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Autore: NyxTNeko    29/07/2018    1 recensioni
Roma, 37 d.C.
Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo...fino a quando il potere non entrerà dalla porta della sua piccola bottega di filtri e veleni e le stravolgerà l'esistenza risucchiandola inevitabilmente nel suo vorticoso buco nero.
Locusta, la prima serial killer della storia, fu un personaggio enigmatico, quasi leggendario, di cui si sapeva davvero poco anche ai suoi tempi, una cosa, però, era assolutamente certa: la strega di Nerone non sarebbe sopravvissuta a lungo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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"Itaque non aqua, non igniut aiuntlocis pluribus utimur quam amicitia. 
Neque ego nunc de vulgari aut de mediocri, quae tamen ipsa et delectat et prodestsed de vera et 
perfecta loquorqualis eorum, qui pauci nominanturfuitNam et secundas res splendidiores facit 
amicitia et adversas partiens communicansque leviores." 
Cicerone, Laelius De amicitia, 22

3 luglio

- Allontanatevi da me...Ottavia maledetta! - sbottò Nerone, balzò in piedi, puntando il dito contro di lei, caduta rovinosamente al suolo.

- Ma altezza...- soffuse la donna a testa bassa - Io...volevo solo... - trattenne a stento le lacrime.

- È solo colpa vostra... - gridò il marito con gli occhi spalancati, continuando ad additarla: colpevole ai suoi occhi, di averlo consolato, senza il suo consenso - Se sono in questa drammatica condizione è solo per colpa vostra, voi mi avete costretto a uccidere mia madre!

Lo guardava con un'espressione tra lo stupore e la delusione - Ma cosa dite, altezza? Non lo avrei mai...

- Credete che io sia uno stupido?! - sbraitava l'imperatore raggiungendola e sollevandola da terra per guardarla dritta negli occhi. Ottavia cominciò a tremare nel vederlo sul punto di scoppiare dall'ira:  sarebbe stato incontrollabile.

Poppea stava seduta sul triclinio accanto a quello dell'imperatore, osservava compiaciuta la vicenda: vedere l'umiliazione nello sguardo di quella donna le donava una soddisfazione che nemmeno la morte dell'Augusta le aveva fatto provare appieno.

Il Princeps fece cadere nuovamente la moglie, abbandonando l'idea di picchiarla a sangue: non sarebbe servito di certo a placare lo spirito vagante della madre, anzi avrebbe peggiorato il tutto - Ottavia...se non volete morire quest'oggi sparite dalla mia vista - le lanciò un'occhiata colma di odio e rancore, strinse i pugni e le diede le spalle.

La donna non se lo fece ripetere, si alzò dolorante e, ringraziando in cuor suo gli dei per averla risparmiata dal suo furore, uscì immediatamente dalla sala del trono per rifugiarsi in quella da letto, vi trovò alcune ancelle, a quel punto lasciò andare, in un lungo pianto, tutto il suo dolore.  
 

- Perché l'avete lasciata andare? - le rimproverò Poppea adirata - Era la vostra occasione per rinfrancare la vostra anima

- La mia o la vostra? - le domandò freddamente Nerone.

Spiazzata da quella domanda, Poppea rimase a bocca aperta, incapace di rispondergli; le tornarono alla mente le parole di Locusta e si rese conto, per la prima volta, dell'acutezza di Nerone.

"Non è affatto come credevo, ha usato la maschera della stupidità anche con me...quella donna aveva ragione!" una goccia di sudore le scese lungo la fronte "Cosa è realmente in grado di fare? Fin dove può spingersi ora che non ha freni?"

- Andatevene pure voi, Poppea, desidero restare da solo...con Locusta... - proferì atono.

- Ma...ma come? Preferite la compagnia di quella strega alla mia! Non vi basto più... - balzò sorpresa verso di lui, stranamente pacato. Si accomodò sul trono.

Vedendola irremovibile, ordinò alle guardie di accompagnarla delicatamente fuori - Quando uscite, mandatela a chiamare - comandò all'amante trascinata dai pretoriani - Se non lo farete, non sperate di vedere ancora il giorno, Poppea... 
 

Non appena rimase da solo nella stanza sentì l'angoscia salirgli fino alla gola, e lo smarrimento si fece strada nel suo spirito: riecheggiarono nella sua mente le urla delle Furie e quelle della madre, la testa riprese a pulsargli.

Si alzò dal trono per dirigersi verso la finestra per respirare un po' d'aria fresca, ma non riuscì ad arrivarci, cadde in ginocchio coprendosi le orecchie - Anche di giorno dovete rammendare la mia colpa? Non vi basta più il tormento notturno? - gridò disperato alzandosi lentamente in piedi. 

In cuor suo sperava che Locusta arrivasse in fretta, aveva bisogno del suo conforto e dei suoi consigli, era l'unica in tutto l'Impero a comprenderlo fino in fondo, di tranquillizzarlo completamente.

E soprattutto per evitare che compisse su se stesso qualcosa di tremendo.

Ogni volta che perdeva la calma, non riusciva ad avere più controllo sulle sue azioni, era guidato solo dalla parte più primitiva e crudele dell'umanità, dalla rabbia, dal dolore, non era conscio di ciò che faceva; quando, però, la ragione riprendeva le briglie delle emozioni,  leggeva nelle espressioni di tutti coloro che assaggiavano la sua furia, il terrore più puro.

Lo stesso che aveva intravisto qualche istante prima negli occhi di Ottavia.

- A cosa mi sta spingendo il mio istinto di sopravvivenza? - chiese alla figura riflessa nello specchio - A diventare un mostro, come sono stati mio zio e mia madre...

Vide sovrapposti alla sua immagine, quelle di Caligola e di Agrippina, entrambi con la follia scintillante nei loro sguardi e il ghigno maligno disegnato sulle labbra - Lucio Domizio Enobarbo, ora denominato Nerone Augusto, tu sei uno di noi, hai il nostro sangue, non puoi soffocare i tuoi istinti, sei destinato alla perdizione eterna - la loro voce, sovrapposta e sinistra, sembrava provenire dalle viscere dell'Averno.

L'imperatore ancora una volta incapace di discernere il sogno dalla realtà, tentò di allontanarsi, atterrito, da quello specchio maledetto, tuttavia il pavimento sembrò scivolargli dai piedi e di non avanzare di un solo passo dalla sua posizione - Per quanti sforzi tu possa fare non riuscirai mai a sottrarti al tuo destino di assassino - le disse la figura allo specchio dalla doppia testa: una di Caligola e l'altra di Agrippina, il corpo da essere umano e gli arti inferiori e superiori, simili alle zampe di un avvoltoio.

- Non è vero, io sono migliore di voi, io sono un... - fu acchiappato per i piedi dalla zampa di quel mostro, gli lacerò le carni, il ragazzo sbatté il mento, e cominciò ad essere trascinato all'interno dello specchio - No, non voglio, aiutoooooo

- Chi vuoi che ti salvi? Nessuno ti è amico in questo mondo! Se ci seguirai incontrerai tutti i coloro che avevano fiducia in te e sono morti per causa tua

Nerone si voltò per cercare di staccare la presa di quella dannata zampaccia, tutto d'un tratto apparve l'ombra di quella che fu per lui più di una madre piangere sangue - Perché mi hai tradito, Lucio? Perché l'hai fatto? Io che ti ho donato tanto amore...

La bocca del Princeps tremolava nel vedere la sua adorata zia ridotta in quello stato e i suoi occhi si gonfiavano di lacrime "A cosa serve chiedere perdono? Non ritornerà in vita, sono solo un vigliacco"

Si coprì il volto con le mani sporche di sangue, poi le guardò, alzò lo sguardo verso la figura mostruosa - Hai ragione mostro, nessuno mi è amico finché rimango vivo, senza di me, Roma starà senz'altro meglio, portatemi con voi, nell'oblio perenne...

- Mio imperatore...mio imperatore svegliatevi, vi prego - udì improvvisamente una voce ovattata, dolce, familiare. La riconobbe.

- Locusta...siete venuta a salvarmi... - emise gioioso - Quasi non ci speravo più...

- Non la raggiungerai, ora verrai con noi - il mostro afferrò le cosce del Princeps con veemenza.

Una goccia d'acqua bagnò la fronte di Nerone e la figura mostruosa, tra strepiti e gridolini, assieme al suo inferno, si dissolse nel nulla.

L'imperatore aprì lentamente gli occhi e si rese conto di avere un panno bagnato sulla fronte - Mio imperatore, mi avete fatto prendere uno spavento...

- Da quanto tempo siete qui? - la interruppe mettendosi ritto; si accorse di essersi appisolato sul trono "Allora è da quando ho mandato via Poppea che mi sono addormentato"

- Da non molto tempo, mio imperatore, sono corsa subito dopo aver ricevuto il vostro ordine - le rispose preoccupata, seppur avesse intuito cosa fosse accaduto al suo adorato Nerone - Avete di nuovo avuto un incubo?

L'uomo abbassò la testa e deglutì a fatica un groppo di saliva - Aiutatemi vi prego...siete la sola in tutto l'Impero in grado di farlo

Locusta lo fissò e provò un senso di impotenza che represse immediatamente: il suo compito era quello di tranquillizzare l'imperatore, se gli avesse riferito della sua totale inutilità, probabilmente Nerone avrebbe tentato di uccidersi.

- So perché mi guardate così... - la voce incerta del giovane frenò il flusso dei suoi pensieri, ma non la sua preoccupazione - State pensando che è colpa mia se mi ritrovo in questo stato - entrambi sospirarono, Locusta quasi sollevata, l'imperatore per rassegnazione - Avete ragione, la colpa è tutta mia, solo e soltanto colpa mia...

- Non dite questo, mio imperatore, l'avete fatto per il bene dell'Impero...

- Sapete che non è così, l'ho fatto solo perché sono un egoista e un fifone - ammise Nerone quasi piangendo, si mise le mani tra i capelli con l'intenzione di trattenere le lacrime, si ripromise di non versarne mai più una dopo la morte della zia - Credevo di poter essere felice, libero, mostrando al mondo il mio coraggio, la mia determinazione, invece non ho fatto altro che dimostrare la mia codardia, mia madre aveva ragione, sono una vergogna per la mia famiglia, un fallito

Locusta si avvicinò al giovane e gli cinse le larghe e possenti spalle, Nerone, la guardò stupito dal suo atteggiamento che a molti sarebbe sembrato spudorato, privo di ritegno.

Per lui, invece, fu un'altra grande dimostrazione del suo affetto, della sua fedeltà: si vergognò di riceverne in maniera così delicata, sincera, elevata da una donna che avrebbe potuto essere sua madre, le sorrise quasi commosso - Vi ricordate quando vi dissi che non avevo mai sperimentato l'amicizia con una donna, ora posso dire di essere fortunato ad averlo conosciuto grazie alla vostra dedizione, Locusta

Lei ricambiò, tuttavia il fievole sorriso della donna svanì immediatamente "Nerone mi vuole bene come farebbe un amico, ciò mi onora, essere considerata al pari di una delle persone più stimate dall'imperatore è un privilegio riservato solo agli eletti, ovviamente io non mi considero tale, nel profondo resto sempre e solo una liberta, una barbara proveniente dalla Gallia, però, proprio in nome di questa profonda amicizia sento il dovere di dirgli la verità, è per il suo bene, devo farlo"

Velocemente ritrasse le braccia da lui, si alzò e si allontanò per pochi passi - Mio imperatore...io... - l'esitazione la bloccò, ma non si lasciò sopraffare da essa, perciò strinse i pugni - Io non posso aiutarvi...

- Co...cosa? - balbettò il Princeps tremante - No, non può essere...anche voi...

- Mio imperatore, cercate di capire, se nemmeno i Mani legati a Giulia Agrippina, divinità minori il cui culto è celebrato nell'ambiente familiare, ai quali voi avete dedicato più di un sacrificio, non hanno placato il suo spirito, che continua a vagare senza pace all'esterno dell'Averno, cosa possono fare i miei infusi e le mie erbe? Io non ho simili poteri, mio imperatore, io posso curare le ferite superficiali sia del corpo, sia dell'anima, ma non saprei come penetrare in profondità, specialmente se ciò riguarda la spiritualità e il mondo dei morti - confessò la donna tutto d'un fiato, cercando di trovare una soluzione efficace.

Si aspettò un lungo piagnisteo, un attacco d'ira o un rimprovero per la sua inutilità,  all'opposto, un lungo e pesante silenzio aleggiò per diversi minuti nella stanza. Temette per la sua incolumità, fu sul punto di giustificarsi, di scusarsi, di prostrarsi ai suoi piedi invocando la sua pietà, quando fu Nerone stesso a bloccarla: la sua espressione determinata non la rassicuro per nulla.

- Allora non ci resta che una cosa da fare, Locusta - rivelò convinto - Recarsi in Grecia, ad Eleusi, presso il tempio di Demetra o Cerere come denominata qui a Roma, nel periodo della semina - sentenziò l'imperatore - E voi verrete con me

- Co...cosa? Io insieme a voi...no non sono degna di questo incarico, mio imperatore, avete Poppea al vostro fianco, lei è senz'altro più adatta - rifiutò imbarazzata Locusta. "In terra di Grecia? No, sono solo una liberta, inoltre non conosco una parola di greco..."

- Poppea per quanto sia una di estrema intelligenza e raffinatezza ed abbia un profondo interesse per l'Oriente come me, ‎non ha la vostra resistenza, la vostra tenacia, Locusta, il vostro passato di schiava in questo caso si rivelerà utilissimo, in quanto avete una capacità  di adattamento maggiore rispetto alla mia Poppea, e poi siete la mia più cara amica

- E va bene, mio imperatore - lo zittì l'avvelenatrice, si fece forza e decise di accontentarlo, avrebbe accettato qualsiasi suo capriccio, compromesso pur di rasserenarlo - Ma state attento a non sottovalutare Poppea Sabina, quella donna è tremenda - l'ammonì scherzosamente Locusta, evitando di allarmarlo ulteriormente. "Oltre ad essere estremamente subdola...spero di non pentirmi un giorno di aver taciuto questo dettaglio..."

Fu sollevata letteralmente di peso da un Nerone al settimo cielo, la fece roteare attorno a sè - Mi avete reso felice, vi dedicherò un componimento - rise il ragazzo, rivelando nuovamente la freschezza dei suoi 21 anni.

"Non ce n'è bisogno, Nerone, a me basta soltanto vedervi sorridere" si disse invasa da una malinconica allegria.

   
 
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