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Autore: Lidzard    30/07/2018    2 recensioni
Michifer AU
'' La gente fa caso solamente alle immagini delle cose. Nessuno fa caso alle cose stesse. '' -Kurt Vonnegut Jr.
Lucifer è un soldato, la sua famiglia è radicata nell'esercito da che ha memoria, il suo destino sembra già essere scritto e si arrende ad esso, abbandonando sogni, speranze ed ambizioni in un vecchio cassetto della mente. I colori e le luci svaniscono lentamente, finché non rivede la torre. Nella torre incontrerà un uomo, e la possibilità di un destino diverso, più luminoso, si affaccerà alle porte della sua coscienza. Riuscirà il misteriomo uomo della torre a far tornare Lucifer al suo vecchio splendore?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lucifero, Michael
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Marea

 

Era come se per tutta la vita mio padre avesse tentato di spingermi nel precipizio, ma a costo di annullare me stesso ho resistito con tutte le forze. A forza di stringere i denti, ero diventato immune alle sue velenose critiche e punizioni.

Non ero una vittima, ma ero rimasto bruciato nel profondo da un marchio che non avevo scelto di avere. Sentivo di essere poco umano, perché sapevo che nel profondo quel marchio mi aveva plasmato in modi così contorti ed impuri da avermi reso irrimediabilmente corrotto. Ero un'immagine ingannevole, come un diamante dai mille riflessi, che è infondo solo un minerale finemente sfregiato e mutilato della sua corazza di pietra; eppure io mi sentivo molto più come un vetro rotto e dimenticato in un lavandino, ancora sporco di sangue di quel pugno che lo aveva frantumato. Niente più che qualcuno su cui era stata riversata un'immensa collera ingiustificata.

Adesso però il veleno era diverso, troppo dolce per ignorarlo, troppo invitante per non esserne rapiti. Fosse stato qualunque altro il nemico, lo avrei odiato per essere così bello e letale, ma questo sembrava essere proprio Michael, un semplice ragazzo cieco che non si rendeva conto di stare spingendomi a cadere.

C'era poco da fare, oramai sapevo di non avere alcuna difesa contro ciò che lui mi faceva. Il mio muro di ghiaccio andava sciogliendosi in modo pericolosamente repentino, esponendo le mie ferite, e forse con esse anche quel dannato marchio.

Questo mi terrorizzava, ma al contempo mi provocava un dolce stordimento, paragonato alla sensazione di ottenere qualcosa di proibito.

Talvolta mi pareva di stare per schiantarmi alla fine del baratro, quando il mio cuore prendeva scioccamente a correre, senza che io lo volessi. Non sapevo cosa mi stesse succedendo, ma una parte molto profonda di me si stava sgretolando e dissolvendo.

Non ero del tutto uno stolto, comunque. Ero consapevole di essere attratto, ma non tanto da mettere fine alle mie giornate con Michael.

Ci andavo quando potevo, nel fine settimana di solito. Non mi ero mai reso conto di essere tanto coinvolto, fino ad un certo sabato mattina dal cielo particolarmente grigio.

"Luci"

"Non chiamarmi in quel modo.."

"Se vuoi puoi chiamarmi Miky."

"No, perché dovrei farlo? E poi non è quello il punto"

"Se ti da fastidio che ti chiami con un nome che suona femminile potresti smettere di sospirare come una ragazzina"

Fu la cosa più vera e più subdola che mi avesse detto da quando ci conoscemmo. Per questo mi chiusi a riccio e senza dire un'altra parola andai via, come un vigliacco.

Quello fu solo un assaggio del male che Michael aveva il potere di farmi. Mi ripetei mille volte e più che ero stato uno sciocco a fidarmi, perché era colpa mia, non di Michael, se mi ero esposto in quel modo. Ero troppo trasparente, persino per un estraneo non vedente, e il peggio è che lui vedeva tutto di me, mentre lui era uno schermo nero e imperscrutabile.

Nel mio piccolo appartamento con pochi mobili mi piaceva starmene steso sul tappeto, ed era lì che rimuginai sull'accaduto. Come poteva aver detto quelle cose? Come poteva leggermi così bene, senza potermi nemmeno guardare in faccia?

Non sapevo che fosse possibile tutto questo, non avevo neppure idea di essere ancora capace di provare sentimenti. Eppure adesso al posto dell'apatia c'era così tanto, una marea di cose ormai neanche quantificabili che non sarei mai riuscito ad ignorare, perché queste aumentavano ogni secondo, dandomi l'illusione di stare annegando.

Dopo poco più che un paio di mesi, mi sembrava di aver raggiunto una certa sintonia con Michael. Mi piaceva pensare che fossimo un po' più che conoscenti, magari amici. Così, nel buio confortevole del salotto, sul mio tappeto dei pensieri, con una mezza tazza di cioccolato amaro e gli occhi lucidi di stanchezza, decisi che valeva la pena inseguire l'onda d'urto e che avrei indagato i motivi del comportamento di Michael, nonostante il solo pensiero di tornare in quel luogo mi desse ansia.

 

   
 
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