Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Ksyl    27/07/2018    4 recensioni
3x22 - Los Angeles
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

16 - Castle

Castle si appoggiò sul bancone davanti a sé, interrompendo l'intensa attività a cui si era dedicato una volta rientrato, e cioè preparare la cena per lui e Kate. Voleva che fosse perfetta, e perciò aveva profuso nello sforzo più energie di quante fossero normalmente necessarie.
Quando erano riusciti finalmente ad arrivare al loft, che li aveva accolti come un'oasi di pace tra i brontolii sommessi di un temporale estivo che li aveva provvidenzialmente attesi prima di sfogarsi sulla città, Kate aveva preso silenziosamente possesso della stanza che le aveva mostrato, l'aveva ringraziato compita e l'aveva informato di essere un po' stanca e intenzionata a riposare, se per lui non fosse stato un problema. Non lo era, naturalmente.
Gli era sembrato che provasse un lieve imbarazzo per quella strana intimità che si era creata in fretta anche a causa del silenzio totale da cui erano circondati e credette che fosse il suo modo di sottrarsi a un'atmosfera non proprio rilassata. O magari non aveva voglia di stare in sua compagnia.

Si chiese se avesse fatto la mossa giusta a insistere perché venisse da lui, o se non fosse invece stata un'altra delle sue improvvise e improvvide decisioni, prese senza tener conto delle conseguenze. L'aveva forzata? Sì, sapeva di essersi imputato senza darle nessuna libertà di scelta, ma aveva superato il limite? Non riusciva a darsi una risposta che lo soddisfacesse.
E, questione ancora più spinosa, lei aveva accettato solo perché temeva altre scenate da parte sua? Non si sentiva al meglio di sé, mentre ponderava gli eventi.
Non era uso a porsi tanti dubbi di natura esistenziale, ma una chiamata da parte della madre, che l'aveva colto con la guardia abbassata e quindi meno pronto a serrare i ranghi e tenerla all'oscuro, l'aveva fatto precipitare nell'inquietudine. Come al solito non rifletteva mai abbastanza sulle cose, aveva tenuto a fargli sapere l'augusta genitrice in uno dei suoi consueti consigli non richiesti. E non si era fermata lì, aveva ritenuto doveroso esprimergli puntualmente e con crescente entusiasmo tutte le sue colpe.

In primo luogo, si rendeva conto di essere piombato da quella povera ragazza sofferente e averla costretta a seguirlo, senza che la ragazza in oggetto potesse in qualche modo difendersi? Aveva approfittato delle sue condizioni di salute per averla vinta e, ancora una volta, si era imposto con la presunzione di sapere che cosa fosse meglio per lei, invece che rispettare le sue scelte. Aveva cercato di replicare che questa visione delle cose avrebbe meritato un dibattito meno perentorio, ma lei lo aveva zittito. Nemmeno il tentativo di difendersi chiamando in causa la sua assoluta buona fede nel darle asilo in un momento di difficoltà, senza secondi fini, l'aveva convinta.
Inoltre – e qui era arrivato il secondo attacco – aveva forse già dimenticato lo strazio in cui si era dibattuto negli ultimi tempi proprio per colpa di lei e del loro rapporto incomprensibile ai più, riducendosi a uno stato larvale – quelle le sue esatte parole – facendo morire di preoccupazione tutti quanti? Gli pareva la mossa più saggia quella di andarsela a riprendere, inghiottendo la sofferenza e l'orgoglio, con il rischio di precipitare di nuovo dentro la sua ossessione? A nulla era valso rassicurarla di essere un uomo adulto al corrente di cosa fosse un'ossessione e no, la sua non lo era. Era ben altro.

Non gli aveva fatto troppo piacere quel riferimento ben poco velato al suo recente e prolungato abbattimento, e questo lo indusse a chiedersi se quella reazione irritata non significasse che forse sua madre non aveva tutti i torti. Forse averla con sé avrebbe davvero significato riaprire ferite che non avevano nemmeno iniziato a rimarginarsi, senza avere la certezza che non sarebbe finito di nuovo accartocciato in un angolo a maledire il giorno in cui l'aveva incontrata. Questo era indulgere nel melodramma, aveva ridacchiato tra sé e quello gli era parso un sintomo di guarigione. Per settimane non aveva nemmeno sorriso, se non costretto a farlo per convincere gli altri di star meglio di quanto non si sentisse.
Sapeva che averla vicino era pericoloso, non perché temesse i loro scontri – ormai si era abituato alle difficoltà comunicative dovute a un insieme di pianeti retrogradi e dissonanti – ma perché era facile, nella gioia di averla di nuovo vicina, gioia che non negava di provare, passar allegramente sopra alla recente sofferenza indotta proprio dal rifiuto che lei gli aveva inferto e che lo aveva quasi portato all'esaurimento di ogni energia rimasta dopo la concatenazione terrificante di eventi di cui era stato spettatore.
Lo sapeva come si sanno tutte quelle cose su cui si ha perso il controllo.
Era perfettamente consapevole che sotto la rabbia covava quell'amore bistrattato e mai spento che aveva capito di provare per lei. Sapeva anche che non dare al dolore lungamente provato il giusto valore sarebbe stato un'imperdonabile mancanza di rispetto per se stesso e per i suoi sentimenti calpestati. Non poteva far finta che lei non lo avesse colpito brutalmente, quando lo aveva allontanato.
Preferiva credere di non averla invitata solo perché la voleva nella sua vita più di quanto fosse saggio desiderarlo. Non si trattava di un'ossessione, aveva ripetuto più volte, anche a se stesso, quando la telefonata era finita. Ma non era sicuro di essersene convinto, il dubbio aveva messo radici nella sua mente in preda al caos.

Non poteva far altro che accettare la confusione che provava, convivere con le emozioni che tornavano a impennarsi quando era convinto di averle domate, senza respingerle per non creare ulteriore contrasto, e navigare a vista. Non era ancora il momento di venirne a capo, non poteva forzare una ripresa emotiva che avrebbe avuto beneficiato del balsamo del tempo e di coraggio, per poter affrontare a viso aperto qualcosa che gli toglieva il fiato ricordare. Non poteva cancellare il dolore, nemmeno se lei fosse arrivata gridando ai quattro venti la proposta di fuggire insieme. L'immagine gli strappò un sorriso. E fu con quel sorriso che l'accolse, quando dopo poco si fece viva, scendendo lentamente le scale, anche senza portare con sé alcun invito a una fuga congiunta.
Si mosse nella sua direzione – lui represse l'istinto di correre da lei per sostenerla, o magari perfino prenderla in braccio e depositarla dove avesse voluto, non doveva esagerare le sue note tendenze all'accudimento estremo, e lei se la stava cavando bene anche da sola. La invitò a sedersi sullo sgabello davanti a lui, felice che si fosse svegliata e avesse deciso di fargli compagnia.

"Ti ho preparato un frullato", la informò quando si fu accomodata. Posizionò sul bancone un bicchiere di dimensioni ragguardevoli, colmo di una sostanza verdastra che non aveva decisamente un aspetto invitante. Lui per primo non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di trangugiarla. Ma aveva seguito una ricetta recuperata online che prometteva di reintegrare velocemente tutti i sali minerali e le vitamine perse per i motivi più disparati. E poi aveva aggiunto altri ingredienti che aveva in casa, seguendo l'istinto. Sperò che apprezzasse la sua buona volontà.
Lei apparve piuttosto scettica, anche se si forzò di non darlo a vedere e non osò rifiutare la sua offerta. Si chiese se stesse trattenendo le sue opinioni nel timore di contrariarlo e se avrebbe continuato a farlo per tutta la durata del suo soggiorno. Gli spiacque, perché non era quello che voleva. Ma capiva che nell'ultimo periodo non aveva dato prova di possedere doti diplomatiche su larga scala o una propensione al dialogo non conflittuale. Forse Kate doveva pensare che quell'intruglio fosse un compromesso accettabile per non farlo scattare di nuovo.
"Grazie. Vedo che hai preso sul serio il compito di rimettermi in forma. Con un paio di questi potrò tornare ad allenarmi entro un paio di giorni", commentò trattenendo una smorfia dopo aver assaggiato la bevanda. Sotto ai suoi occhi sorpresi la bevve tutta, diligentemente. Si stupì, doveva davvero considerare prioritario dimostrargli la sua assoluta buona volontà ad andargli incontro, in ogni ambito.
"Puoi contarci. Mentre dormivi ho già organizzato il tuo piano nutrizionale".
"Piano nutrizionale? Non è quello che dovrebbe fare un medico?", chiese un po' allarmata. Forse stava iniziando a pensare che dargli corda senza obiezioni sarebbe stato più pericoloso del previsto.
"È più semplice di quello che pensi. Potrai mangiare quello che vuoi, quando vuoi, meglio se ipercalorico e iperproteico. Ti basterà esprimere le tue preferenze e io mi occuperò di preparartele. O farle arrivare, se si tratterà di qualcosa di particolare".
Kate gli sorrise sembrando la vecchia se stessa.
"Vuoi trasformarmi in un tacchino all'ingrasso per impedirmi di lasciare il loft?".
"Mi conosci abbastanza bene da sapere che non devi suggerirmi idee tanto stuzzicanti. Ma non credo che corriamo quel rischio".
Era spaventosamente magra. Lo aveva notato proprio quando aveva potuto osservarla con calma, seduta davanti a lui, stretta in un pullover troppo grande dentro il quale aveva cercato di seppellirsi. Era di una tinta troppo slavata perché potesse valorizzare il suo incarnato e l'insieme contribuiva a darle un'aria indifesa che lo toccò profondamente.
Le allungò un piatto di biscotti appena sfornati – si rendeva conto del cliché nel quale era felicemente caduto, la chioccia che si occupava dei suoi pulcini smarriti-, ma era esattamente l'effetto che gli faceva. Kate ne prese uno e lo spiluccò di malavoglia. Non volle metterle pressione.

"Sei riuscita a riposare?".
Era rimasta nella stanza degli ospiti abbastanza a lungo da fargli credere che ne avesse approfittato per schiacciare un sonnellino dopo la lunga giornata ricca di eventi non esattamente rilassanti, soprattutto quelli in cui lui era stato coinvolto.
Lei scosse il capo, abbandonato il biscotto quasi intatto al suo destino, insieme agli altri.
"Non riesco a dormire molto bene da...". Gli diede un'occhiata veloce, sfuggendo al suo sguardo quasi si vergognasse di mostrarsi vulnerabile. "Dopo l'incidente".
Interessante scelta di parole che lo illuminarono su un punto che era sempre stato lampante, ma che non aveva colto, perché era stato accecato da altro. Kate era una persona che aveva subito un trauma non solo fisico, ma soprattutto psicologico, dal quale era ancora perseguitata e con il quale tentava di coesistere barcamenandosi alla meno peggio. E lui aveva aggravato il carico, invece che tentare di alleggerire la sua pena. Aveva sbagliato tutto. Non c'era un singolo comportamento che potesse passare al vaglio del suo severo giudizio, trovandosi all'improvviso di fronte alla verità.

Se trovava comunque rischioso attribuirsi ogni colpa, da un punto di vista squisitamente razionale – non voleva incasellarla nel ruolo della piccola fiammiferaia vittima della crudeltà della sorte – era innegabilmente vero che non le aveva dato il beneficio del dubbio. L'aveva aggredita verbalmente e non una sola volta. Si sarebbe fatto perdonare. E l'avrebbe fatto concentrandosi su di lei, sulle sue necessità, senza tirare in ballo il passato e quella maledetta notte a Los Angeles che lui continuava a brandire quasi fosse diventata un'arma.
Le avrebbe dato modo di rielaborare il trauma, senza pretendere di essere la persona giusta per aiutarla a superarlo – per quello serviva un professionista - creando uno spazio confortevole dentro il quale non avrebbe più dovuto difendersi. Glielo doveva.
"Posso prepararti una tisana, più tardi, corretta con qualcosa di forte. Vedrai che con quella ti addormenterai in un istante, è la mia ricetta segreta".
Gli rivolse il sorriso di chi ha visto l'inferno e non vuole spiegarlo a qualcuno che ancora non sa e non dovrebbe mai sapere.
"Non desidero niente di meglio, ma spesso non funzionano nemmeno i sonniferi".
Abbassò lo sguardo e prese a tormentare con le dita il polsino sfilacciato del pullover. Ebbe la sensazione che si stesse assentando, nonostante il suo corpo non si fosse mosso. Le prese una mano, per farla tornare lì con lui. Si sarebbe occupato dei suoi bisogni primari, ma avrebbe trovato il modo di far penetrare un po' di calore nella sua anima trafitta.
"Vorrà dire che rimarremo svegli insieme a giocare a poker. O guardare qualcosa in tv. O magari fissare il muro, se non ti va di fare niente".
"Non riesco a seguire un film fino alla fine, mi dispiace".
"Vada per il poker, allora".
Lei rise debolmente al suo tentativo di fare dello spirito, ma c'era qualcosa che le frullava nella testa e che la rendeva pensierosa, anche se non volle farlo partecipe delle sue riflessioni.
Le strizzò la mano con gentilezza. "Non ti lascio da sola, Kate". Per nessun motivo. Non con quei demoni che arrivavano a portarsela via, lasciandogli solo l'involucro.
Non reagì, ancora chiusa nella fortezza che aveva eretto intorno a sé. Non importava, piano piano avrebbe trovato il modo di far tornare il sole in quelle lande desolate. Si rese conto con stupefacente chiarezza di quanto le fosse costato raccogliere le forze per andare da lui, quanto dovesse aver ritenuto grave la situazione se si era imposta un viaggio così lungo solo per vederlo, prima che fosse troppo tardi, quando non dormiva da chissà quanto tempo e non era in grado di concentrarsi troppo a lungo sulla trama di un film.
"Pronta per la mia pizza speciale?", le chiese nel tentativo di farle tornare almeno un po' di buonumore, sepolto chissà dove.
"Dopo quel frullato in effetti sono disposta a tutto", lo canzonò.
"È un frullato che, nonostante le apparenze, ti farà molto bene".
Il sorriso si aprì. "Come tutte le cose che fai per me, Castle".
D'accordo e lui sarebbe morto proprio lì, sulle piastrelle del pavimento, trafitto da quelle parole inaspettate che parvero iniziare a lenire settimane di rifiuto, sconforto e dolore senza attenuanti.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl