Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: guiky80    01/08/2018    6 recensioni
Il Brasile lo aveva accolto e lui era diventato un campione.
Era felice di realizzare il suo sogno, ma era solo... nonostante tutto ero solo.
'Questa zona mi piace, ci sono artisti che mostrano le loro opere: sculture, quadri, è tutto molto bello e colorato. Ma io sono di nuovo solo; tuttavia ora sto meglio, non devo fingere sorrisi di circostanza, posso essere solo e basta.'
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell’autrice.
Grazie alla mia betuccia adorata Sanae77 per le correzioni e i suggerimenti!
Questa fanfic è interamente dedicata a OnlyHope: goditeli in questo giorno! Un bacio grande!
 
 
 
 
 
 
Passeggio per la città da solo.
Ho vinto! Stasera ho vinto.
Ho portato la mia squadra alla vittoria con due goal. Il campionato è nostro, matematicamente, anche se mancano ancora due partite. La festa è esplosa allo scattare del cronometro, l'arbitro non aveva ancora ultimato il triplice fischio e già tutto lo stadio era in piedi, i tifosi impazziti urlavano, piangevano, gioivano.
Io ero fermo vicino alla porta avversaria, la palla tra i piedi, ancora due minuti e forse avrei siglato il tre a zero.
Ho alzato gli occhi al cielo e ho sorriso.
Ero felice, sono felice.
Assalito da tutti, abbracci, pacche sulle spalle, eppure una parte di me non ha esultato. Una parte di me è rimasta lì, a guardare la festa e pensare che ero solo. In mezzo a tanta gente, io ero solo.
Mi sono liberato di tutti, ho calcato il cappellino in testa e sono venuto qui a passeggiare.
Questa zona mi piace, ci sono artisti che mostrano le loro opere: sculture, quadri, è tutto molto bello e colorato. Ma io sono di nuovo solo; tuttavia ora sto meglio, non devo fingere sorrisi di circostanza, posso essere solo e basta.
Fermandomi prendo un ampio respiro, mi manca l'aria ogni volta che penso a te, ogni volta che il mio cuore mi ricorda la tua voce, e il tuo sorriso, ogni volta che il mio cervello mi dice: “Sei uno scemo patentato!”
E dice così perché ho un cervello educato, se fosse quello di Genzo mi direbbe ben di peggio! Lo sguardo che lascio vagare incontra una scultura, mi avvicino e resto a osservarla per molto tempo, è così bella, pura, bianca, così intensa; eppure è l’ennesima conferma che io sono solo, non so perché ma questa statua mi evocata tristezza e amore.
Faccio una foto col cellulare e torno verso casa diretto, deciso a non fermarmi più.
Non tolgo nemmeno il berretto entrando, mi siedo e accendo il computer, poi ci ripenso, tu meriti di più e allora frugo nei cassetti, finché trovo della carta da lettere, regalo di mamma, la usavo per scriverle, finché tu non le hai insegnato a usare le e-mail. Già, sempre tu. Davanti al foglio bianco mi blocco un attimo, poi osservo di nuovo la foto, chiudo gli occhi richiamando le sensazioni che mi aveva suscitato, sorrido e finalmente le parole prendono vita, quindi inizio a scrivere.
 
“Cara Sanae,
    come stai? Ho vinto, forse lo sai già, comunque lo saprai leggendo questa lettera. Ho festeggiato e poi ho passeggiato, il luogo dove vado per star solo è molto bello, tranquillo e pieno di ottimi artisti. Sono rimasto solo stasera, per un motivo molto semplice, io sono solo. Non lo dico per compatirmi o perché sono in crisi, non ti devi preoccupare. Lo dico perché è vero. In campo siamo in undici e io sono felice, gioco e vinco. Fuori ho amici, allenatori, la signora che fa le pulizie e cucina per me, anche se sto imparando a cavarmela da solo. Il problema è che per tutto il tempo io mi sento solo. Non ho capito subito a cosa fosse dovuto. Pensavo fosse la lontananza dalla mia famiglia, dagli amici, dalla Nankatsu. I miei sono venuti a trovarmi con Daichi, mi sono divertito, ma anche mentre loro erano qui, io mi sentivo solo.
Alla fino ho capito. Sai che sono un po' lento fuori dal campo...
Io sono solo perché tu sei in Giappone.

Io sono solo perché tu sei lì e ignori i miei sentimenti.
Io sono solo perché non ti ho mai detto tutto quello che il mio cuore urla da anni ma io non ho mai voluto ascoltare, concentrato sul mio sogno e sul voler evitare di perdere il mio punto di riferimento.
Tu per me sei sempre stata la stella polare, la stessa che guida mio padre in mare.
Da quando sono qui, la mia stella brilla meno, perché tu sei lontana e non sai tutto. Non sai quanto il mio cuore stia battendo in questo momento, non sai quanto vorrei averti qui e non per vedermi giocare o per dedicarti goal o farmi medicare da te. Ti voglio qui perché mi manchi troppo... io ti...
Finirò la frase guardandoti negli occhi.

Tra un mese tornerò in Giappone. So di chiederti molto, ma vorrei che tu non mi chiamassi prima di allora.
Sarà dura… lo so che sarà dura, per me sarà difficilissimo.
Quando arriverò, tu avrai avuto tempo per decidere di stare con me, ora e per sempre, oppure per pensare a come rifiutarmi. Ti guarderò e non parlerò, sarai tu a farlo. Spero di non pentirmi della forza che dimostro ora scrivendo, in realtà sto tremando, terrorizzato all'idea di perderti per sempre.
Ci vediamo tra un mese.
Sto venendo a prenderti.
Tuo Tsubasa.”
 
***
 
Panico! Sono terrorizzata all'idea di quello che accadrà oggi.
Tsubasa sta arrivando dal Brasile. Torna oggi e io non riesco a respirare bene. Giro per il parco della città senza una meta, nella borsa riposa la sua lettera, la stessa che ho ricevuto tre settimane fa.
L'ho letta felice di avere sue notizie, incuriosita dal metodo usato, non una e-mail, ma una lettera vera, una lettera d'altri tempi. Sono rimasta stordita un attimo, poi ho letto e riletto ancora. Ho sgualcito la lettera, l'ho ridotta piuttosto male, ma è ancora intatta. Ho seguito il suo suggerimento, non l'ho chiamato, non l'ho sentito, nessuno sa nulla della lettera e oggi lui torna.
Mi guarderà come ha detto e io dovrò parlare, dovrò decidere cosa fare, cosa dire. Lo so, in realtà io lo so già, ma sono terrorizzata ugualmente. Quello che mi tormenta è il pensiero che lui possa aver cambiato idea; lo conosco, so che non è il tipo, ma è lontano da tanto, troppo tempo, potrebbe essere cambiato. Sospiro e guardo il cielo e la scia di un aereo attira la mia attenzione.
 
Da piccole io e Yukari facevano un gioco: guardavamo il cielo e quando intercettavamo la scia di un aereo dovevamo pensare al nostro lui e dire se ci amava o pensava. Il mio lui è sempre stato Tsubasa, assurdo, lo è ancora. Yukari era più variabile... prima il ragazzino della porta accanto, una volta Wakabayashi, un paio di volte Izawa, poi sempre e solo Ryo; quanto l'ho presa in giro quando mi ha confidato la sua cotta per il mio amico d'infanzia! Li vedo come si girano intorno ancora adesso, sono usciti un paio di volte, so che lei non gli è indifferente, forse dovrei dare una svegliata a quello scemo, ma con che coraggio? Proprio io, che penso a Tsubasa sempre quando vedo un aereo. Proprio io, che non ho concluso nulla con lui, voglio mettermi a dare consigli sull'amore?
Sospiro di nuovo e per la prima volta quella scia mi porta agitazione e angoscia.
Guardo l'ora rendendomi conto che lui deve essere già atterrato, i suoi saranno andati a prenderlo; con una scusa ho declinato l'invito di sua madre a seguirli: una visita medica per la scuola. Stasera, però, non potrò evitare di vederlo. I suoi daranno una festa a casa, e tutta la Nankatsu sarà presente.

Sono pronta, almeno nell'abbigliamento. Storco il naso davanti allo specchio e a questo abito blu che arriva appena sopra al ginocchio a vita bassa, mono-spalla, inclino la testa guardandomi. Mi sembra quasi di vedere il mio 'io' interiore diviso in due: quello che vuole correre ad abbracciare Tsubasa e quello che vuole nascondersi qui e non uscire più, crogiolandosi nella visione che mi sono fatta di noi due, senza affrontare la realtà. Ovviamente Yukari non è dello stesso avviso e arriva a trascinarmi fuori.
Per strada non fa altro che chiedermi come sto, se sono agitata all'idea di rivederlo, ecc., io vorrei solo tacesse.



Casa Ozora è piena di gente: la Nankatsu al completo, Kumi, i vicini di casa, Roberto tornato dal Brasile col suo pupillo, e ovviamente la famiglia Ozora al completo. Ho quasi paura a incontrare il suo sguardo, tant'è che entro ed evito proprio di salutarlo, mi defilo da Yukari che, distratta da Kumi, non nota la mia fuga improvvisa. Quando ho un piede sulla soglia della porta finestra, un Ozora mi piomba addosso, fortunatamente è quello meno pericoloso, prendo il braccio il piccolo Daichi e proseguo verso la mia meta. Il tepore del giardino mi accoglie, respiro a pieni polmoni mentre il bimbo mi racconta della felicità di avere per casa il fratellone. Sorrido ascoltandolo, sono felice anch'io in realtà, se solo avessi il coraggio di guardarlo in faccia.
Da dentro sento la musica e le risate, dovrei essere là anch'io, dovrei essere seduta accanto a lui, in adorazione come quando era il Capitano della Nankatsu, ma non ce la faccio, non riesco nemmeno a restare defilata in un angolo a fissarlo come ho fatto un sacco di volte in passato, non riesco più a fare niente.
Ma perché Anego non è venuta alla festa stasera?!
Scuoto la testa mentre il bimbo mi domanda se va tutto bene.
“Certo Daichi non ti preoccupare.”
Ho scelto di amare l'Ozora meno perspicace oltretutto: ottima scelta Sanae. Ridacchio da sola e torno verso casa, non posso restare qui fuori tutta la sera. Appena i piedi del piccolo toccano terra corre verso il padre che lo solleva annunciando che: lui, la moglie, Roberto e alcuni amici escono a bere qualcosa, così da lasciare noi ragazzi a divertirci.
Si allontana così la mia ancora di salvezza, mentre vedo avvicinarsi Yukari con fare minaccioso.
“Dov'eri sparita?”
“Avevo caldo! E Daichi voleva uscire...”
Cerco di ribattere, ma la mia amica abbassa il viso e il tono di voce mentre sussurra: “Guarda che hai sbagliato fratello!”
 
Mio malgrado mi ritrovo a ridacchiare con lei, un po' mi rilasso, finché lo sguardo si alza e incontra quegli occhi neri, profondi, bellissimi, di cui sono innamorata da sempre. Mi sta fissando, è poco lontano in piedi con una bibita in mano e Ryo che parla ininterrottamente accanto a lui.
Deglutisco vistosamente e per fortuna vengo distratta da Kumi che vaneggia su quanto sia diventato bello Tsubasa.
Dire che vaneggia non è esatto, perché bello lo è diventato davvero, mi manca l'aria, come sempre quando si tratta di lui. Con discrezione faccio scorrere lo sguardo sulla sua figura: i pantaloni chiari seguono le gambe allenate, fino a incontrare la polo scura, che lascia scoperte le braccia e le mani grandi che stringono il bicchiere. Prendendo un ampio respiro arrivo al viso, ai suoi capelli incasinati e agli occhi neri che mi fissano ancora, e sembra che stia facendo a me quello che ho fatto a lui, vedo le sue iridi partire dalle gambe e risalire la mia figura: sto letteralmente andando a fuoco.
 
***
 
Bella. Non ho altre parole per descrivere la fantastica ragazza che è arrivata con Yukari, defilandosi subito. Ho invidiato a morte mio fratello quando l'ho visto in braccio a Sanae, non che io volessi essere preso in braccio ovviamente ma lui le sta sempre così vicino, la tocca, la fa ridere: ne sarò mai capace?
E mi dispiace tanto, ma proprio tanto, perché sento che Ryo mi sta raccontando della sua cotta per Nishimoto, e vorrei potergli dare consigli, ma non ne ho nemmeno per me, e poi sono troppo distratto da quella bellezza in abito blu che parla con le altre manager.
Decido di agire, non si può andare avanti così, ho necessità di parlare con lei. Mi volto mentre Ryo viene chiamato da Yuzo e Mamoru seduti sul divano: devo loro un favore, decisamente.
Guardo di nuovo Sanae e poso un piede sul primo scalino, spero colga il mio invito a seguirmi di sopra. Lentamente salgo e con la coda dell'occhio la vedo guardarsi intorno velocemente prima di raggiungermi.
Scelgo di entrare in camera di Daichi, se qualcuno verrà a cercarci di certo non entrerà qui ma andrà diretto in camera mia.
Sento i suoi passi, infine la vedo entrare e chiudere subito la porta alle sue spalle: perfetto, è tutto perfetto, peccato che ora non so che fare.
Decido di tentare il tutto per tutto sovvertendo le regole che io stesso ho dettato nella lettera:
“Qui non ci troveranno, possiamo stare tranquilli.”
Annuisce, sembra senza parole. Non mi muovo ma riprendo a parlare. “Hai ricevuto la mia lettera, immagino.”
Annuisce di nuovo mentre cerco di giustificarmi: “Avevo scritto che non avrei parlato, scusa, ma non riesco a tacere, sono troppo nervoso.”
Sorrido passandomi la mano tra i capelli come sono solito fare, quando lo nota arrossisce di più, è così carina!
“Ora starò zitto come promesso.”
La fisso, ma è ancora muta, presso la porta. La vedo prendere aria e lo sguardo che mi rivolge è quello di Anego.
“La tua... lettera era... molto bella. Quello... quello che hai scritto... è tutto... tutto vero?”
Sorrido appena mentre annuisco.
Respira forte, deglutisce e fa un solo passo verso di me: “Tsubasa...”
Scatto sull'attenti, come richiamato all'ordine, pronto ad ascoltare quello che ha da dirmi, sperando che sia quello che voglio sentire.
“Io... ecco io... prima della tua partenza ero molto presa da te, dalla prima volta che ti ho visto praticamente non ho fatto che pensare a te. Quel sentimento di una piccola bimba scalmanata è cresciuto con me. È diventato forte, a volte persino insostenibile. Ti amavo con una forza tale che pensavo che la tua partenza mi avrebbe ucciso. Non è stato così, ho scoperto che posso vivere anche lontano da te, che la vita prosegue anche senza la tua presenza, senza essere costantemente al tuo fianco.”
Abbasso gli occhi mentre sento il mio cuore quasi fermarsi: non mi ama più? Non ha più quel sentimento dentro di sé?
Ho sbagliato lo sapevo!
L'ho lasciata sola e lei si è rifatta una vita, senza di me...
Tuttavia la sua voce riprende e io alzo solo gli occhi, quasi non oso sperare.
“La vita prosegue ugualmente, ma non mi piace. Non mi piace stare senza di te, mi manca l'aria spesso, troppo spesso, io sono la tua stella polare?”
Vigorosamente annuisco, riempio i miei occhi della sua immagine, sembra quasi tremare, mentre si stropiccia le mani in grembo, è talmente tenera e indifesa questa immagine che voglio quasi abbracciarla, ma la voce che parla è ancora di Anego.
“Tu sei la mia aria. Io ti... io... ti amo Tsubasa, da tanto, tantissimo tempo, ma dopo la tua lettera mi sono accorta che il sentimento è sempre forte, avevo paura fosse ormai abitudine e inve-”
Non ce la faccio, mando all'aria tutti i miei buoni propositi di bravo ragazzo e arrivo addosso a lei, l’abbraccio istintivamente, e poso le labbra sulle sue, è solo uno sfioramento, ma è fantastico, non vado oltre, non ce la faccio, sono troppo emozionato.
Quando riprendo fiato la guardo, so di essere arrossito, ma non mi importa perché sta sorridendo.
“Ero terrorizzato all'idea di perderti, ma non potevo continuare così, dovevo dirti tutto e l'ho fatto. Quella lettera era il mio cuore in dono a te. Io Sanae, io ti... ti amo e non voglio più lasciarti andare. Avevo deciso che era ora di venirti a prendere e speravo che tu saresti stata felice di saperlo.”
Annuisce solamente sembra a corto di parole, si stringe addosso a me circondandomi il bacino, e io chiudo le braccia sulla schiena, respiro il suo profumo e scopro di provare una gioia nuova ora, mai provata prima, una gioia che non è paragonabile a quella di qualche settimana fa per la vittoria del campionato. È una gioia diversa, è una gioia fatta di amore ricambiato, e so già che è una gioia che non si esaurirà tanto presto, non come l'euforia della vittoria.
E finalmente non mi sento più solo.
 
Sorridendo decidiamo di tornare dagli altri prima che qualcuno venga a cercarci. Scendiamo in momenti separati senza dare nell'occhio, vengo accolto da tutti, sommerso di pacche sulle spalle e parole a raffica. L’arrivo di Sanae passa in secondo piano, visto che sto raccontando delle partite in Brasile a dei fanatici di calcio che non notano altro, ovviamente.
Quello che ci siamo detti tra i giocattoli di Daichi, resterà solo nostro, almeno per un altro po', non voglio battute, voglio godermi il momento con lei.
Momento che faccio proseguire quando decido di accompagnarla a casa, complice il fatto che Ryo si è deciso ad accompagnare Nishimoto.
 
Lungo la strada siamo in silenzio, intreccio la mia mano alla sua, mi sorride, era tanto che non vedevo il suo sorriso dal vivo, lo sentivo al telefono, lo immaginavo nelle mail, ma dal vivo è tutta un'altra cosa.
Poco prima di arrivare a casa sua, la fermo ho voglia di baciarla, baciarla davvero, ma non voglio certo essere linciato da suo padre.
Faccio aderire la mia schiena a una recinzione, poco lontano dal cono di luce del lampione, la tiro verso di me e circondo il suo viso con le mani, accarezzo lentamente le guance, lei ha il respiro corto, gli occhi lucidi, prende un profondo respiro e poso di nuovo le labbra sulle sue, a questa volta resto fermo un attimo, prima di aprire leggermente le mie e attendere che lei faccia altrettanto.
La sento sussultare, le mani si arpionano alla mia maglietta, ma risponde al mio bacio. Il sapore è incredibile: il mio primo bacio.
Il primo bacio a Sanae.
Non può esserci niente di meglio. Oltretutto lo sto facendo con la persona giusta e vale doppio.
La guardo negli occhi, non ho mai smesso di accarezzarle le guance, ora decisamente più rosse, come le mie del resto.
 
“Voglio stare con te durante questa vacanza a casa. Voglio vivere la nostra storia. Ti va di stare con me? Anche se poi dovrò partire e dovremo stare lontani?”
Si mordicchia il labbro inferiore, scopro che questa visione mi dà una scarica di adrenalina soprattutto al basso ventre, deglutisco vistosamente e cerco di concentrarmi su ciò che sta per dire, ma non parla, mi sorprende con un bacio lento e quasi tentennante, il primo che arriva da parte sua, e mi stordisce all'istante.
“Non vedo l'ora di stare con te, in questa vacanza e in futuro, la lontananza non mi farà più paura se avrò il tuo cuore.”
“L'hai già, Sanae.”
Sorrido scortandola per l'ultimo tratto di strada. Resto a fissare la porta dopo che l'ha chiusa, un sorriso enorme si impossessa del mio viso, la mia vita è davvero perfetta: ora, non sono più solo.
   
 
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