Serie TV > Torchwood
Segui la storia  |       
Autore: Cauchemar    08/07/2009    1 recensioni
Frutto di una nuova collaborazione con la sempre prodiga Arghenta ^o^ I found an island in your arms Country in your eyes Arms that chain us Eyes that lie Break on through to the other side Break on through to the other side...
Genere: Drammatico, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il Nucleo era innaturalmente silenzioso.

Il famigliare ronzio che lo pervadeva, anche nelle lunghe notti nelle quali rimaneva deserto, e che faceva da tappeto sonoro alle sue veglie insonni, buttato sul vecchio e comodo divano di pelle dell’ufficio, era cessato. Come se l’energia che pervadeva quel luogo, alimentando le macchine, tenendo costantemente in funzione i sistemi di sorveglianza, si fosse esaurita.

Perfino le luci erano spente, salvo quelle di emergenza, che gettavano un alone rossastro tutt’intorno, confondendo i contorni delle cose e rendendo più che mai labile e indistinto il confine tra realtà e ombra.

Ianto Jones trattenne il respiro, muovendosi in quella luce innaturale, sgradevole.

Gli sembrava di essere tornato indietro alla notte in cui Lisa si era risvegliata, e lui l’aveva perduta, senza avere nemmeno il tempo di capire, senza poter sapere cosa sarebbe stato, se solo gli altri, no, se solo Jack Harkness gli avesse permesso di calmarla, di farla ragionare…

Quanto l’aveva odiato, allora! Solo il dolore che lo consumava, ottenebrando le sue percezioni, rallentando le reazioni, era stato più intenso dell’odio che provava.

Come aveva potuto essere così spietato? Con che freddezza i suoi occhi avevano decretato la sentenza capitale, privi di pietà, come quelli di un angelo di pietra nel cuore gelido di una cattedrale d’inverno?... Bello e crudele, e quella crudeltà, unita a quella bellezza indecente per un uomo, costituiva una bestemmia di fronte alla creazione, un peccato mortale che nessuno dio sembrava intenzionato a lavare, nonostante tutto…

E lui, Ianto Jones, il più miserabile degli esseri umani, si era reso conto, col passare del tempo, di avere bisogno di quella crudeltà, di non poterne fare a meno, di aver trovato in essa un’altra ragione per vivere, e per morire.

“Jack?” chiamò, la voce più ferma di quanto non si fosse aspettato. La mano che impugnava la pistola restava distesa lungo il fianco.

"Jack" ripeté e la sua voce si disperse nel silenzio. Jack.

Fra le ombre sanguigne del nucleo si nascondevano quelle, più inquietanti, del suo passato, tutti i suoi rimorsi, tutto il dolore di un tempo che gli era rimasto attaccato alle ossa come le cicatrici di una malattia, come un predatore in agguato pronto ad affondare i denti.

Ianto si fermò per ascoltare i suoni familiari della base, ma nuovamente gli rispose solo un minaccioso silenzio.

Solo. Il pensiero lo colpì con una fitta al petto. Respirò. Solo...

Si voltò su se stesso cercando nel buio, imponendosi di respirare e ricacciare indietro quella fitta dolorosa al petto che era stata il sigillo del suo spirito per così tanto tempo, quando ogni gesto era un dovere ed ogni sorriso accuratamente preparato.

Chissà dove sarebbe stato ora se Jack non gli avesse impedito di andarsene? Sulle prime era stato il lavoro la sua ancora di salvezza, la sua armatura di perfetta, distaccata efficienza, l´unico luogo nella sua vita in cui le cose sembravano essere lontane dal baratro anche nei momenti peggiori. Erano stati giorni taglienti per la sua anima ed allo stesso tempo giorni ardenti.

"Jack"

Le ombre non risposero, non risposero le luci sanguigne dell´impianto di emergenza.

Ianto strinse i denti e maledisse ogni passo che l´aveva portato fino a lì, dall´incubo che non aveva ascoltato a tutti quei piccoli gesti che non aveva voluto cogliere, perché Jack era sempre lui,

imprevedibile, indecifrabile. Potevi solo fidarti ciecamente ed abbandonarti. Ma fino a dove, fino a che punto?

"Ianto."

Quasi gli sembrò di non sentirlo, come se fosse una semplice eco dei suoi richiami. Si costrinse a tenere l´arma distesa contro il fianco mentre cercava di capire da dove giungesse la voce.

"Sei venuto per me?" nuovamente, alle sue spalle, così vicino da sentirne il caldo respiro sul collo. Una mano gli scivolò lungo il braccio, sciogliendo con gentilezza le dita che stringevano dalla pistola.

Ianto deglutì, combattuto tra la paura e il folle, irrazionale desiderio di voltarsi e gettarsi tra le sue braccia, incurante di ciò che sarebbe potuto accadere, desideroso, anzi, che tutto si compisse in fretta, in un modo o nell'altro.

Si sforzò di ignorare quell'impulso, come i brividi che scaturivano dal punto della sua nuca su cui il respiro caldo di Jack andava a morire, sferzandolo con scariche elettriche insostenibili.

Si voltò, lentamente, docilmente, la dita intrecciate a quelle di Jack, la pistola ancora nella mano, puntata al ventre di quest'ultimo.

“Sì, Jack, come avevo promesso” rispose, stancamente.

Il volto dell'altro si distese in un sorriso morbido come il velluto, mentre il suo corpo si premeva contro di lui, contro la canna della pistola spianata, con la voluttà di un amante anelante l'amplesso.

“Bene. E Ianto Jones mantiene sempre le sue promesse, vero?” domandò, insinuante, la voce dolce e vischiosa come miele, un delizioso veleno sonoro.

A Ianto parve che il suo volto si velasse di una nebbia traslucida, per un istante. Ma forse erano solo le lacrime che gli pungevano le palpebre, inopportune, superflue.

Rimase immobile quando Jack si protese verso di lui, e le sue labbra calde si posarono sui suoi occhi, raccogliendo quel pianto con un bacio, un altro.

Ma quando si staccò da lui e lo spazio che li separava fu più ampio di quello di un respiro, Ianto vide gli occhi dell'altro brillare sinistri, come zaffiri maligni, e seppe che avrebbe dovuto agire, e in fretta.

“Sì” sibilò Jack, come se gli avesse letto nella mente, “devi essere svelto, Ianto, molto svelto...”

E Ianto sapeva cosa fare.

Per il calore del suo abbraccio, per lo sguardo in cui amava perdersi, per le catene che li legavano...

Fissò in quegli occhi pieni di menzogna.

Ma non poté sparare.

Jack non gli usò tanta premura. Si liberò dell´arma che li separava strappandogliela di mano e gettandola nell´oscurità, dove si perse con un freddo rimbalzo, e lo prese per una spalla spingendolo contro l´arco della zona autopsia.

Stringendogli il mento nella mano Jack lo costrinse a voltarsi lentamente, prima da una parte, poi dall´altra, come se ne stesse studiando il cranio sotto la pelle.

"Cosa ti succede, piccolo maggiordomo? Dove è finita tutta quella cieca dedizione?"

Tornò a posare i suoi occhi algidi su di lui, allargando il sorriso, facendo schioccare le lingua come avrebbe fatto un serpente che annusa l´aria.

"E´ paura quella che sento, mio piccolo compagno di giochi?..."

Ritrovandosi impotente e sconfitto Ianto sentì crescere in se stesso la rabbia della disperazione, una forza che montava come una marea, che non avrebbe saputo trattenere, che lottava per uscire dalla gola, dai denti serrati, dallo sguardo. Il respiro gli bruciava in petto.

Jack socchiuse gli occhi sollevando appena il mento e per prendersi gioco di lui gli posò un dito sulle labbra come se ogni suo gesto fosse in realtà vano. Ne scrutò gli occhi profondi e lucidi di rabbia animale e lo schiacciò ancor più con il suo corpo per cogliere il soffio del suo spirito ardente, per baciare le sue labbra e morderle affondando con i denti nella morbida carne, contagiato da tutta quella disperata vita.

Ianto pressato nel corpo da quel peso, stretto alla gola dalla mano che ben altre emozioni sapeva elargire, si sentì lentamente soffocare e reclinò indietro il capo. Socchiuse gli occhi per mantenere a fuoco le cose e la rabbia si fece lacrime che scivolarono veloci dal volto.

“Shhhh...” sibilò la voce di Jack, o di ciò che di Jack era rimasto in quell'essere, dolce, consolatoria, mentre le dita affondavano nella carne tenera della gola di Ianto, mozzandogli il respiro.

“Basta lacrime, basta dolore... Hai recitato la parte... Settimana per settimana... Giorno per giorno... Ora per ora... Sei stato bravo, Ianto Jones, ma adesso è ora di passare dall'altra parte” continuò, passandogli la lingua sulla guancia, con un umida carezza che leccò via il sale delle lacrime, confondendo la loro scia sulla pelle.

Ianto sapeva, sentiva che avrebbe dovuto reagire, lottare. Sarebbe morto se non lo avesse fatto. Ma che importanza aveva, arrivati a quel punto? Tuttavia l'istinto di sopravvivenza spinse il suo corpo all'azione, prima che la mente potesse formulare un pensiero razionale. Le sue mani scattarono in avanti, spintonando via Jack, e le sue gambe balzarono di lato, scartando un eventuale assalto, nella direzione in cui la pistola era caduta. Ianto incespicò, cadde, sentì il suo ginocchio esplodere in un grumo pulsante di dolore, quando urtò contro una sporgenza metallica. Udì un ruggito alle proprie spalle, ma non si voltò. Quello che avrebbe potuto vedere non poteva essere peggio di ciò che aveva già visto.

Individuò la pistola che sporgeva da sotto un mobile e un po'correndo, un po'trascinandosi si lanciò in quella direzione.

Sentì le proprie ossa scricchiolare, il corpo cedere quando l'altro gli fu addosso, schiantandolo col proprio peso a terra, cercando di bloccargli braccia e gambe. Ma questa volta Ianto Jones non si arrese, si rivoltò, combattè con le unghie e coi denti, sferrando pugni e calci, mordendo l'aria, come quando, da ragazzo, faceva i conti con la propria vita nei sobborghi di Londra, annaspando per non andare a fondo nella merda.

"Tutto solo Ianto Jones, era una questione personale?"

Ianto cercava alla cieca la pistola guadagnando a stento pochi centimetri di speranza.

"Ora è ora di passare dall´altra parte" disse la voce di Jack facendosi roca e rovinando in una eco inumana. "Dove non esiste tempo e non esiste dolore."

Era il momento, l´ultima occasione, l´ultimo tentativo. Ianto si allungò con tutto se stesso per raggiungere la pistola annidata sotto il mobile e finalmente la sfiorò con le dita, l´allontanò toccandola ma nuovamente la raggiunse incurante della camicia che lo strozzava, annaspò per avvicinarla con le unghie ed infine la impugnò. Voltandosi con le sole spalle in un modo che sembrava senza speranza, sentendo la schiena protestare ed i nervi uscir di sede riuscì a portare la spalla destra sotto il corpo e voltare il capo verso la cosa che lo tratteneva.

La pistola nelle mani, l´orrore negli occhi, sparò.

Ci fu un sibilo, uno suono come di infranto. Poi il silenzio.

Ianto lottò per respirare, schiacciato dal peso della creatura che gli si era afflosciata sopra. La creatura... Jack... Con un singhiozzo cercò di liberarsi, incurante del ginocchio dolorante, della carne cedevole e inerte nella quale le sue dita affondavano, mentre cercava di spingerlo via. Il suo cappotto... il suo odore... Come aveva potuto?!...

Poi una risata roca sgorgò dalla gola di Jack Harkness, o chiunque egli fosse, e Ianto si ritrovò a fronteggiare ancora quegli occhi freddi, inumani, simili a specchi nei quali si rifletteva solo la sua paura.

Gridò quando la bocca dell'essere si abbattè su di lui, puntando alla gola, e in quel grido credette si sarebbe annullato ciò che restava della sua anima.


“Jack! Ianto!”

Fu Gwen la prima ad entrare nel Nucleo, seguita da uno scarmigliato Julian.

Toshiko riattivo il sistema e i neon si riaccesero, inondando di una fredda luce bianca tutto l'ambiente.

“Qui c'è del sangue!” Gwen si precipitò al fianco di Owen, gli occhi chiari dilatati dall'apprensione.

“E qui c'è la pistola di Ianto” aggiunse Julian, sollevando da terra l'arma.

“Ma che accidenti è successo?!” inveì Gwen, guardandosi intorno come se il colpevole di qualsiasi cosa fosse successa lì dentro fosse tra i suoi compagni.

“Non lo so” mormorò Toshiko, digitando sulla tastiera.

“Il sistema di videosorveglianza è stato manomesso... cioè... “ si schiarì la voce, come se temesse di proseguire dando voce al proprio dubbio.

“Cioè cosa?” le si affiancò Owen, la fronte aggrottata.

“Cioè... qualcuno che conosceva i codici lo ha disattivato....” concluse mestamente la giapponese.

Owen masticò una bestemmia.

“E adesso? Che accidenti facciamo?” domandò Gewn, sempre pericolosamente in bilico tra rabbia e preoccupazione.

"Le tracce di sangue proseguono verso l'uscita" osservò Julian che aveva raccolto l´arma dell´amico e l´aveva infilata alla cintura dietro la schiena, un gesto che aveva imparato guardando Gwen.

"E´ ora di parlare chiaro. " intervenne Owen. "C´e´ qualcosa che non va in Jack, ha ucciso un ragazzo e va bene, poteva essere posseduto da chissà quale alieno, ma non aveva alcun motivo per freddare anche il poliziotto!"

Buttò con rabbia la busta con gli effetti personali del ragazzo sul tavolino vicino al divano da dove cadde per l´impeto. I suoi vestiti erano ancora ricoperti di sangue, così come quelli di Julian che aveva tentato di aiutarlo seguendo passo passo i suoi ordini.

"Si comporta in modo strano" rincarò Toshiko che aveva ancora lo sguardo fisso sui segni di sangue che mostravano come qualcosa fosse stato trascinato di peso. Sembrava immaginare quanto poteva essere accaduto con dovizia di particolari.

Quando tentava di tranquillizzare i suoi ex colleghi si era dimostrata sicura e confidente, ma ora ogni maschera era crollata e camminava avanti e indietro, mettendosi una mano sulla fronte per pensare meglio e per nascondere la vista della stanza dell´interrogatorio che ancora le aleggiava davanti agli occhi.

"Si ma dov´e´ Ianto? Cosa è accaduto. Non pensate davvero che Jack abbia potuto fargli del male?" chiese Toshiko esitante, senza davvero voler una risposta.

"Potrei controllare se questo è il suo sangue." propose Owen.

"Non c´e´ tempo." Gwen tagliò l´aria con una mano. "Dobbiamo sapere dove sono. Tosh, controlla se c´e´ ancora qualcuno nel Nucleo, forse è una falsa pista quel sangue, e controlla se trovi agenti esterni contaminanti. Owen... il corpo del ragazzo può aspettare, cerca Ianto e Jack con loro segnalatori."

Owen annuì. Era chinato accanto a Julian, aiutandolo a raccogliere gli oggetti del giovane Hastings che gli erano caduti dal tavolo. Quando riabbassò lo sguardo per prendere il raccolto dalle mani di Julian e mettersi alla ricerca dei due compagni notò che Julian si era fermato nel mezzo, osservando uno stupido pezzetto di carta. Come se quello fosse il momento più adatto per perdersi dietro ai propri pensieri!

Stava per riprenderlo a male parole per le sue divagazioni quando lo vide alzarsi, abbandonando tutto a terra tranne quel pezzetto di carta.

"No Owen" gli si rivolse Julian guardandolo dall´alto in basso. "Fai l´autopsia al ragazzo , è vitale."

Gwen sgranò gli occhi e serrò la mascella pronta a farsi sentire, ma Julian alzò il foglietto strapazzato fra le mani per mostrarlo a loro, come se fosse la chiave.

"Tosh, controlla nel lunapark che è arrivato due giorni fa in città, è qui vicino. Questo biglietto viene da li. Scommetto che ci sono state anche le due vecchiette. Gwen, " riprese voltandosi, in preda all´impazienza e si fermò vedendo il suo sguardo torvo.

Lei lo fissava irata, poco mancava che pestasse un piede. "Ma cosa ti prende, Jack e Ianto sono più importanti, non ha importanza dove sono state le vittime, loro vengono prima."

Julian sembrò sorpreso, prese fiato ma non se la prese a male, rigirò piuttosto il biglietto nella mano e lo strinse nel pugno, prima di dire : "Gwen, io Ianto e Jack oggi siamo stati in quello stesso parco.

Adesso, vuoi venire con me?"



   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Torchwood / Vai alla pagina dell'autore: Cauchemar