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Autore: _Maeve_    01/08/2018    1 recensioni
[Raccolta]
Magna Mater: la feconda Madre Natura che abbraccia la totalità del reale, l'embrionale, "particolaristica" natura che è paesaggio/personaggio del mio Meridione, e per finire l'orrifica Madre Cibele, la latina (solo d'adozione) Magna Mater propriamente detta, il cui culto, legato alla Terra e alla maternità primigenia, si colorò sin dall'origine di sfumature fosche, torbide,irrazionali. Sono queste le tre anime di questa poesia, spesso immersa nella campagna, nelle sue diverse declinazioni e nei suoi echi antropici. E' un habitat che mi è molto caro, per tutto ciò che in esso c'è e c'è stato, e che unisce a memorie “genetiche” ormai irrecuperabili la segreta speranza di una continuità ideale, poetica e vera insieme.
Prendetelo, al di là di sicuri echi letterari, come un progetto autobiografico, una sorta di umile memoir in allestimento, o un affresco composto da più narrazioni e più tonalità.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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sfraghìs
Promontori fenici


Il pomeriggio che viene giù piovigginoso
casca plumbeo sui travertini – li arrossa come licheni -,
lasciando questo lucore mogano affogato nella valle
d'irrobustito caseggiato che guarda al vitreo Marte;
il posto pullula di spifferi, di brezze tenui e di vicoli
che si ergono e stanno lavici, pre-temporali,
assistono catoniani allo sconcerto ombroso delle meridiane
sollazzati dal canto del cucù,e ti contano le rughe, contano i tuoi denti,
finché tu non conti più;

sai c'è una celeste pienezza di diaframma
a spalancarmi il torace di boria vacanziera,
inalare quell'aria che smuove granitica questa statura
e si rifrange sugli occhi della gente, come se camminassi nell'acqua
distante, Leuconoe per le strade di Cartagine;
alla sera le tue labbra sapranno di amaranto, e di carpe diem,
e se d'amore si può esplodere sui roghi siamo esplosi,
se c'è altro dietro queste montagne, dietro le trecce delle bimbe,
e il ventoso movimento della vita che trascorre.






Note
A molta distanza dalla precedente e ad una settimana esatta dall'inizio ufficiale delle vacanze, ritorno con questa poesia numero quattro, che è una sorta di "sugello" (anche se la regola classica vuole che sia apposto alla fine)  alla suddetta vacanza, una connotazione alla sua denotazione, come un vistoso riempimento di significato; se preferite, semplicemente trasposizione di una bella sensazione di "galleggiamento" in belle sensazioni - le case, oggetto antropico elevato per meriti morali alla statura delle eterne cose naturali che osservano neutre lo scorrere del tempo, le vecchie case che son lì da una vita e pertanto rifulgono di questa vetusta solidità, come querce; queste vie che diventano sentieri epici e fenici solcati però dalla bella Leuconoe ("Didone che visse", scrissi qualche anno fa) , e quindi quasi location effettiva di una placida elegia amorosa. La poesia a onor del vero è di qualche giorno fa come concept e primi versi, perché qualche giorno fa pioveva, ma le trecce delle bimbe ci si sono giustapposte solo in serata. Insomma, è un gran respiro positivo, che mi auguro possa continuare - per la vita, intendo; la poesia è altra storia. Spero/ritengo di, dopo essere arrivata alla veneranda quota quattro, di intraprendere qualche lirica più vicina alla prima, per torni e ambientazione, com'era già nel progetto iniziale e nel programma di ispirazioni che ho steso. Ci sarà qualche poesia 'narrativa', in pratica, ma per ora beccatevi questa, che è appunto un sugello, più o meno riuscito, ma ci voleva, dato il tempo trascorso. Buone vacanze a tutti, e (spero) a presto.
   
 
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