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Autore: Khailea    31/07/2018    2 recensioni
Certe volte perdi il gioco prima ancora d’incominciare…
Rookbow può essere tante cose, per colore che desiderano abbandonarla un inferno, per i migliori che sono in grado d’ottenere tutto ciò che desiderano con uno schiocco di dita un paradiso, ma ci sono numerose sfumature che sarebbe perfino impossibile poter descrivere.
Forse è qualcosa che dipende da che tipo di giornata sarà quella che si sta vivendo, ma cosa mai potrebbe dire un’anima il cui corpo, ridotto ad un guscio vuoto, sta camminando tra le strade della città senza un’apparente meta mentre la sua mente viaggia al di là del tempo, ripercorrendo ogni passo importante nella sua vita.
Uno in particolare non riesce a togliersi dalla testa, uno capace di martellarle la testa sia nelle notti di solitudine sia quando si trova tra le braccia del suo compagno: “Lei non può avere figli.”
I personaggi ed il contesto in cui si muovono appartengono al gruppo di role Werewolf's Shadow ispirato al manga Fairy Tail, piccola riflessione della protagonista di questa fiction sull'impossibilità d'avere dei bambini.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Certe volte perdi il gioco prima ancora d’incominciare…
Rookbow, la città dei criminali, può essere tante cose; per coloro che desiderano abbandonarla un inferno, per i migliori ed i più forti che sono in grado d’ottenere tutto ciò che desiderano con uno schiocco di dita un paradiso di ricchezze, ma ci sono numerose sfumature lasciate indietro, impossibili anche solo da descrivere.
Forse queste dipendono da quale tipo di giornata si sta vivendo, ma cosa mai potrebbe dire un’anima il cui corpo, ridotto ad un guscio vuoto, sta camminando tra le strade della città senza un’apparente meta, mentre la sua mente viaggia al di là del tempo, ripercorrendo ogni passo importante nella sua vita.
Uno in particolare non riesce a togliersi dalla testa, uno capace di martellarle la mente sia nelle notti di solitudine sia quando si trova tra le braccia del suo compagno: 
“Lei non può avere figli.”
Era accaduto in un meraviglioso giorno d’estate, l’azzurro cielo non aveva nemmeno una nuvola a guastarlo e il torpore del pomeriggio permetteva a chiunque si trovasse fuori casa di rilassarsi, lei però era dovuta andare d’urgenza all’ospedale e così non s’era potuta goder nulla.
Lei era la Master di una delle gilde della città, visto che nel loro mondo molte persone possedevano capacità magiche s’era scelto di istituire questi piccoli gruppi in modo potessero accettare delle missioni da coloro non ne avevano, che fossero semplici faccende o situazioni rischiose non importava, non mancavano mai di rispondere.
Il ruolo che le era stato dato era tutt’altro che facile e tutti pretendevano mantenesse un determinato tono di freddezza e serietà, ma a quelle parole era veramente possibile?
In verità, la prima reazione a tutto questo non era stata nulla di che, non aveva provato nulla, anzi, era stato come se nel suo petto ci fosse una rete capace di prendere al volo qualsiasi cattiva notizia impedendole di soffrire.
Era un meccanismo d’auto difesa da lei usato più volte, ma quel colpo in particolare fu più come un pugno tirato contro un cuscino, che tuttavia le aveva lasciato un nodo alla bocca dello stomaco.
Era meglio così no?
Rookbow era una città di ladri e criminali, in cui andavano a radunarsi i peggiori d’ogni specie, e per giunta era stata maledetta in modo che chiunque potesse entrarvi ma nessuno potesse uscirne in caso cadesse in dei debiti, ed i suoi erano impossibili da sciogliere in quanto riguardavano la sua stessa vita. 
Anche quando magari pensava ad una futura famiglia s’era ripetuta che non avrebbe mai potuto portare un ipotetico figlio fuori da quel mondo, l’avrebbe costretto ad una vita penosa e dura, invece così non c’era alcun pericolo.
Non si sarebbe dovuta preoccupare, vedendolo crescere, che potesse venire ingannato come era successo a lei tante volte, o che potesse soffrire i peggiori dolori fisici e psicologici che certi sono in grado di dare.
Non doveva preoccuparsi di rimaner sveglia fino a tardi per farlo addormentare, di tenerlo tra le sue braccia cantandogli una ninna-nanna, di dovergli insegnare una volta abbastanza grande a suonare qualche strumento, di dover ridere assieme a lui e ad amarlo come mai aveva fatto con qualcuno.
Già…era meglio così…
Ogni volta che ripensava a quelle parole era come se quel colpo le arrivasse ancora ed ancora alla bocca dello stomaco facendole mancare il respiro, dandole l’impressione che il battito cardiaco rallentasse e che la mente si svuotasse. 
Ma non si sentiva male per questo, non dimostrava di provar un qualche sentimento per questa possibilità negata.
Nessuno in ogni caso ne era a conoscenza, non aveva certo bisogno di parlarne con qualcuno per sfogarsi.
Era stata cresciuta con una rigida e solitaria educazione che le aveva insegnato ogni debolezza poteva essere pericolosa, e quel discorso gli si sarebbe potuto ritorcere contro durante un combattimento, magari distraendola.
Lei aveva già le sue responsabilità a cui pensare, in quanto Master della Werewolf’s Shadow dedicava la maggior parte del suo tempo alla gilda, quindi se avesse potuto aver dei figli avrebbe rischiato di perdere alcuni passi importanti della loro vita. 
Sarebbe stata indubbiamente una pessima madre ed era felice di non dover pensare anche a queste cose.
Ma allora…perché mentre passeggiava solamente in compagnia dei fiocchi di neve, che lentamente cadevano dal nero cielo notturno, si sentiva così vuota e privata di una parte importante di sé?
E perché alcune lacrime le bagnavano le guance?
Scosse più volte la testa facendo smuovere la neve sui suoi capelli neri, ripetendo più volte nella sua mente che anche così andava benissimo.
Lei non avrebbe mai voluto dei figli, nemmeno tra un milione di anni sarebbe mai successa una cosa simile. Ed avrebbe continuato  a pensarla così fino alla fine della sua vita.
Tutti questi pensieri non erano recenti ed anzi, nel presente aveva appena concluso una riunione importante con alcuni Boss che governavano la città.
Ormai però era tutto concluso e tutto ciò che doveva fare era tornare alla gilda, raggiuntala poté sentire il suo corpo scaldarsi non appena attraversò la porta di quell’edificio che, grazie ad una magia, all’esterno appariva solo come una minuscola porta, mentre all’interno poteva benissimo esser paragonato ad una reggia.
Si ritrovò così in un grande salone dai pavimenti di legno e dalle pareti di grigia pietra, lungo buona parte della stanza erano sparsi dei grossi tavolini in legno in modo che altre persone potessero utilizzarli per riposare o stare in compagnia, ciascuno poi era provvisto di panche ai lati.
Il primo piano dell’edificio poteva esser considerato quasi come un grosso salone o un bar, visto anche un lungo bancone alla parete sinistra.
Nell’ultimo periodo però sempre meno persone erano presenti, tutti erano troppo impegnati a svolgere alcune missioni, tutti tranne uno a quanto pare. 
Lighneers Ironwolf.
Solo il cielo poteva sapere da quanto tempo conoscesse quel ragazzo dai corti capelli verdi e gli occhi rossi, ma tutti erano a conoscenza del legame quasi fraterno che li univa. Avevano affrontato così tante situazioni insieme da poter esser certi d’affrontare qualsiasi cosa insieme, fortunatamente anche i momenti di noia.
Prendendosi entrambi da bere rimasero a parlare a lungo in quel luogo tanto grande quanto vuoto, fino a quando un forte e gelido vendo arrivò da chissà quale luogo stravolgendo completamente l’interno della gilda. I tavoli volarono, le bottiglie caddero infrangendosi al suolo, e le luce parvero affievolirsi.
Tutto questo però durò solo qualche secondo, come se ciò non fosse stato d’origine naturale ma magica, ed al termine entrambi, frastornati, poterono sentire qualcuno bussare alla porta.
Dopo qualche secondo d’esitazione fu Lighneers a scegliere d’alzarsi e si ritrovò davanti qualcosa di completamente inaspettato.
Una bambina indifesa dai lunghi capelli rossi, gli occhi verdognoli ed il viso rotondo con delle graziose lentiggini al naso ed alle guance, vestita con solo una veste bianca, probabilmente di solo nove anni.
Aveva un’espressione sperduta e spaventata e sembrava essere completamente sola, non appena la vide Ailea cercò subito di capire dove fossero i suoi genitori, nel mentre Lighneers si stava occupando di tranquillizzarla per poterla aiutare. 
Impiegarono però ben poco tempo però per capire la triste sorte della sua famiglia, a quanto pare qualcuno aveva fatto sì lei non potesse più vederli, lasciandola quindi sola ed abbandonata in quel mondo.
Senza che lo desiderasse una frase scattò nella mente della donna: 
“Io non voglio avere dei bambini.”
Conosceva fin troppo bene il carattere di Lighneers, poteva anche mostrarsi duro e severo ma nascondeva un animo dolce come il miele, e gli era impossibile non far nulla di fronte a simili ingiustizie, e così da come era prevedibile già dal primo istante fu intenzionato a prendersi cura della piccola, ovviamente richiedendo l’aiuto della sua grande amica d’infanzia.
Riuscì però a convincere la donna a farla restare solo per quella notte, soltanto perché ormai era tardi per cerar di fare qualcosa. Scoprirono un altro dettaglio così della piccola, il suo nome era Annabelle.
Capendo che i due avevano intenzione d’aiutarla la piccola recuperò il sorriso, provando curiosamente un improvviso attaccamento per entrambi, forse lo shock l’aveva portata a credere perfino fossero i suoi genitori perché prese a chiamare entrambi come mamma e papà.
Quando Ailea si sentì chiamare in quel modo non riuscì a non pensare nuovamente: 
“Io…non voglio avere dei bambini…”
Prima d’andare a dormire comunque volle far fare un bagno alla bambina e gliene preparò uno nella vasca più grande che possedevano. Annabelle giocò per tutto il tempo con le bolle di schiuma che s’erano formate, trascinando perfino con sé la donna che si vide costretta a stare al gioco, creando perfino con la sua magia altre bolle colorate.
La risata della piccola era così sincera e cristallina che presto la contagiò, ma la cosa per lei peggiore era il fatto la convinzione del proprio pensiero stesse andandosi lentamente a scemare.
Ciò sembrò spaventarla a tal punto da provare ancora una volta quel duro colpo allo stomaco, stavolta però fu più forte delle altre volte, tanto che si sfiorò il ventre, ritraendo subito dopo la mano. 
Se si fosse ammorbidita avrebbe rischiato di desiderare qualcosa non poteva avere, e sarebbe solo stata male.
Si ripeté quindi che lei sarebbe stata una pessima madre, e sarebbe stato troppo faticoso, era giusto e meglio non potesse averne.
Ogni sorriso di Annabelle però fu come una freccia che andava a conficcarsi nella corazza da lei creata, e le cose poterono solamente peggiorare.
L’indomani Ailea decise sarebbero andati all’orfanotrofio per cercarle una casa, ma prima d’andarvi si fece convincere da Lighneers a prenderle dei vestiti.
Passarono così buona parte del pomeriggio a provare vari abiti ed a sfilare per decidere quale fosse il migliore. Il tempo però passava e arrivarono quindi alla precedente meta, in quel momento però la donna si ritrovò titubante alla scelta di lasciarla in quel luogo, soprattutto per alcuni loschi individui lì presenti.
Quell’incertezza la mantenne ferma sul posto per un paio di minuti buoni, mentre Annabelle continuava a guardarla come se non desiderasse altro di tornare a casa con lei.
Accadde così qualcosa che Ailea non avrebbe mai voluto.
S’affezionò irrimediabilmente a quella bambina.
Quel piccolo sorriso, quelle mani che la cercavano in cerca di protezione, la sua voce che le faceva mille domande e che rideva quando Lighneers giocava con lei, tutti questi dettagli, proprio come le sue risate, erano frecce lanciate nei punti giusti che avevano infine distrutto la sua corazza.
Lighneers non poté far altro che gioire per questa scoperta, lui per primo aveva già espresso il desiderio di tenerla con loro, e così fecero.
Come prima cosa vollero costruire una casa dove poterla allevare, la gilda era troppo pericolosa ed Ailea e Lighneers non provavano altro che un legame fraterno l’uno per l’altra, quindi avendo anche già delle dimore proprie non potevano trasferirsi insieme. 
Non ebbero però alcun problema nel crearla per la bambina, decidendo che a turno sarebbero rimasti con lei in modo non fosse mai sola.
Il luogo era situato vicino alla casa del ragazzo, era un’abitazione modesta che richiedeva soltanto d’essere arredata come si deve, ma certamente sarebbe stata traboccante d’amore.
Con il passare del tempo il legame che Ailea aveva iniziato a provare per quella bambina crebbe ancor di più; le raccontava di fantastiche storie, giocava con lei, la teneva stretta tra le proprie braccia difendendola da qualsiasi tipo di paura.
Ma soprattutto ciò che le impediva d’andarsene era il fatto che Annabelle le ricordava terribilmente la sua infanzia. Di fatto, anche lei aveva perso la sua famiglia, in verità era stata abbandonata, quando era soltanto un pargolo in fasce. 
Quella decisione presa da altri l’aveva condannata a perdere ancor prima d’averla una casa e una famiglia, regalandole però in compenso un futuro incerto.
La sua unica fortuna fu il fatto d’esser stata lasciata proprio alle porte della Werewolf’s Shadow e che qualcuno, durante la tempestosa notte del suo abbandono, aprisse l’uscio attirato dal suo pianto, decidendo fin dal primo sguardo di prenderla con sé.
Purtroppo lei non aveva mai potuto scoprire chi fu il suo salvatore, in quanto questo non molto tempo dopo a quanto pare scomparve e, durante la sua adolescenza, la donna vide morire le uniche persone che avrebbero in futuro potuto aiutarla a ritrovarla.
Non aveva sviluppato il desiderio di ritrovarlo abbastanza in fretta, e così aveva perso l’occasione.
Oltretutto un’altra cosa che le accumunava era il fatto che la bambina stessa non sembrava possedere qualche magia, ed anche Ailea da bambina non aveva alcuna capacità.
Se era riuscita ad ottenerla era stato solo dopo un rigido allenamento giornaliero, che dopo anni di sofferenze aveva dato i suoi frutti.
Lei non aveva potuto avere nessun maestro a consigliarla, ma Annabelle avrebbe potuto…
Ailea avrebbe potuto compiere lo stesso nobile gesto che qualcuno aveva fatto con lei, e se anche non avrebbe mai potuto ripagare quella persona magari con la sua buona azione avrebbe potuto immaginarsi al suo stesso livello.
Ma quella gioia e quella dolcezza, portata dalla piccola, la resero nei giorni seguenti più vulnerabile, e lei tra tutti avrebbe dovuto sapere Rookbow non permetteva le persone fossero felici a lungo…
Colui aveva distrutto già una volta la vita di Annabelle tornò presto a prenderla, strappandola così dalle mani di coloro che l’avevano accolta non desiderando altro che il suo bene.
Quella notte forse fu una delle più gelide, il cielo era privo di stelle a causa di alcuni nuvoloni che non promettevano altro che pioggia ed il vento aveva smesso di soffiare da molte ore lasciando ogni cosa in uno stato d’immobilità quasi totale.
Lighneers ed Ailea all’arrivo del rapitore cercarono subito di prenderlo, attraversarono le buie strade della città arrivando così fino alla tetra foresta che la circondava. La corsa si spostò quindi dagli edifici agli alberi neri, e tutto divenne ancora più oscuro.
Non importava però se i rami le graffiassero il viso o se il corpo iniziasse a risentire di quella fatica, il cuore della donna si sentiva legato ad Annabelle e non avrebbe mai permesso gliela portassero via.
Tutto ciò che stava succedendo aveva quasi un non so che di ironico.
Lei, la donna gelida che pensava solo al tornaconto della gilda, colei che mostrava affetto solo a coloro riteneva lo meritassero veramente ed era spietata con gli altri, e che notte dopo notte s’era ripetuta di non voler alcun bambino tra i piedi, ora stava correndo quasi con le lacrime, urlando a squarciagola per una piccola ed indifesa creatura arrivata nella sua vita solo qualche giorno prima.
Annabelle era riuscita a toccarle il cuore in un modo che nessuno aveva mai fatto, tanto che dalle labbra della donna uscirono delle parole che mai, mai avrebbe potuto immaginare di dire, soprattutto visto il dolore le stava portando... 
 “Non toccare la mia bambina!”
   
 
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