Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |      
Autore: Ackerkid    30/07/2018    2 recensioni
«Tu, un Eroe, con quel Quirk da Villain? Non farmi ridere!»
Quando possiedi un Quirk comunemente ritenuto malvagio, la solitudine non è l'unico mostro che sei costretto a fronteggiare.
Sei solo un bambino, eppure lo sai bene. Ma nemmeno l'odio, il disprezzo e il pregiudizio che l'intero mondo così ostinatamente sembra serbare nei tuoi confronti, riuscirà a infrangere il sogno inestinguibile che alimenta il tuo cuore, quello di diventare un Eroe, il più grande di tutti i tempi.
Talvolta, però, tutto ciò che vorresti altro non è che l’agognato calore di un contatto umano. Pur di ottenerlo, rischi di spingerti oltre quel confine, ogni giorno più sottile, che ti separa dal profondo abisso dell’autodistruzione.
E, Hitoshi, chi mai salverebbe un mostro come te?
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hitoshi Shinso, Izuku Midoriya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Succede.
Succede quando hai dodici anni, la tua casa dista qualche miglio in più dalla scuola, lo zainetto troppo grosso che hai in spalla rallenta le tue gambe mingherline e non hai nessun amico disposto a trotterellarti intorno per raccontarti, entusiasta, ciò che ha imparato quella mattina durante le lezioni.
Nessun amico disposto a rivolgerti la parola, se vogliamo proprio restringere il campo.
Nessun amico in generale.
Niente di nuovo; succede.
Succede, quando possiedi un Quirk troppo più simile a quello di un Villain che a quello di un Eroe. Sarebbe sciocco anche solo pensare di poter sfuggire alla giusta condanna di una tale, imperdonabile colpa: la colpa di essere nato diverso.
O, forse, di essere nato e basta.
Quando il tuo Quirk non è socialmente accettabile, è impossibile per gli altri anche solo concepire che tu possa desiderare una vita normale, possibilmente lontana dai guai e dalle sbarre di una cella. Figurarsi, poi, figurarsi, una vita da Eroe.
Per questo motivo, e nessun altro, cammini da solo. Cammini da solo, perché non c’è nessuno che non abbia paura di te. Ovunque tu vada, impari a contare sulla sola compagnia dei tuoi stessi passi, tanto da conoscere a memoria il loro echeggiare nel silenzio di un sentiero vuoto, lo stesso che percorri ogni dì, alla medesima ora del tramonto, proprio quando l’azzurro del cielo comincia a virare verso le tenui tonalità pastello del rosa e dell’arancio, e la malinconia a pervadere ogni più recondito anfratto del tuo essere.
Per questo ti arresti di scatto, come avverti una dissonanza nel ritmo ben scandito e familiare dei tuoi scarponcini preferiti. Un passo di troppo, alle tue spalle. Due, tre, quattro.
Riesci a percepirlo nitidamente, attraverso i ciottoli dello sterrato. Uno scalpiccio che non è il tuo, prodotto da suole dure, spesse, forse in cuoio. Scarpe costose, di prima qualità.
Un battito di ciglia, e capisci di non aver scampo. Hai appena il tempo d’irrigidirti, percependo ogni tuo singolo nervo tendersi, come la corda di un arco in procinto di scoccare il colpo. Solo che tu, il colpo, stai per riceverlo.
E lo sai. Lo sai già, ben prima che quelle mani possano afferrare il tuo corpo, stringerlo come tenaglie, strattonarlo come corde. Ben prima che lo spingano contro il tronco di un albero, violente, strappandoti dalle labbra un gemito ben più forte di quanto vorresti loro concedere. Prima che scaraventino a terra il tuo zainetto rovesciandone il prezioso contenuto, e  il tuo adorato modellino di Eraserhead, infrangendosi sull’acciottolato insieme a libri e quaderni, perda una gamba. Adesso, pare anche lui squadrarti con disappunto.
Eppure non ti opponi. Non ti opponi nemmeno per un istante, perché quel contatto umano, seppur doloroso, brusco e umiliante, è l’ultimo di cui riuscirai ad avvertire il calore per i prossimi giorni, mesi, forse persino anni. La primitiva sensazione di esistere, e nulla più, così scontata per tutti, così bramata da te. La mera consapevolezza che al mondo ci sia una sola persona, anche la più vile, crudele e disonesta, disposta a considerarti per un tempo meno breve del frammento di un istante. A guardarti negli occhi, seppur con tanto disprezzo, a toccare la tua pelle, seppur con tanto rancore, a formular parole a te destinate, seppur con tanto odio.
E quello che è il tuo carnefice, per un attimo, diventa il tuo salvatore.
Un attimo che si prolunga fino al momento in cui rinsavisci, ristabilendo tutta la lucidità finora offuscatasi. Non sai se per via della corteccia del tronco che sta graffiando la pelle della tua schiena attraverso la divisa scolastica, o a causa dell’intenso sguardo di Eraserhead che, malgrado sia dipinto su plastica, alimenta in te gli stessi sentimenti che, fervidi e pulsanti, rendono gremite di sogni le tue notti e di speranza il tuo cuore.
E così dai il via a un disperato tentativo di difesa.
«Perché mi fai questo?» chiedi calmo, i tratti del tuo viso increspati in linee dure e impenetrabili, come da tempo li costringi a fare. Lo chiedi anche se conosci la risposta, perché sai che quello è l’unico mezzo che possiedi per attivare il tuo Quirk.
E sembra saperlo anche lui, perché le sue labbra restano serrate. Dopotutto, è ovvio che sia così; solo i più sprovveduti non sanno di non doverti rispondere, di non doverti parlare. Neanche per un saluto, un cenno, un semplice “ciao”. Persino incrociare il tuo sguardo è fuori discussione.
Ma tu ci sei abituato. Sei abituato a essere ignorato, a vedere madri premurose mollare forti scappellotti ai loro figli, tuoi coetanei, per averti rivolto un’occhiata di troppo o anche solo per averti sorriso con gentilezza. Sai che è così. Lo sai da sempre. Per questo vorresti che quel pizzicore alla gola non si presentasse ogni qual volta, insieme al calore sulle guance.
Per questo vorresti non essere costretto a ricacciare su le lacrime, pur di non tradire la perenne impassibilità a cui ogni piega del tuo volto è obbligata a sottostare.
Tuttavia, cerchi d’immaginare. Cerchi d’immaginare quella risposta, cosa che non ti risulta nemmeno lontanamente complessa. Sai bene che sarebbe di certo identica alle innumerevoli frasi sputateti addosso nel corso della tua vita, scalfendo il tuo cuore, ma mai la tua tempra.
Ti tornano in mente, mentre un pugno apre un solco sul tuo zigomo.
«Tu, un Eroe, con quel Quirk da Villain? Non farmi ridere!»
Una ginocchiata ti rovescia lo stomaco.
«Hai una bella faccia tosta se speri davvero di entrare alla U.A.!»
E un calcio ti smorza il fiato.
«Sta’ lontano da me, mostro schifoso, mi fai paura!»
Ma tu ritenti. Ritenti, malgrado rivoli di sangue copioso gocciolino giù dalle tue narici e un dolore sordo ti attraversi per intero, consumandoti dall’interno, fino alle fragili ossa. Ritenti, ignorando le fitte allo sterno, il fiato corto, le gracili gambe troppo deboli per sostenere un altro colpo senza soccombere alla fatica.
«Hai paura…» sussurri, questa volta, perché la tua voce infranta non ti concede di più. «Hai paura che io possa entrare in quella scuola al posto tuo?»
Ancora, nessuna risposta. Una reazione, tuttavia, s’innesca, tramutando i tratti astiosi del tuo aguzzino in un cipiglio ancor più adirato. Tutte le lettere che compongono la parola “odio” sembrano scolpirsi sul su volto, mentre l’ennesimo pugno crepa il tuo.
Un’altra frase echeggia nei meandri della tua memoria.
«Dovesti startene al tuo posto!»
Non ti fermerai. Le tue gambe si fanno pesanti, troppo pesanti. Ma non ti fermerai.
«O forse» rantoli, «forse hai paura che possa diventare un Eroe migliore di te?!»
Le tue ginocchia, adesso, incontrano i ciottoli sullo sterrato. Hanno ceduto sotto l’ennesimo colpo.
«Gli Eroi fanno gli Eroi, i Villain fanno i Villain!»
«Ma qualsiasi Eroe sarebbe migliore di te, adesso!» strilli, facendo appello a tutto il fiato rimastoti nei polmoni. «Che Eroe speri di diventare, prendendotela così con chi non ti ha fatto alcun male?! Sei mille volte peggio di qualsiasi Villain potrei mai diventare!»
Questa volta, il pugno del tuo aguzzino resta fermo a mezz’aria, e lui sembra lottare contro la sua stessa coscienza. Quasi impercettibilmente, la linea contratta che gli increspa le sopracciglia sembra dissolversi, districarsi come i nodi di un filo aggrovigliato. La più spaventosa consapevolezza grava di colpo nei suoi occhi iniettati di veleno, spalancando le sue palpebre come in seguito al più grande sgomento. Ritrae di colpo la mano incriminata e muove un passo all’indietro, come risvegliatosi da un perfido incantesimo.
Non riesci a crederci. Non hai nemmeno attivato il tuo Quirk, eppure qualcosa pare essersi smossa. Il solo pensiero che possano essere state le tue parole a provocare tutto ciò ti appare surreale oltre ogni limite.
Il bullo dischiude le labbra, lentamente. Forse, per dire qualcosa.
«Ehi, tu! Lascialo stare!»
Una voce, però, anticipa la sua. Una voce squillante, impavida, alle sue spalle. Lo fa voltare di scatto con un sussulto, impallidire di colpo e scappare a gambe levate subito dopo.
«Dove credi di andare?! Torna qui!» gli urla contro il tuo soccorritore. Ora riesci a vederlo chiaramente: uno scricciolo non meno pelle e ossa di te.
«Maledetto. Non la passerai liscia!»
Una zazzera incolta e tutta scarmigliata incornicia il suo visetto adesso incollerito, ma indubbiamente di natura mite, e una spolverata di chiare lentiggini gli addolcisce ulteriormente le gote pienotte, mentre iridi verdissime riflettono, lucide, la più fervente delle espressioni: pura determinazione e innato coraggio.
Per un attimo tenta di cimentarsi in un inseguimento, ma subito cambia idea, decidendo di dar priorità al tuo soccorso. La linea delle sue labbra si dispiega in un sorriso gentile, mentre allunga una mano per aiutarti a rialzarti. Schivo, tu non l’afferri, restando interdetto dal sapore sconosciuto di questa nuova sensazione.
«Va tutto bene?» ti chiede senza scomporsi. «Non devi avere paura: adesso qui ci sono io!»
Adesso sei tu che, quasi vittima del tuo stesso Quirk, non rispondi. Non rispondi perché, forse, ti accorgi di essere paralizzato dalla paura. Perché adesso che qualcuno ha smesso d’ignorarti, e ‘sta volta non per picchiarti a sangue, adesso il tuo mondo è crollato come un castello di carte spazzato dal vento. Sei paralizzato. Non riesci nemmeno a imporre al tuo corpo di rialzarsi per filarsela di corsa. Tutto ciò che puoi fare è fissare, incredulo, quella mano tesa davanti a te, mentre fremiti scuotono le tue fragili ossa.
«Cosa c’è?» insiste preoccupata la vocetta dello scricciolo. «Sta’ tranquillo, non voglio farti del male. Mi chiamo Izuku, sono tuo amico!»
«Amico?» ripeti col tuo filo di voce, quasi senza accorgertene. Il peso di quella parola riempie il tuo cuore di un calore mai provato, il suo dolce suono riecheggia come musica nelle tue orecchie.
Il tuo amico sorride, radioso. «Esatto, amico!»
Un bagliore si accende nelle profondità del tuo sguardo, l’indaco delle tue iridi simile al più limpido dei cieli stellati. Ogni tremore cessa di perdurare, dentro e fuori di te.
Qualcuno ha finalmente risposto a una tua domanda.
«E tu come ti chiami?»
«Hitoshi… Shinso» rispondi meccanicamente.
«Sai, Hitoshi, neanch’io piaccio tanto a quelli della mia scuola. Sono nato senza Quirk, perciò se la prendono con me perché sono diverso da loro. Ma io voglio essere un Eroe, proprio come All Might. Entrerò alla U.A. e ci riuscirò a ogni costo!»
Afferri finalmente il braccio del tuo amico, che con una vigorosa spinta ti aiuta a rialzarti.
La voce smette di tremarti, mentre si fa strada oltre le tue labbra.
«Anch’io voglio essere un Eroe. Un Eroe… un Eroe ancora più forte di All Might.»
Il tuo amico sorride, compiaciuto.
«Be’, Hitoshi, quando accadrà non vedo proprio l’ora di misurarmi con te.»
Quando hai dodici anni, la tua casa dista qualche miglio in più dalla scuola, lo zainetto troppo grosso che hai in spalla rallenta le tue gambe mingherline e non hai nessun amico disposto a trotterellarti intorno per raccontarti, entusiasta, ciò che ha imparato quella mattina durante le lezioni, è proprio allora che succede.
Succede che qualcuno inizi a credere in te come nessun altro abbia mai fatto prima d’ora.
E non esiste più niente, al mondo, in grado di farti paura.
«Ci conto, Izuku.»
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Ackerkid