suoi zii si è fermato pochissimo.
«Si può?» il volto di Florence fa capolino dalla porta.
«Certo, entra pure.»
«Ancora focalizzata su quella festa?»
Annuisco e sospiro, non penso possa capire il mio disagio.
«Non credo che andrò. Mi inventerò una scusa all’ultimo per non andare.»
«E perché mai?»
Già, perché?
«Perché… perché so già che mi sentirò a disagio, è un istituto davvero esclusivo e… non sono all’altezza.»
«Alt! – mi interrompe alzando la mano – Non voglio più sentirti dire una cosa del genere. Tu sei all’altezza, Sakura. Guai a te se ti convinci del contrario.»
Sospiro e abbasso lo sguardo, colpevole.
«In questo caso mi sento… diversa.»
«Ma diversa non vuol dire inferiore. Diversa lo sei, ognuno di noi lo è. Ti immagini se fossimo tanti robottini uguali? Che gusto ci sarebbe a vivere in un mondo così?»
Ha ragione, me ne rendo conto, e poso lo sguardo su di lei, riconoscente.
«Sai, Florence… saresti una mamma meravigliosa…»
La vedo sorridere malinconicamente, la sua mano mi accarezza la testa.
«Purtroppo la natura non è stata buona con me… io e Jean non riusciamo ad avere figli.»
Ho percepito chiaramente la tegola cadermi sulla testa: non mi sono mai posta il problema, nel senso che non ho mai indagato su eventuali figli, e Louis non mi ha mai parlato di cugini… però questo spiega chiaramente il rapporto che si è instaurato tra zia e nipote e il perché si siano offerti di fare da famiglia adottiva per i ragazzi che frequentano un anno di liceo lì a Parigi.
Le prendo una mano e le sorrido con calore.
«Ti voglio bene, Flo…»
Gli occhi le si inumidiscono e anche la mia vista si annebbia un po’: ci abbracciamo, voglio davvero bene a questa donna che mi è stata vicino e mi ha accolto in casa sua proprio come se fossi una figlia, e le sarò eternamente grata per tutto.
«Ora basta, dobbiamo cercare un abito adatto a te. Ho giusto in mente qualcosa.»
E quando dice così… so che sarà un disastro!


Dopo delle festività natalizie abbastanza impegnative, ho pensato di regalare a Sakura un po' di spensieratezza, lanciando comunque qualche indizio qua e là sul prosieguo del suo soggiorno. 
Ci rivediamo a Febbraio ;) 
Baci
Sakura chan
   
 
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