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Autore: ___Aliena___    29/07/2018    1 recensioni
"Il mistero dell'amore è più grande del mistero della morte. Non bisogna guardare che all'amore" ('Salomé', Oscar Wilde)
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In un tempo dove la Morte pretende di creare la Vita, che cosa resta all'Amore?
Brevi scintille di umanità che lanciano la loro luce nelle tenebre del Nuovo Mondo.
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«Medea, tu sai perché Watari ha deciso di chiamarti così?».
«Era il nome di mia madre».
«E poi?».
«Non lo so, non gliel'ho mai chiesto».
«Cos'è che distingue Medea da tutte le altre eroine tragiche?».
«Di certo non un destino più clemente».
«Alla fine della sua storia, Medea resta in vita. Ricordalo, perché dovrà essere lo scopo della tua esistenza. Tu devi vivere, Medea, non importa quello che accadrà a noi altri. Tu devi vivere».
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Watari
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il nido
 
 
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano;
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
(“X Agosto”, Giovanni Pascoli).
 
 
 
«Il sovrintendente Yagami è morto».
«Addio colombello...».
«Che cosa dici?».
«E lui? Lui dov’è?».
«Non lo so».
«Sta bene? È ancora vivo? Me lo devi dire, dimmelo!».
«Non so niente».
«Sei un bugiardo. Ma non importa, no, non importa! Lo cercherò io, smuoverò il cielo e la terra se necessario, e lo troverò. Lo porterò qui e quando quest’incubo sarà finito torneremo a casa, noi tre, insieme. Lo farò e tu non mi fermerai».
«Madison...».
«Io mi chiamo Medea».
 
 
*
 
«Facciamo un gioco tutti insieme?».
«Che genere di gioco?».
«Near è la preda e noi altri i predatori. Chi lo catturerà per primo lo divorerà».
«Non ho nessuna intenzione di mangiare Near».
«Allora sarai una preda come lui».
«Va bene, ma ad una condizione».
«Quale?».
«Io sarò sua madre».
«Perché?».
«Perché le madri divorano i predatori dei loro figli. Ovvio, no?».
 
 
*
 
«Halle, mi faccia un favore: questa sera le consegnerò i rapporti contenenti le deduzioni di N relative al caso Kira. Voglio che giungano al più presto nelle sue mani».
«Di cosa sta parlando, signorina Medea?».
«Non lo ripeterò ancora. Mi ascolti, io so che lui è vivo, lo sento qui, nella pancia. Non mi importa incontrarlo né tantomeno sapere dove si nasconde ora. Ma lei deve fare ciò che le sto chiedendo e assicurarsi che sia al sicuro. Non ne ho la certezza, ma qualcosa, nel suo viso, mi fa pensare che lei l’abbia già incontrato più volte... se fosse così, significherebbe che lui si è fatto scovare perché si fida di lei, Halle, e ciò mi basta».
«È stato N a volere tutto questo, signorina?».
«Lo voglio io. Obbedisca, la prego, e le sarò eternamente grata».
«Trovarlo è davvero così importante per lei, Medea?».
«Tanto quanto la mia vita».
 
*
 
Il gorgoglio incessante dell’acqua impregnava le pareti. Mello chiuse gli occhi, affondando le mani nelle tasche del cappotto. Entrare in quella stanza non era stato difficile, nonostante avesse dovuto affidarsi ad Halle Lidner per eludere la sicurezza. Aveva riflettuto a lungo prima di andare. Due voci, nella sua testa, lottavano da giorni senza dargli tregua, l’una spronandolo a scomparire dalla circolazione, l’altra carezzandogli dolcemente i pensieri ed evocando colori, profumi e suoni che avrebbe tanto voluto cancellare. Confidarsi con Matt non l’aveva portato a nulla: con il viso affondato nella console, s’era limitato ad inarcare scetticamente un sopracciglio mentre aspirava a pieni polmoni da una sigaretta.
 
 
«Vuoi vederla?».
«Non è questo il punto».
«E quale sarebbe allora?».
 
 
Non lo sapeva, e questa incertezza gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Non s’era recato lì per una visita di piacere: desiderava soltanto strappare una dannata fotografia dalle mani di quel bastardo e dileguarsi in fretta, senza nemmeno guardarlo in faccia.
Un moto di repulsione gli pungolò lo stomaco. Halle avrebbe potuto condurlo da lui con facilità, ne era consapevole, ma un’anomala sensazione l’aveva spinto a cambiare i suoi piani. Senza riuscire a frenarsi, la mente volò immediatamente ai dossier che gli erano stati recapitati tempo addietro, qui fogli non stampati ma arati illegalmente dall’inchiostro rosso di un pennarello. Aveva riconosciuto la grafia all’istante, la stessa che ornava ancora i muri candidi della Wammy’s House.
 
 
«Che stai combinando?».
«Scrivo una poesia».
«Ma stai sporcando tutto il corridoio!».
«Sporcando? Oh, no! In realtà sto ricostruendo il corridoio. Quando sarai più grande capirai».
 
 
 
Oltre la porta chiusa del bagno, una voce femminile cinguettava mestamente le strofe di una nenia. Mello si spostò accanto alla specchiera, stando ben attento a non scorgere il suo riflesso. Halle l’aveva guidato fino a quel piccolo appartamento all’ultimo piano dello stabile, intimandogli di attendere in silenzio. Varcata la soglia, aveva avvertito immediatamente un sentore familiare, penetrante come un raggio di luce tra le tenebre, e non aveva avuto più dubbi: ogni cosa, in quel luogo, dal manto scricchiolante di carta sul parquet al profumo di gigli selvatici, decantava la sua presenza. Nascosto in un anfratto accanto alla finestra, l’aveva vista rientrare dopo interminabili ore, ritrovandosi a maledire infinite volte la stretta che gli aveva avviluppato il cuore.
Eccoti qua, dopo tutti questi anni...
Era rimasto a scrutarla nel buio mentre lei si spogliava pigramente dei propri indumenti ed esponeva la diafana pelle della schiena, così aderente alle costole, i fianchi spigolosi, le cosce striate dalle vene. Da bambino non s’era mai soffermato troppo a riflettere su quel corpo; non era bello né invitante come quello delle altre ragazzine più grandi, non presentava quelle morbidezze, quelle rotondità in boccio, quell’armonia che avrebbe dovuto contrassegnarlo. Una volta s’era anche azzardato a prenderla in giro, ma lei l’aveva inchiodato al suo posto con un solo sguardo, riversandogli nell’anima le fiamme ardenti che le danzavano dentro. Era rimasto folgorato, ma non dalla paura: era stato come specchiarsi in una pozza d’acqua e scorgere sul fondo il proprio riflesso increspato dalle onde. Da quel momento non aveva più potuto fare a meno di abbeverarsi a quella fonte, cercandola nei corridoi dell’a Wammy’s House anche dopo la sua partenza per il Giappone. Era stato spossante sopportare l’astinenza e vivere all’ombra di quel maledetto albino che sembrava sempre sul punto di divorarlo col silenzio. Sin da piccolo, il suo obiettivo nella vita era stato quello di porre Near sotto scacco almeno per una volta, di imprigionarlo in giochi mortali, in puzzle labirintici nei quali avrebbe perso il senno. Non c’era mai riuscito fino in fondo, ostacolato sempre da una bianca mano che si ostinava a stringere quella del nemico.
 
 
«Se gli fai del male, io ti uccido».
«È soltanto un gioco».
«Ti uccido per gioco».
«Non è giusto. Perché stai sempre dalla sua parte?».
«Io non sono dalla parte di nessuno».
«Però continui a salvarlo».
«Se lui morisse in condizioni naturali, io non interverrei. Non capisci? Non sto salvando lui... sto salvando te».
 
 
Detestava accettare quegli assurdi ragionamenti, eppure non riusciva ad escluderla dai giochi, a stare lontano dalla sua voce, da quella pelle rovente e sudaticcia, da quel seno candido e acerbo, troppo occupato a trastullare il suo rivale per accoglierlo.
 
 
«Sono arrivato secondo al test».
«Non sei contento?».
«No, perché il primo è sempre lui».
«Dovete smetterla con questa ridicola competizione».
«Io voglio diventare il nuovo L».
«Di L ce n’è uno solo. Pensa ad essere Mello, piuttosto».
«Tu invece? Hai fatto il test?».
«Sì».
«E che punteggio hai ottenuto?».
«Basso, per fortuna. Adesso potrò concentrarmi soltanto su Medea».
 
 
Le labbra del giovane si piegarono in una smorfia mesta.
Concentrarsi soltanto su Medea.
Non l’aveva mai fatto, non c’era mai riuscita. Lui la comprendeva perché erano uguali. Avevano la stessa brama negli occhi, la stessa inquietudine nelle viscere che li attanagliava e li spingeva a muoversi verso obiettivi esterni, lontani, a tendere le braccia verso menti poste troppo in alto per essere anche solo sfiorate. Ancorati alla terra dal ribollire del loro sangue, avevano trascorso tutta la vita a scrutare il cielo, inconsapevolmente attratti e nel contempo intimoriti dalle vertigini dell’altezza.
Nella sala da bagno l’acqua cessò di scorrere, interrompendo i suoi pensieri. Mello estrasse la pistola e, acquattatto nell’ombra, trattenne il respiro. La porta si aprì cigolando. Un estenuante languore gli scivolò lungo la gola, ma questa volta non provò alcun fastidio. Lei era lì, di fronte a lui, il corpo nudo avvolto malamente in un asciugamano, i capelli zuppi pesantemente abbandonati sulle spalle e il viso arrossato, non sapeva dire se a causa dei vapori della doccia o per un improvviso accesso di pianto. Medea si diresse ignara verso il letto, tirando fuori dalle lenzuola una vecchia camicia bianca con una W ricamata sui polsini spiegazzati. La indossò sospirando. Mello si mosse, facendo scricchiolare gli ingranaggi della pistola e annunciando la sua presenza. La vide voltarsi forsennatamente indietro e restare paralizzata, strabuzzando attonita le ciglia nere imperlate d’acqua. «Chi sei?».
Il ragazzo corrucciò la fronte.
Non mi vede.
Senza darle il tempo di aggiungere altro, gettò via la pistola e le afferrò il volto tra le mani, avvicinandolo pericolosamente al suo. L’espressione della giovane mutò all’istante, illuminandosi di una tenerezza soffusa che contribuì a sciogliergli le membra.
«Sei tu...» l’emozione le soffocò la voce in gola. «Sei tu... sei qui...».
Mello non riuscì a rispondere, a reagire. Cadde in ginocchio, sospinto dolcemente dalle esili dita di Medea che si attorcigliavano ai suoi capelli e gli spingevano il viso contro il petto fremente. «Sei tu... sei tu...».
Il ragazzo inspirò a pieni polmoni il tenue aroma di bagnoschiuma e chiuse esausto gli occhi.
 
*
 
«Come hai fatto ad entrare?».
«Dalla finestra».
«Non dovresti essere qui».
«Lo so».
«Sono in punizione».
«So anche questo. Ho della cioccolata per te, così non morirai di fame».
«Cosa? Dove l’hai presa?».
«Dal carrello che mio padre ha portato a Lawliet. Sono sicura che non se ne accorgerà».
«L’hai rubata?».
«Se non la vuoi, la mangio io».
«No».
«Bravissimo. Adesso torno a dormire. Noi due non ci siamo mai visti».
 
*
 
Medea lo fece accomodare sul suo letto, liberandolo dalla pesante giacca nera che lo ingombrava. Mello la lasciò fare in silenzio, assecondandola nei movimenti come un bambino indifeso e fragile tra le braccia della madre. Si ritrovò pian piano scalzo e disarmato, accoccolato in posizione fetale con la testa sulle cosce di lei. Le permise di accarezzarlo, di vezzeggiarlo giocosamente, scoprendosi quasi regredito ad uno stato di grazia primordiale, di unione mistica con quella terra e quel fuoco che plasmavano la sua stessa natura. Non erano mai stati così vicini.
Fu solo quando le dita della giovane presero a tracciare sinuosamente i solchi della sua cicatrice che tentò per un attimo di sgusciare via e allontanarla, ma lei glielo impedì, chinandosi a scoccargli un lieve bacio sulla tempia. Mello avvertì un rivolo di freschezza pervadergli le vene.
I baci della mamma guariscono le ferite.
«Sei cresciuto così tanto» Medea sorrideva trasognata. «Mello... ti ho cercato a lungo, ho iniziato a farlo di nascosto, sin dai tempi del rapimento della figlia del sovrintendente Yagami».
Il giovane deglutì rumorosamente.
«All’epoca non sapevo che fossi tu l’artefice di quel colpo, anche se, conoscendoti, avrei dovuto immaginarlo. Anche alla Wammy’s House agivi spesso senza pensare alle conseguenze, proprio come facevo io. Sai, quando il sovrintendente e suo figlio partirono per attuare lo scambio, io rimasi in Giappone, sola con i miei dubbi, con le infinite domande che mi rimbombavano nella testa. Fu proprio allora che ricevetti la prima lettera di Near. Non so come fece a trovarmi, ma ho il presentimento che sia stato mio padre. Lo so, è folle, ma non riesco a scacciare questo pensiero. Forse, prima di morire, mi ha iniettato qualche strano chip nel sangue e adesso, alla Wammy’s House, tutto sono a conoscenza dei miei spostamenti. O forse l’ha fatto iniettare a Lawliet, quella notte in cui...» il ragazzo la sentì rabbrividire. «In fondo avrebbe senso. Credo proprio che quei due avessero programmato ogni cosa sin dall’inizio, persino la loro fine e la mia vita».
Tacque per un istante.
«Near mi parlò di te, mi spiegò quello che stavi combinando con la mafia, ed io non rimasi affatto stupita. Poi mi disse di raggiungerlo, di unirmi a lui... Oh, avevo atteso quell’invito per anni interi!» rise, un risolino amaro, stridente. «Sono successe tante cose da quando sono arrivata qui... il sovrintendente Yagami è morto, lo sai, vero? Lo sai perché hai letto i miei rapporti?».
Mello annuì.
«Adesso però non ha importanza! Tu sei venuto, sei qui con me! Da ora in poi ogni cosa andrà bene, Kira non mi fa più tanta paura!» sussultò, scossa dal turbine incontrollato di emozioni che la stava sommergendo. «Ti porterò da Near! Sì, ti condurrò da lui e tu gli parlerai, lo convincerai a lasciar perdere questo caso! L non mi ascoltò quando ci provai io, ma Near... Near è diverso da L, Near non vive perché vive Kira. E gli Shinigami non si prenderanno Near, gli Shinigami non si prenderanno te!».
Mello sollevò allibito la testa, permettendole di poggiare la fronte contro la sua. I loro respiri si mescolarono, si confusero in un’unica, affannosa esalazione. Medea continuava ad avvinghiarsi a lui con disperazione. «Vi porterò via con me, vi porterò sulle tombe di Lawliet e di mio padre e da lì ricostruiremo tutto quello che ci hanno portato via. Torneremo alla Wammy’s House, torneremo da Roger... Non esisterà più nessun successore di L, ma saremo soltanto noi, per sempre».
Mello avvertì un conato salirgli alle labbra mentre la realtà gli si stagliava bruscamente nella mente.
Quanto vorrei che fosse possibile.
Si scansò delicatamente da lei e si soffermò a scrutare intensamente quella creatura inquieta che pareva supplicarlo a non abbandonarla, a continuare a nutrirla con quell’unica, fallace illusione, partorita dal dolore per rischiarare i suoi occhi miopi.
Non posso farlo.
Si alzò dal letto e recuperò in fretta la pistola. «Sono qui per la mia foto».
Un gelo improvviso li avvolse, solidificandosi tra loro in una lastra impalpabile che li divise irrimediabilmente.
Medea non si mosse. «È così dunque?».
«Sì».
«Hai bisogno di me per arrivare a lui?».
Mello distolse lo sguardo con un grugnito.
Devo vincere questa partita.
«Sì».
«Va bene».
Lo rivestì con religiosa premura, senza badare alla canna dell’arma puntata alla sua testa. Infine si avvicinò ai cassetti del comò, tirandone fuori una barretta di cioccolato. Tentò di sorridere ma le labbra le tremarono. «L’ho comprata questa mattina. Che meravigliosa coincidenza, non trovi?».
 
 
*
 
«Sono venuto qui solamente per riprendermi la mia fotografia».
«Va bene. La foto è questa, non ne esistono altre copie. Inoltre, sappi che ho già sistemato le cose con tutti coloro che in passato ti hanno visto in volto alla Wammy’s House. Non posso assicurartelo al cento per cento, ma ora non dovrebbe essere possibile ucciderti con il quaderno della morte. Abbiamo altro da dirci, Mello?».
«Near. In realtà, io non ho nessuna voglia di allearmi con te».
«Questo lo so».
«Però ti confesso che mi secca molto prendere questa fotografia e andarmene via così. Il quaderno assassino appartiene a uno Shinigami che può essere visto solo da chi possiede il quaderno».
«Ti credo. Anche Medea ha parlato di Shinigami, appena è arrivata qui. Sapevo che non poteva trattarsi soltanto di un delirio ed ora ne ho la certezza. Inoltre, che cosa ne ricaveresti dal dire una bugia tanto assurda? Se proprio avessi voluto mentirmi, avresti cercato una menzogna più plausibile. Ne deduco quindi che gli Shinigami esistono».
«Il quaderno che ho avuto per le mani era già stato di qualcun altro, oltre che dello Shinigami stesso. Inoltre, non tutte le regole che vi erano scritte erano vere. Questo è tutto ciò che posso dirti».
«Capisco».
«Near».
«Mello?».
«Vogliamo vedere chi sarà il primo a trovare Kira?».
«Vuoi fare una gara?».
«Tanto la nostra meta è la stessa. Aspetterò al traguardo sia te che lei».
 
 
*
 
«Medea...».
«Non dirlo. Lo so già».
«Che cosa sai?».
«Un altro brandello del mio cuore è stato strappato via».
«Ascolta...».
«È morto, vero?».
«Sì».
 
 
 
 
 
AVVERTENZE!
 
Terzultimo momento di questo mio bizzarro esperimento. Protagonisti, ovviamente, Mello e Medea. Personalmente mi piacciono tanto Mello e Near, anche se penso che avrebbero potuto sfruttarli molto di più.
Dunque, passiamo a delle piccole precisazioni.
La frase “Addio colombello” è tratta anch’essa dal delirio di Ofelia nell’”Amleto” di Shakespeare.
Il rapporto tra Medea, Mello e Near è molto particolare, a tratti anche un po’ morboso. Sinceramente all’inizio pensavo soltanto ad una sorta di legame madre-figli, sviluppato anche dal fatto che Medea è più grande di loro, ma poi è venuto fuori così. Forse la perdita del padre e questa sorta di delirio lucido in cui continua a vaneggiare l’hanno portata ad estremizzare i suoi sentimenti. A volte ho quasi l’impressione che questo mio personaggio mi sfugga dalle dita...
Il titolo e la citazione iniziale del capitolo sono tratti dalla poesia “X Agosto” di Pascoli e rimandano al tentativo disperato di Medea di “ricostruire” il nucleo familiare Watari-L-Medea che Kira ha distrutto. È come se l’ipotetico e non realizzato nuovo nucleo, Medea-Near-Mello, fosse lo specchio del primo. Inoltre, a Medea non importa nulla del caso Kira. Non le è mai interessato, in realtà: è andata in Giappone solo per seguire Watari, ha assecondato L nelle indagini per affetto verso il padre (e forse un pochino anche verso di lui); con la scoperta degli Shinigami e successive, dolorose scomparse, però, questo disinteresse si è completamente trasformato in disgusto.
Il dialogo tra Mello e Near è tratto, con opportune modifiche, dall’episodio 30 dell’anime.
La scena è la stessa in cui Halle Lidner trova Mello nella sua stanza, dopo essere uscita dalla doccia. Ovviamente, per quanto apprezzi il personaggio di Halle, in questa versione è Medea a trovarselo di fronte.
Siamo quasi giunti al termine di quest’avventura e già inizio a sentirne la mancanza. Sinceramente non sono ancora pienamente consapevole di come concluderò il tutto... staremo a vedere!
Grazie per essere passati a trovarmi. Alla prossima!
   
 
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